Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbracciarla

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C'era una volta...

218843
Luigi Capuana 1 occorrenze
  • 1910
  • R. Bemporad e figli
  • Firenze
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Dovea fare proprio un grande sforzo per non slanciarsi ad abbracciarla e non dirle: Sarai Regina! La passione lo conteneva. Eran passati sei anni, sei mesi e sei giorni. Il Re, dalla contentezza, si fregava le mani. Fra poco quella ragazza più bella della luna e del sole sarebbe stata sua sposa! E lui se ne tornerebbe al palazzo reale, Re come prima e più beato di prima! Ma la sua disgrazia volle che una notte il contadino cavasse di tasca lo zufolo, e si mettesse a sonare senza ripetergli: — Maestà, rammentatevi; chi tocca stronca, chi parla falla. — Quando, tì, tìriti, tì.... apparve la ragazza più bella della luna e del sole, e si messe a ballare, il Re non seppe più frenarsi, le corse incontro e l'abbracciò, gridando: — Sarai Regina! sarai Regina! — Fu un lampo. E, invece della ragazza, che cosa si trovò fra le braccia? Un ceppo bitorzoluto! — Maestà, ve l'avevo pur detto io: Chi tocca stronca, Chi parla falla! — Il Re pareva di sasso: — Bisognava ricominciare? — Bisognava ricominciare! — E ricominciò. Si abbrustoliva al sole: — Sole, bel sole, Patisco per amore! - Si lasciava conciare dalla pioggia. — Pioggia, pioggia bella, Patisco per la donzella! — E quando il contadino cavava di tasca lo zufolo e, tì, tìriti, tì, la ragazza ricompariva e si metteva a ballare, lui se la divorava cogli occhi, da un cantuccio, zitto e cheto come l'olio. Non se la sentiva di ricominciare. Eran passati novamente sei anni, sei mesi e sei giorni, e il Re, dalla contentezza, già si fregava le mani. Ma la sua disgrazia volle che una notte il contadino cavasse di tasca lo zufolo, e ti, tìriti, tì, comparisse la ragazza e si mettesse a ballare come non avea ballato mai, con una grazia, con una sveltezza! Il povero Re non potè più frenarsi e le corse incontro e l'abbracciò: — Sarai Regina! Sarai Regina! — E che cosa si trovò fra le braccia? Un ceppo bitorzoluto. — Ah, Maestà, Maestà! Chi tocca stronca, Chi parla falla! Il Re pareva di sasso: — Bisognava ricominciare? — Bisognava ricominciare! - E ricominciò: — Sole, bel sole, Patisco per amore; Pioggia, pioggia bella, Patisco per la donzella! — Questa volta però stette bene in guardia, e ai sette anni fissati ebbe finalmente la ragazza, più bella della luna e del sole. Non gli parea neppur vero! Intanto che cosa era accaduto? Era accaduto che i suoi ministri e il popolo ritenendolo per matto, si erano dimenticati di lui e avevan dato, da parecchi anni, la corona reale a un suo parente. Il Re, infatti, si presenta al palazzo reale, colla sposa sotto braccio e i soldati di sentinella: — Non si passa! Non si passa! — Sono il Re! Chiamate i miei ministri! - Che ministri? I vecchi eran morti e quelli del nuovo Re lo lasciavano cantare. Si rivolge al popolo: — Come? non riconoscete il vostro Re? - Il popolo gli ride in faccia e non gli dà retta. Disperato, ritorna al campicello, dal contadino. Dov' era il pagliaio, vede, con sorpresa, un palazzo che pareva una reggia. Monta le scale, e invece del contadino, gli viene incontro un bel vecchio con tanto di barba bianca: era il gran mago Sabino. — Non ti scoraggiare! — gli disse questi. E lo prese per mano, e lo condusse in una magnifica stanza, dove c' era un catino pieno di acqua. Il Gran Mago afferra quel catino e glielo riversa sulla testa, e il Re, da un po'invecchiato che già era, rinverdisce, a un tratto, di vent'anni. Allora il vecchio: — Affàcciati a quella finestra, suona questo zufolo e vedrai. — Il Re si affaccia, si mette a sonare, tì, tìriti, tì, ed ecco un esercito armato di tutto punto, fitto come la nebbia, su poi colli e per la pianura. Intimata la guerra, mentre i soldati combattevano, lui, in cima a un poggio, sonava tì, tìriti, tì, senza cessare finchè la battaglia non fu vinta. Tornò a palazzo reale vittorioso e trionfante, perdonò a tutti, e all' occasione dei suoi sponsali diè un mese di feste per tutto il regno. E presto ebbe un erede; E noi scalzi d'un piede.

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