Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbracciarla

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

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Documenti umani

244190
Federico De Roberto 2 occorrenze
  • 1889
  • Fratelli Treves Editore
  • Milano
  • verismo
  • UNICT
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Aspettavo impazientemente l'ora del desinare; ero pentito di quel che avevo detto, volevo abbracciarla, domandarle scusa, dirle infine che tutto questo non era ragionevole.... Quando fu l'ora, ella non comparve. Era andata via da sua madre; la mia casa era deserta.... "Quella casa, la nostra casa, come aveva potuto lasciarla? Il colpo fu duro; mi pareva come una morte, come quando la mamma se ne era andata .Poi mi facevo una ragione: se non voleva più stare con me, potevo obbligarvela con la forza? "Un giorno, ricevetti la visita di sua madre. Mi annunziava che ella aveva presentata domanda di separazione; che allo stato in cui erano le cose era il meglio che si poteva fare. Sta bene, non mi sarei opposto; domandavo soltanto, per curiosità, per quella curiosità che gli ammalati hanno delle cause dei loro mali, che cosa ella aveva da dire contro di me. Mi rispose questo: che io non l'amavo più.... "Ed è lei che lo dice? e quale prova ne dà? La prova era questa: che io non ero geloso.... Mi venivano in bocca delle parole amare; le ingoiai. Le recriminazioni mi sono sempre parse inutili, qualche volta un poco ridicole per giunta. "Comparimmo, dapprima separatamente, dinanzi al signor presidente per l'esperimento della conciliazione. Dissi al magistrato tutta la verità; la verità ha un accento che la fa riconoscere: egli comprese che non mentivo. Condannava però il mio consenso alla separazione: lasciata a sè sola, quella donna si sarebbe perduta. Fummo messi in presenza l'uno dell'altra, la rividi.... Ella non potè sostenere il mio sguardo; se lo avesse sostenuto, vi avrebbe letto un dolore infinito.... Il presidente era deciso a spuntarla, vi metteva la sua coscienza di uomo onesto ed il suo amor proprio di funzionario. Ella era imbarazzata, confusa, intimidita. Ad uno ad uno, egli ribattè tutti i suoi fiacchi argomenti, la fece convenire del suo inganno, e la costrinse a confessare di essere stata messa su, di aver tutto da perdere nel lasciarmi.... La riebbi. "Credevo di aver fatto un brutto sogno. Ritrovandola al mio fianco, in casa mia, come ai giorni lontani, mi sentivo tornare da morte a vita. Ero stato pazzo di lasciarla libera di abbandonarmi! Riconoscevo la mia parte di colpa. Ella aveva avuto ragione accusandomi di non esser geloso; la gelosia è una prova d'amore. Io ero stato geloso in silenzio, dentro di me, per timore di increscerle; avevo sbagliato. Le donne, alle volte, vogliono essere dominate. "Come le dimostrai la mia gelosia, come le dissi soltanto che quell'uomo era indegno di lei, si mostrò offesa, non mi parlò per due giorni.... Ella mi aveva mentito: aveva dato retta a quell'uomo, era stata da lui indotta a lasciare la mia casa, e non avendo resistito alla prova del confronto dinanzi al magistrato, teneva ore secrete conferenze con un avvocato, per riprendere il processo di separazione.... "Non potevo più illudermi: era un'indegna, e non sapevo vivere senza di lei. Misurando tutta la mia abiezione, presi un giorno il mio revolver e pensai di uccidermi. Scrissi un testamento, che esiste ancora, e fui per eseguire il mio disegno. Sul punto di morire, volli tentare un ultimo passo. Chiamai mia moglie in camera mia e chiusi l'uscio. Come mi vide fare quell'atto, come scorse il revolver ancora sul tavolo, si slanciò verso la finestra, per chiamare Io l'afferrai alla vita, le caddi in ginocchio, le baciai le mani, dicendole tutta la stoltezza della sua paura. Parlai, parlai, parlai. Le tenni il linguaggio dell'amore, della speranza, del comando, della preghiera, della fede, del perdono; le ricordai il passato, la feci libera dell'avvenire, le dissi che volevo uccidermi.... Ella si scosse. Ancora una volta, avevo vinto. "Mezz'ora dopo, andò fuori. Io rimasi in camera mia, a pensare. Sul tardi, rincasò e mi venne incontro. L'avvocato era con lei. Veniva per dirmi che voleva andarsene via, che non voleva restare con me. Come?... ancora?... perchè?.... Le domande mi si affollavano alla mente. Non domandai nulla. Dissi: "Sia pure...." "Come la vidi allontanarsi, mi slanciai contro di lei. Volevo almeno abbracciarla un'ultima volta, volevo almeno vederla, se partiva per sempre..... Ella dette un grido, chiamando al soccorso. Due guardie, rimaste in sala, comparvero. "Come vidi le guardie in casa mia, corsi al tavolo, afferrai il revolver, l'uccisi..... ................... "Questo direi ai signori giurati, se l'avessi uccisa. Io non l'ho uccisa, l'ho vista andare via per sempre, vivo da lunghi giorni nel deserto di questa casa ancora tutta odorante di lei, apro ogni tanto l'album che racchiude il suo ritratto, lo bacio e piango."

abbracciarla! baciarla!... Egli aveva paura di sedere dove quegli altri si erano seduti, di muoversi come gli altri si erano mossi, di parlare come avevano parlato. Con la sua sola presenza, egli contribuiva a ridestare più chiari, più netti, i ricordi di lei! E tra i ricordi del passato e le impressioni del presente un paragone doveva necessariamente determinarsi! L'amor suo infinito veniva dunque misurato, in ogni parola, in ogni gesto, in ogni bacio!... Dal posto dove se ne stava abbandonata, la baronessa lo attirava a sè; ma tutte le volte uno sforzo formidabile su sè stesso poteva soltanto deciderlo ad avvicinarsi a lei. Quando egli le si avvicinava, i fantasmi si frapponevano, glie la disputavano, lo afferravano con la loro gelida mano, facevano morire il suo bacio, scioglievano le sue braccia allacciate intorno alla vita di lei. E come più cresceva lo strazio dell'uomo dinanzi alla propria impotenza contro quella persecuzione, più lamentosa si faceva la voce della donna: - Andrea, tu non mi ami più!

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L'indomani

246190
Neera 1 occorrenze
  • 1889
  • Libreria editrice Galli
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
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Marta si sentiva la voglia di abbracciarla, e lo avrebbe fatto se il movente di quella sensazione fosse stato solamente la bontà; ma si accorse che in una leggera sfumatura di bontà, il suo cuore tripudiava, sollevato dai propri mali, ed ebbe vergogna di mostrare una sensibilità che in fondo non era altro che egoismo. Ripromettendosi di compensare altrimenti le modeste virtù di Appollonia, si abbandonò per il momento al piacere che le dava quella specie di autobiografia, dove la sua anima sitibonda di ideale, trovava un pascolo inaspettato. - E hai continuato in tal modo fino... - Sempre, fin che visse mio padre. - Lo amavi molto tuo padre? - Sì; è dovere. - Ma non si ama solamente ciò che è dovere - insinuò Marta. - Si ama ciò che si deve amare - rispose Appollonia, candidamente. - Era buono almeno tuo padre? - Sì, come uomo. Queste parole sintetiche fecero ridere Marta. Appollonia soggiunse: - Nei primi anni le cose andavano discretamente. Mi padre, si sa, ogni uomo ha il suo vizio, beveva; ma beveva soltanto alla domenica. Tornava dall'osteria che sembrava un bambino, rideva, rideva e diceva delle parole senza senso. Io lo chiamavo: «babbino, caro babbino.» Egli mi abbracciava e poi cadeva sul letto. Non c'era niente di male, nevvero? Ma quando il lavoro divenne scarso e che egli non potè andare tutti i giorni a lavorare, me lo vedevo confitto in casa da mattina a sera brontolando, prendendosela con tutti, anche con me, che ero una bocca inutile e che se fossi stata un uomo avrei almeno potuto aiutarlo. Io, naturalmente, non rispondevo nulla, e, sul tardi, se egli usciva per «cacciare i dispiaceri,» come diceva lui, non potevo impedirglielo. Così incominciò a bere tutti i giorni, proprio allora che mancavano i denari! - Mi pare che non fosse un padre modello! esclamò Marta. - Bisogna compatirlo. Gli uomini, quando non hanno lavoro, fanno tutti così. Prima non era cattivo; andandogli male i suoi affari gli si guastò il sangue. Gli dicevo bene qualche volta: «Babbino non bere, che sprechi i denari e la salute.» Ma egli mi rispondeva che le donne devono tenere la lingua a casa. Anche questo è giusto. Dunque, più mio padre beveva e meno i padroni volevano prenderlo a giornata; meno egli andava a giornata e più beveva. Le lascio considerare! Dovetti allora lavorare per due; fortuna che la salute c'era. Andavo durante il giorno a falciare, a sarchiare, a battere il grano, a cardare il lino, e molte ore della notte le passavo cucendo abiti per le donne e per i ragazzi, che in questo ci riescivo benino, ed anche mi piaceva. In complesso non mi lagnavo; tolto di alcune feste in cui vedevo le mie compagne andare alla sagra tutte vestite in ghingheri, ed io non potevo accompagnarle; prima perchè non avevo abito, nè scarpe, nulla; poi chi avrebbe avuto cura della casa e di mio padre? Il mio destino era questo. - E non ti capitò allora di prendere marito? - Com'era mai possibile? Avevo due camicie in tutto! - Nessuno ti fece mai la corte? - Se non uscivo nemmeno! - Dovevano sapere che eri una brava ragazza e che saresti stata un'ottima moglie. - Ma non avevo nulla. E mio padre chi lo avrebbe preso? Si sposa una persona, non se ne sposano due. Del resto le giuro che non avevo affatto voglia di prendere marito; mi bastava mio padre. - Oh! - fece Marta - non è la stessa cosa. Appollonia si strinse nelle spalle; la differenza, secondo lei, non valeva la pena di essere discussa. - Per finire, a che punto arrivò tuo padre? - Mio padre arrivò al punto che non si moveva più dall'osteria. Standosene là tutto il giorno gli capitava a volte di fare una commissione, di scaricare roba, di tenere un cavallo, tanto per buscare qualche soldo. - E allora te li portava? - Oh! nossignora, li beveva per farsi passare il dispiacere di non poter guadagnare di più. Per parte mia ero contenta che trovasse modo di farsi passare i dispiaceri ma quando mi veniva a casa barcollante che non gli si poteva far intendere una ragione, e mi toccava prenderlo, svestirlo, metterlo a letto senza cavarne un costrutto al mondo, proprio come un bambino appena nato, le confesso che mi sentivo nel cuore uno stringimento e un desiderio di essere al suo posto; al suo posto per fare diversamente, capisce? - Si, sì, capisco. - Ma ognuno ha la sua parte e nessuno può cambiarla. Negli ultimi tempi non andavo più nemmeno a messa; egli veniva a casa a qualunque ora, in quello stato, e se non c'ero io rompeva ogni cosa, bestemmiando, che se ne andava tutto il frutto della messa. Il signor curato lo sapeva e diceva che facevo bene. Finalmente, quando fu la sua ora, si sentì male davvero. L'oste e i vicini dicevano: È ubbriaco! Io capivo che non era ubbriaco questa volta. Lo avevo chiamato «Babbino, babbino» e non rispondeva più. Allora corsi, era di notte, a chiamare il dottore. C'era la neve tanto alta! Il dottore brontolò che non era tempo da disturbare i cristiani. Poveretto! ma anche noi, come si doveva fare? Un po' per uno. E si tornò insieme, nella neve, con un freddo che non si sentiva nemmeno. Quando arrivammo a casa, mio padre rendeva l'ultimo respiro! Dopo una pausa, Marta disse: - Fu in quell'occasione che ti decidesti di andare al servizio? - Io veramente non ci pensavo. La signora Oriani venne a trovarmi il giorno del funerale e mi disse: «Che vuoi fare qui sola? Vieni da me.» Non avevo nessuna ragione per rifiutare. Poi mi sono trovata contenta. La signora Oriani è morta presto: anche questo era destino. E così va! - Quanti anni hai adesso? - chiese Marta. Appollonia rispose filosoficamente: - Trentotto, trentanove o quaranta, chi lo sa!

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