Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Adunanza generale dell'Unione politica Popolare

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Possiamo vantarci d’esser stati in quest’ultimo tempo fra quelli che più di ogni altro hanno fatto opera di democrazia, spiegando al popolo in comizi e sulla stampa il nostro programma politico; oggi si tratta quindi di riassumere, di fissare ancora una volta i capisaldi di quanto devo presumere già noto, discusso, accettato definitivamente. La nuova legge elettorale chiama alle urne ogni cittadino austriaco che abbia compiuto 24 anni di età e dimori da almeno un anno nel comune in cui vota. Almeno ogni comune avrà la propria commissione elettorale, ove si voterà direttamente per il deputato parlamentare. Il Trentino venne diviso in nove collegi. Questa distrettuazione risale ai rappresentanti liberali che seppero indurre il governo a rompere la continuità territoriale, come era prevista dal barone Gautsch, per due collegi privilegiati, ove il partito liberale avesse l’esito assicurato, a danno dei cosiddetti collegi rurali. Noi abbiamo protestato contro l’incoerenza, l’ipocrisia politica dei liberali e la «commedia del suffragio universale» non si cancellerà così presto dalla memoria. Ma i liberali furono più potenti di noi e non ci resta che adattarci ai fatti compiuti, confidando in tempi in cui i progressi della democrazia e della sincerità politica daranno alla nostra protesta maggior efficacia pratica. La riforma elettorale porterà anche da noi queste conseguenze: aumentando il numero degli elettori e venendo stabilita l’eguaglianza del loro diritto, diminuisce l’influsso personale di pochi, l’autorità perde della sua forza, mentre ne guadagna la convinzione. Crescendo la cerchia della partecipazione e della responsabilità politica aumenta la forza d’attrazione di idee generali, mentre indebolisce il punto di vista locale. Così il programma viene a valere più che la personalità di un candidato e all’influsso individuale viene a sostituirsi la forza collettiva dell’organizzazione. Chi vuole dunque affrontare con fiducia la lotta deve avere un programma chiaro ed un’organizzazione forte. Riassumiamo brevemente come stiamo noi riguardo a quello e a questa. Il partito fu nel concetto di molti ed è altrove forse ancora sinonimo di fazione, discordia, pregiudizio. La vita politica moderna lo ha però reso necessario, le costituzioni più avanzate ne tengono già conto come di un ente giuridico-sociale nell’organismo dello Stato: il ministro della giustizia del Belgio appoggiando la nota legge del suffragio proporzionale che espressamente presuppone i partiti, respinse tutti i rimproveri dell’individualismo liberale sentenziando: «les partis sont nécessaires dans la vie politique et parlamentaire». L’oratore poi passa a parlare dell’organizzazione nostra: «L’organizzazione di partito è l’Unione popolare politica trentina. Venute su le associazioni di coltura, le società operaie, i circoli e le associazioni economiche, le quali sono fuori della politica, ma che ne possono informare i principii, si doveva pensare ad una organizzazione generale politica. Lasciate cadere tutte le altre denominazioni, abbiamo scelto quella di popolare, nome che fissa il carattere della società. Popolare perché vuol essere organizzazione di popolo e di politica democratica, popolare, perché pur volendo propugnare gli interessi di tutte le classi, non si lega più specialmente ad alcuna, ma chiama alla rappresentanza ed alla vita politica tutto il popolo Trentino nella sua fede cristiana, nell’italianità della sua famiglia, nella varietà delle sue energie economiche. Il partito popolare doveva essere una lega generale per l’educazione politica, doveva diffondersi in tutti i nostri comuni in modo che in ogni luogo elettorale si raccogliesse un nucleo di soci addestrati, i quali, anche in tempo di elezioni, divenissero l’organo vivo in contatto con la direzione centrale. Era nostro ideale di diffondere ed organizzare l’Unione in modo che i suoi soci potessero dappertutto essere contemporaneamente i fiduciari di parte nostra, sì che le decisioni e il lavoro per l’elezione si facessero entro le nostre mura senza bisogno di estranei soccorsi. Quest’ideale è ancora ben lontano! Grande è il campo e pochi sono i lavoratori, ma un passo importante l’abbiamo fatto: in ogni collegio vi è ormai un buon numero di soci. Durante la prossima campagna elettorale si presentano ottime occasioni per diffondere l’Unione e guadagnare soci al partito. Converrebbe che in ogni comune almeno i componenti il comitato elettorale s’inscrivessero nella nostra organizzazione politica». Il dr. Degasperi, passando poi alle proposte concrete, dopo brevi motivazioni mette alla discussione prima l’ordine del giorno programmatico e poi le proposte di tattica che, con le modificazioni derivate dalla discussione, riportiamo qui letteralmente. «Noi, membri del Partito Popolare Trentino, raccolti in Trento nell’adunanza generale dell’Unione politica popolare al 6 febbraio 1907, riaffermando in generale i postulati dell’Unione politica popolare trentina: Condanniamo il' tentativo, manifestatosi recentemente, d’inaugurare anche in Austria, sull’esempio della Francia una politica antireligiosa combattendo il cristianesimo nella famiglia, nella scuola, nelle pubbliche istituzioni; Facciamo voti che il futuro Parlamento, lasciando lotte perniciose ed infeconde, promuova la riforma sociale cristiana con una legislazione moderna, a favore dei lavoratori, del ceto medio ed ad elevamento delle classi agricole; Chiediamo che la legislazione venga modificata secondo i bisogni dei nostri tempi, riformando in senso popolare la legge sulle riunioni e quella sulla stampa, riducendo la ferma militare a due anni, allargando il diritto di voto alle classi popolari anche per le Diete e per i Comuni; Noi vogliamo l’integrità nazionale del Trentino, vogliamo conservato non solo il patrimonio linguistico ma rafforzato anche lo spirito nazionale del popolo, creando in lui una coscienza nazionale positiva, ed aumentandone i beni nazionali; Noi chiediamo per il' nostro paese autonomia amministrativa, il risanamento delle finanze comunali con contributi dello Stato e della Provincia, lo sviluppo della viabilità trascurata e della rete ferroviaria, il promuovimento dell’agricoltura e dell’industria, la regolarizzazione dell’emigrazione e la tutela dell’emigrante. All’attuazione di questi postulati e del nostro programma integrale, ci auguriamo vengano eletti uomini indipendenti, attivi, buoni cristiani, bravi italiani, sinceri democratici. Proposte di tattica 1) La Direzione dell’Unione politica popolare trentina agisce in base allo statuto come comitato elettorale generale per tutto il Trentino. 2) Almeno in ogni luogo elettorale è da costituirsi un comitato locale, il quale deve annunziare entro il 15 marzo 1907 la sua costituzione alla direzione dell’Unione politica popolare. 3) Per stabilire le candidature del partito popolare trentino la Direzione dell’Unione politica popolare deve accordarsi coi fiduciari del collegio; la proclamazione definitiva è riservata alla Direzione dell’Unione politica popolare trentina 4) Preferibilmente il candidato sarà persona pertinente al collegio dove viene proposto. Criterio decisivo però dev’essere che egli sia uomo che per i suoi principii e per le sue attitudini dia seria garanzia di propugnare fedelmente ed energicamente il programma del partito e di promuovere gli interessi del suo collegio. 5) Il candidato dovrà presentarsi personalmente nel suo collegio per esporre il suo programma e in caso della sua elezione, gli è raccomandato fin d’ora di mantenere frequente contatto con gli elettori. 6) In eventuali ballottaggi decide circa la posizione del partito la Direzione dell’Unione politica popolare. 7) L’assemblea decide che il Partito Popolare proclami candidati in tutti i sette collegi delle vallate. Per i collegi di Trento e della città e borgate meridionali si rimette la decisione alla Direzione dell’Unione politica popolare trentina, la quale è incaricata di sentire sul da farsi il parere dei fiduciari. 8) Le spese elettorali per conferenze, eventuali stampati, viaggi sono a carico della Direzione dell’Unione politica popolare trentina, eventuali piccole spese che fa i comitato locale per scopi puramente locali sono a carico del comitato locale».

La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

400224
Murri, Romolo 9 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
  • Politica
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Accettato il senso che alla vita ed all'essere umano dà la religione, io penso, e ve l'ho detto, che non convenga arrestarlo a mezza via, venire a comode transazioni, dare alla religione una stanza, magari un appartamento, nella coscienza, pregandola poi di non voler troppo curiosamente scrutare che cosa avvenga nelle altre stanze della vostra casa spirituale. La religione non è per noi un sistema di dottrine o una sequela di riti; essa non può essere che una vita piena e sincera di anime alle quali dottrine e riti servano, come abbiamo detto, per dirigersi, per conoscere sé stesse, per vincere il male ed unificare la propria coscienza. E la norma del bene che noi proponiamo è indeclinabile; essa vince tutte le contingenze di tempo e di luogo e non può piegare dinnanzi a nessuna difficoltà: odiare e perdere l'anima propria per riacquistarla in Cristo può voler significare qualche volta perdere ricchezze e pane, rinunziare a cose lungamente amate, imporsi delle privazioni gravissime, subir anche dolori corporali e la morte: meno non chiede questo adattamento di povere esistenze fragili e bisognose di tanti varii sussidii della vita, in un mondo triste e nemico del bene, a un precetto eterno e assoluto di bene.

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E io penso — e spero di avervi consenzienti in questa mia opinione — che, agli occhi di chi giudichi serenamente, questa severità del precetto cristiano quanto alla continenza appare come salvaguardia inevitabile d'ogni ulteriore elevazione dell'uomo e della società umana; e che nella lotta che tutti coloro i quali pensano altamente dell'umanità e della civiltà sentono di dover oramai muovere più vigorosa all'impudicizia, la quale rapisce alle nostre giovani generazioni tanta vita e possanza e gioia spirituale, il concorso della religione debba essere accettato e cercato con infinita gratitudine.

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Il cristianesimo, se non è da noi accettato come conviene, non ci salva da tale degenerazione: ed anche oggi molti cercano Dio, la Madonna, i Santi per la loro utilità egoistica e per i fini immediati della loro esistenza terrena: paiono cattolici e non sono neanche religiosi. Esaminate la vostra coscienza e vedete se in essa, o nei più intimi e segreti moventi della vostra attività interiore, voi riscontrate i segni d'una religiosità viva e sincera.

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Dopo quel che io ho detto, dei dubbi possono essere ancora in voi circa l'uso dalla Chiesa universalmente accettato di ricevere al battesimo anche i bambini, anzi di amministrarlo, per norma, a poca distanza dalla nascita. Che una società, fondata sul libero consentimento dei soci, abbia un rito speciale per l'iscrizione dei suoi è semplice ed ovvio; ma che questa società prenda come suoi dei bambini appena nati, e che essa si faccia promettere da altri, per essi, fedeltà ed obbedienza, e che su questi inconsapevoli soci eserciti poi la sua autorità, pare oggi a molti irrispettoso per la libertà della coscienza umana e quasi tirannico; ed alcuni genitori cominciano a non volere che i loro bambini siano battezzati, ed anche ad impegnarsi a questo con un vincolo sociale, col pretesto che questi medesimi, divenuti uomini, sceglieranno il loro Dio e la loro fede.

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Ma questa inserzione nel cristianesimo è insieme un dovere riconosciuto e accettato, un dovere imposto alla vita morale. Quando la vita interna incomincia a destarsi nel bambino, quando egli, con i grandi occhi pieni di stupore, incomincia ad osservare, a raccogliere nella sua piccola anima le impressioni della vita esteriore, a reagire a certe forme più evidenti di male, o ad accettarne certe altre, od a ricevere imagini che avveleneranno più tardi i suoi sensi, o ad agire senza riserbo e con quasi selvaggia spontaneità, il sacramento nel fanciullo può essere ed è il più spesso violato dai genitori, dai parenti, dai maestri di lui; la società cristiana, che lo ha ricevuto nel suo seno, non può far nulla in quella piccola anima avida di luce e di bontà senza il consenso di coloro i quali la hanno in custodia; essa lo sa cosi bene che non si é fidata delle promesse dei genitori, ed ha voluto dei garanti, scelti fra gli amici di questi, dei quali la Chiesa potesse fidarsi, i padrini. Eppure il più spesso oggi, anche nelle famiglie che portano al fonte battesimale i loro figli, il bambino cresce educato al male, stretto, da una inesorabile solidarietà, alla colpa dei genitori, dei fratelli maggiori, dei compagni, dei maestri: per tutte le finestre per le quali la vita esterna e l'esperienza umana entrano in quell'anima vi entrano insieme le suggestioni del male. Ed egli è un cristiano! Ed i suoi sono cristiani! E la società in cui vive è cristiana! Io penso che un profondo scoramento dovrebbe oggi stringer l'anima d'ogni parroco il quale amministri il battesimo. Egli sa che quella professione di fede è puramente verbale, che i genitori e i padrini ignorano ciò che dicono e ciò che fanno, che la loro promessa è fallace, che quel bambino avrà in casa, per sue prime esperienze, le collere, il turpiloquio, le bestemmie dei genitori e dei mille compari che essi hanno nella colpa e nel vizio; sa che il padrino, il compare, il quale oggi prende innanzi a lui impegno dell'educazione cristiana del fanciullo, avrà una intiera e perfetta indifferenza per la vita spirituale di questo: prenderà parte a qualche banchetto, darà, forse, domani qualche dono al fanciullo, e null'altro.

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Il timore d'una pena che segue il male come tale, e non soltanto questa o quella colpa, per ragioni occasionali e passeggere, rimuove la volontà da ogni cosa od atto che sia colpa grave; esso è quindi, benché diremmo quasi negativamente, atto di riconoscimento dei superiori fini della vita e del dominio del bene sul male, e la Chiesa ha potuto quindi accettarlo come materia sufficiente nell'atto morale del colpevole che invoca il perdono di lei e del Volere divino; l'opera di questo Volere divino accettato, benché per timore, la grazia, farà poi il resto. Ma non è colpa della Chiesa se per molte generazioni l'enorme numero dei fedeli fu poco sensibile ad un più elevato motivo di vita e di purgazione interiore; e coloro stessi che biasimano il cattolicismo per la pratica della penitenza debbono riconoscere l'influenza enorme che questa ebbe nel raffrenare le passioni ed addolcire i costumi. Basti ricordare l'apparizione di qualche umile frate francescano nelle città italiane dei secoli di mezzo, dilaniate da profonde discordie civili, e l'onda possente di commozione popolare che la sua parola provocava, ricordare la vita e l'opera di frate Francesco, di Antonio di Padova, di Caterina da Siena, di frate Bernardino, di frate Giovanni da Capistrano e di mille altri, per avere un esempio evidente dell'efficacia di questa minaccia divina sulle fiere e rudi coscienze dei popoli che il cristianesimo dominò, dove non giungesse la parola dell'amore, con quella del rimprovero e del terrore.

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Ora è appunto il nostro rapporto con questi fini ultimi e supremi della nostra vita, con questo più e meglio che essa può darci, con la visione generale delle ragioni e del valore dell'essere, che la carità regola, e per essa e con essa regola la religione; la quale, lasciando ad ogni atto che procede dalla nostra interiore attività consapevole l'indole che gli viene dal suo fine particolare e dalle norme che dirigono il raggiungimento di questo, regola poi il volere irrefrenabile e trascendente che pone quell'atto, ma ponendolo lo travalica, per chiedere a un bene particolare ottenuto {{44}}un altro più vasto e più lontano bene del quale è sitibondo Che la politica, l'economia, la letteratura ecc. siano regolate da leggi e norme proprie, e che la religione non debba immischiarsi di esse in quanto tali, è comunemente accettato. Anche il diritto è distinto dalla religione; poiché esso regola rapporti di fatto, esistenti fra gli uomini non per sole ragioni ideali ma per il corso delle determinazioni empiriche dell'attività umana individuale e sociale. Della morale si chiede se essa possa essere identificata con la religione. Ma rapporti morali sorgono fra gli uomini anche indipendentemente dagli scopi religiosi della vita ed è quindi concepibile una morale, prescindendo da Dio e dai nostri doveri verso Lui. La religione, tuttavia, una volta riconosciuta ed accettata, pervade e domina tutti gli altri atti e rapporti, e più particolarmente gli atti morali, in quanto per essi la coscienza e la volontà umana si pongono in un atteggiamento più o meno favorevole od opposto al raggiungimento del fine ultimo ed adeguato di ogni particolare volizione, che è appunto il bene assoluto; il quale è l'oggetto proprio della vita religiosa..

Pagina 42

Poiché, qualunque dottrina si voglia tenere sulla società umana e sulla sua natura, è evidente che la sede prima ed ovvia di questo precetto e di questo spirito religioso non può essere che la coscienza umana individuale, noi dobbiamo ora vedere in che modo il precetto religioso divenga vita ed attività religiosa: quali sieno i principii e le maniere d'agire dell'uomo individuo, alla luce e sotto l'influenza del cristianesimo sinceramente accettato.

Pagina 90

Dalle prime parole il cui significato cominciaste a discernere fanciullo, sino all'ultimo numero, che avete letto questa mattina, del vostro giornale, tutto quello che è passato avanti all'animo vostro e vi si è fissato un momento, riguardasse i problemi filosofici o i religiosi o i morali, ha agito su questa vostra fede, ve l'ha insensibilmente insinuata nell'animo, l'ha rinsaldata o scossa o modificata o avviata a lente modificazioni; voi ne avete ricevuto qualche cosa dalle persone che fecero l'educazione vostra in casa o nella scuola, dai vostri compagni ed amici, dalla società e dalle leggi, dai romanzi letti, dal teatro, dall'arte, dai giornali; avete, il più spesso inconsapevolmente, accettato, riflettuto, avvicinato, vagliato in voi stessi; avete discusso con gli amici, subito l'influenza dei vostri cari, più ancora, quella dei vostri desiderii e delle vostre passioni.

Pagina 97

Sedici mesi di amministrazione

401680
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1907
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 306-314.
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Per questo ho accettato l'invito della Comm[issione] Elettorale delle Ass[ociazioni] Catt[oliche] ed ho deciso rompere il silenzio di sedici mesi e più, cercando nel contatto col corpo elettorale quella vigoria di propositi, che i lavori, i dispiaceri, i sacrifizii possono aver logorato.

Pagina 306

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