Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

Risultati per: abile

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Storia sentimentale dell'astronomia

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Piero Bianucci 5 occorrenze

Divenne poi assistente del fratello e, per conto proprio, abile cacciatrice di comete.

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Insuperabile nel proiettare i fenomeni fisici sullo schermo del pensiero, non era altrettanto abile nel costruirsi strumenti matematici adeguati alla novità rivoluzionaria delle sue idee. I calcoli sulla curvatura dello spazio-tempo non tornavano. Frustrato, chiese aiuto al matematico ungherese Marcel Grossmann, amico e collega al Politecnico di Zurigo. Ne ricevette la giusta imbeccata: non c’era bisogno di inventare nuova matematica per la relatività generale; ci aveva già pensato Gregorio Ricci-Curbastro elaborando il «calcolo differenziale assoluto». Einstein se ne impadronì e trovò che per la sua teoria era come un guanto per la mano. Ora tutto funzionava, tutto era coerente.

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Il destino limiterà ad appena venti mesi la collaborazione tra il giovane scienziato e l’osservatore più abile che mai l’astronomia avesse avuto. Inattesa, insospettabile, la fine di Tycho si avvicinava. Il 13 ottobre 1601 andò a cena dal nobile Peter Wok Ursinus Rosenberg. L’etichetta proibiva di alzarsi da tavola per qualsiasi ragione prima che lo facesse il padrone di casa. Perciò Tycho, che soffriva di prostata, prima di ogni banchetto ufficiale, si cautelava andando a orinare. Quella volta non lo fece. Lasciamo la parola a un Keplero impietoso: “Trattenendo l’orina più a lungo di quanto fosse sua abitudine, Brahe rimase seduto. Pur avendo bevuto un po’ troppo e sentendo pressione alla vescica, era meno preoccupato per la sua salute che per l’etichetta. Tornato a casa, non riuscì più a orinare”. Seguirono cinque giorni tormentati da dolori sempre più insopportabili, senza che per questo l’astronomo rinunciasse a mangiare. Finì intossicato. L’infezione renale gli causò una febbre altissima che lo portò al delirio e al trapasso, preceduto, vuole la tradizione, da una pausa di serenità. Con una lieve forzatura, si può dire che Tycho morì di buona educazione: lo uccise l’ossequio che da buon cortigiano tributava ai suoi protettori.

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Per far fronte alle richieste della clientela fin dal 1597 aveva aperto a Padova una piccola officina e stipendiava un tecnico assai abile, Marcantonio Mazzoleni, poi morto di peste, ospitandolo nella propria abitazione, un palazzo di tre piani in via Vignali del Santo, dietro la Basilica di San’Antonio, a due passi dal prestigioso Palazzo Pinelli. Oltre a vitto e alloggio, gli versava sei corone l’anno. Una miseria. Ma prese alle proprie dipendenze anche sua moglie come cuoca e governante.

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