Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abusi

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Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

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Toniolo, Giuseppe 9 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
  • Economia
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Essa rinvenne occasione e spinta nelle condizioni sociali economiche, aggravatesi sotto il lungo dominio del mercantilismo il quale, cogli impacci regolamentari, cogli abusi del capitalismo monetario, coll'artificioso incentramento dei commerci mediante privilegi di Stato, colle guerre di tariffe e d'armi per gelosia mercantile, e colla conseguente trascuranza dell'agricoltura, aveva recato tutta Europa al principio del secolo XVIII ad un vero esaurimento.

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Nei riguardi economici quella data (alla metà del secolo XIX) segna il vigoroso sviluppo e il predominio definitivo delle grandi industrie sulle mediane e piccole, analogamente delle vaste proprietà sui piccoli patrimoni ed esercizi agricoli, nonché del commercio mondiale e della concorrenza universale sui traffici locali o nazionali interni; mercé il favore delle industrie meccaniche, delle ferrovie, della navigazione a vapore, dei trattati di commercio, soprattutto del credito e delle operazioni bancarie e di borsa, grandeggiando in tutta la sua potenza e nei suoi abusi il capitalismo; e quindi l'accentuarsi di profonde disuguaglianze economiche fra il ceto capitalistico e quello operaio, rese più flagranti dalla proclamata eguaglianza civile e politica, nonché dal lusso delle nuove classi borghesi, sostituitosi a quello della antica aristocrazia, e invidiato più che mai dalle moltitudini.

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Cominciato con questioni di metodo deduttivo, la cui preminenza (od esclusivo valore) nelle ricerche economiche si trova già propugnata dagli inglesi Gossen (1854) poi Jevons (1862) e infine Walras francese (1873), i quali presumono di sottoporre il sentimento dell'utile ad analisi matematiche, ed accoppiandosi agli studi di psicologia empirica del Wundt e della sua scuola — tale indirizzo, che potrebbe dirsi neoclassico, fu eretto a sistema da Carlo Menger colle sue Ricerche sul metodo delle scienze sociali (1882) e con l'opuscolo sull' «isterismo» (1883) cioè sugli abusi della storia nell'economia. Per questa via metodica esso venne a rivendicare nel dominio economico, accanto alle leggi positive, i principi edonistici di ragione universale, fondati nella natura dello spirito umano; — reagendo così al relativismo sistematico della scuola sociologica, e riannodandosi alle tradizioni di Adamo Smith e dell'economia classico-liberale.

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Gli abusi in proposito troppo frequenti nella storia sono stati la conseguenza dell'oblio di questo principio; e ancora oggi il programma del socialismo di Stato poggia sopra la violazione di esso.

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Già vedemmo (nella «Storia delle dottrine economiche») come imperò dal secolo XVI al XVIII l'utilitarismo politico o di Stato ed anzi dinastico, in pro di un assolutismo neo-pagano, che con tutti gli abusi del privilegio, dei monopoli, del regolamentarismo asfissiante e spesso violento, sacrificò, pervertì, e infine aduggiò la normale espansione della ricchezza, con immenso regresso sull'economia medioevale, e colla immolazione dei ceti laboriosi, principio e fomite della odierna crisi sociale (Mayer, Loria).

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Predisposto storicamente dal grande accentramento politico di Roma, antica assimilatrice di tante stirpi, e dallo stritolamento e rimescolio di tanti popoli nel corso delle invasioni germaniche, soffolto e maturato, fra vecchi e nuovi pregiudizi e fra violenze di razze, di classi, di governi, dal concetto religioso di «cattolicità» e da quello civile di « repubblica dei popoli cristiani » sotto il papa e l'imperatore per la difesa della comune civiltà, fermentato dai pellegrinaggi nazionali e internazionali, in Ispagna, a Gerusalemme, a Roma e soprattutto dalle crociate, che per secoli riversarono l'occidente sull'oriente, — il movimento dislocativo delle genti cristiane, iniziandosi nel secolo XI col risorgimento dei Comuni italiani, presenta nella storia (fra gli stessi abusi) uno sviluppo sistematico e continuato;il quale, attraverso nuove forme di colonizzazione, tiene il suo culmine nella emigrazione spontanea e universale dei nostri dì, rifluendo per mille meandri sull'economia.

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Molto vi contribuì la politica economica chiusa del mercantilismo e l'affermazione della onnipotenza di Stato, in mezzo agli stessi abusi. Anche economicamente la nazione francese si costituì soltanto al tempo di Enrico IV per merito di Sully, e quella inglese per gli atti di navigazione di Cromwell e di Carlo II e per le leggi di Elisabetta. La Germania non iniziò una vera economia nazionale che con Federico II (sec. XVIII), e meglio alla metà del secolo XIX con List e lo «Zollverein». L'Italia non ha formata ancora (vedi il contrasto fra nord e sud), colla fusione dei propri interessi, la sua economia nazionale.

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Le quali, in onta ai nuovi principi cristiani, per sorvissuti pregiudizi pagani, per abusi rinnovantisi, per connessione con altri istituti storico-giuridici (p. e. il diritto bellico o il regime feudale), sotto varie forme attenuate persistettero secolarmente nella cristianità; — quella (la schiavitù), bensì assottigliata in numero, ma applicata dai germani stranieri ai vinti latini, più tardi dagli italiani agli infedeli orientali (slavi, schiavi) fatti prigionieri in guerra o comperati sulle coste mediterranee, ed usata nelle città mercantili e doviziose nei servigi domestici; — questa (la servitù), invece estesa vieppiù come eredità della gleba romana sui beni pubblici e privati, ribadita dovunque dai barbari sulle soggiogate ed espropriate genti campagnole, perpetuate sulle terre feudali più o meno per tutto il medio evo. Ma infine ambedue, fra gli stessi ripetuti conati di prepotente riproduzione, vennero definitivamente nella civiltà occidentale moderna a disparire.

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Per analogia di nome e di concetto colle scienze naturali, e senza dividere la fallacia o almeno gli abusi della sociologia naturalistico-morfologica (da Spencer ad Ammon), per organi si intendono «forme di consociazioni e convivenze umane, distinte ciascuna per un proprio fine specifico e per corrispondenti funzioni, aventi pertanto una esistenza autonoma, rispetto a quella complessiva della società alla quale esse cospirano». Fra questi organi uno è di carattere individuale privato: la famiglia (società domestica), che racchiude in germe ogni forma di convivenza collettiva, e sta alla base dell'edificio sociale: primum humani consortii rudimentum (Vico). Parecchi invece gli organi collettivi, le razze o stirpi,le classi, le convivenze territoriali.Gli istituti sono invece «sistemi distinti di rapporti giuridici che avvalorano quegli organi stessi». Fra quelli privati, gli istituti della libertà personale,del matrimonio,della proprietà; fra quelli pubblici la corporazione,lo Stato, la Chiesa.

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