Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbracciati

Numero di risultati: 5 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Cipí

206526
Lodi, Mario 1 occorrenze
  • 1995
  • Edizioni E. Elle
  • Trieste
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Cosí dicendo apri le ali e Cipí entrò nel nido accanto ai piccini: e abbracciati si addormentarono.

Pagina 54

Lo stralisco

208553
Piumini, Roberto 1 occorrenze
  • 1995
  • Einaudi
  • Torino
  • paraletteratura-ragazzi
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I due scheletri erano abbracciati, con le bocce bianche dei crani appoggiate uno alle spalle dell'altro, in figura di strana e spaventosa tenerezza. — Sono pescatori? — chiese Gentile a Mutak Amat, il capitano. — Uno doveva essere molto giovane... Un ragazzo. Forse padre e figlio... La zattera, quasi ormai a contatto con la nave, sfilava dondolando e ruotando lentamente lungo la fiancata. Nessuno, da bordo, allungò pali o lanciò funi per trattenerla. — Pescatori, forse, — disse il turco, salutando gli scheletri con un bacio veloce. — Ma di solito i pescatori annegano sulle loro barche... Potrebbero essere naufragati su un'isola e aver costruito la zattera per tentare il ritorno... Certo, quel legno è in mare da piú di due anni. Rallentando e sbandando vistosamente sulla scia della nave la zattera restò indietro, e diede l'impressione di dirigersi, senza fretta, verso la sfumata Sciro. — Ma lo scheletro piccolo ha ossa troppo sottili, - disse Mutak Amat dopo un silenzio. — Scommetterei la mia nave contro una conchiglia che quello è uno scheletro di donna... Gentile si senti chiudere la gola, come se una mano violenta gliela stringesse. — Sposi? — disse piano. — Sposi naufragati? Il capitano indugiò. — Forse, — disse, e lanciò un corto comando al timoniere, che spinse la barra per catturare il vento. Subito la vela si gonfiò, e la nave, leggermente scricchiolando, si inchinò alla spinta e accelerò. — O forse amanti... — disse Mutak Amat. — Certe tribù dell'Egitto, o della lontana terra dei Berberi, usano legare gli amanti illegittimi su una zattera, e affidarli alla crudele pietà del mare... Gentile rispose allo sguardo del turco senza una parola. Poi tornò a guardare a Nord. Ormai la zattera non si distingueva piú. Talvolta sembrava al pittore di vederne uno spigolo, breve forma scura sul profilo di un'onda. Ma altre macchie, simili a quella, apparivano in altre parti, e subito scomparivano nel misterioso orizzonte.

Pagina 144

L'idioma gentile

209483
De Amicis, Edmondo 1 occorrenze
  • 1905
  • Fratelli Treves Editori
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
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Alternati con questi, altri elenchi di frasi e di parole, abbracciati da grandi graffe, lungo le quali era scritto: - Ti fanno paura? - e disse ch'erano modi efficaci ch'egli non usava mai, e che aveva messi in mostra in quella forma per rammentare a sè stesso d'usarli. Poi una serie di dizionarietti speciali: di giochi fanciulleschi, di difetti fisici. di motti scherzosi, di colori, di piante, di strumenti di lavoro, illustrati di figurine schizzate con la penna, per chiarire il significato e facilitare la memoria delle parole. C'eran disegnati un violino e una finestra, con su scritti i nomi di tutte le loro parti, e una figura umana in caricatura, che aveva scritto sopra il capo: pera, sul naso: nappa, sul mento: bietta, su ventre: buzzo, sulle mani: mestole, sulle gambe: seste, sulle scarpe: - ciotole. Lessi una Pagina delle busse, nella quale erano notate tutte le forme di percossa possibili, dal rovescione al biscottino; con tutti i verbi con cui si può designare l'attenzione: accoccare, appiccicare, appioppare, allungare, ammenare, appoggiare, assestare, azzeccare, ammollare, affibbiare, barbare, distendere, consegnare, fiancare, misurare, piantare, rifilare, rivogare, somministrare, tirare: un tesoro di gentilezze. Di tanto in tanto, in grandi caratteri: - Esercizi ginnastici - e sotto, un dialogo strambo, nel quale due persone, collegando a dispetto dei santi le idee più disparate, si palleggiano tutte le locuzioni registrate nelle dieci o venti pagine precedenti; o aneddoti o descrizioni bizzarre, in cui tutte quelle locuzioni sono pigiate a forza, o periodi a chiocciola, dove una stessa idea è espressa parecchie volte di seguito in forma diversa. Alcuni di questi esercizi, intitolati Scrigni poetici, erano sonetti e versi sciolti, nei quali l'amico aveva incastrato una quantità di modi, per ricordarli meglio, in grazia del ritmo. Fra due di, queste poesiole c'era un discorso d'un pedante marcio, tutto tessuto di quei vocaboli e di quelle frasi antiquate, che nessuno usa più parlando, ma che qualcuno s'ostina ancora a scrivere, sfidando eroicamente il ridicolo; altrove il discorso d'un lezioso; più là il soliloquio d'uno sgrammaticante, con le sgrammaticature più frequenti nella conversazione della gente per bene. Mi cadde sott'occhio, fra l'altro, una pagina di Spazzature, dov'era raccolto un buon numero di quelle frasi fatte, calìe letterarie, o fiori secchi di rettorica, che ricorrono di continuo nei discorsi e nei brindisi, e che son diventati odiosi a tutti oramai, anche a quelli che li usano, quando li sentono usare dagli altri. Ma sopra ogni cosa attirò la mia attenzione e Mi parve strana una grande quantità di parole e di frasi segnate a capo e a piè di pagina, sui margini, tra riga e riga, a traverso lo scritto, un po' da per tutto, alcune in istampatello, altre inquadrate in quattro tratti di penna, o scritte con matita rossa, verde o turchina, o sormontate da un Nota bene, o fiancheggiate da un punto esclamativo, o da un crocione, o da una bandierina disegnata: parole e frasi, che l'amico mi disse d'aver appuntate così a caso, dove prima gli veniva, manmano che le intoppava nei libri, e contrassegnate in quella maniera , perchè attirassero il suo sguardo e gli si rinfrescassero nella memoria quando egli sfogliava il librone per cercarvi o per notarvi altre cose. Tutto il librone n'era tempestato, e anche molte di queste note illustrate da piccoli schizzi di figure umane, di mobili, d'utensili, d'oggetti d'ogni genere; e v'eran qua e là delle pagine bianche, preparate per altre note, coi titoli già scritti. Trovai in ultimo un elenco di quei modi dialettali, che si sogliono scansare con gran cura, benchè appartengano pure alla lingua, e siano correttissimi, e nella pagina accanto una raccolta di frasi di complimento antiche e moderne, alla quale faceva riscontro un piccolo dizionario di moccoli smorzati, di quelle esclamazioni vigorose di meraviglia o di dispetto, che la gente ben educata sostituisce ai sacrati autentici, quando è in una compagnia a cui si devono dei riguardi. Arrivato a questo punto, benchè mi destasse un senso, d'ammirazione l'amor della lingua vivissimo che si manifestava in quella strana rigatteria filologica, non potei trattenere una risata. Ma il bottegaio non se n'ebbe per male; tutt'altro. - Bene! - mi disse. - Mi fa piacere di vederla ridere. È il commento che desideravo e aspettavo, perchè giustifica la mia mancanza di metodo, ed è un modo di riconoscere che si può far dello studio della lingua uno spasso amenissimo, come io faccio appunto. Studiando la lingua io scrivo versi, recito la commedia, lavoro di mosaico, faccio ginnastica con la penna, rivedo le bucce agli altri e a me stesso, rido, tesoreggio, disegno, fantastico, e serbo una libertà di spirito che esclude ogni fatica e ogni noia. Non è un metodo; ma un modo che credo convenientissimo a tutte le teste disordinate e svolazzatoie com'è quella che porto sulle spalle. Veda, io non darei questo libraccio per un peso eguale di biglietti da cento. E se lo stampassi, credo che farebbe furore. Certo sarebbe il trattato linguistico più originale che si sia pubblicato mai, e forse non il plù inutile. Dopo la mia morte, chi sa! O lo lascerò alla Biblioteca Vittorio Emanuele, di Roma.

Pagina 108

Il libro della terza classe elementare

210637
Deledda, Grazia 1 occorrenze
  • 1930
  • La Libreria dello Stato
  • Roma
  • paraletteratura-ragazzi
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Poi, abbracciati i figli, dignitoso nel suo profondo dolore, prese la via dell'esilio. Visse ancora pochi mesi solitario in

Pagina 236

Il ponte della felicità

219073
Neppi Fanello 1 occorrenze
  • 1950
  • Salani Editore
  • Firenze
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Stettero abbracciati a osservare la terra che si approssimava con rapidità per il giuoco favorevole del vento. Distinguevano ora ogni canalone, ogni vetta, ogni sporgenza; la luce sfolgorante rendeva visibili non soltanto il colore della roccia e la sua compattezza, ma anche le sue increspature e le sue ombre fonde. Poi apparve la spiaggia recinta dalla scogliera. Alcune persone, che la lontananza rendeva minuscole, si aggiravano qua e là. Ma allorchè Agnolo e Alvise, dopo aver gettato l'àncora, raggiunsero con la barca la spiaggia, la trovarono deserta o muta. Dove erano andate le persone che poco prima vagavano sulla rena e tra gli scogli? Una risata di Agnolo meravigliò Alvise. - Hanno creduto alla venuta dei corsari, - disse il marinaro accennando alla galea turchesca che oscillava mollemente sulle onde. - Cerchiamo di rassicurarli subito. - Il paesello, composto di poche casette di pescatori, con la sua chiesina di pietra grigia sormontata da un piccolo arco al quale era appesa la carapana, si stendeva poco lontano, all'ombra del monte i cui contrafforti erano rivestiti di aceri e di quercie. Le straducce sassose del paesello apparivano deserte. Le casette, senza intonaco, erano asserragliate e sembravano muti sepolcri. Agnolo, sorretto da Alvise, bussò a qualche porta; ma nessuno rispose. Essi, allora, si diressero verso la chiesina e la trovarono aperta. Davanti all'altare, dove un grande Cristo crocifisso tendeva le sue braccia pietose, un sacerdote pregava. Al rumore dei passi che risonavano nel vuoto il sacerdote piegò la testa canuta e allargò le braccia col gesto di una vittima che si offre in olocausto. Agnolo e Alvise gli si avvicinarono, e il ragazzo, piegate le ginocchia, baciò la scarna mano dell'uomo di Dio. Al gesto inatteso, il sacerdote alzò gli occhi che pareva avessero già sfiorato i misteri dell'al di là, e guardò il giovinetto. - Chi siete? - mormorò. - Non siamo corsari, - disse subito Alvise; e Agnolo soggiunse: - Siamo naufraghi della flotta veneta. - Come? C'è dunque già stata, la battaglia contro i Turchi? - No, non ancora, ma ci sarà presto. Noi siamo naufraghi della bufera scatenatasi qualche tempo fa mentre eravamo diretti a Tropea per imbarcare viveri e soldati. - Ah, ricordo! I nostri pescatori hanno saputo che sei navi dell'ammiraglio veneto andarono perdute, e le altre ebbero molti remi e speroni rotti. Ma voi, come siete venuti in possesso della galea turca? - Agnolo raccontò brevemente la loro avventura e concluse: - Vogliamo andare al porto di Messina per raggiungere la nostra flotta. - Aspettate. Io so che le navi della Lega si trovano raccolte nel porto di Gomenizza, proprio di fronte a questa costa calabra. Dai nostri abitanti potrete avere maggiori spiegazioni. Seguitemi. - Quando furono fuori della chiesina, il sacerdote afferrò la corda che teneva legata la campanella e i rintocchi argentini si diffusero come un gioioso richiamo. Non molto tempo dopo, dai viottoli che serpeggiavano su per il monte cominciarono a scendere gli abitanti della borgata: vecchi, donne, bambini. Gli uomini validi erano in mare, parte alla pesca. parte imbarcati come soldati sulle navi della Lega. All'avvicinarsi della nave corsara, il buon prete aveva fatto avviare quella povera gente su per i monti, al sicuro, mentre egli attendeva rassegnato nella chiesina deserta la venuta del nemico. ....baciò la scarna mano dell'uomo di Dio. Tutti fecero grandi feste ai due marinari e ben presto la borgata si animò. Ognuno fece quanto potè, e alcuni vecchi, ancora vegeti, si offrirono di aiutare a condurre la nave fino al porto di Gomenizza. Sulla galea vennero trasportati viveri freschi in abbondanza e alcuni barilotti di acqua sorgiva. Indi il sacerdote benedisse la galea e il gagliardetto di san Marco che Alvise aveva issato sul trinchetto, dopo avere ammainato lo stendardo della mezzaluna. Quest'ultimo venne conservato come trofeo di guerra. Il giorno stava per tramontare quando la galea spiegò di nuovo le vele e si diresse verso il golfo di Corinto. Dalla riva centinaia di occhi seguivano la manovra, mentre tutte le labbra mormoravano un addio e una preghiera. Alvise, ritto sul ponte, guardava il gagliardetto azzurro che garriva nel vento della sera profumato di alghe e di bosco; quel vento, che era passato sulle cime dei monti italici e aveva accarezzato le loro pendici verdeggianti, gli sussurravano misteriosamente che la sua avventura non era ancora finita.

Pagina 110

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