Pertanto, molto correttamente la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il reato di accesso abusivo non è configurabile nel caso in cui un soggetto acceda ad un area "informatica" comune (es. aree aziendali intranet) grazie all'utilizzo della propria password e duplichi una cartella o un file che altri soggetti, rimasti ignoti, hanno indebitamente trasferito (trascinandola con il mouse) da un altra area (protetta con specifica e differente password) in uso al datore di lavoro. A nulla rileva la consapevolezza che la cartella contenga dati riservati e che tali dati vengano comunque salvati su di un dischetto dal soggetto che ha avuto accesso all'area comune.