Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIOR

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Riformiamo noi stessi

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

I battaglioni degli operai che marciano il 1° di maggio in nome di una grande riforma e di una vendetta sociale, le grandi riunioni ove si acclama ad un rinnovamento radicale, ricordano lo sciame delle api sospeso ad un ramo. Tutti sentono l'insostenibilità della situazione, la necessità di un mutamento, l’urgenza della riforma; ma nessuno, pensa che la riforma deve m'cominciare da sé stesso, che quest’onda che deve rimuovere e riportare, deve partire anche da lui, che se la società volerà a lidi migliori, sarà perché l’individuo, ognuno per suo conto, avrà aperto l’ali e preso il volo senza aspettare gli altri. Si pensa il processo della riforma come un movimento fuori del centro verso la periferia, ma non si risale alle origini del centro medesimo, che siamo noi stessi. Accade questo anche a molti cristiani nella vita pubblica, benché essi accentuino magari contemporaneamente la base morale del problema sociale, cioè appunto la sua interiorità. È naturale che i giovani credano più facilmente a tali soluzioni esteriori ed è sintomatico che il motto di Dante «libertà va cercando ch’è si cara» trovi anche nella pratica degli studenti nostri tutte le interpretazioni fuori di quella che gli diede l’autore della mirabile visione. L’Unione non ha da farsi questo rimprovero, è bene ricordarlo! Noi abbiamo detto fin da principio che lo scopo precipuo della società è formare l’individuo. Mente chiara, cuore ardente, ecco quello che cerchiamo. La vita universitaria è un macchinismo complicato che elabora l’individuo come fa del legno il tornio. Solo che non lascia posare mai l’occhio dell’anima sua, secondo l’ammonimento della Scrittura, costruisce con le sue mani il tempio delle proprie idee; ai più viene imposto come una cappa di piombo. Per i più la vita universitaria significa l’estinzione volontaria della ragione e della facoltà volitiva. Costoro formeranno poi «l’illustre, il dotto ed il censito volgo»; e il popolo aspetti la riforma da che non seppe formare sé stesso! Amici! Fino che dura la vostra vigilia e non è ancora sorto il giorno dell'opera, cercate la chiarezza, la precisione della vostre idee sulle questioni che la vita vi muove incontro, perché il cristiano, dice il nostro Rosmini, non deve giammai camminar nelle tenebre, ma sempre nella luce. Questa luce infine non è che la chiara comprensione del compito della nostra vita, di tutto il nostro programma integrale. Quando noi ricordiamo il nostro motto «cattolici, italiani, democratici» non facciamo che adattare la nostra lingua ad un difetto, ad una mancanza che hanno portato i tempi nella pienezza di significato della parola «cattolici». E noi aspiriamo a questa riforma, a ridarle colla pratica della vita tutto il significato integrale. Ma prima dobbiamo farlo nel campo delle idee, sì che il nostro tempio non abbia che una sola base e un sol disegno, in cui tutte le parti armonizzino coll’intero. E dopo questo, lasciamo pure che il cuore s’accenda ai propositi più generosi, che ci trascini l’entusiasmo dei grandi ideali, e nessuno potrà accusarci di sogni immaginari, di effervescenza del pensiero. Dio disse: «Son venuto a portare il fuoco in terra e voglio che si accenda!». Commilitoni, non credete ai nuovi sofismi della viltà, alla decadenza della razza, all’azione di forze impersonali. Dio arma ogni cristiano alla battaglia e ognuno deve guadagnarsi il suo posto. Intanto, mentre nel ricambio delle idee e nella risonanza delle anime prepariamo il nostro domani, guardiamo alla patria e preghiamo:

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