Ma la guerra rivelò un mezzogiorno ancora povero e ingenuo nei suoi figli, così robusto però moralmente, così sano spiritualmente, così pieno di energia e di resistenza fisica — pur sulle creste fredde di montagne nevose, alle quali non era abituato — così devoto al sacrificio per la patria, da far pensare anche agli estranei che il mezzogiorno non può essere guardato come una colonia economica, o come campo di sfruttamento politico, o come regione povera e frusta, alla quale lo stato fa la concessione di una particolare benevolenza. No, il mezzogiorno è vivo come un'entità integrante la vita stessa nazionale, come una forza reale da sviluppare nella sintesi delle forze italiane; il suo travaglio economico e morale è il travaglio della intera nazione.
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E la vita che pulsa di fuori resta costretta da un accentramento statale, al quale si è talmente abituato il pensiero di tutti, da subirlo come il fato della tragedia greca. Grandi speculatori e grandi organizzazioni economiche e politiche si avvicinano al grande Moloch del dio stato, per partecipare al cumulo degli interessi che ha monopolizzato o accentrato. La lotta è fra l'elemento formalista, analitico, pedante dei ministeri e quello faccendiere, procacciante, parassitario dei trafficanti sul pubblico danaro; e non è detto che, in buona o in mala fede, vincano sempre i primi. Per questo il potere più o meno occultamente passa dagli uni agli altri, sempre irresponsabile e per giunta illegittimo, e determina sintesi occulte quali quelle della massoneria, specialmente nei ministeri della istruzione, della giustizia e della guerra; ovvero crea larghe sfere d'influenza, quali quelle del socialismo e dell'alta finanza sull'industria, commercio e lavoro.
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