Si tratta di una concezione di libertà non autenticamente tale: il "diritto a morire" secondo noi non può esistere, perché si tratterebbe di una contraddizione "in terminis", che va a minacciare il diritto ben più accertato e riconosciuto che è quello "a vivere"; esiste, se mai un diritto a vivere qualitativamente bene, e non solo dal punto di vista biologico, ma soprattutto antropologico, anche l'atto supremo della vita umana naturale che è appunto il morire, inteso a tutti gli effetti come "atto della vita" Anche la volontà del paziente (living-will) non è il termine ultimo della sua libertà, la quale ha da confrontarsi con altre volontà, come del resto accade in tutte le azioni umane. Saranno poi necessarie delle specificazioni, caso per caso, o per gruppo di casi, atte ad evitare le possibili forme di "accanimento terapeutico", laddove si sostituisca un "vitalismo biologico", il più delle volte artificiale e attuato con mezzi sproporzionati, alla vita propriamente intesa.
Accade, per esempio, nel caso della legge Finanziaria per il 2001: dove viene sancito il principio che il patrimonio cooperativo, accumulato in esenzione d'imposta, non può essere trasferito fuori dal movimento cooperativo con il trucco della fusione con altri tipi d'impresa. Un'affermazione importante, che ribadisce fra l'altro il ruolo sostanziale dei fondi di promozione per caratterizzare la peculiarità della proprietà cooperativa.