Con tutti i capitali propriamente detti, perché conferiscono definitivamente alla produzione della ricchezza (o per sé o in veste rappresentativa) della società tutta intera, non vanno confusi i capitali impropri, iquali figurano come mezzi di produzione e fonti di reddito per una persona o classe nella economia privata di queste, ma non lo sono né per loro natura né per la loro funzione nella economia sociale. Gli edifizi dati a pigione per alloggi sono considerati impropriamente come un capitale dal proprietario, perché ne percepisce un fitto; ma essi di fronte alla economia sociale non sono uno stromento di produzione, ma un oggetto di uso o godimento finale (l'abitare). I tagliandi («coupons») dei portatori dei titoli di credito verso lo Stato formano il reddito di una classe oggi numerosissima che si chiama di capitalisti rentieri; ma quegli immensi valori non sono per la nazione o l'umanità capitali o mezzi di produzione, ma anzi mezzi disviati da essa per rivolgerli a scopi civili-politici. L'imprenditore (capo fabbrica) che destina centomila lire a pagare con vicenda periodica i suoi operai considera quella somma come un capitale di esercizio della sua industria, e lo è dal punto di vista di quell'azienda privata; ma a rigore nell'economia pubblica quelle centomila lire sono altrettante mercedi anticipate (fondo di salari), cioè un reddito e un mezzo di consumo degli operai. — Capitale nell'economia sociale non è pertanto che ciò che conferisce alla produzione sociale universale.
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