Ma venuti a Roma, in questo antico centro del cattolicismo, e venutici col proposito e con la dichiarazione di assicurarvi la dignità, il decoro e l'indipendenza del Pontefice, e la piena libertà della Chiesa; di abolire sì il potere temporale del Papato, questa mostruosa unione lamentata da secoli, ma di serbare insieme al capo del cattolicismo piena ed intera, la libertà del suo ufficio spirituale, non possiamo non tener conto della speciale condizione in cui versa l'autorità ecclesiastica in Roma, condizione che non abbiamo creata, ma rinvenuta qui, costituita da secoli; condizione che i nostri stessi interessi non ci consigliano di perturbare, e molto meno rimutare violentemente o distruggere.
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Con questa disposizione, si è detto, voi, invece di abolire, conservate i conventi; ne fate rimanere in Roma 40 o 50, che saranno pel presente un covo di cospirazioni reazionarie e clericali; saranno per l'avvenire la radice, dalla quale germoglieranno novelle e forse più pericolose associazioni monastiche.
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Lo avrei, e mi sarei guardato bene dal procacciarmelo, se vi avessi proposto di abolire per Roma le disposizioni degli articoli 831,833 e 1075 del Codice civile, le quali dichiarano nulle le disposizioni fatte genericamente per l'anima o a favore dell'anima, e le disposizioni e donazioni tutte, che abbiano per oggetto di istituire o dotare benefizi semplici, cappellanie laicali od altre simili fondazioni. Queste disposizioni però, ognuno lo sa, riguardano l'avvenire, non il passato; ed io desidero che sieno mantenute e scrupolosamente osservate per tutto quello che può cadere sotto l'impero della nuova legge. Ma non è dell'avvenire che ci occupiamo adesso, ma della penosa liquidazione di un passato di molti secoli, che lascia vestigio che non possono essere cancellate di un tratto.
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