Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

Risultati per: abitudine

Numero di risultati: 107 in 3 pagine

  • Pagina 1 di 3

Carlo Darwin

411674
Michele Lessona 3 occorrenze

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Contro la tubercolosi. Saggio popolare

412416
Giulio Bizzozero 9 occorrenze
  • 1899
  • Fratelli Treves
  • Milano
  • scienze
  • UNIPIEMONTE
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Pagina 155

In questi casi una facile trasmissione della malattia assai più che col latte può aver luogo colla saliva della nutrice, trasportata nella bocca del bimbo, sia per mezzo di baci, che si fanno quasi sempre sulle labbra, sia per la pessima abitudine, che esiste specialmente nel volgo, di somministrare al bambino il cucchiaio di pappa dopo averlo stretto fra le proprie labbra per accertarsi che la pappa non sia troppo calda. Chi sa quante tabi mesenteriche hanno codesta origine! Non si lasci mai allevare un bambino da una madre o da una nutrice anche semplicemente sospetta di tubercolosi.

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Molti tubercolosi hanno la riprovevole abitudine, spurgando, di raccogliere gli sputi nel fazzoletto; or bene, gli sputi al calore del corpo rapidamente si disseccano, e coll'ulteriore uso del fazzoletto si spezzettano e si diffondono nell'aria.

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Lo sputare, per quasi tutti, non è una necessità, ma una mala abitudine, che si può far scomparire per poco che ci si metta di buona volontà.

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Nelle donne, questa abitudine è un'eccezione; perché non potrebbe diventar tale anche negli uomini?

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L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso

450318
Carlo Darwin 3 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino
  • Scienze
  • UNIPIEMONTE
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Pagina 129

Ma torniamo al nostro preciso argomento; quantunque alcuni istinti siano più preponderanti di altri, producendo così azioni corrispondenti, pure non si può sostenere che gli istinti sociali siano per solito più forti nell’uomo, o siano divenuti più forti mercè una lunga e continua abitudine, che non gli istinti, per esempio, della propria conservazione, della fame, della concupiscenza, della vendetta, ecc. Perchè dunque l’uomo sente egli rincrescimento, anche se cerca di bandire ogni cosiffatto rincrescimento, per aver seguìto un dato impulso naturale, anzichè un altro; e perchè sente ancora che deve provare rincrescimento per la sua condotta? Per questo riguardo l’uomo differisce grandemente dai sottostanti animali. Nondimeno noi possiamo, credo, scorgere con una certa chiarezza la ragione di questa differenza.

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L’uomo così ammonito acquisterà da una lunga abitudine la piena padronanza di sè, per cui i suoi desiderî e le sue passioni finiranno per cedere sul momento alle sue simpatie sociali, e allora non vi sarà più lotta fra loro. L’uomo ancora affamato, o ancora vendicativo, non penserà più a rubare il suo nutrimento o a compiere la sua vendetta. È possibile, o anche, come vedremo in seguito, probabile che l’abito del padroneggiar se stesso possa, come altre abitudini, essere ereditato. Così alla fine l’uomo viene a sentire, mercè l’abitudine acquistata o forse ereditata, che il suo meglio è di obbedire ai suoi istinti più persistenti. L’imperiosa parola dovere sembra puramente rinchiudere in sè l’interna consapevolezza della esistenza di un istinto persistente, sia esso innato o acquisito in parte, che gli serve di guida, quantunque possa essere disobbedito. Noi usiamo appena il vocabolo dovere in un senso metaforico, dicendo che il cane da fermo posta, il pointer punta e il cercatore cerca la selvaggina. Se mancano in ciò, mancano al loro dovere ed agiscono male.

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L'uomo delinquente

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Cesare Lombroso 22 occorrenze
  • 1897
  • Fratelli Bocca Editori, Librai di S. M. Il Re D'Italia
  • Torino
  • scienze
  • UNIPIEMONTE
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Quella menzogna perpetua verniciata di retorica in cui viviamo, che ci rende la penultima delle nazioni latine, oltre che dall'imbeverci di una vita la quale non è la nostra, dipende dall'abito di correr dietro alla forma, al suono delle cose più che alla sostanza e dalla lunga abitudine, continuata per tanti anni della giovinezza, di ingannarci e ingannare gli altri nell'apprendimento di una lingua alla quale non ci interessiamo punto; di supplire alle inutili fatiche colle arti dell'adulazione, dei falsi. Poi l'abitudine fatta si estende alla vita di studente, di dottore, di deputato, di ministro.

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. - La maggior persistenza, infatti, tenacia di alcune associazioni malvagie come la mafia, la camorra e il brigantaggio, parmi dipendere, in primo luogo, dall'antichità della loro esistenza, poichè la lunga ripetizione trasforma i nostri atti in abitudine, e quindi in leggi: e la storia ci addita come tutti i fenomeni etnici che ebbero una lunga durata difficilmente spariscono tutto ad un tratto.

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Egualmente la Comune di Parigi si atteggiò all'89: e questo alle Jacqueries, mentre l'Assemblea nazionale di Parigi si foggiava sulle Assemblee provinciali di Francia; si può dire che a Parigi le barricate sieno divenute quasi una decennale abitudine, come già in Spagna le rivoluzioni militari, in Russia l'uccisione degli czar, in Macedonia ed in Grecia il brigantaggio, ecc.

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., e che ha forte il sentimento della propria personalità, o l'ucciderà egli stesso, o lo lascierà andare, come cosa che non gli tocchi, e non vorrà attestare se avrà veduto egli assassinare un altro, per una vecchia abitudine contratta sotto il Governo papale (Gabelli).

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Scritti

529498
Guglielmo Marconi 1 occorrenze
  • 1941
  • Reale Accademia d'Italia
  • Roma
  • scienze
  • UNIPIEMONTE
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Pagina 75

Sulla origine della specie per elezione naturale

536789
Carlo Darwin 12 occorrenze
  • 1875
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino
  • Scienze
  • UNIPIEMONTE
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Ma nell'acclimazione della specie ad un dato clima resta indeterminato, quanto si debba alla sola abitudine, quanto all'elezione naturale della varietà, aventi una innata costituzione differente, e quale sia l'influenza di questi due mezzi combinati. È da credere che l'abitudine od il costume eserciti qualche influenza, vuoi per l'analogia, vuoi per istruzioni continue date nelle opere di agricoltura e perfino nell'antica Enciclopedia cinese, cioè di essere molto cauti nel trasportare gli animali da un distretto all'altro; perchè non è verosimile che l'uomo sia giunto a formare coll'elezione metodica tante razze e sotto-razze, con costituzioni specialmente appropriate ai loro distretti; quindi penso che tale risultato deve attribuirsi all'abitudine. D'altronde, non trovo motivo di dubitare che l'elezione naturale tenda continuamente a conservare quegli individui che sono nati con una struttura meglio adatta alla loro contrada nativa. In alcuni trattati sopra molte sorta di piante coltivate si citano certe varietà capaci di resistere ad un clima meglio che agli altri; ciò viene dimostrato rigorosamente in alcune opere pubblicate negli Stati Uniti sulle piante fruttifere, in cui certe varietà sono ordinariamente raccomandate per gli Stati del Nord ed altre per quelli del Sud; ed essendo la maggior parte di queste varietà di origine recente, non possono le loro differenze costituzionali ripetersi dall'abitudine. Per provare che l'acclimazione non può aver luogo, fu messo innanzi il caso dell'articiocco di Gerusalemme, che non si propaga per semente, e del quale perciò non poterono ottenersi varietà, mentre non vegeta nei nostri climi. Però si sono anche ricordati, con molto maggior fondamento, i fagiuoli che non poterono essere naturalizzati; ma finchè alcuno non abbia seminato, per una ventina di generazioni, i suoi fagiuoli tanto presto che una gran parte rimanga distrutta dal gelo, e non abbia raccolto i semi dalle poche piante sopravvissute; con attenzione di prevenire gli incrociamenti accidentali, indi non abbia di nuovo conservato le piante colle stesse precauzioni e colti i semi del secondo anno, non potrà affermarsi che l'esperienza sia stata neppure tentata. Nè si creda che non si manifestino mai differenze nella costituzione delle pianticelle dei fagiuoli, perchè è stata pubblicata una relazione, dalla quale risulta che alcune di queste pianticelle erano più vigorose delle altre.

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Ove noi supponiamo che un'azione abituale possa ereditarsi - e credo che possa sostenersi che ciò talvolta avviene - allora la rassomiglianza fra ciò che una volta era abitudine e l'istinto diviene tanto grande, che non possono distinguersi. Se Mozart, invece di suonare il pianoforte a tre anni, dopo uno studio prodigiosamente breve, avesse suonata una melodia senza alcuna pratica di sorta, avrebbe potuto dirsi veramente ch'egli lo avrebbe fatto per istinto. Ma sarebbe un gravissimo errore il supporre che il maggior numero degli istinti sia derivato dall'abitudine in una sola generazione, e quindi trasmesso per eredità alle generazioni posteriori. Può evidentemente dimostrarsi che gl'istinti più portentosi che si siano osservati, e specialmente quelli dell'ape domestica e di molte formiche, non possono essersi sviluppati in questo modo.

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D'altra parte la sola abitudine può in qualche caso bastare; nessun animale è più difficile da addomesticare dei piccoli conigli selvatici; al contrario non si troverà un animale più domestico dei giovani conigli addomesticati. Ma io non posso supporre che i conigli domestici siano mai stati scelti per la loro docilità; e debbo presumere che tutto il cambiamento ereditato dall'estrema selvatichezza alla docilità e sottomissione estrema, sia dovuto semplicemente all'abitudine e alla stretta reclusione continuata per lungo tempo (Nota XXVIII).

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Potrebbesi ritenere che qualche colombo provasse una leggiera tendenza a questa strana abitudine, e che l'elezione protratta lungamente degli individui migliori, nelle generazioni successive, li rendesse capaci di fare il capitombolo come si osserva attualmente. Presso Glasgow sonovi delle colombaie di questi piccioni i quali, come fu riferito da M. Brent, non possono volare fino all'altezza di diciotto pollici senza volgere il capo sotto le gambe: Probabilmente nessuno avrebbe mai pensato ad ammaestrare un cane alla ferma, se prima qualche cane non avesse mostrato una tendenza naturale a questo scopo; e noi sappiamo che questa tendenza si è manifestata accidentalmente, come io ho osservato una volta in un puro bassetto. L'atto di puntare nel cane è probabilmente, come molti hanno pensato, soltanto la pausa esagerata di un animale che si appresta a saltare sulla sua preda. Quando la primitiva tendenza di arrestarsi fu spiegata convenientemente, l'elezione metodica e gli effetti ereditati della educazione forzata, in ogni generazione successiva, avrebbero compiuto l'opera; indi l'elezione inavvertita avrebbe continuato in questo senso, poichè ogni uomo ama procurarsi quei cani che si arrestano e cercano meglio.

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Noi possiamo intendere, per mezzo del principio di eredità, come accada che il tordo dell'America meridionale intonachi il suo nido col fango nella stessa maniera del nostro tordo inglese; come i buceronti dell'Africa e dell'India abbiano il medesimo straordinario istinto di chiudere ed imprigionare le femmine nella cavità degli alberi, lasciando solamente una piccola apertura nell'intonaco, dalla quale porgono il cibo alle femmine ed alla prole; perchè il reattino maschio (Troglodytes) dell'America settentrionale si costruisca un nido separato, ed abbia l'abitudine di appollaiarsi, come i maschi dei nostri distinti reattini di Kitty, - abitudine interamente diversa da quelle degli altri uccelli conosciuti. Da ultimo, ancorchè non fosse una deduzione logica, sarebbe assai più soddisfacente il rappresentare alla mia immaginazione tali istinti, come quello del cuculo che scaccia dal proprio nido i fratelli, quello delle formiche che catturano le schiave, quello delle larve d'icneumonidi che nutronsi nei corpi viventi dei bruchi, non già come istinti specialmente determinati e creati, ma bensì quali conseguenze di una legge generale che conduce al progresso di ogni essere organico, vale a dire, a moltiplicare, a variare, a rendere vittoriosi i più forti ed a far soggiacere i più deboli.

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