Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIOR

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Due monumenti

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Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Voi abitatori delle valli e dei monti non ne avete ancora sentito che i rumori lontani, ma ora il nemico è venuto ed ha fatto la dichiarazione di guerra. Per cinque anni giravano le città e i villaggi, parlando di vantaggi economici, di progresso e di scienza. Ma ora che ci hanno detto chiaro che cosa essi intendano per progresso, di qual specie di scienza intendevano di dire: baldanzosi per la conquista di un paio di città, si credettero sicuri tanto da calare la maschera e lanciar sfide a tutto il Trentino. Ebbene, noi cattolici, questa sfida l’accettiamo: e l’accettiamo non soltanto per respingere gli aggressori ma anche per conquistare. In queste due parole c’è tutto il nostro programma: formare una falange irremovibile che sostenga qualunque assalto e non lasci passare il nemico e contemporaneamente addestrare delle squadre di cavalleria leggera che muovano all’assalto e alla riconquista: c’è posto per i vecchi e per i giovani. Accenno a ciò qui in questa adunanza, credo opportunamente, perché i battaglioni di questo esercito sono formati quasi tutti dalle Società agricole operaie. Ricordatevene, o amici, sulle Società operaie pesa ora, si può dire, l’esito della battaglia, il destino della patria. Che non avvenga di nessuna di quelle che sono qui rappresentate ciò che accadde a qualcun’altra, la quale limita la sua attività a qualche pratica religiosa in comune, alla bandiera forse issata con qualche entusiasmo e poi ripiegata e messa nell’armadio ove con essa viene seppellita anche la vita sociale. Si ricordino tutti quelli che lavorano nel campo delle società operaie che esse hanno assunto ora — di fronte al Trentino cattolico — un grande compito d’istruzione e di educazione. In piazza ora si parla stortamente e a rovescio dell’inquisizione, di Galilei, dell’evoluzione, della democrazia; ebbene ora conviene spiegare nelle Società operaie che cosa fu l’inquisizione, che ne fu di Galilei, che cosa è l’evoluzione, qual’é la democrazia vera, che cosa vuole la democrazia cristiana. Solo, o signori, a patto di formare nel Trentino una coscienza nuova, d’infondere nelle valli un nuovo slancio di vita, saremo degni della vittoria. Qualcuno mi obbietterà che è cosa difficile, impossibile. A quello io addito Civezzano, perché gli serva d’esempio. Anche questo paese una volta andava a rilento e passava per «malva», ed ora dobbiamo venire da Trento a Civezzano per imparare che cosa sia la vita che cosa frutti un lavoro continuo. Con una settantina di Società operaie come quella di Civezzano noi rideremmo di qualunque sfida. Avanti dunque — dico rivolto alle altre - al lavoro, preparatevi alla guerra! Due grandi eccitamenti, due grandi fiotti di vita sono venuti a noi in questi ultimi tempi: 1) il Congresso cattolico che fu come le nostre grandi manovre, ove si vide il lavoro pratico, sociale prestato in cinque anni dai cattolici, e si sentì anche lo spirito nuovo che informava le masse dei contadini e degli operai poichè, o amici, non era più «la scarpa grossa» isolata, impaurita da ogni cosa nuova che si batteva sui marciapiedi di via Larga, ma erano cinque, anzi diecimila «scarpe grosse» organizzate in assetto di guerra; e passavano via superbi della loro coccarda sotto una bandiera, soggiogati da un’idea comune; 2) il Congresso degli altri, l’offesa recata, la sfida lanciata. C’è qualcuno al quale piacerebbe quel bustarello tolto via donde l’hanno messo e rotolato chissà dove! No, amici, lasciatelo lì anche perché ci serva d’ammonimento. Come quel generale persiano aveva l’incarico dal re di ripetergli ogni qual tratto: «O re, ricordati della sconfitta di Maratona», affinché il re ben si preparasse alla riscossa contro la Grecia, così quel busto ci ammonisca sempre del dovere sacro che abbiamo di rintuzzare l’offesa, di marciare alla riscossa. Se ognuno di voi che passa davanti al busto di Canestrini si ricordasse dell’obbligo di istruirsi, di prepararsi alla battaglia, allora nelle Società operaie si educherebbero tal «rospi» che quel tal dottore, riuscirebbe a stento a schiacciare Allora il nostro esercito — lasciate che m’immagini la nostra conquista morale in modo palpabile — fatto più cosciente più svelto e più leggero, discenderà dai monti nostri, su cui imperano le nostre croci, alle città, e forse allora si apriranno quelle certe finestre dei signori «filistei» che le hanno chiuse al di del congresso, compariranno alla luce del sole certe bandiere che non si vollero issare e faremo campo in piazza Dante dinanzi al monumento di Canestrini. E non l’oltraggeremo, no! ma se l’iscrizione sarà spazzata via dalle ali del tempo (vedi discorso Altenburger) e se gli anticlericali nelle angustie della sconfitta non provvederanno a rifarla, ce la faremo noi la scritta, magari sulle tracce della vecchia, di fronte al Vaticano. E scriveremo: A G. Canestrini — studiò e faticò molto —— ma sbagliò la strada - Ri- posa in pace. Allora l’arma non sarà un trofeo della vittoria del «libero pensiero», come si augurava il barone Altenburger, ma un ricordo della sua sconfitta. E l’unico interprete e testimone fedele dei sentimenti e delle idee della nostra età resterà il monumento alla Comparsa dedicato al divin Redentore il quale disse: Non praevalebunt!

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