La sentenza affronta il caso della levata di protesto a nome dei correntisti di una banca, che avevano subito la sottrazione di un "carnet" di assegni, poi utilizzati abusivamente da terzi. Nella fattispecie viene sancita l'erroneità del protesto, in quanto, trattandosi di firma leggibile riconducibile a nominativo diverso, era quest'ultimo a dover essere protestato. Viene, di conseguenza riconosciuto il diritto dei correntisti al risarcimento del danno alla reputazione, sia personale che commerciale, con obbligazione solidale a carico della banca trattaria e del notaio che aveva proceduto alla levata del protesto. La decisione offre quindi l'occasione per una ricognizione aggiornata sul tema del protesto illegittimo e del relativo risarcimento del danno.
Al centro di acceso dibattito negli ultimi dieci anni, l'istituto elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE e noto come "abuso del diritto" ha di recente assunto un rilievo fondamentale nell'ambito del diritto penale tributario, specialmente dopo che la Cassazione ha affermato la compatibilità con l'ordinamento comunitario di soluzioni ermeneutiche volte a riconoscere rilevanza penale alle condotte elusive in ambito fiscale. In particolare, si fa qui riferimento alla sentenza n. 7739 del 28/02/2012 della Seconda Sezione penale della Suprema che, come si dirà oltre, non appare convincente, ora per la commistione di concetti giuridici fra loro non sovrapponibili, ora per alcuni automatismi che trascurano gli approdi giurisprudenziali e dottrinari di segno diverso o addirittura opposto. Infatti la Cassazione penale ha ricondotto "de plano" le fattispecie elusive all'istituto comunitario dell'abuso del diritto, per giungere alla conclusione che, ove il contribuente si avvalga abusivamente o fraudolentemente del diritto dell'Unione, lo Stato membro interessato ha titolo per esercitare il proprio potere sanzionatorio anche ricorrendo agli istituti di diritto penale.
Risultando piuttosto preferibile ritenere che la caducazione parziale comporti l'applicazione della disciplina dispositiva abusivamente derogata.
Il fondo patrimoniale utilizzato abusivamente per rendere inefficace la riscossione coattiva integra, secondo i giudici di legittimità, il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Si ritiene che tale tesi contrasti con la fattispecie penale, di cui all'art. 11 del D.Lgs. n. 74/2000, perché detto istituto civilistico è pienamente legittimo ed in sé non fraudolento. Inoltre, non può verificarsi alcun esercizio abusivo di tale istituto perché la sua causa giuridica è proprio quella di porre al riparo dall'esecuzione forzata i beni vincolati ai bisogni della famiglia. Conseguentemente, la costituzione del fondo patrimoniale a tale scopo, oltre a non integrare la fattispecie penale della frode, costituisce comunque esercizio di un diritto legittimo, totalmente non punibile a norma della scriminante di cui all'art. 51 c.p.