XIX essa si presentò con tentativi di società di soli lavoratori (società cooperative di produzione), saggio di economia popolare; — nel prossimo avvenire accennano a svolgersi forme di imprese collettive miste, incui la società verrà a stringersi in ognuna di esse fra proprietari-capitalisti e lavoratori insieme,dietro l'esempio cristiano medioevale della colonia parziaria (mezzeria) e delle società in accomandita. Vi hanno già sperimenti che tendono a considerare capitalisti ed operai come soci della stessa fabbrica (partecipazione al capitale od al profitto), e che promettono di riprodurre la fisionomia di un'economia sociale gerarchica. Allora l'associazione avrà coinvolto nell'interno di un'impresa tutti i fattori della produzione.
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Per essa il padrone affida al contadino terre e capitali propri e l'immediata gestione dell'azienda senza altra garanzia che la onestà, abilità e cointeressenza del socio lavoratore, a somiglianza della società in accomandita, sorta contemporaneamente nel commercio (soci gestitòri e soci capitalisti). Così essa forse anticipa, anche ad esempio d'altri esercizi industriali, una forma di impresa fra capitalisti e lavoratori consociati, in cui la gestione responsabile passi in mano del lavoro illuminato ed onesto, sorretto e vigilato dal capitale. Ma questo, che è oggi ideale vagheggiato dai più fidenti riformatori, a in qualche misura una realtà storica nella colonia parziaria.
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Quelle potenti compagnie di Genova, Milano, Firenze, che acquistarono storica rinomanza nel mondo d'allora, erano imprese di industrie e commercio insieme, le quali mercé la solidarietà familiare e gentilizia, la commenda e la partecipazione tacita negli affari, si svolsero nelle società in nome collettivo, in accomandita, e per azioni dei giorni nostri. Ecco la fioritura rigogliosa di imprese, che in quella primavera dell'arti attesta il diritto di libere iniziative industriali.
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