La bonifica idraulica, pensata come risanamento di zone malariche, allagate e impantanate, era principalmente fatta per gli abitati e per le zone padane. Quale enorme differenza! Ivi la pianura domina: la montagna è lontana centinaia di chilometri. Si trattava di liberare la terra dall'acquitrino, di prosciugarla, di livellarla e in secondo tempo di rimetterla a cultura. Così la legge trattò solo la bonifica idraulica. Ebbene, nel mezzogiorno l'abitato da risanare era lontano, rifugiatosi da secoli sulle creste delle montagne o sugli aspri pendii di alti colli; l'acqua era poca e povera, stagnante per falso corso o per mancanza di buona arginatura. Guai a levar quell'acqua e impoverir quelle terre! La malaria rimaneva lo stesso e l'aridità sopraggiungeva, e per giunta, il bacino montano, non curato, creava i letti tormentosi ai fieri torrenti, che arrivando al piano distruggevano i lavori già iniziati. Così, per un errore tecnico e per una legge egualitaria, nel mezzogiorno la bonifica è un mito ed i milioni spesi dallo stato sono andati in gran parte perduti; più di 400 milioni nel mezzogiorno continentale e circa dieci in Sicilia. L'anno scorso si pensò agli enti di bonifica; la lunga gestazione regolamentare fece perdere del tempo, oggi il vento delle novità li spazza via. Si comincia da capo; credo che nel nuovo testo unico delle leggi sulle bonifiche sarà incluso quanto l'esperienza di quarant'anni ha insegnato, cioè che le due bonifiche del nord e del sud sono tecnicamente ed economicamente diverse. Troppo tardi, ma sempre in tempo!
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I meridionali non hanno compreso che dovevano imitare i bonificatori romagnoli, emiliani e veneti; questi — non preoccupandosi molto di certe questioni giuridiche sul regime di proprietà — si fecero aiutare dallo stato in tutti i modi per redimere i terreni dalla palude, renderli atti alla grande cultura, farne centri di abitati floridi e di colonie numerose. L'obbligatorietà del consorzio, la possibilità di esproprio, l'alea della spesa, che cosa sono di fronte al vantaggio capitalistico della grande industria agricola della bonifica? Non così i nostri misoneisti; invece di discutere, negarono; e lo stato risparmia i denari che avrebbe dovuto spendere nel sud. Se la crisi agraria verrà a battere alle nostre porte, avremo popolazioni turbolente, alle quali non si potrà dare il piombo invece del pane; oppure popolazioni che di nuovo si avviano all'estero, quantunque dure siano le sorti dell'emigrazione disorganizzata. Il problema del latifondo è immanente, è di carattere economico e sociale, ha riflessi politici; e l'attuale ministero non può ignorarlo, o riporlo nel dimenticatoio con una frase, come ha creduto di fare l'on. De Capitani.
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