Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abolizione

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Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

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Toniolo, Giuseppe 16 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
  • Economia
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Ma qui pure prevalgono, — dapprima gli entusiasmi di un liberalismo ottimista,di mano in mano che si usufruivano i vantaggi immediati della abolizione di non pochi antiquati e irrazionali vincoli legislativi o della correzione di viete e fiacche pratiche sociali; — più tardi invece pigliano il sopravvento le previsioni pessimiste,di mano in mano che si incominciarono a sperimentare le delusioni di una economia individualistica dissolvente e non contenuta dalla moralità e dalle leggi.

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Si pensi quali scosse profonde ha subito la società del secolo XIX, nell'ordine civile ed economico, dalle rivoluzioni politiche (1821, '31, '48) alle agitazioni formidabili socialistiche (1848 e 1863 ad oggi), alla abolizione della schiavitù in America (1860-65) e della servitù in Russia (1960), fino alla ecatombe quasi periodica di vite e di miliardi ad ogni guerra e crisi mercantile. E tuttavia una riposta vis medicatrix, che deriva in gran parte (non esclusivamente) da questa crescente riserva di energie biologiche, la abilitò finora a riprendere alacre il cammino dell'incivilimento e della poderosa sua produzione.

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XVIII al XIX, mercé l'emancipazione delle colonie americane da quelle inglesi (1776), fino all'ultima spagnola di Cuba (1888), e mercé la abolizione della schiavitù negli Stati Uniti (1865); non così il fatto dei loro sterminati territori aperti a produzioni naturali e bisognevoli di braccia per usufruirne i tesori, di fronte al continente europeo denso e industrioso (Loria). E così, cresciute rapidamente le genti d'Europa e quivi il prezzo delle derrate lungo il secolo XIX, l'America diviene l'ingente sede di gravitazione di una spontanea e indefinita emigrazione, principalmente agricolo-fondiaria, che sostenta lo scambio fra prodotti agrari americani e quelli industriali europei. Dall'Europa manifatturiera con 40 abitanti per kmq. all'America tuttora diradata con meno di 4 (3,8) per kmq., fra il 1800 e 1891 uscirono ben 26 milioni di emigranti in gran parte diretti all'America, la quale, fra gli stessi rapidi progressi industriali degli Stati Uniti, mantiene ognora fisionomia essenzialmente agricola, colle sue derrate inondando l'Europa; mentre l'Italia sola, a quell'afflusso di lavoro in 27 anni, dal 1876 al 1903, contribuì con oltre tre milioni di braccianti, quasi tutti campagnoli (Schmoller, Colaianni, Ann. uff. 1904).

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Siccome risultato definitivo di una serie di progressi civili: — della successiva emancipazione politica di tutta l'America dall'Europa (fra la costituzione di Washington 1782, e la separazione di Cuba 1898); — della abolizione della schiavitù nelle colonie inglesi (1833) e negli Stati Uniti (1865); — della autonomia civile ed economica concessa dalla Gran Bretagna alle sue colonie (1833, 1850), fino al riconoscimento della Federazione australiana (1902); — della rimozione dei divieti legali alla uscita dalla patria (dal 1820 in poi), e del connesso slancio dei rapporti economici cosmopolitici (specie dal 1860) congiunto alle agevolezze delle comunicazioni e alle leggi internazionali di libero cambio; — l'emigrazione, senza arrestare lo sviluppo della colonizzazione politica, spicca come un fenomeno demografico più ampio di essa e stretto direttamente coll'incivilimento.

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Urti e conflitti di classe segnarono l'ore sanguinose, anche nell'evo cristiano, della abolizione della servitù colla «jacquerie» francese (1358) e colla guerra dei contadini (1525), dell'avvento al potere delle Arti minute nel tumulto dei Ciompi (1378), della distruzione della nobiltà e del trionfo del terzo stato (1789) in Francia, dell'emancipazione degli schiavi bianchi nelle campagne e nelle città industriali in Inghilterra nei primi del secolo XIX, e della proclamazione ed attuazione della lotta sistematica da parte del proletariato contro il capitalismo, a cavaliere dei due secoli XIX e XX. — Ma non più si smarrì totalmente in Europa il sentimento del dovere di tutte le classi, specie delle superiori verso la società;ed anco nel pervertimento dell'«ancien régime» era proverbiale il motto che tutte le classi servono al pubblico bene,il clero colla preghiera, la nobiltà colla spada, la borghesia colla borsa. Né le più gloriose migliorie conseguite fra le classi furono il risultato di quelle violenze; ma ben più del sentimento cristiano di giustizia e carità da parte delle superiorità sociali in pro dei ceti inferiori, col patronato del signore feudale, colle affrancazioni dei servi da parte della Chiesa, coi Collegi degli artigiani e colle libere associazioni fra le moltitudini. Ed oggi la ricostruzione in classe del proletariato non si annunzia già come il risultato probabile di una lotta catastrofica a danno del capitalismo, ma come il premio di una legislazione operaia,la quale riproduca l'antica armonia cristiana dei ceti superiori e inferiori, sulla base del riconoscimento della autonomia delle classi rispettive.

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Non vi ha un solo de' grandi problemi etico-sociali ed anche economici delle popolazioni, a cui essa non trovisi nei secoli, colla sua autorità morale, colle sue leggi positive, colle sue influenze civili efficacemente intrecciata, dalla abolizione della schiavitù personale, all'ordine familiare, alle libertà popolane, ai problemi del lavoro, degli scambi, della proprietà. Essa affrontò e sciolse da sola il problema sociale nell'età di mezzo; essa presentasi consigliera e coadiutrice alla soluzione di esso anche oggidì. È una forza viva che accompagna il cammino storico dell'incivilimento, dalla quale il sociologo e l'economista non possono prescindere (Weiss, H. Pesch).

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Sua abolizione. ‒ 1. A mutare quella pietra angolare dell'edificio sociale-giuridico basato sulla schiavitù, occorreva una virtù che partisse da una regione superiore a questo ambiente di pregiudizi e pervertimenti, costituito da millenni, la quale, cominciando dal rinnovare a fondo i concetti spirituali intorno all'uomo,tesoreggiasse tutte le forze individuali, sociali, giuridiche, per convergerle con un processo storico secolare alla abolizione della schiavitù. Ciò fece il cristianesimo per mezzo della Chiesa. Esso, partendo dalle idee, proclamò l'uomo un essere creato ad immagine di Dio ed avente un'anima a fini sovrannaturali, da cui non può essere disviata dagli altri uomini,tutti uguali in questa finalità morale. Ed analogamente esso predicò l'affrancamento dello spirito umano da ogni ostacolo esteriore sociale-giuridico nel raggiungere i suoi fini sovrannaturali; facendo in tal modo atto strettamente etico-religioso, e limitandosi lungamente a questo.

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. – Di questa graduale attenuazione e abolizione della schiavitù e di forme derivate non mancarono.

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Era tuttavia un progresso, perché sopra di questa, la servitù dava il sopravvento ad uno stato di semi-libertà,il quale pure obbligando ad altri per tutta la vita il lavoro (l'attività), riconosceva la incolumità fisica e morale della persona.Nondimeno si può con rigore critico affermare che queste ragioni filosofiche, civili, economiche non sarebbero bastate senza il cristianesimo ad una abolizione generale e definitiva sì della schiavitù che della servitù. Le quali, in onta ai nuovi principi cristiani, per sorvissuti pregiudizi pagani, per abusi rinnovantisi, per connessione con altri istituti storico-giuridici (p. e. il diritto bellico o il regime feudale), sotto varie forme attenuate persistettero secolarmente nella cristianità; — quella (la schiavitù), bensì assottigliata in numero, ma applicata dai germani stranieri ai vinti latini, più tardi dagli italiani agli infedeli orientali (slavi, schiavi) fatti prigionieri in guerra o comperati sulle coste mediterranee, ed usata nelle città mercantili e doviziose nei servigi domestici; — questa (la servitù), invece estesa vieppiù come eredità della gleba romana sui beni pubblici e privati, ribadita dovunque dai barbari sulle soggiogate ed espropriate genti campagnole, perpetuate sulle terre feudali più o meno per tutto il medio evo. Ma infine ambedue, fra gli stessi ripetuti conati di prepotente riproduzione, vennero definitivamente nella civiltà occidentale moderna a disparire.

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Stowe, e politicamente uomini di Stato, Pitt, Fox, Huskisson, Jefferson, — riusciva primamente al «bill» del 1833 nella Gran Bretagna per la liberazione degli schiavi (verso indennità ai padroni) in tutte le sue colonie, — seguito dalla analoga legge francese del 1848 (già predisposta dalla Convenzione,1794); — e infine alla abolizione improvvisa e violenta della schiavitù, dopo cinque anni di guerra micidiale (1860-65), nell'Unione nord-americana, per opera di A. Lincoln, e graduale nella rimanente America; — traducendosi ancora il procedimento in convenzioni internazionali per la soppressione universale della tratta, già nel trattato del 1815, e meglio nella conferenza diplomatica del 1889 a Bruxelles.

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Il processo storico di abolizione della schiavitù e servitù e della affermazione legale della libertà rimarrà ognora l'esempio tipico dei metodi pratici di ogni salutare riforma sociale, ammonendo: — di prender le mosse dai principi razionali e morali, ricollegati ai veri sovrannaturali; — di procedere ad applicazioni concrete con forme successive e graduali; — e di tesoreggiare all'uopo le molteplici forze vive e le vicende storiche della convivenza civile. Le conseguenze di essa sulla ricchezza si estimeranno in tutte le leggi economiche. Basti qui dire che la libertà non soltanto sospinge e favorisce il lavoro più intenso, intelligente, efficace, ma quel che è più, educa alle più svariate, ardite e perduranti iniziative economiche; — e più ancora, che tende ad elevare e nobilitare tutte le classi, sul fondamento comune della multiforme e meritoria attività produttiva e distributiva. Così l'economia cristiana del libero lavoro riuscì il contrapposto dell'economia servile pagana.

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Le donne per il cristianesimo si trovarono spiritualmente pareggiate all'uomo, regine del suo cuore, sublimate nella loro verginità, onorate nella maternità; educatrici delle generazioni crescenti, arbitre perciò del costume, che vale più delle leggi; partecipi alla cultura generale, con Caterina di Alessandria, con Paola ed Eustochio (studi biblici e filosofici), alle riforme sociali con Melania (abolizione della schiavitù), a quelle civili politiche con Matilde, con Giovanna d'Arco, con Caterina di Siena, con Isabella di Castiglia; e per loro difesa e dignità si corregge il ius civile (dote, eredità), si modifica il diritto costituzionale (successione al trono) e si propaga l'istituto meraviglioso della cavalleria.

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Per il lavoratore invece, nell'età novella, quasi primavera dischiusa al popolo diseredato dopo quel verno millenario, — prima rivendicata la libertà dell'anima, poi la dignità del lavoro (i due argomenti di abolizione della schiavitù); e il lavoro, massimamente manuale, santificato da un Dio, operaio nell'officina fabbrile, dagli apostoli, da monaci, che vivono delle lor mani; dichiarato libero da ben 300 atti e decreti ecclesiastici nel medio evo in favore degli schiavi; e per esso rivendicato il diritto alla mercede; e tutta una legislazione canonica e civile che la difende dalle usure, dai monopoli, dallo sfruttamento. E sotto la feconda ispirazione cristiana e per il ministero della Chiesa, non paga a questo ufficio di affrancazione e tutela del lavoratore, il moltiplicarsi di ogni sussidio al suo miglioramento, perché si avveri in lui storicamente la promessa del salmo: «perché tu mangi delle fatiche delle tue mani tu sei beato e sarai felice» (Ps. 127). Donde la forza delle associazioni,che nelle campagne cominciano colle universitates rurali intorno alla pieve, colle domuscultae di Gregorio Magno nell'agro romano, in que' campi o poderi sperimentali di ogni monastero, da Bangor in Scozia, a Falda, a Cluny, a Farfa; e le trasformazioni dell'enfiteusi che il campagnolo fa condomino del proprietario, e della mezzadria che lo fa socio del padrone. Organizzazione che nella città si inaugura colla confraternita, si amplia in sodalizi di mutuo sovvenimento, si matura colle Corporazioni, ove il ceto lavoratore ormai costituito rinviene ordine, ricchezza, potere. Potere di fatto che si tramuta in autorità di diritto, della quale il popolo si avvantaggia mercé le leggi tutrici e adiutrici del lavoro, spuntato già nel codice teodosiano, nei capitolari carolingi, nel corpus iris canonici e poi negli statuti rurali e civici, ordito di quella legislazione sociale del lavoro che grandeggia oggidì; autorità, a cui inoltre partecipa egli stesso nelle vicine campagnole, nei Consigli dell'Arte, nei parlamenti del Comune, aprendosi l'accesso alla futura vita politica moderna.

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