Un fiduciario, intestatario di partecipazioni sociali, le aliena abusivamente al coniuge, che le costituisce in patrimonio familiare. Il fiduciante chiede la revoca di tale alienazione sulla base dell'art. 2901 c.c. L'A. critica la sentenza che ha accolto la domanda di revoca, e consequenzialmente quella di revoca della costituzione di patrimonio familiare, senza chiedersi se l'alienazione del fiduciario integrasse il presupposto dell'eventus damni.
(e cioè alla disposizione che sanziona espressamente le violazioni dei diritti previsti dalla l. n. 633/1941), ma anche vagliando un'autonoma e diversa rilevanza penale delle modalità attraverso cui l'imputato ha realizzato l'illecito, procurandosi le informazioni contenute nella banca dati (in linea d'accusa accedendo abusivamente ad un sistema informatico ex art. 615 ter c.p. e commettendo una frode informatica ex art. 640 ter c.p.).
Dall'altro lato, ponendo a confronto le opinioni della dottrina e gli orientamenti della giurisprudenza, si esamina come il Supremo Collegio aderisca ad un costante orientamento, affermando l'irrilevanza del parere favorevole, espresso dalla Pubblica Amministrazione riguardo al mantenimento dell'opera realizzata abusivamente, ai fini del computo del termine prescrizionale, data la natura permanente dell'illecito ambientale. Detto termine, infatti, può farsi decorrere soltanto dalla cessazione della permanenza dell'illecito.
Il punctum dolens concerne l'ipotesi - frequente - in cui l'agente, in condizioni di indigenza e privo di alloggio, occupi abusivamente un immobile di proprietà altrui (art. 633 c.p.). In proposito ci si domanda se sia o meno configurabile l'esimente di cui all'art. 54 c.p. La decisione in rassegna - in linea con alcuni precedenti della giurisprudenza di legittimità degli ultimi dieci anni e segnando un distacco sempre più netto dal contrario indirizzo tradizionale - sposa la tesi positiva che afferma la sussistenza dello stato di necessità in simili casi.