Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Per la difesa nazionale. Un Comizio a Roveré della Luna

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Lo stesso è accaduto nell’ultima sessione dietale, nella quale italiani e tedeschi si misero d’accordo per votate leggi che promuovono il progresso delle due popolazioni. Gli italiani cercano dunque l’accordo coi tedeschi, e nemmeno il comizio d’oggi si rivolge contro i tedeschi ma piuttosto contro certi aizzatori che non rappresentano affatto il pensiero ed il volere della maggioranza dei tedeschi. L’oratore descrive qui rapidissimamente la miseria delle lotte nazionali austriache, le quali intralciano l’attività parlamentare ed ostacolano i progressi economici e si ferma in particolare sui conflitti di razza in Boemia. Conclude che le cagioni prossime dei conflitti sono due: il continuo spostamento dei confini nazionali e l’agitazione portata dalla Germania dai pangermanisti d’accordo con la «Lega Evangelica». Quando una nazione penetra ed invade la casa degli altri, allora nasce un conflitto insanabile che si riflette sulla situazione politica, specialmente se si aggiunge l’agitazione artificiale degli aizzatori. L’Imperatore ripetutamente, ed anche nel suo discorso del Trono, fece appello al buon volere di tutti perché si rispettassero vicendevolmente i propri diritti e si ristabilisse la pace. Non coloro che gridano ogni cinque minuti viva l'Imperatore, per coonestare la prepotenza, hanno diritto di dirsi patrioti ed accusare noi d’irredentismo. Ma per l’Imperatore lavorano invece coloro che ne seguono le intenzioni, combattono i soverchiatori ed i nemici della giustizia e della pace nazionale. Codesti Meyer e Rohmeder vogliono fare anche della nostra provincia una Babele nazionale com’è la Boemia, vogliono entrare in casa nostra per portarci la guerra. Se il Governo assiste impassibile a tali agitazioni ne pagherà più tardi il fio, quando si troverà di fronte alla questione del Volksbund, assurta a questione politica di primo ordine, la quale distruggerà la breve tregua conchiusa fra le nazioni per l’amministrazione della provincia. Passando al caso specifico di Roverè della Luna, descrive, fra l’ilarità generale, che cosa può diventare un disgraziato bambino del paese che frequentasse l’asilo tedesco, la scuola italiana, forse ancora qualche classe tedesca, poi la famiglia e la chiesa italiana. Dimostra del resto l’impossibilità che i ragazzi imparino il tedesco in tal modo e legge in proposito la testimonianza delle Stimmen in cui si dice chiaro che il Volksbund butta via i denari. Ma agli aizzatori poco importa il vero interesse del paese: essi vogliono la guerra fino allo sterminio degli italiani, come hanno fatto dire al Tait nella serata di Innsbruck. A questo punto ripassa il corteo con la bandiera. L’oratore fa notare all’assemblea che a forza di gridare sono cresciuti da sei a cinque! Costoro, dice, fanno come si legge di san Pietro nel Passio odierno: egli negò ostinatamente d’esser discepolo di Cristo, finché un presente gli osservò che bastava sentirlo parlare per capire dal linguaggio ch’era galileo. Ma Pietro negava senza tregua ancora. Così fanno coloro che urlano in italiano di non essere italiani. Speriamo che il Signore rivolga loro un’occhiata di misericordia. L’oratore descrive ancora come sia organizzato il Volksbund, come gli ispiratori vi sorprendano la fede dei buoni, usando dei denari raccolti a corrompere la nostra gente ed a fabbricare nei nostri paesi palazzotti di prevaricatori e prepotenti. Cita giornali tedeschi che hanno messo in dubbio il patriottismo austriaco dei germanizzatori e finisce con una calda perorazione invitando ad opporsi alla germanizzazione in nome della pace e del progresso, in nome dei sentimenti religiosi (ricorda qui il caso di Sant’Egidio nella Carinzia), forti d’aver dato a Cesare quel che è di Cesare ed in nome dei più sacri diritti della natura. Rammenta che la furia nazionale, una volta discatenata, non risparmia nemmeno i luoghi più sacri, come avvenne a Dux, dove s’impegnò una feroce lotta tra slavi e tedeschi, per le scritte funebri, persino sulle tombe dei propri morti. Anche dal vostro cimitero, dai tumuli dei vostri cari parte oggi una parola ammonitrice. Chiude invitando ad esprimere il consenso generale alle idee da lui propugnate col gridare: Viva Roverè nazionale nella pace e nella concordia. Un’evviva generale si sprigionò da tutti i petti.

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