Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIOR

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Il discorso dell'on. Degasperi a Milano

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

L’oratore esordisce affermando che ha accettato come un dovere di sosti—tuire all’ultimo momento il capo del partito on. Rodinò e dichiara di sentirsi a disagio nel pronunciare un discorso in mezzo ad amici che meglio forse avrebbero affidato tale compito a un giovane sul cui animo non sia ancora passato il soffio gelido dell’esperienza, che oggi potrebbe meglio trovare le parole d’incitamento perché vergine di vittorie e di sconfitte. Non può sfuggire al pensiero che qualcuno possa ricordare al presidente del gruppo parlamentare popolare e a chi da tre anni oramai è membro della direzione del partito come le sue parole possano risentire delle apparenti o reali sconfitte che il gruppo parlamentare ha in questi ultimi anni sofferto. E infatti considerando la sua attività ricorrono alla sua memoria tre quadri che paiono riassuntivi.

Il dovere dei popolari nell'ora presente

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Fino a tanto che lo scopo non sarà raggiunto e fino a tanto che il metodo legalitario sarà da tutti accettato ed osservato, questa linea difensiva comune va mantenuta. È vero: le differenze di origine, di programma e di finalità fra questi partiti sono essenziali; con leale reciprocanza esse non vengono né attenuate né dissimulate. Senonché sull’Aventino non si discute, non si delibera, non si combatte per la costituzione dello Stato-avvenire; ma si rivendicano i diritti naturali, comuni a tutti gli uomini e la validità delle leggi presenti, garantita a tutti i cittadini. Notate del resto che proprio l’accordo tattico, nonostante così profondi e non dissimulati contrasti, è la prova più decisiva dell’altissimo grado di pressione che aveva raggiunta la situazione politica in Italia e della irrefrenabile forza di resistenza ch’essa aveva suscitato. A fornire questa prova, il Partito popolare contribuisce coll’integrità delle sue forze morali, colla tradizione dei suoi principii legalitari, col suo carattere riformatore e ad un tempo antirivoluzionario; onde è spiegabile come le ire si appuntino proprio contro di esso e come si tenti di spezzare questa linea tattica che, prevalentemente in causa della nostra partecipazione, si potrà difficilmente presentare all’Italia e al mondo come la trincea dei cospiratori contro il presente ordine sociale. Eccovi così fugacemente accennate le cause degli sforzi fatti dagli avversari per staccarci dalle opposizioni ed eccovi nello stesso tempo adombrate le ragioni per cui noi a tali sforzi dobbiamo opporre la fermezza più perseverante.

L'anima del militarismo

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Bissolati aveva accettato definitivamente il programma Giolitti compresi gli aumenti militari e cinque giorni fa quando si doveva votare sul progetto governativo per i nuovi cannoni i socialisti più autorevoli Bissolati, Bonomi e Cabrini si assentarono per non votare cogli altri compagni contrari. Lo squagliarsi fu del resto tattica frequente anche dei socialisti austriaci. Dov’è la loro forza d’opposizione, senza dire che sotto il ministero Beck, votando per l’urgenza del bilancio facevano passare anche le spese militari? Il deputato Schuhmeier ha pur dichiarato nelle penultime delegazioni che «egli è contrario alle spese militari nello stato attuale; un altro paio di maniche sarebbe stato si trattasse dello stato socialista». Non è più dunque opposizione di principio ma opposizione politica. Non vengano quindi in tempo elettorale a fare un antimilitarismo a fuoco di bangala e ad accusare i popolari. Questi hanno in tal riguardo un programma molto chiaro: ogni volta che un voto negativo possa raggiungere un risultato od in ogni caso anche in cui l’espressione del volere contrario possa essere utile, i popolari voteranno contro aumenti ed aggravi militari. Può però anche intervenire il caso di un proprietario il quale di fronte alla richiesta, non voglia vendere il suo campo, ma che infine lo venda egualmente, perché sa che là deve passare la costruenda ferrovia. La legge di espropriazione è inesorabile e la ferrovia passerà lo stesso. In tali casi il proprietario vedrà di vendere al più caro prezzo possibile il suo possedimento. Ma si può dire per questo che egli favorisca la costruzione della ferrovia o addirittura spinga il convoglio? Ben altri, come abbiamo visto, sono i motori di questo treno, e non nel campo nostro vanno ricercati i macchinisti.

Il contegno dell'on. Degasperi e dei liberali nell'ultima fase

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Ma in ogni caso codesti 10 km da Cembra a Grumes, che costano 2 milioni mentre dal Lavis-Cembra se ne spendono quattro, questi 10 km in più di quello che noi accettiamo e che viceversa avrebbero accettato Tambosi, Battisti e compagni, non è distanza tale che autorizzi a posare i liberali e i socialisti da immacolati difensori dell’intransigenza e della dignità e lanciare contro di noi l’invettiva di traditori della causa nazionale, degli interessi di Trento, straziatori dell’unità del paese, vili servitori del Governo. Anche voi v’eravate messi sulla strada dei compromessi e della transazione, perché vi spingeva la stessa fatalità di cose, la stessa congruenza di forze che hanno spinto anche noi sulla stessa via. Ma per voi Egna-Predazzo e Lavis-Cembra + 10 km sarebbe stato un trionfo, per noi Egna-Predazzo + Lavis-Grumes — 10 km rappresenta il tradimento del paese). La differenza maggiore si rilevò durante quest’ultimo periodo, perché i liberali, sopra erronee informazioni credevano o fingevano di credere che la valle di Fiemme fosse d’accordo nel gran rifiuto. Ma avranno dovuto disingannarsi. Io stesso che in luglio avevo dichiarato di sentirmi esonerato dall’occuparmi ulteriormente della cosa, dovetti accorgermi che la mia dichiarazione fu troppo affrettata. Non solo i tedeschi avrebbero forzata una decisione, parlavano ai Ministeri per la Egna-Predazzo e sovratutto ci aspettavano nuovamente al varco della dieta, ma in Fiemme si lavorava attivamente per la finanziazione della Egna-Predazzo. Dopo il primo convegno di Panchià in cui gli otto comuni più importanti, fatta eccezione di Cavalese, insistevano per la Egna-Predazzo-Moena, durante l’inverno si costituì un comitato dei 5 comuni più interessati, i quali fecero un piano di finanziazione, avviarono formali e concrete trattative con Bolzano, e si deve all’influenza mia e dei miei amici, se li abbiamo trattenuti per un lungo periodo da pubbliche manifestazioni o da formali impegni. Di ciò esistono protocolli e relazioni documentate.

Comizio popolare per la questione universitaria

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Dopo che diversi oratori, operai e studenti, ebbero discusso l’ordine del giorno Gerin, esso venne accettato con una modificazione proposta da Zuccali. L’ordine del giorno dei lavoratori italiani in Vienna protesta contro «una delle più grandi infamie sociali», il monopolio della cultura, saluta lo risvegliarsi della gioventù studiosa, afferma l’unione degli operai per ottenere una Università italiana, assicura agli studenti l’appoggio degli stessi, e mentre pur riconoscendo a tutte le nazionalità pari diritti, protesta contro ogni tentativo di procrastinazione e contro la delazione politica operata nella lotta degli slavi.

La questione dell'università italiana

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Ma questo progetto, oltreché con ogni probabilità non incontrerebbe le simpatie dei tedeschi, non potrebbe essere accettato dagli italiani. Che cosa vorrebbe dire un’accademia italiana o una semi—universita‘ incompleta in terra tedesca, come vi si adatterebbe la nostra dignità e quella dei docenti? Del resto noi non avremmo conquistato che una scuola professionale mai un centro di cultura nazionale. Poiché, o signori, quale è la ragione prima della nostra domanda? Certo vi hanno parte anche motivi professionali: che il medico, il professore, l’avvocato possano studiare in quella lingua nella quale insegnano e non debba accadere, come avviene a taluno, di rifare poi per la pratica i suoi studi in italiano. Ma non è questa, o signori, la ragione principale. Noi vogliamo università italiana su suolo italiano per stabilirvi la nostra palestra di cultura e i nostri laboratori della scienza, ove agli studenti italiani austriaci sia possibile di coltivarsi anche oltre quello che tende l’esaminatore, ove la gioventù prenda amore alla scienza alle lettere, sì da crescere degna della nostra grande cultura nazionale! Le università, o signori, sono state sempre non solo i laboratori del pensiero scientifico, ma anche le fucine ove si idearono e produssero i grandi rivolgimenti intellettuali dei popoli. Ebbene, o signori, noi vogliamo un’università italiana la quale ci metta in grado di gareggiare con le altre nazioni dell’Austria, noi vogliamo un’università ove si formi una generazione che trovi il vanto non nello sprezzare i tedeschi e la loro cultura, richiamandosi ai nostri grandi Padri, ma nel far sempre meglio dei tedeschi nel superare la loro cultura, vogliamo in poche parole una università italiana la quale sviluppi il nazionalismo positivo dei doveri e non solo dei diritti, in maniera che si possa dire agli italiani in Austria non che gli italiani sono semplicemente gli avversari nazionali degli slavi o dei tedeschi, ma che sono un popolo, che è più colto e più sviluppato degli slavi e dei tedeschi. E questa nostra domanda, o signori, ci è garantita dalla costituzione nel paragrafo 19 delle leggi fondamentali. La legge c’è, ma chi vi pon mano? I tedeschi ci sogliono rinfacciare difficoltà pratiche, mancanza di professori e di studenti. Il corpo docente italiano di Innsbruck, con la sua risposta al prof. Waldner, pubblicata dai giornali, si dispensa dal confutare questo poco solido argomento. Ma se anche la nostra debolezza esistesse di fatto, non si entrerebbe nel circolo vizioso di non concederci la cultura, perché non abbiamo la cultura? Una debolezza vera fu forse che per il passato non abbiamo affermato abbastanza forte questo diritto, e a questo c’è ancora tempo di rimediare; marchiamo forte il nostro diritto di un’università italiana. E poiché per ora le circostanze pratiche e la voce comune indicano Trieste come sede dell’Università, affrontiamo tutti la ritrosia del Governo e la pervicacia dei tedeschi radicali con un grido unanime: Viva l’università italiana di Trieste! Ancora una dichiarazione che riguarda specialmente noi, studenti delle Associazioni cattoliche. Lo studente socialista Ferdinando Pasini, fungendo da relatore dell’ottavo congresso della Società degli studenti trentini, finiva la sua relazione con le precise parole che non posso fare a meno di leggere: «Tutta quanta la mia relazione è stata fatta col tacito presupposto, che la nostra campagna sia diretta ad ottenere un vero istituto superiore di studi aperto a tutti i soffi della scienza moderna, senza menoma restrizione allo spirito della libera ricerca e del libero pensiero, non quale anche la loro solita intransigenza ed intolleranza, i clericali già cominciano a pretendere. Gli studenti di quel partito, nel loro congresso del 18 settembre a.c. a Mezzocorona, vollero occuparsi, quest’anno, anche della questione universitaria, ma in seduta segreta, dove, secondo le scarse e riservate notizie della Voce Cattolica si discusse vivamente e a lungo sulla questione, e si decise di invitare i deputati e in modo speciale quelli di parte clericale a occuparsi energicamente della università italiana, provvedendo al sentito bisogno degli studenti accademici italiani. Di occuparsi in che modo ai deputati di parte clericale non è qui veramente detto, e noi ne resteremmo ancora all’oscuro, se non sapessimo fin dal giugno scorso, che nella festa universitaria della fondazione della Società Cattolica in Innsbruck, tra i discorsi e i brindisi delle persone importanti intervenute, ce n’è stato anche uno, e precisamente un deputato “in nero ammanto” che credette bene di augurare alla futura università cattolica italiana! E questo, mi diceva in confidenza uno di quei giovani véliti del clericalismo, questo è il programma e il voto di noi studenti cattolici: vogliamo proprio una università di carattere confessionale, sul tipo di quella che si sta piantando ora in Salisburgo. Non ne abbiamo ancora proclamata e iniziata pubblicamente la lotta, ma, a dire la verità, se due anni fa al congresso di Pergine abbiamo espresso il voto per una Università a Trento, si era perché crediamo che una università cattolica non possa sussistere in Austria fuorché a Trento. Denuncio fin d’ora, o signori, queste perfide intenzioni che non si ha il coraggio di portare alla luce del sole, perché si sappia qual valore dobbiamo accordare alla cooperazione, che costoro vorrebbero fingere alla nostra causa, le denuncio con tutte le forze dell’anima contro un tale programma, destinato a buttare presto o tardi, e probabilmente nel momento più difficile della lotta, il flagello della guerra civile tra gli italiani dell’Austria e magari a distruggere per sempre tanti sforzi ininterrotti ch’essi hanno fatti per migliorare le condizioni intellettuali della loro nazione; le denuncio esortando i nostri deputati di parte non clericale a continuare nella campagna universitaria col metodo seguito fino ad oggi; cioè col prescindere affatto dai clericali, anzi con l’ignorarne addirittura l’esistenza poiché essi non offrono per tutte, indistintamente, le varie correnti del pensiero moderno, quelle garanzie di libertà che noi saremmo sempre disposti a garantire anche al loro pensiero; e perché noi piuttosto di mettere capo ad una università, che riuscirebbe un pericolo costante per la civiltà ribadendo i ceppi dell’ingegno umano, preferiamo mille volte e più di rinunciarvi per ora e per sempre». Signori! io non v’ho letto questo sfogo del signor Pasini per avere occasione di un attacco personale. E certo però ch’egli è un ingannato o un ingannatore. Giacché, come fu già dichiarato da un mio collega in una solenne adunanza di studenti ad Innsbruck, è falso che l’Associazione universitaria cattolica tridentina abbia avuta l’idea di un’università italiana cattolica, ovverosia confessionale; e sappia il signor Pasini, che se l’idea l’avessimo avuta, avremmo avuto anche il coraggio di pubblicarla come abbiamo avuto il coraggio di manifestare tant’altre idee di ordine religioso che hanno costato a qualcuno di noi, oltre che ingiurie e isolamento perfetto, anche pugni e schiaffi. Ma di questo, o signori, si è già parlato abbastanza ad Innsbruck. Volevo soltanto «denunciare» anch’io qualche cosa qui davanti al vero popolo trentino, innanzi ai suoi rappresentanti, volevo, ripeto, «denunciare» anch’io qualche cosa. Denuncio fin d’ora, o signori, — dirò anch’io col Pasini, — questo perfido sistema di creare pregiudizi o false opinioni in riguardo agli avversari per poi annientarli, sistema che è tanto più da deplorarsi quando si tratti di una questione che è di tutti gli italiani. Riguardo a noi, i fatti vennero a smentire queste false insinuazioni. Nessuno di noi mancò in quei giorni né al lavoro delle assemblee, né a quello dei comitati. Pareva che la pace fosse fatta e non si dovesse temere «il flagello della guerra civile». Ma poi, passate le burrasche, parvero ritornare i consigli antichi, e da Vienna si tentò ogni mezzo per cacciarci dal comitato, si tirarono in campo le nostre opinioni religiose ed ecclesiastico—politiche, e si tentò in pubblica adunanza di metterle in contraddizione, udite, o signori, con l’università italiana. Era la pratica della teoria, tanto applaudita a Rovereto, di Ferdinando Pasini, il quale non contento di escludere noi studenti e di presentare ordini a nome di tutti gli studenti accademici trentini, esortava «i deputati di parte non clericale a continuare nella campagna universitaria col metodo seguito fino ad oggi, cioè di prescindere affatto dai clericali, anzi con l'ignorarne addirittura l’esistenza». Ebbene, o signori, contro tale altezzoso sistema di sorpassarci e di ignorarci, noi protestiamo energicamente e con tutta l’anima e v’assicuro che cercheremo di far sentire in tutte le occasioni la nostra esistenza. Vivaddio! Non è questo nostro paese nella sua gran maggioranza cattolico? Non sta il popolo, il vero popolo, dietro di noi, o i suoi rappresentanti non sono in maggioranza di parte cattolica? Non c’è bisogno di esortazioni, ma se fosse il caso noi vorremmo dire ai nostri deputati: Rispondete a queste esortazioni di parte anticlericale con l’occuparvi con sempre maggiore energia della questione universitaria, e gli studenti e l’immensa maggioranza del Trentino saranno con voi. Ancora una cosa. Il signor Pasini terminava la sua applaudita filippica, motivandola con l’assicurare che i clericali non concederebbero agli avversari la libertà di pensiero e di ricerca. Lasciate che gli risponda con un augurio. No, o studenti anticlericali, andate pure nei laboratori, nei gabinetti, nelle biblioteche, cercate di ricercare, studiate e ristudiate col vostro ingegno libero da tutti i ceppi. Cercate! Novelli Ulissi, ripartite da Itaca, non cacciati dalla noia, come diceva nella sua ultima conferenza sulle funzioni sociali del pessimismo il prof. Pasini, ma attirati dalla sete del vero e del buono. Avventuratevi sul mare tempestoso, passate le colonne d’Ercole, lanciatevi arditamente per l’oceano infinito, vagate e cercate! Se la stella vi sarà propizia, se non farete prima naufragio, troverete il monte della salute. Dopo tante fatiche e tante aberrazioni ritornerete sulle antiche vie degli avi, alla religione delle vostre madri, al Vero davanti al quale chinan la fronte e Dante Alighieri e Michelangelo e Raffaello e il Vico e il Muratori e Alessandro Manzoni e tutte le maggiori glorie italiane.

Due monumenti

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Ebbene, o amici, la storia dovrà decidere se noi cattolici trentini abbiamo accettato coraggiosamente la sfida, e se abbiamo combattuto da valorosi la battaglia. La guerra, la battaglia! Voi abitatori delle valli e dei monti non ne avete ancora sentito che i rumori lontani, ma ora il nemico è venuto ed ha fatto la dichiarazione di guerra. Per cinque anni giravano le città e i villaggi, parlando di vantaggi economici, di progresso e di scienza. Ma ora che ci hanno detto chiaro che cosa essi intendano per progresso, di qual specie di scienza intendevano di dire: baldanzosi per la conquista di un paio di città, si credettero sicuri tanto da calare la maschera e lanciar sfide a tutto il Trentino. Ebbene, noi cattolici, questa sfida l’accettiamo: e l’accettiamo non soltanto per respingere gli aggressori ma anche per conquistare. In queste due parole c’è tutto il nostro programma: formare una falange irremovibile che sostenga qualunque assalto e non lasci passare il nemico e contemporaneamente addestrare delle squadre di cavalleria leggera che muovano all’assalto e alla riconquista: c’è posto per i vecchi e per i giovani. Accenno a ciò qui in questa adunanza, credo opportunamente, perché i battaglioni di questo esercito sono formati quasi tutti dalle Società agricole operaie. Ricordatevene, o amici, sulle Società operaie pesa ora, si può dire, l’esito della battaglia, il destino della patria. Che non avvenga di nessuna di quelle che sono qui rappresentate ciò che accadde a qualcun’altra, la quale limita la sua attività a qualche pratica religiosa in comune, alla bandiera forse issata con qualche entusiasmo e poi ripiegata e messa nell’armadio ove con essa viene seppellita anche la vita sociale. Si ricordino tutti quelli che lavorano nel campo delle società operaie che esse hanno assunto ora — di fronte al Trentino cattolico — un grande compito d’istruzione e di educazione. In piazza ora si parla stortamente e a rovescio dell’inquisizione, di Galilei, dell’evoluzione, della democrazia; ebbene ora conviene spiegare nelle Società operaie che cosa fu l’inquisizione, che ne fu di Galilei, che cosa è l’evoluzione, qual’é la democrazia vera, che cosa vuole la democrazia cristiana. Solo, o signori, a patto di formare nel Trentino una coscienza nuova, d’infondere nelle valli un nuovo slancio di vita, saremo degni della vittoria. Qualcuno mi obbietterà che è cosa difficile, impossibile. A quello io addito Civezzano, perché gli serva d’esempio. Anche questo paese una volta andava a rilento e passava per «malva», ed ora dobbiamo venire da Trento a Civezzano per imparare che cosa sia la vita che cosa frutti un lavoro continuo. Con una settantina di Società operaie come quella di Civezzano noi rideremmo di qualunque sfida. Avanti dunque — dico rivolto alle altre - al lavoro, preparatevi alla guerra! Due grandi eccitamenti, due grandi fiotti di vita sono venuti a noi in questi ultimi tempi: 1) il Congresso cattolico che fu come le nostre grandi manovre, ove si vide il lavoro pratico, sociale prestato in cinque anni dai cattolici, e si sentì anche lo spirito nuovo che informava le masse dei contadini e degli operai poichè, o amici, non era più «la scarpa grossa» isolata, impaurita da ogni cosa nuova che si batteva sui marciapiedi di via Larga, ma erano cinque, anzi diecimila «scarpe grosse» organizzate in assetto di guerra; e passavano via superbi della loro coccarda sotto una bandiera, soggiogati da un’idea comune; 2) il Congresso degli altri, l’offesa recata, la sfida lanciata. C’è qualcuno al quale piacerebbe quel bustarello tolto via donde l’hanno messo e rotolato chissà dove! No, amici, lasciatelo lì anche perché ci serva d’ammonimento. Come quel generale persiano aveva l’incarico dal re di ripetergli ogni qual tratto: «O re, ricordati della sconfitta di Maratona», affinché il re ben si preparasse alla riscossa contro la Grecia, così quel busto ci ammonisca sempre del dovere sacro che abbiamo di rintuzzare l’offesa, di marciare alla riscossa. Se ognuno di voi che passa davanti al busto di Canestrini si ricordasse dell’obbligo di istruirsi, di prepararsi alla battaglia, allora nelle Società operaie si educherebbero tal «rospi» che quel tal dottore, riuscirebbe a stento a schiacciare Allora il nostro esercito — lasciate che m’immagini la nostra conquista morale in modo palpabile — fatto più cosciente più svelto e più leggero, discenderà dai monti nostri, su cui imperano le nostre croci, alle città, e forse allora si apriranno quelle certe finestre dei signori «filistei» che le hanno chiuse al di del congresso, compariranno alla luce del sole certe bandiere che non si vollero issare e faremo campo in piazza Dante dinanzi al monumento di Canestrini. E non l’oltraggeremo, no! ma se l’iscrizione sarà spazzata via dalle ali del tempo (vedi discorso Altenburger) e se gli anticlericali nelle angustie della sconfitta non provvederanno a rifarla, ce la faremo noi la scritta, magari sulle tracce della vecchia, di fronte al Vaticano. E scriveremo: A G. Canestrini — studiò e faticò molto —— ma sbagliò la strada - Ri- posa in pace. Allora l’arma non sarà un trofeo della vittoria del «libero pensiero», come si augurava il barone Altenburger, ma un ricordo della sua sconfitta. E l’unico interprete e testimone fedele dei sentimenti e delle idee della nostra età resterà il monumento alla Comparsa dedicato al divin Redentore il quale disse: Non praevalebunt!

Il nuovo governo civile e le nostre autonomie

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Il governo ha accettato pienamente il terzo postulato di mantenere fino alle elezioni l’attuale regime degli enti locali, salvo casi di eccezionale necessità. Con ciò, dice l’oratore, appare evidente che s’è ottenuto un successo, il successo di chiarire la situazione. Se i nostri avversari vorranno osservare attentamente, niente è stato qui chiesto ed ottenuto che non si sia domandato da tutti già nella Consulta, che sia in contraddizione con quello che la quasi unanimità della Consulta ha chiesto, niente in ogni caso in favore speciale del nostro partito, ma tutto in favore delle popolazioni trentine senza distinzione; il diritto cioè di condeterminare col proprio voto l’assetto definitivo delle nuove provincie. La parola autonomia sorpassa qui il significato comune per rivestire il pensiero della sovranità popolare esercitata in un momento decisivo per il nostro paese.

Il comizio di Riva

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Quanto al fatto che a Tuenno l’ordine del giorno venne accettato ad unanimità senza discussione, esso non può provare altro che gli elettori furono tutti d’accordo, altrimenti la maggior parte dei comizi per l’autonomia non avrebbero avuto nessun valore. Egli venne a malincuore a questo comizio: le predizioni della stampa locale e le idee, oramai fatte pubbliche di alcuni fra i promotori, già dicevano ch’egli si sarebbe trovato di contro a delle persone molto autorevoli di parere avverso in un ambiente predisposto ostilmente. Venne tuttavia per obbedire ad un imperativo della sua coscienza di cittadino, venne, perché dopo aver scritto e parlato durante tutta la lotta universitaria ed averla combattuta da vicino assieme alla giovane generazione, pareva che il mancare nel momento in cui pende la decisione, fosse un disertare. E come non mancò ad Innsbruck, quando l’armonia degli intenti collocò accanto l’uno all’altro gli studenti, malgrado tante differenze, nella difesa contro un urto feroce, così non volle mancare oggi, anche se gli fosse avvenuto di parlare contro tanti alleati d’un tempo. Allora come adesso è l’amore alla causa della nostra elevazione nazionale che lo spinge, è la persuasione intima della necessità di un istituto superiore per la nostra coltura. Si dichiara d’accordo coll’energica protesta contro il Governo e specialmente contro quei tedeschi che sono in Austria il concreto dell’astratto: prepotenza, e in questo riguardo non ha nulla da aggiungere alle nobili parole del barone Fiorio. Venendo al nocciolo della questione, dice che si può partire da due punti di vista: punti che si sono fatti anche pubblicamente valere negli ultimi giorni. «O noi consideriamo, egli dice, il miserabile frutto dopo tante cure ottenuto, consideriamo il tozzo di pane buttatoci come a mendichi, mentre noi avevamo sperato, sognato un banchetto, e allora il sangue ci sale al viso e gridiamo colla voce soffocata dalla rabbia in faccia al presunto benefattore che ci deride: No, no, il tuo tozzo lo butto a terra e lo calpesto; salverò la dignità, anche a costo della fame! E questo è il parere di chi grida “Trieste o nulla”. Ma c’è anche un altro punto di vista, e questo s’attaglia secondo me alle nostre condizioni. Noi siamo un popolo stretto da ogni parte da avversari nazionali, che s’annidano sui nostri valichi alpini che scorazzano le nostre valli come padroni, e mentre ai confini passo passo, piede piede, ci tocca difendere la nostra vita nazionale, anche più addentro dobbiamo parare gli assalti diretti contro il palladio della nostra nazionalità. Su questo piede di difesa in cui ci troviamo in questo accanimento continuo ogni arma nuova che ci viene tra mano serve a rintuzzare l’offesa, è provvidenziale. Da questo punto di vista io considero la facoltà che il Governo, o meglio i partiti, sia pure con intenzione non benevola, hanno fatto passare nella commissione. Faremmo insomma, per ritornare al paragone di prima, come il mendico che strappa di mano al signore il tozzo di pane, lo ingozza perché vuole vivere, vivere per continuare nella resistenza e gli grida: Vivo per combatterti, per vincerti definitivamente! Io vedo insomma nella facoltà una forza che aumenta la nostra resistenza nazionale, e per ciò l’accetto per ritorcela contro i donatori che hanno già calcolato sul mio rifiuto. Ma la facoltà, voi obiettate, è bastarda; anzi l’on. dr. Stefenelli ha accentuato appunto questo. Ebbene, se il progetto dovesse passare tale e quale, dovremmo rifiutarlo tutti. Ma già il Governo, credo per bocca del ministro Hartel stesso, ha dichiarato di voler mutare le disposizioni lesive ai nostri sentimenti nazionali; ad ogni modo, se il Governo non manterrà la sua promessa, per il nulla ci sarà sempre tempo d’agitarsi. Ora veniamo alla questione della sede. Il Governo — c’è chi vuole, in seguito a suggerimenti — nella scelta della sede, dopo aver passato sopra al desiderio comune agli italiani, ha inflitto un’altra offesa al nostro paese. Il pericolo dell’atomismo, parlando di popoli e di stati, e passato. Pochi ma uniti, malgrado la geografia ufficiale, nella nostra coscienza di popolo abbiamo creato un paese, il Trentino, e a Trento tutti — parve almeno tutti — demmo le insegne di capitale, e Trento lo fu anche spesso moralmente. Così non parve ai promotori del progetto. Signori, se il Governo vuole erigere la facoltà nel Trentino, lo possa fare solo a Trento, in nome dell’unità nazionale del paese! Ed ora vengo all’ultima obiezione fatta anche oggi che è forse per alcuni più forte di tutte le ragioni; la solidarietà nazionale coi fratelli della Venezia Giulia. Gli è appunto in nome di questo supremo ideale dell’armonico sviluppo nazionale fra tutti gli italiani dell’Austria che io vi domando la votazione per Trento. Non vi paia un paradosso, o signori! La facoltà a Trento dev’essere provvisoria; lo dev’essere per deliberato nostro, lo dev’essere per l’opera dei deputati. Non si tratta che di uno sbarco momentaneo, per salvarci dal sicuro naufragio finché, passata la burrasca, riprenderemo il cammino verso la meta finale, Trieste. Teniamola viva questa povera figlia della sciagura, fino che momenti politici più propizi, costellazioni parlamentari più favorevoli ci rendano possibile darle una stanza più sicura, più conveniente. Signori! gridando “Trieste o nulla” noi ricadiamo dopo tante lotte nel nulla, senza che si veda modo di cavarsene fuori, dicendo “Trento” noi evitiamo il “nulla”, per poi arrivare a Trieste. E i nostri fratelli triestini che in un momento di delusione, che noi condividiamo, s’oppongono ora ad una soluzione provvisoria, saranno poi grati a chi ha salvato loro il germe di cui raccoglieranno più tardi i frutti. Del resto i miei avversari sono in contraddizione. Come si fa ad appellarsi alla solidarietà coi triestini, mentre contemporaneamente si invitano, come sostiene oggi il dr. Stefenelli, i deputati a rompere l’unico vincolo che è il club italiano al Parlamento? Io non sono tenero però del club italiano, anzi se tutto si avesse a ridurre ad una dittatura dei deputati del litorale venga pure la rottura». Il dr. Degasperi conclude dichiarando specioso l’argomento che in Trento non possa risiedere provvisoriamente una commissione di esami, perché danneggerebbe la coltura generale degli studenti, e nega che a Vienna e a Graz gli studenti trentini siano veramente a contatto con le fonti della civiltà tedesca. Finisce dicendo che non vede per ora come si possa ricominciare di nuovo la lotta, e osserva che la politica del «tutto o nulla» nella questione dell’autonomia, ci ha messo al rischio di perdere nazionalmente oltre la valle di Fassa anche quella di Fiemme. Prelegge in ultimo il seguente ordine del giorno: «Il Comizio riafferma essere unanime volere degli italiani che la facoltà giuridica italiana, rispettivamente l’università completa, abbia la sua sede definitiva in Trieste, e invita i deputati a cogliere ogni momento politico opportuno per eseguire la volontà nazionale. Protesta contro le disposizioni lesive ai sentimenti nazionali contenute nel presente abbozzo di legge. Delibera che vista l’impossibilità per il momento di raggiungere la meta ideale e di iniziare una lotta efficace sul terreno accademico e sul terreno parlamentare, ammesso che il Governo come ha promesso ritiri le disposizioni lesive come sopra, venga affidata a Trento la facoltà giuridica, in via provvisoria, e fino a tanto che agli unanimi conati degli italiani riuscirà di ottenere l’erezione definitiva di un’università italiana a Trieste»?

L'assemblea dell'"Unione politica"

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Il programma poi venne discusso punto per punto e con alcune modificazioni accettato. Al punto VII: «postulati agrari», riferì il m.r. don Panizza; anch’esso dopo larga discussione venne approvato. La seduta, che era stata sospesa alle 12 e ripresa alle 2, durò fino alle 6. Interessantissima fu la discussione sulla organizzazione da darsi alla società nelle vallate. Il m. r. don de Gentili raccomandò, che anche nelle adunanze della società politica ci si adoperasse per la diffusione della stampa; s’inculcasse inoltre essere sacro dovere dei cattolici di sostenere materialmente il comitato diocesano, il quale a sua volta è la società che mantiene la stampa e ne rende possibile lo sviluppo. L’oratore urge ancora che non si voglia disperdere le forze in altre imprese buone sì, ma non così importanti ai giorni nostri come la stampa. Ricorda l’esempio della Francia, la quale ha profuso somme immense in opere eccellenti, ma dove non si è sviluppato il movimento cattolico sociale e non ci si è impadroniti dell’opinione pubblica, coi danni che ora vede ognuno. Le parole del dr. de Gentili furono calorosamente applaudite. S’accettarono infine le proposte del dr. De Gasperi colle aggiunte risultate dalla discussione, per quanto riguarda l’organizzazione politica e il sistema di propaganda.

Adunanza generale dell'Unione politica Popolare

388052
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Possiamo vantarci d’esser stati in quest’ultimo tempo fra quelli che più di ogni altro hanno fatto opera di democrazia, spiegando al popolo in comizi e sulla stampa il nostro programma politico; oggi si tratta quindi di riassumere, di fissare ancora una volta i capisaldi di quanto devo presumere già noto, discusso, accettato definitivamente. La nuova legge elettorale chiama alle urne ogni cittadino austriaco che abbia compiuto 24 anni di età e dimori da almeno un anno nel comune in cui vota. Almeno ogni comune avrà la propria commissione elettorale, ove si voterà direttamente per il deputato parlamentare. Il Trentino venne diviso in nove collegi. Questa distrettuazione risale ai rappresentanti liberali che seppero indurre il governo a rompere la continuità territoriale, come era prevista dal barone Gautsch, per due collegi privilegiati, ove il partito liberale avesse l’esito assicurato, a danno dei cosiddetti collegi rurali. Noi abbiamo protestato contro l’incoerenza, l’ipocrisia politica dei liberali e la «commedia del suffragio universale» non si cancellerà così presto dalla memoria. Ma i liberali furono più potenti di noi e non ci resta che adattarci ai fatti compiuti, confidando in tempi in cui i progressi della democrazia e della sincerità politica daranno alla nostra protesta maggior efficacia pratica. La riforma elettorale porterà anche da noi queste conseguenze: aumentando il numero degli elettori e venendo stabilita l’eguaglianza del loro diritto, diminuisce l’influsso personale di pochi, l’autorità perde della sua forza, mentre ne guadagna la convinzione. Crescendo la cerchia della partecipazione e della responsabilità politica aumenta la forza d’attrazione di idee generali, mentre indebolisce il punto di vista locale. Così il programma viene a valere più che la personalità di un candidato e all’influsso individuale viene a sostituirsi la forza collettiva dell’organizzazione. Chi vuole dunque affrontare con fiducia la lotta deve avere un programma chiaro ed un’organizzazione forte. Riassumiamo brevemente come stiamo noi riguardo a quello e a questa. Il partito fu nel concetto di molti ed è altrove forse ancora sinonimo di fazione, discordia, pregiudizio. La vita politica moderna lo ha però reso necessario, le costituzioni più avanzate ne tengono già conto come di un ente giuridico-sociale nell’organismo dello Stato: il ministro della giustizia del Belgio appoggiando la nota legge del suffragio proporzionale che espressamente presuppone i partiti, respinse tutti i rimproveri dell’individualismo liberale sentenziando: «les partis sont nécessaires dans la vie politique et parlamentaire». L’oratore poi passa a parlare dell’organizzazione nostra: «L’organizzazione di partito è l’Unione popolare politica trentina. Venute su le associazioni di coltura, le società operaie, i circoli e le associazioni economiche, le quali sono fuori della politica, ma che ne possono informare i principii, si doveva pensare ad una organizzazione generale politica. Lasciate cadere tutte le altre denominazioni, abbiamo scelto quella di popolare, nome che fissa il carattere della società. Popolare perché vuol essere organizzazione di popolo e di politica democratica, popolare, perché pur volendo propugnare gli interessi di tutte le classi, non si lega più specialmente ad alcuna, ma chiama alla rappresentanza ed alla vita politica tutto il popolo Trentino nella sua fede cristiana, nell’italianità della sua famiglia, nella varietà delle sue energie economiche. Il partito popolare doveva essere una lega generale per l’educazione politica, doveva diffondersi in tutti i nostri comuni in modo che in ogni luogo elettorale si raccogliesse un nucleo di soci addestrati, i quali, anche in tempo di elezioni, divenissero l’organo vivo in contatto con la direzione centrale. Era nostro ideale di diffondere ed organizzare l’Unione in modo che i suoi soci potessero dappertutto essere contemporaneamente i fiduciari di parte nostra, sì che le decisioni e il lavoro per l’elezione si facessero entro le nostre mura senza bisogno di estranei soccorsi. Quest’ideale è ancora ben lontano! Grande è il campo e pochi sono i lavoratori, ma un passo importante l’abbiamo fatto: in ogni collegio vi è ormai un buon numero di soci. Durante la prossima campagna elettorale si presentano ottime occasioni per diffondere l’Unione e guadagnare soci al partito. Converrebbe che in ogni comune almeno i componenti il comitato elettorale s’inscrivessero nella nostra organizzazione politica». Il dr. Degasperi, passando poi alle proposte concrete, dopo brevi motivazioni mette alla discussione prima l’ordine del giorno programmatico e poi le proposte di tattica che, con le modificazioni derivate dalla discussione, riportiamo qui letteralmente. «Noi, membri del Partito Popolare Trentino, raccolti in Trento nell’adunanza generale dell’Unione politica popolare al 6 febbraio 1907, riaffermando in generale i postulati dell’Unione politica popolare trentina: Condanniamo il' tentativo, manifestatosi recentemente, d’inaugurare anche in Austria, sull’esempio della Francia una politica antireligiosa combattendo il cristianesimo nella famiglia, nella scuola, nelle pubbliche istituzioni; Facciamo voti che il futuro Parlamento, lasciando lotte perniciose ed infeconde, promuova la riforma sociale cristiana con una legislazione moderna, a favore dei lavoratori, del ceto medio ed ad elevamento delle classi agricole; Chiediamo che la legislazione venga modificata secondo i bisogni dei nostri tempi, riformando in senso popolare la legge sulle riunioni e quella sulla stampa, riducendo la ferma militare a due anni, allargando il diritto di voto alle classi popolari anche per le Diete e per i Comuni; Noi vogliamo l’integrità nazionale del Trentino, vogliamo conservato non solo il patrimonio linguistico ma rafforzato anche lo spirito nazionale del popolo, creando in lui una coscienza nazionale positiva, ed aumentandone i beni nazionali; Noi chiediamo per il' nostro paese autonomia amministrativa, il risanamento delle finanze comunali con contributi dello Stato e della Provincia, lo sviluppo della viabilità trascurata e della rete ferroviaria, il promuovimento dell’agricoltura e dell’industria, la regolarizzazione dell’emigrazione e la tutela dell’emigrante. All’attuazione di questi postulati e del nostro programma integrale, ci auguriamo vengano eletti uomini indipendenti, attivi, buoni cristiani, bravi italiani, sinceri democratici. Proposte di tattica 1) La Direzione dell’Unione politica popolare trentina agisce in base allo statuto come comitato elettorale generale per tutto il Trentino. 2) Almeno in ogni luogo elettorale è da costituirsi un comitato locale, il quale deve annunziare entro il 15 marzo 1907 la sua costituzione alla direzione dell’Unione politica popolare. 3) Per stabilire le candidature del partito popolare trentino la Direzione dell’Unione politica popolare deve accordarsi coi fiduciari del collegio; la proclamazione definitiva è riservata alla Direzione dell’Unione politica popolare trentina 4) Preferibilmente il candidato sarà persona pertinente al collegio dove viene proposto. Criterio decisivo però dev’essere che egli sia uomo che per i suoi principii e per le sue attitudini dia seria garanzia di propugnare fedelmente ed energicamente il programma del partito e di promuovere gli interessi del suo collegio. 5) Il candidato dovrà presentarsi personalmente nel suo collegio per esporre il suo programma e in caso della sua elezione, gli è raccomandato fin d’ora di mantenere frequente contatto con gli elettori. 6) In eventuali ballottaggi decide circa la posizione del partito la Direzione dell’Unione politica popolare. 7) L’assemblea decide che il Partito Popolare proclami candidati in tutti i sette collegi delle vallate. Per i collegi di Trento e della città e borgate meridionali si rimette la decisione alla Direzione dell’Unione politica popolare trentina, la quale è incaricata di sentire sul da farsi il parere dei fiduciari. 8) Le spese elettorali per conferenze, eventuali stampati, viaggi sono a carico della Direzione dell’Unione politica popolare trentina, eventuali piccole spese che fa i comitato locale per scopi puramente locali sono a carico del comitato locale».

Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

393960
Toniolo, Giuseppe 4 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
  • Economia
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. - Tale classificazione e genesi storica delle scienze sociali non si confondono, pertanto, colle scienze razionali speculative,che la società studia nei fini ultimi (corrispondenti alle ragioni prime) della sua esistenza e quindi nei doveri pratici che ne conseguono per la condotta umana collettiva, al fine di raggiungere la perfezione civile o civiltà; — ma, premesso e accettato tale sistema di conoscenze speculative, le scienze che dicemmo razionali positive, ricercano coll'osservazione dei fatti (sensibili) come venga normalmente a comporsi la costituzione e a dispiegarsi l'attività o vita reale della società, con cui essa tende ad attuare que' fini stessi (speculativi) con un processo progressivo che si chiama incivilimento. Se quelle mettono capo alla filosofia sociale (etica e giuridica) ed alla filosofia civile (della storia); queste alla sociologia.

Pagina 1.26

XIX, oggi è accettato da tutti gli economisti recenti e dai socialisti stessi riformatori (da Lassalle a Bernstein), riconoscendo che tutta l'economia si risente del concetto dei fini della vita (il lavoro, il valore, le mercedi, i consumi), e che le leggi di quella seguono definitivamente le vicende degli ideali di civiltà.

Pagina 1.383

Ma accettato e rispettato questo principio, la schiavitù nella sua essenza era mutata. Lo schiavo non poteva più essere dal padrone costretto a violare la legge divina; e così la sua qualità di ente razionale e libero,e tutta la sua dignità spirituale erano rivendicate (agnosce christiane dignitatem tuam,s. Paolo); e nella sua coscienza morale egli rimaneva indipendente dal suo padrone, sebbene avesse continuato a trovarsi dipendente da lui in ogni atto esteriore, non offensivo di quella legge etica.

Pagina 2.186

Ideale di perfezione spirituale in Dio (da tradursi in atto nelle relazioni umane), che genera tutti gli altri ideali e che diventa così una indefinita forza sociale (Schäffle) di ordine o disordine, a seconda che quello viene intuito ed accettato più o meno correttamente; ciò che frattanto, a seconda dei vari popoli e momenti storici, spiega la varietà dell'assetto civile, perché la stessa qualità di legami (religio da religare), che l'uomo intende di avere con Dio, trasferisce ai suoi simili in società.

Pagina 2.5

Trattato di economia sociale: La produzione della ricchezza

398087
Toniolo, Giuseppe 1 occorrenze
  • 1909
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, vol. III 1951
  • Economia
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. — Rispetto alle quali modalità nel loro complesso sorse questione se debbano o meno determinarsi d'accordo fra padroni ed operai, come sembra equo e conveniente; ma fra dibattiti gravi dei privati e dei parlamenti (specie in Belgio), per lo più le leggi impongono soltanto che il regolamento compilato dal padrone debba affiggersi nelle sale, e dopo alcuni giorni, in cui agli operai è lecito fare rimostranze e domande, qualunque sia la risoluzione dell'impresario, esso intendasi accettato e obbligatorio (Brentano, Schönberg).

Pagina 521

La regione

399764
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1921
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 194-231.
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Il progetto accettato dal ministro Facta che promise di portarlo presto alla camera, e oggi nelle mani del suo successore; spero arrivi sano e salvo in porto, senza i soliti ritocchi delle persone incompetenti (*) (*) Il ministro Soleri fece proprio il progetto e lo presentò alla camera. Il ministro Bertone attuò la cessione dei dazi di consumo ai comuni. Altri provvedimenti speciali dati per decreto erano stati elaborati in armonia con tale progetto..

Pagina 225

La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

400224
Murri, Romolo 9 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
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Accettato il senso che alla vita ed all'essere umano dà la religione, io penso, e ve l'ho detto, che non convenga arrestarlo a mezza via, venire a comode transazioni, dare alla religione una stanza, magari un appartamento, nella coscienza, pregandola poi di non voler troppo curiosamente scrutare che cosa avvenga nelle altre stanze della vostra casa spirituale. La religione non è per noi un sistema di dottrine o una sequela di riti; essa non può essere che una vita piena e sincera di anime alle quali dottrine e riti servano, come abbiamo detto, per dirigersi, per conoscere sé stesse, per vincere il male ed unificare la propria coscienza. E la norma del bene che noi proponiamo è indeclinabile; essa vince tutte le contingenze di tempo e di luogo e non può piegare dinnanzi a nessuna difficoltà: odiare e perdere l'anima propria per riacquistarla in Cristo può voler significare qualche volta perdere ricchezze e pane, rinunziare a cose lungamente amate, imporsi delle privazioni gravissime, subir anche dolori corporali e la morte: meno non chiede questo adattamento di povere esistenze fragili e bisognose di tanti varii sussidii della vita, in un mondo triste e nemico del bene, a un precetto eterno e assoluto di bene.

Pagina 143

E io penso — e spero di avervi consenzienti in questa mia opinione — che, agli occhi di chi giudichi serenamente, questa severità del precetto cristiano quanto alla continenza appare come salvaguardia inevitabile d'ogni ulteriore elevazione dell'uomo e della società umana; e che nella lotta che tutti coloro i quali pensano altamente dell'umanità e della civiltà sentono di dover oramai muovere più vigorosa all'impudicizia, la quale rapisce alle nostre giovani generazioni tanta vita e possanza e gioia spirituale, il concorso della religione debba essere accettato e cercato con infinita gratitudine.

Pagina 146

Il cristianesimo, se non è da noi accettato come conviene, non ci salva da tale degenerazione: ed anche oggi molti cercano Dio, la Madonna, i Santi per la loro utilità egoistica e per i fini immediati della loro esistenza terrena: paiono cattolici e non sono neanche religiosi. Esaminate la vostra coscienza e vedete se in essa, o nei più intimi e segreti moventi della vostra attività interiore, voi riscontrate i segni d'una religiosità viva e sincera.

Pagina 15

Dopo quel che io ho detto, dei dubbi possono essere ancora in voi circa l'uso dalla Chiesa universalmente accettato di ricevere al battesimo anche i bambini, anzi di amministrarlo, per norma, a poca distanza dalla nascita. Che una società, fondata sul libero consentimento dei soci, abbia un rito speciale per l'iscrizione dei suoi è semplice ed ovvio; ma che questa società prenda come suoi dei bambini appena nati, e che essa si faccia promettere da altri, per essi, fedeltà ed obbedienza, e che su questi inconsapevoli soci eserciti poi la sua autorità, pare oggi a molti irrispettoso per la libertà della coscienza umana e quasi tirannico; ed alcuni genitori cominciano a non volere che i loro bambini siano battezzati, ed anche ad impegnarsi a questo con un vincolo sociale, col pretesto che questi medesimi, divenuti uomini, sceglieranno il loro Dio e la loro fede.

Pagina 188

Ma questa inserzione nel cristianesimo è insieme un dovere riconosciuto e accettato, un dovere imposto alla vita morale. Quando la vita interna incomincia a destarsi nel bambino, quando egli, con i grandi occhi pieni di stupore, incomincia ad osservare, a raccogliere nella sua piccola anima le impressioni della vita esteriore, a reagire a certe forme più evidenti di male, o ad accettarne certe altre, od a ricevere imagini che avveleneranno più tardi i suoi sensi, o ad agire senza riserbo e con quasi selvaggia spontaneità, il sacramento nel fanciullo può essere ed è il più spesso violato dai genitori, dai parenti, dai maestri di lui; la società cristiana, che lo ha ricevuto nel suo seno, non può far nulla in quella piccola anima avida di luce e di bontà senza il consenso di coloro i quali la hanno in custodia; essa lo sa cosi bene che non si é fidata delle promesse dei genitori, ed ha voluto dei garanti, scelti fra gli amici di questi, dei quali la Chiesa potesse fidarsi, i padrini. Eppure il più spesso oggi, anche nelle famiglie che portano al fonte battesimale i loro figli, il bambino cresce educato al male, stretto, da una inesorabile solidarietà, alla colpa dei genitori, dei fratelli maggiori, dei compagni, dei maestri: per tutte le finestre per le quali la vita esterna e l'esperienza umana entrano in quell'anima vi entrano insieme le suggestioni del male. Ed egli è un cristiano! Ed i suoi sono cristiani! E la società in cui vive è cristiana! Io penso che un profondo scoramento dovrebbe oggi stringer l'anima d'ogni parroco il quale amministri il battesimo. Egli sa che quella professione di fede è puramente verbale, che i genitori e i padrini ignorano ciò che dicono e ciò che fanno, che la loro promessa è fallace, che quel bambino avrà in casa, per sue prime esperienze, le collere, il turpiloquio, le bestemmie dei genitori e dei mille compari che essi hanno nella colpa e nel vizio; sa che il padrino, il compare, il quale oggi prende innanzi a lui impegno dell'educazione cristiana del fanciullo, avrà una intiera e perfetta indifferenza per la vita spirituale di questo: prenderà parte a qualche banchetto, darà, forse, domani qualche dono al fanciullo, e null'altro.

Pagina 190

Il timore d'una pena che segue il male come tale, e non soltanto questa o quella colpa, per ragioni occasionali e passeggere, rimuove la volontà da ogni cosa od atto che sia colpa grave; esso è quindi, benché diremmo quasi negativamente, atto di riconoscimento dei superiori fini della vita e del dominio del bene sul male, e la Chiesa ha potuto quindi accettarlo come materia sufficiente nell'atto morale del colpevole che invoca il perdono di lei e del Volere divino; l'opera di questo Volere divino accettato, benché per timore, la grazia, farà poi il resto. Ma non è colpa della Chiesa se per molte generazioni l'enorme numero dei fedeli fu poco sensibile ad un più elevato motivo di vita e di purgazione interiore; e coloro stessi che biasimano il cattolicismo per la pratica della penitenza debbono riconoscere l'influenza enorme che questa ebbe nel raffrenare le passioni ed addolcire i costumi. Basti ricordare l'apparizione di qualche umile frate francescano nelle città italiane dei secoli di mezzo, dilaniate da profonde discordie civili, e l'onda possente di commozione popolare che la sua parola provocava, ricordare la vita e l'opera di frate Francesco, di Antonio di Padova, di Caterina da Siena, di frate Bernardino, di frate Giovanni da Capistrano e di mille altri, per avere un esempio evidente dell'efficacia di questa minaccia divina sulle fiere e rudi coscienze dei popoli che il cristianesimo dominò, dove non giungesse la parola dell'amore, con quella del rimprovero e del terrore.

Pagina 217

Ora è appunto il nostro rapporto con questi fini ultimi e supremi della nostra vita, con questo più e meglio che essa può darci, con la visione generale delle ragioni e del valore dell'essere, che la carità regola, e per essa e con essa regola la religione; la quale, lasciando ad ogni atto che procede dalla nostra interiore attività consapevole l'indole che gli viene dal suo fine particolare e dalle norme che dirigono il raggiungimento di questo, regola poi il volere irrefrenabile e trascendente che pone quell'atto, ma ponendolo lo travalica, per chiedere a un bene particolare ottenuto {{44}}un altro più vasto e più lontano bene del quale è sitibondo Che la politica, l'economia, la letteratura ecc. siano regolate da leggi e norme proprie, e che la religione non debba immischiarsi di esse in quanto tali, è comunemente accettato. Anche il diritto è distinto dalla religione; poiché esso regola rapporti di fatto, esistenti fra gli uomini non per sole ragioni ideali ma per il corso delle determinazioni empiriche dell'attività umana individuale e sociale. Della morale si chiede se essa possa essere identificata con la religione. Ma rapporti morali sorgono fra gli uomini anche indipendentemente dagli scopi religiosi della vita ed è quindi concepibile una morale, prescindendo da Dio e dai nostri doveri verso Lui. La religione, tuttavia, una volta riconosciuta ed accettata, pervade e domina tutti gli altri atti e rapporti, e più particolarmente gli atti morali, in quanto per essi la coscienza e la volontà umana si pongono in un atteggiamento più o meno favorevole od opposto al raggiungimento del fine ultimo ed adeguato di ogni particolare volizione, che è appunto il bene assoluto; il quale è l'oggetto proprio della vita religiosa..

Pagina 42

Poiché, qualunque dottrina si voglia tenere sulla società umana e sulla sua natura, è evidente che la sede prima ed ovvia di questo precetto e di questo spirito religioso non può essere che la coscienza umana individuale, noi dobbiamo ora vedere in che modo il precetto religioso divenga vita ed attività religiosa: quali sieno i principii e le maniere d'agire dell'uomo individuo, alla luce e sotto l'influenza del cristianesimo sinceramente accettato.

Pagina 90

Dalle prime parole il cui significato cominciaste a discernere fanciullo, sino all'ultimo numero, che avete letto questa mattina, del vostro giornale, tutto quello che è passato avanti all'animo vostro e vi si è fissato un momento, riguardasse i problemi filosofici o i religiosi o i morali, ha agito su questa vostra fede, ve l'ha insensibilmente insinuata nell'animo, l'ha rinsaldata o scossa o modificata o avviata a lente modificazioni; voi ne avete ricevuto qualche cosa dalle persone che fecero l'educazione vostra in casa o nella scuola, dai vostri compagni ed amici, dalla società e dalle leggi, dai romanzi letti, dal teatro, dall'arte, dai giornali; avete, il più spesso inconsapevolmente, accettato, riflettuto, avvicinato, vagliato in voi stessi; avete discusso con gli amici, subito l'influenza dei vostri cari, più ancora, quella dei vostri desiderii e delle vostre passioni.

Pagina 97

La filosofia neo-tomista e il movimento moderno della filosofia cristiana

401252
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1900
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1900-1902, pp. 104-107.
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Quest'indirizzo è stato ultimamente accettato in parte dalla Società Scientifica Catt[olica] Italiana La «Società Cattolica italiana per gli studi scientifici» fu promossa e fondata nel 1899 da Giuseppe Toniolo, con l'appoggio di mons. Riboldi, vescovo di Parma, e di mons. Callegari, vescovo di Padova, con lo scopo di stabilire un nuovo rapporto tra scienze e fede. L'inaugurazione ufficiale della Società avvenne il 13 settembre 1899 a Como, in occasione della celebrazione centenaria della morte di Alessandro Volta. Cfr. F. VISTALLI, Giuseppe Toniolo, Roma 1954, pp. 469-475.. Essa ha un largo campo di studio e di lavoro; la

Pagina 106

Sedici mesi di amministrazione

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1907
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 306-314.
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Per questo ho accettato l'invito della Comm[issione] Elettorale delle Ass[ociazioni] Catt[oliche] ed ho deciso rompere il silenzio di sedici mesi e più, cercando nel contatto col corpo elettorale quella vigoria di propositi, che i lavori, i dispiaceri, i sacrifizii possono aver logorato.

Pagina 306

La questione meridionale

401959
Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1903
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 234-239.
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Ho accettato, io siciliano, di parlare in Bologna sulla Questione Meridionale non solo per un senso di carità sentita verso il natio loco, troppo vituperato e troppo sconosciuto, non solo perché sento che è una nobile missione rivendicare la verità e farla conoscere a chi, per quanto abiti mentali vi facciano ostacolo, non vi ripugna con le prevenzioni della volontà; ma anche perché noi cattolici, che oggi diamo all'Italia lo spettacolo del come sappiamo sentire cristianamente tutta la vita moderna, sentiamo anche quanto importanza abbia nella vita nazionale e nello sviluppo delle coscienze proletarie, una adeguata percezione del problema del Nord e Sud Italia, e una pronta e sicura visione delle vie di rinnovamento; al quale noi, se comprendiamo per intiero la nostra missione, dobbiamo partecipare con la vergine potenzialità dei nostri ideali.

Pagina 234

Introduzione alla sez. "Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922)

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1923
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 101-131.
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Essi, anzitutto, si sono posti sul terreno pratico dell' organamento dello stato costituzionale, non solo come forma di governo legittimo (la chiesa come tale è indifferente verso ogni organizzazione statale ed ogni forma di governo), ma come regime accettato, voluto e difeso, perché rispondente alle ragioni di fatto e al progressivo divenire della società civile; e anche perché lascia margine e dà i mezzi alle necessarie modifiche e agli sviluppi che sono richiesti da una organizzazione popolare o democratica dello stato, in quanto il popolo (demos) possa partecipare più intensamente al regime del proprio paese.

Pagina 109

La crisi religiosa in Francia (Lettere al "Corriere della Sera")

404139
Murri, Romolo 3 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 207-245.
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E tuttavia il Governo stesso, facendo un passo innanzi nella via di un liberalismo, del quale si possono bensì discutere le intenzioni ispiratrici ma non negare le manifestazioni visibili, accetterà, si dice — ha anzi già accettato nel fatto — una proposta di legge che abolisce il dovere di annunciare previamente le riunioni pubbliche all'autorità civile; con che il clero potrà liberamente e senza fastidi ufficiare nelle chiese. Sicché la lotta non si continuerà qui - diversamente da quello che si può giudicare in Italia - su di un terreno di agitazioni pubbliche e di nuovi conflitti politici, almeno ora e per qualche tempo. Ma ciò stesso rende la crisi più profonda e, in qualche senso, più definitiva.

Pagina 207

Ora i rappresentanti di questa tendenza, che è certamente la più numerosa, se pure non è sempre stata la più forte, vi dicono che la legge è, nella sostanza, quale essi l'hanno voluta: che se la Chiesa non fosse partita da un punto di vista della sua posizione e dei suoi diritti sociali che è incompatibile con lo spirito laico dello Stato moderno, ed avesse accettato la legge, essa avrebbe certamente goduto d'una libertà larga e sincera, conservato i suoi beni, fatto valere nelle associazioni di culto i suoi principi gerarchici. E vi citano il celebre articolo IV della legge, nel quale è detto che i beni delle singole chiese sarebbero resi ad associazioni organizzate secondo i principi propri di queste chiese medesime. La frase è volutamente generica; ma in essa c'è posto, evidentemente, per il riconoscimento della gerarchia e della disciplina cattolica. Il Consiglio di Stato ed i Tribunali civili, che un altro articolo di legge chiama arbitri nelle contese fra diverse associazioni di culto, avrebbero dovuto limitarsi a constatare quale, fra due associazioni sedicenti cattoliche in conflitto, osservasse le leggi interne del suo proprio culto; quale cioè fosse unita al vescovo e in comunione con Roma, e quindi veramente cattolica.

Pagina 223

Ma crisi simili, quanto più sono profonde, tanto più promettono di essere anche risolutive; e noi comprendiamo quindi perché l'abbé Lemire abbia accettato di far parte della commissione parlamentare nominata per l'esame delle carte Montagnini e di esserne anche vicepresidente, e si dichiari favorevole, con certe riserve, alla pubblicazione. I cattolici francesi si correggeranno meglio di certi loro errori e guariranno più facilmente da certe illusioni quando avranno osservato più da vicino tutta la gravità degli uni e la vanità delle altre.

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