Anche se ormai l'art. 23, l. n. 56/1987 è stato abrogato dall'art. 11, d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368, la sentenza mantiene una profonda attualità anche in divenire.
L'A. esamina gli artt. 3 e 5 della legge 102/2006 e, in particolare, le questioni poste dal richiamo alle disposizioni processuali del rito del lavoro e quelle legate alla previsione di un ultimo comma in relazione all'art. 24 legge 990/1969, abrogato, a partire dal 1° gennaio 2006, dal codice delle assicurazioni private.
Con la sentenza n. 4588 del 2 marzo 2006 la Suprema Corte, componendo un contrasto di giurisprudenza presente ormai da anni all'interno della Sezione lavoro, ha affermato che il rinvio operato dall'ormai abrogato art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 alla contrattazione collettiva e relativo alla possibilità di individuare nuove ipotesi di assunzione a termine, diverse dalle fattispecie legali di cui all'art. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 230, configura una vera e propria "delega in bianco" a favore dei sindacati. L'esame congiunto delle parti sociali, infatti, costituisce idonea garanzia della tutela dei lavoratori e della salvaguardia dei loro diritti e permette pertanto la legittimazione dell'apposizione del termine al rapporto di lavoro anche a fronte di ragioni di tipo meramente soggettivo. I principi sono importanti per contrapposizione rispetto alla normativa in vigore del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, con il quale si è ritornati a limitare le assunzioni a termine soltanto per ragioni di carattere oggettivo (tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo), con una drastica riduzione del ruolo sindacale nella gestione della forza lavoro e della flessibilizzazione all'interno delle imprese.
La sentenza della Corte Costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale sia pur "postuma" dell'ormai abrogato art. 117, comma 1, lett. c), della L. 23 dicembre 2000, n. 388, per violazione degli artt. 3 e 35 della Costituzione, allo scopo di mantenere in vigore, fino alla sua abrogazione ad opera dell'art. 85, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 276/2003, l'art. 10 della L. n. 196/1997 il quale sanciva, quale sanzione prevista per punire la mancanza dei requisiti di forma scritta del contratto di fornitura e di quello per prestazioni di lavoro temporaneo, la conversione di entrambi i contratti in contratti a tempo indeterminato. In tal modo però la Corte Costituzionale conferma anche l'oggettivo sfavore dell'ordinamento verso il contratto a termine.