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Sentenza n. 1

336112
Corte costituzionale 8 occorrenze
  • 1966
  • Corte costituzionale
  • Roma
  • diritto
  • UNIGE
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9. – Niente di tutto questo è dato ritrovare nella legge impugnata, la quale, senza alcuna indicazione dei mezzi di copertura, si è limitata ad autorizzare l’iscrizione di una spesa di 200 miliardi, ripartita in dieci rate di 20 miliardi ciascuna, in dieci esercizi successivi con inizio dall’esercizio 1960-61, ritenendo ciò sufficiente per sfuggire al precetto dell’art. 81.

Né vale addurre in contrario, come fa l’Avvocatura dello Stato, la sentenza n. 33 del 12 maggio 1964, la quale non si propose il problema se la copertura, prevista dagli artt. 11 e 21 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047, fosse conforme alla Costituzione, ma si limitò ad affermare che, non avendo la legge previsto o autorizzato la spesa per l’assistenza sanitaria a talune categorie di pensionati, non era tenuta, per conseguenza, a indicare i mezzi per far fronte a una spesa, ne nuova, né maggiore, ma inesistente.

In realtà, la norma impugnata non fa, da un lato, se non stabilire che le somme previste negli articoli primo e secondo della legge devono essere iscritte nello stato di previsione della spesa del Ministero dei lavori pubblici, e, dall’altro, se non autorizzare il Ministro dei lavori pubblici ad assumere impegni fino alla concorrenza di lire 200 miliardi per i lavori previsti dall’art. 1, il solo degli altri articoli della legge che, insieme con quello ora citato, viene all’esame della Corte nel presente giudizio. E così disponendo, essa, com’é di tutta evidenza, non approva già un bilancio né una norma di bilancio, ma autorizza il Governo ad inscrivere nei bilanci futuri determinate somme destinate a determinate spese, e il Ministro dei lavori pubblici ad assumere impegni di spese entro limiti definiti e lungo un certo arco di tempo. Sicché la norma impugnata si pone come un prius di fronte alla legge di approvazione del bilancio, quale titolo giuridico della futura spesa, e non ricade perciò tra quelle per le quali il precetto costituzionale impone la procedura normale di assemblea. La legge di bilancio nella quale queste spese saranno inscritte, ed essa soltanto, deve essere approvata con la procedura dell’ultimo comma dell’art. 72. Non può asserirsi, quindi, che questa seconda questione sia parte o costituisca un aspetto della prima; o lo si può asserire soltanto nel significato, ben diverso, che la norma dell’art. 4 offre la riprova della mancanza di “copertura” della spesa e, pertanto, si pone in violazione anch’essa del quarto comma dell’art. 81 della Costituzione.

Ma la critica è senza fondamento, perché muove dall’errato presupposto che la norma contenuta nel quarto comma dell’art. 81 includa una precisa “appropriazione” di un’entrata ad una spesa, laddove, invece, l’indicazione dei mezzi che essa richiede per fronteggiare spese nuove o maggiori, si riduce a determinare e individuare un incremento dell’entrata che, in una visione globale del bilancio, nel quale tutte le spese si confrontano con tutte le entrate (effettive, straordinarie o per movimento di capitali che siano), assicuri il mantenimento dell’equilibrio complessivo del bilancio presente e di quelli futuri, senza pretendere di spezzarne l’unità.

Il significato del termine adoperato dal quarto comma: “ogni altra legge”, non è tale che possa essere ricondotto, com’è stato sostenuto, ad ogni legge successiva al bilancio in corso e modificatrice in peius dell’equilibrio contabile di esso, ma, viceversa, attiene ad ogni altra legge che non sia la legge di bilancio, senza alcuna connessione cronologica con questa. Nemmeno vale richiamare in proposito le norme della legge sulla contabilità di Stato e del relativo regolamento (art. 27 del R. D. 18 novembre 1923, n. 2440, che considera le spese straordinarie ripartite in più esercizi, e art. 142 del regolamento approvato con R. D. 23 maggio 1924, n. 847, che stabilisce i modi di copertura di codeste spese straordinarie; art. 156 del medesimo regolamento, che dà la definizione di spese nuove e di spese maggiori), non soltanto per l’ovvia considerazione che esse dovrebbero, se necessario, cedere di fronte alla norma gerarchicamente sopraordinata della Costituzione, e nemmeno per l’argomento testuale, che pure ha la sua importanza (quale si ricava dal confronto tra l’art. 43 di quella legge e il quarto comma dell’art. 81, dal quale è scomparsa la frase “dopo l’approvazione del bilancio”), ma soprattutto per l’argomento, decisivo, che, laddove quelle norme attengono all’aspetto formale dei bilanci e dei consuntivi, ai modi e forme della contabilizzazione delle entrate e delle spese, il precetto costituzionale attiene ai limiti sostanziali che il legislatore ordinario è tenuto ad osservare nella sua politica di spesa, che deve essere contrassegnata non già dall’automatico pareggio del bilancio, ma dal tendenziale conseguimento dell’equilibrio tra le entrate e la spesa.

L’approvazione legislativa di un piano di spesa pluriennale non significherebbe, del resto, l’autorizzazione ad erogare senz’altro la spesa considerata negli esercizi futuri, dovendosi provvedere a ciò per ogni singolo esercizio finanziario attraverso la legge di bilancio e lo stanziamento nei singoli capitoli di spesa della somma prevista nel piano.

2. – Va respinta anche, preliminarmente, la tesi, svolta dall’Avvocatura negli scritti difensivi, che il fine della legge impugnata altro non sia se non di “programmare” le spese che, istituzionalmente, corre l’obbligo all’A.N.A.S. di erogare per la costruzione e la manutenzione delle strade; dal che conseguirebbe che le norme delle quali è denunciata l’incostituzionalità non si porrebbero in contrasto con l’ultimo comma dell’art. 81, limitate come sono ad autorizzare l’iscrizione nel bilancio preventivo, secondo una certa distribuzione nel tempo, di voci che vi dovrebbero figurare aliunde. Ora, tralasciando di esaminare il punto se, anche così interpretata, la legge dia luogo a una questione di costituzionalità, sta di fatto che le spese che essa prevede sono spese straordinarie, così qualificate negli stati di previsione del Ministero dei lavori pubblici (legge 26 ottobre 1960, n. 1201, e successive), e straordinari sono qualificati i contributi versati alla A.N.A.S., negli stati di previsione dell’entrata o della spesa di questa Azienda allegati ai ricordati stati di previsione della spesa del Ministero dei lavori pubblici (”Contributo straordinario per l’attuazione del programma di sistemazione, miglioramento e adeguamento delle strade statali rientranti fra gli itinerari internazionali e le arterie di grande circolazione” – art. 1 legge 13 agosto 1959, n. 904).

Ma non mancano tuttavia casi per i quali, viceversa, la legge reca l’indicazione dei mezzi per fronteggiare la nuova o maggiore spesa anche per gli esercizi futuri – si tratti di spesa continuativa, si tratti di spesa straordinaria ripartita in un determinato numero di esercizi (confronta, ad esempio, legge 5 giugno 1954, n. 380; legge 9 agosto 1954, n. 632; legge 20 dicembre 1954, n. 1181). Mette conto di riferire in questa sede la legge 18 dicembre 1962, n. 1748, la quale modificò parzialmente la legge impugnata, incrementando inoltre di 15 miliardi la spesa di 200 miliardi già stanziata e si preoccupò di assicurare la “copertura” della “maggiore” spesa non soltanto per l’esercizio in corso (1962-63), ma anche per l’esercizio successivo (1963-64), autorizzando la riduzione del capitolo n. 52 dello stato di previsione dell’A.N.A.S. di 10 miliardi nel primo e di 5 nel secondo dei due esercizi considerati. Non si può perciò sostenere che la prassi parlamentare sia stata costante ed univoca; e lo stesso si può dire dei dibattiti, degli studi e delle relazioni che si sono avute finora in sede parlamentare, che non sono giunti a conclusioni unanimemente condivise, né hanno sfociato, sul punto che qui interessa, in provvedimenti legislativi chiarificatori. Ed è forse da dire che in parte a questa situazione possono essere attribuite le divergenze dottrinali sull’argomento.

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