della mente. Appena decenne rimasto orfano del padre, lo zio paterno Vincenzio lo volle in Firenze ad attendere alle arti belle nell’Accademia. In breve
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ALESSANDRO GHERARDESCA pisano (n. 11 marzo 1779, m. 11 gennaio 1852) coltivò con grande amore le arti belle, alle quali era andato educandosi
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di tipografia e poi l’altro grazioso degli Alberti sul canto di via del Fosso in faccia alle antiche case di codesta famiglia. —LEOPOLDO PASQUI pure
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Ecco quanto ci parve più importante raccogliere intorno alle presenti condizioni dell’architettura in Toscana. Invero troppo poche notizie son queste
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la Scultura era anche in più infelice condizione, avendo affatto perduto ogni traccia dei buoni studj. Uno sguardo agli ornati, ai bassorilievi, alle
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perfezionarsi per munificenza del principe toscano. Tornato in patria con bella fama di abilità, e fatto professore dell’Accademia, si dette più che alle
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, nella protezione alle arti e nello splendido vivere 1. Nè per pregio di bellissima allegoria, nè per la stupenda esecuzione è inferiore a questo
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giovane di alte speranze. Applicatosi alle arti belle nella nostra Accademia, tanto andò innanzi nello studio, che dopo essere stato più volte premiato
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alle più importanti opere loro.
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lavorante del Museo, benché fosse spoglio d’ogni ambizione, attendeva fiducioso un premio alle sue lunghe fatiche; e lo aspettò di fatto fino all’età in
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, che serviva alle funzioni dottorali, e quella destinata alla musica nel palazzo de’ Pitti, furono pitturate da lui; ma l’opera che valse a dargli
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Ecco quali furono gli artisti principali toscani o fattisi toscani educati alle vecchie scuole; quali i lavori meglio pregiati del tempo loro; quale
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secondo per la immaginazione feconda e per la prontezza nell’operare, ambedue per amore indefesso alle arti belle. Erano PIETRO BENVENUTI e LUIGI SABATELLI
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, che cerca ricondurre l’arte italiana alle prime e più vere sue tradizioni, giudica severamente questo pittore; ma noi, che pur troppo ne riconosciamo
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alla Scienza. Nè vuol tacersi, per mostrare che attese anche alle opere decorative, di quel sipario per il teatro della Piazza Vecchia, ove è Dante che
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piuttosto alle matite. — Ma chi portò nell’arte toscana qualche miglioramento è GIOVAN BATTISTA Cecchi fiorentino (n. 1748, m. dopo il 1800). Non potendo
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dopo la morte del padre, attese assai alle cose toscane, come mostra quel suo bel trovato per dare qualunque figura ai tartari, che si depongono dalle
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sotto il Perfetti, artista peritissimo nel maneggiare il bulino con franchezza e precisione; che dopo aver lavorato alle opere della Galleria e del San
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