Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbracciarono

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

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Il marito dell'amica

244984
Neera 1 occorrenze
  • 1885
  • Giuseppe Galli, Libraio-Editore
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
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Le due donne si abbracciarono con effusione. Il servo colle valigie in mano, e il vetturino dall'alto del suo seggio, aspettavano. Sofia, tutta rossa, agitandosi, parlando forte esprimeva la sua maraviglia per un incontro così straordinario. L'altra dolcemente commossa, sorridendo con aria materna, le ricambiava le carezze, ripetendo : - Ma sì! Non mi par vero. - E da dove arrivi tu? - Da Buenos-Aires. - Scusate il viaggetto.... Io torno da Sesto di Monza. Rise forte, tanto il contrasto le sembrava piccante. Poi soggiunse: - Ma e dove vai ora? - A cercarmi un albergo. - Non hai famiglia, parenti? - Nessuno. - Oh! ma allora vieni da me. - Da te?... - Sì, sì ; figurati se ti voglio lasciare.... la mia migliore amica! Andiamo, vieni a casa mia. E la spingeva in carrozza, risolutamente, con quella sua grazia dominatrice di donna viziata, avvezza a fare quello che vuole, senza pensarci su molto. - No, no, più tardi.... ci rivedremo.... Così protestava l'amica, dolcemente, con voce tranquilla, poiché la scenetta si prolungava già troppo e il vetturino dava segno di impazienza. Fu Sofia che la vinse. La viaggiatrice, un po' a malincuore, un po' cedendo al fascino petulante della giovane signora, sedette nella vettura; Sofia le si pose accanto, stringendo le sottane per far posto ai bagagli. Il servitore si accomodò sul seggio del vetturino. - Via Monforte, l'ultima casa.... Ed ora, - Sofia alzò i vetri perchè il vento era violentissimo - ora, lascia che ti guardi. Sei molto bella, sai? Narrami un po' che cosa hai fatto in questi cinque o sei anni che non ci vediamo. - Ho preso marito. - Ed io pure; compiono oggi i ventiquattro mesi. - Due anni, dunque? - Sì; ma a dire due anni mi sembra di essere vecchia vecchia.... È come il mio bambino.... - Hai un bambino? - Sì, di dodici mesi. - Ah! - Sono stata a trovarlo perchè è un po' indisposto. - Non lo allevi in casa? - Mio marito dice che i bambini crescono meglio nell'aria libera della campagna. - A proposito, che dirà tuo marito di questo tegolo che gli piove in casa? - Lui? Ma nulla affatto, te lo assicuro; è l'essere più freddo dei due emisferi. Una pausa, leggermente imbarazzante, troncò il dialogo delle due amiche. La forestiera si faceva sempre più seria, osservando attentamente la sua antica compagna sulla quale l'esperienza della vita non aveva prodotto alcun cambiamento; era una donnina piacente, grassoccia, con un sorriso troppo infantile, corretto a volte - e ancora troppo - da uno sguardo provocante e leggero. - Un doganiere che si affacciò allo sportello le occupò per un momento: quando furono libere, Sofia borbottò contro gli intoppi che si incontrano ad ogni passo. Senti - disse improvvisamente l'amica - questo modo di entrare in casa tua è proprio romanzesco; permettimi di presentarmi un po' meglio.... fra qualche giorno.... Allora Sofia le saltò al collo, baciandola furiosamente, piangendo, dicendole che era un' ingrata, che non l'amava più, che non ricordava più nulla della loro amicizia di collegio, dei giuramenti scambiati, e che diffidava di lei. Terminò abbrancandola per i polsi e protestando che non la lascerebbe partire nemmeno se la mettessero alla tortura. Tanta espansione d'affetto vinse gli ultimi scrupoli della signora; ella pensò poi in cuor suo che, qualunque fosse la posizione di Sofia, era abbastanza ricca per contracambiare l'ospitalità. Giunsero frattanto all'ultima casa di via Monforte; e Sofia, tutta giuliva, precedendo l'ospite sulla scala la introdusse nel suo appartamentino, elegante e signorile, coll'aria un po' vuota degli appartamenti nuovi. - Ci siamo! - esclamò poi, trionfante. E volta alla cameriera, che aveva aperto l'uscio: - Mio marito? - Non è tornato ancora. Qui la forestiera fu ripresa dalla curiosità di sapere, alla fine, chi fosse il marito della sua amica; ma la prudenza e il tatto acquistati in una vita burrascosa la consigliarono ad aspettare le confidenze, anzichè provocarle. - Che c'è? - domandò Sofia alla cameriera che restava ritta sulla soglia, con fare impacciato. - È venuto il signor Bandini. - Ebbene? - È qui; aspetta la signora. Sofia arrossì leggermente. - Digli.... digli che.... Poi con una delle sue brusche risoluzioni: - Maria - aggiunse mettendo una mano sulla spalla dell'amica - mi permetti? E prima che Maria potesse rispondere: - Torno subito; devo dire due parole a quel signore. Tu intanto leva il cappello; la cameriera ti condurrà in una cameretta accanto alla mia.... è piccina, ma te la accomoderemo per benino, vedrai. Fa come se fossi in casa tua; cinque minuti e sono da te. Sparve lasciando dietro a sè, sul tappeto, un guanto e la pezzuola profumata di verbena. In un gabinetto ottagono, tappezzato di stoffa color verdemare a mazzi di rose in rilievo, un giovinotto aspettava, sdraiato su un divanino basso. La sua testa bruna, accuratamente pettinata, spiccava sul fondo della tappezzeria, mettendo una nota forte in quella armonia romantica e delicata delle rose sulla gradazione color d'acqua. Egli aveva una posa affatto prosaica, coi piedi appoggiati al cuscinetto di trine che stava a un lato del divano; ma balzò ritto quando Sofia schiuse l'uscio, dicendogli a bruciapelo: - Siete molto imprudente. Perchè aspettarmi? Lo sapevate pure che oggi mi recava a trovare il bambino. Andatevene; ho un'amica con me; non posso ascoltarvi. - Ecco un fiume di parole, fra le quali ne cerco invano una dolce al mio indirizzo. - Scusatemi. Sorrise, e gli porse la mano che egli baciò. - È molto tempo che siete qui? - Non so.... pensavo a voi e non ho contato le ore. - Sempre galante. - Dite sempre innamorato. - Ztt!... sapete che questa parola non la voglio sentire. Amico, alla buon'ora. - Che distinzione sottile.... Ma se sapeste come il sentimento che provo per voi è nobile... elevato... - Lo credo, senza di che ve lo permetterei forse? Ma andatevene. Oggi non possiamo far musica insieme, nè leggere i nostri poeti favoriti... - Ma che cosa vi è accaduto? - Una combinazione strana. Ho incontrato, figuratevi, l'amica mia più antica e più cara, dopo sei anni che non ne sapevo più nulla. Pensate quante cose abbiamo a dirci. Eravamo in collegio insieme, lei con qualche anno più di me, e ci siamo amate con passione, con una intensità che faceva strabiliare tutti; molto più che i nostri caratteri sembrava dovessero armonizzare poco. Lei seria, studiosa, riflessiva... io tutta gaia, vivace... i maligni dicono anche leggera; ah! ma protesto. Maria mi conosce bene; sa che sotto una apparenza... come dire? - Incantevole. - Oh via! Gli diede un buffetto sotto il mento. - Dunque andatevene. - Ma sino a quando starà qui la vostra... - La mia amica? - Sì... Cercavo un nome ad hoc, come Castore e Polluce, Oreste e Pilade... ma è singolare, nella storia dell'amicizia mancano affatto i nomi femminili. - Maligno. Si vede proprio che parlate per invidia. Ebbene, saremo generose. Vi permettiamo di venire a farci la vostra corte alla sera. - Coram populo? Sofia si strinse nelle spalle con un movimento pieno di civetteria e di grazia. - Pazienza. Posso mandarvi alcuni fiori? - Sempre bene accetti. L'elegantissimo Alfredo Bandini tornò a baciarle la mano, sospirando, e si accomiatò. Sofia stette un momento a guardare l'uscio per dove era partito; aveva l'occhio brillante, il seno agitato da un palpito irregolare; si sentiva felice e malcontenta nello stesso tempo. Girando lo sguardo sulle pareti del gabinetto, la sua emozione parve trovare una fonte di mollezza nel verde tenero dove morivano le rose, sul divanuccio a spalliera dorata, dai contorni morbidi, nella luce della finestra, smorzata da tendinette di seta rosea; e sedette, cedendo al fascino di un languore che la invadeva tutta. Quel Bandini!... Il giorno in cui le aveva offerta la propria amicizia ella era uscita, irata, dalla prima battaglia col marito. Bandini le parlò con tanta grazia dei cuori che soffrono, mostrò di conoscere così bene l'organismo di un'anima femminile, trovò parole così eleganti, (era toscano e parlava come un angelo) che a lei parve di rinascere, come quando dopo una pioggia violenta si vede spuntare un raggio di sole. Ed ora, sì, ora c'era del pericolo. Sofia si raggomitolb sul divanuccio, abbandonando la testina sul guanciale. Si trovava nella stessa situazione di un fanciullo al quale venga proibito di aprire un vaso di miele, ma che a furia di girarvi intorno, riesce a scoprire nel vaso un forellino, dal quale succhia il dolce pensando di non far male. La cameriera venne a toglierla dall'estasi, domandandole gli ordini per la forestiera. - Ah sì! - fece Sofia. E si alzò, ratta, dimenticando subito Bandini per ricadere nella tenerezza che le suscitava l'amica, compiacendosi in quel passaggio violento dall'una all'altra emozione. - Dov'è? - È nel salotto. - Va bene. Quando viene mio marito avvertilo subito che c'è di là una mia carissima amica.

L'indomani

246112
Neera 1 occorrenze
  • 1889
  • Libreria editrice Galli
  • Milano
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Le due signore si abbracciarono, promettendo di vedersi spesso. Ninetta soggiunse: - Ma sì, venga! Quando la porta della casa gialla fu chiusa, Marta si strinse al braccio di suo marito. - Ti sei annoiata un pochino? - chiese egli ridendo. - No, ma desideravo trovarmi sola con te. Mi pare che tutti gli altri abbiano a portarmi via qualcosa del mio Alberto, perchè tu sei mio, non è vero? - Oramai, se anche non volessi, è cosa fatta. - E quel signor Merelli è lui pure tutto di sua moglie? - chiese Marta insidiosamente. - Oh! capirai, non posso saperlo... - Non mi piacerebbe per marito. - Ne sono ben lieto. - È grossolano. - Un pochino. - E troppo pingue. - Converrai che di questo non ne ha colpa. Sua moglie, che te ne pare? - Una buona donna, con poco spirito se vuoi, oh! ma ha sofferto tanto. - Ti ha raccontato?... - Si, il suo primo parto... - Ah! solamente ciò? - Sicuro - fece Marta, dandosi l'importanza di una matrona iniziata a segreti misteri. Tacquero fino a casa. Sulla soglia trovarono il dottorone, impettito. Egli, che era già stato presentato a Marta, la salutò chiedendole che cosa l'era parso dei coniugi Merelli. - Ma... gentili. - E la servetta? Il dottorone lanciò questa domanda con tale malizia negli occhi, che Marta stupì. - Andiamo - fece Alberto prendendo il, dottore sotto braccio - vieni a desinare con noi. - Non posso. Ho a casa una galantina di lepre con certi tartufi che sono una meraviglia. La mia serva non ha l'abilità della Ninetta... ma per la galantina! Si baciò la punta delle dita, sempre con gli occhi birichini, e fatta una scappellata alla signora, e detto che s'era fermato apposta per augurarle il buon pranzo, se ne andò, lento lento, col corpaccione male assettato nell'abito nero, coi calzoni color lumaca troppo corti, il cappello a tuba posto in bilico sopra l'orecchio. Marta si spogliò in fretta; doveva preparare una salsa di cui ella sola conosceva la ricetta e che, nel suo ardore di neofita, giudicava più accetta ad Alberto, se fatta da lei. Comparve a tavola tutta rossa, impaziente di conoscere l'esito. Quando Alberto ebbe dichiarato che la salsa era gustosa, allora si calmò; mangiò e bevve di buonissimo umore; fece l'enumerazione dei piatti che preferiva, combinandoli con quelli preferiti da Alberto, vedendo con soddisfazione che si incontravano nel gusto. - E, dimmi - esclamò improvvisamente - che cosa intendeva il dottore con le sue allusioni alla serva dei Merelli? Alberto era l'uomo meno adatto del mondo a nascondere checchessia; rispose, un po' imbarazzato, che il dottore scherzava volentieri. - Non è ciò - interruppe Marta a cui si schiarivano le idee meravigliosamente - se non ci fosse nulla di positivo, lo scherzo non avrebbe avuto ragione d'essere. - Ebbene, disse Alberto, pensando che, in fin dei conti, la cosa non lo riguardava affatto e che Marta l'avrebbe saputa egualmente - Merelli fa all'amore colla Ninetta. - Così? - esclamò Marta sgranando gli occhi. - Come, così? - In presenza della moglie... - Ma!... - Con tanti bambini? - I bambini non c'entrano, - Ma è un orrore! - Certo non lo approvo. - Tu non avresti questo coraggio, eh? - Non mi sono mai piaciute le serve. - Ah! - tornò a fare Marta con un sospiro di sollievo, mentre l'onesto faccione dell'Appollonia le attraversava il pensiero. E dopo un po' di tempo mormorava ancora: - È un'infamia, è un'infamia. Ma perchè sei amico di quell'uomo? - Oh! bella, dovrei levargli il saluto in causa del suo gusto per le serve? È una debolezza in lui, non può correggersi. Ninetta non è la prima. - Ma sua moglie? Poverina, voglio avvertirla... - Non ci mancherebbe altro! - Almeno consigliarla a tener serve vecchie.... - Non ci stanno in quella casa, con tutti quei bambini, rifletti. - Oh! povera donna, povera donna! - Senti - continuò Alberto prendendo le mani di sua moglie per calmarla - secondo ogni probabilità, la signora Merelli non sospetta niente; e se lo sospetta, forse non ci pensa; può anche darsi che lo sospetti, che ci pensi, ma che non gliene importi un cavolo. In tal caso tocca a noi farci cattivo sangue? Marta stette zitta un momento. - È impossibile - scattò poi - che ella resti indifferente! - E perchè impossibile? - dopo dieci anni di matrimonio... - Alberto, che cosa dici? L'amore fra marito e moglie non deve essere eterno? - Cara mia, se tutte le cose che dovrebbero essere, fossero! - Tu dunque fra dieci anni non mi amerai più? E amoreggerai?... L'Appollonia tornò a passare nella mente di Marta portandovi un raggio così giulivo che, nel bel mezzo della sua indignazione, dovette sorridere; di che accorgendosi Alberto, disse: - Ma sì, farò all'amore coll'Appollonia. Ella rideva, adesso; avendo posata la fronte sulla spalla di suo marito, eccitata da un ordine nuovo di idee che le si erano parate dinanzi. - Però, senti, non capisco come una persona educata, un uomo che ha studiato, infine che non è un villano del tutto, possa perdersi con le serve. - Anche un uomo educato non trova sempre delle duchesse, mia cara Marta, e poi, se ti dico che è il suo debole! Vuoi uscire a fare due passi in giardino? - No. Ella tornava al suo argomento, appassionandovisi con una voluttà rabbiosa e crudele. - Ma non pensa alle conseguenze, al disonore della ragazza, a... - Che cosa vuoi che pensi!... Finiamola, se non ti dispiace, coi Merelli. Alberto si era levato in piedi, non dissimulando una certa seccatura, e passeggiava innanzi e indietro fermandosi ogni tanto a guardar fuori dalla finestra. Marta sentì una stretta al cuore. Non cambiò positura, non si mosse. Aveva ancora davanti il piatto sul quale stavano alla rinfusa dei picciuoli di ciliegia; li prendeva a due a due, allacciandoli insieme per vedere quale si rompeva; a conti fatti, i picciuoli rotti erano in gran maggioranza. Li riunì con cura in un monticello. - Hai detto all'Appollonia che non faccia più tanto rumore, alla mattina, co' suoi zoccoli? - Sì, gliel'ho detto. - E tu sarai così buona da cucirmi, domani, quei bottoni alla mia casacca di velluto? - Sono già cuciti. - Oh! che tesoro di donnina. Ella sperava ancora che l'avrebbe guardata in faccia; ma Alberto si fermò dietro la sedia di sua moglie, accarezzandole il collo colla punta dell'indice. - Addio, vado fuori un po'. Chinossi, baciandola sulle guancie, sonoramente. Marta rispose: addio - e si strinse nelle spalle, sembrandole che la stanza diventasse fredda.

Pagina 33

Dramm intimi

249976
Giovanni Verga 1 occorrenze
  • 1884
  • Casa Editrice A. Sommaruga e C.
  • Roma
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Madre e figlia si abbracciarono strette, strette, lungamente. Poi la contessa respinse quasi bruscamente la figliuola, dicendo: — È tardi. Perderete il treno. Andate! andate! *

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