Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbracciando

Numero di risultati: 1 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Marina ovvero il galateo della fanciulla

193824
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Lontana da quel che si dice etichetta, sì che stava a bilanciare il non tocca a me, o il tocca a te; seguiva l'impulso del suo cuore, e andava da questa o da quella, abbracciando le amiche, salutando tutte con ingenua domestichezza. La signora Bianca nelle veglie, che teneva in sua casa, era tutta in ciò, che gli ospiti suoi si trovassero bene, a loro grand'agio, come in propria casa; e metteva su la figliuola a far altrettanto. Diceva, che le padrone di casa devono in tali occasioni dimenticar affatto sè stesse per far comparire gli altri. Quando qualche giovinetta timida e peritosa se ne stava sola, inosservata in qualche canto, vi mandava Marina a farle compagnia, a tirarla ne'crocchi delle compagne. Se qualche giovane nuovo, per non conoscervi nessuno, se ne stava appartato con aria distratta, la signora Bianca andava da lui, vi s'intratteneva seco famigliarmente, lo metteva in relazione cogli altri. Insomma non voleva che nessuno in sua casa avesse occasione di annoiarsi; e infatti si può dire che nessuno partì mai dalle sue conversazioni malcontento; ma tutti erano entusiasti del ricevimento avuto, e della singolare dimestichezza con che erano stati trattati; non senza ammirazione del come le padrone avessero saputo moltiplicarsi per esser lì a tutti e a tutto. Quando la veglia era in casa altrui, appena entrate nella sala, Marina dietro della madre andava senz'altro a salutare la padrona, indi se v'eran amiche e conoscenti s'intratteneva con loro un poco, e poi s'andava a sedere colla madre, la quale cercava sempre di mettersi in luogo meno vistoso; non s'attruppava colle altre ragazze, se non le era dalla madre concesso. Nel trovarsi fra molte fanciulle insieme a conversare, Marina non era di quelle che han sempre la parolina da susurrar all'orecchio di questa o di quella, che mostrano d'aver segretuzzi, odiosi sempre a quelle che ne sono escluse. Che dire poi di quelle che vanno a sibilare la paroletta all'orecchio e poi si mettono a ridere? Non pensano che sollevano un forte sospetto nell'animo delle compagne che si rida sul loro conto? e quelle fanciulle che ciò fanno all'orecchio del giovinotto, che hanno lì presso? Chi le potrà salvare da un grave biasimo? Se si faceva musica e Marina veniva richiesta di mettersi al pianoforte, non traccheggiava con quelle smorfie o smancerie, che talvolta usano le fanciulle, le quali per ridicola modestia affettano incapacità e timidezza, pur di farsi pregare. Essa invece nè timida, nè presuntuosa, ma raccolta in sè e sorridente, invitata, tosto s'arrendeva alla preghiera; e lì al piano poi non vi piantava già radice col far passare tutto il suo repertorio, non lasciando più campo a quelle altre che desiderassero far vedere la loro abilità; ma finita la sua sonata, che procurava sempre che non fosse lunga o noiosa, si alzava per andar a riprendere il suo posto primitivo; salvo che non fosse pregata a sonare ancora. E quando altri sonava o cantata, stava colla massima attenzione, e le faceva stizza se qualche compagna le parlava all'orecchio o in qualunque modo disturbava. Quando si facevano giuochi di società o a pegno, essa non si teneva sbadata o distratta, il che mostra o che il giuoco non va a genio, o che il pensiero vaga lontano di lì; ma vi si applicava con tutta soddisfazione, e con sali e con motti faceva di renderli ancor più divertevoli e briosi. Essa aveva famigliare quella massima, bada a quel che fai; onde, era sul giuoco? Rideva e scherzava del meglio dell'anima; era sul serio? E intendeva all'opra con tutte le potenze della sua mente. Ne' trastulli e ne' piacevoli conversari quelle ghiacciate ritenutezze, figlie per lo più di vanità e di ipocrisia, ammantate di modestia, non le andavano a genio. Alle così dette penitenze poi non si mostrava difficile e schizzinosa, come alcune fanciulle, che mettono innanzi mille pretesti; e questa non sanno fare, e quella non garba, e codesta non è da loro; ma accettava con compiacenza qual ch'ella si fosse, usando dire: tant'e tanto è giuoco; se n'esco a buono, meglio, se male, pazienza, farò ridere, e il giuoco se n'avvantaggierà per giunta. Debbo però dire, che essa aveva tanta prontezza di spirito, e tanta grazia, che ne usciva sempre a onore. Per lo più a lei s'imponeva di declamare qualche poesia; porgeva così bene, che era un amore a sentirla. Il verso sul suo labbro non era un suono comechè sia, ma un'immagine dipinta, un sentimento incarnato, un'armonia ispiratrice; perchè era il cuore, era la mente, che venivano lì alla bocca per manifestarsi. Secondo lo spirito de' versi ella coloriva la voce, ora lenta, gentile, soave, ora veloce, alta, impetuosa; l'occhio s'accendeva, la faccia s'illuminava, la mano, il piede, tutta la persona si può dire che declamasse; onde il comando era comando, la preghiera preghiera, e la pietà pianto. L'attenzione, non si parla nemmanco, era universale, e nella fronte di tutti s'improntavano gli stessi moti di lei, come la sua parola fosse una scintilla elettrica, che mettesse in comunicazione tutte quelle anime. Nè si faceva mica pregare, col tirar in mezzo le solite moine, e non son buona, e questa non la so, e quell'altra mi sfugge dalla memoria; ma come veniva il suo torno, e multata di declamazione, s'alzava tosto dalla sedia, faceva due passi innanzi nella sala in mezzo agli adunati, che sedevano torno torno, e fatto un bell'inchino, senza sfoggio teatrale però, ben raccolta in quel che voleva recitare, un po' pallida da principio, colla sua bella voce penetrante, come a imporre silenzio e a preparare l'attenzione proponeva il titolo della poesia; poi recatasi meglio in sè declamava il suo componimento. Non era pericolo, che restasse lì a bocca aperta, smemorata, o che si dovesse fermare per rammentare il verso e la parola, o balbettare, o ritornar indietro per rinfrescar la memoria, che è una pena grande per chi ascolta; ma senza fatica di sorta, con ingenua spontaneità esponeva sicura, come se ispirata creasse lì per lì il verso, o cogli occhi leggesse la poesia scritta nell'anima. Ma è a dirsi che non prendeva mai a recitare componimenti che non fosse ben sicura di saperli per bene. Una volta ebbe a declamare La Spigolatrice di Sapri del soavissimo Mercantini, che mi piace di trascrivere qui:

Pagina 103

Cerca

Modifica ricerca