La teoria costituzionale dei valori e la dimensione assiologica del diritto, che essa introduce e valorizza nella riflessione giuridica, sarebbero, per alcuni autori, il risultato del c.d. "Stato costituzionale" contemporaneo, a sua volta frutto di un "vero e proprio mutamento genetico" della forma di Stato rispetto a quella ottocentesca. La prima parte del saggio è, quindi, consacrata al confronto tra lo Stato di diritto ottocentesco e lo Stato contemporaneo, onde accertare se di frattura possa parlarsi, o non debba piuttosto propendersi per la tesi di un'evoluzione incisiva, ma nel segno di una sostanziale continuità. Si passa quindi ad esaminare il problema del "custode" della costituzione, con la relativa e nota querelle tra Carl Schmitt e Hans Kelsen, per poi affrontare il tema principale, la teoria costituzionale dei valori ed il c.d. "limite dei principi supremi", con le tematiche connesse: l'ammissibilità di limiti impliciti alla revisione costituzionale, la sindacabilità del rispetto dei limiti, la problematica "effettività" di una declaratoria d'incostituzionalità, il riaffiorare di istanze giusnaturalistiche. Nella conclusione si accenna a due rischi sempre in agguato in una riflessione teorica e prassi interpretativa, quali quelle del costituzionalismo contemporaneo, aperte alla dimensione assiologica del diritto: il rischio di cadere in una vuota retorica, nonché il rischio di una "tirannia dei valori".