Ogni tanto lo accompagnavo, senza sapere che dalla sua mano - calda anche nel gelo dell'inverno - stava per sbocciare un esperto, non di bocce ma di trotto. Come Delfini stesso ha ricordato, “lo spazio della piazza d'armi, oltre che essere segnato nel suo interno dalla pista dell 'ippodromo per le corse dei cavalli al trotto, era delimitato nel suo amplissimo giro: da alte pioppe cipressine che in lunghi filari andavano verso la campagna e il cimitero; dalla ferrovia; più vicino, ultimo baluardo della città, dall 'ampio e lungo edificio del Foro Boario che prendeva tutto un lato della piazza.” Con la sua storia di voci, allora come oggi: “quelle appresso e quelle distanti, voci di donne, di bambini, di mercanti, di soldati, di cavalli, di somari, di cani, di uccelli, le voci dei giuochi delle bocce e la voce del pallone da football... ”.