Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbracciamento

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Fisiologia del piacere

170826
Mantegazza, Paolo 1 occorrenze
  • 1954
  • Bietti
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Il chiudersi delle foglie della mimosa pudica, l'erigersi degli stami della loasa, quasi volessero con un vero abbracciamento amoroso stringersi attorno all'organo femminineo, sono momenti della vita vegetale che rappresentano veri bisogni organici, e possono essere accompagnati da dolore il primo, da piacere il secondo. La fisiologia delle piante è ancora troppo oscura perchè si possa con qualche fondamento rifiutare ad essa le oscillazioni del piacere. Perchè ciò avvenga, non è necessario in alcun modo la coscienza dell'io analizzatore, e tanto meno la ragione che riduce ad idea il fatto della sensazione. Si può godere senza pensare e senza ricordarsi del godimento. Il fenomeno essenziale, il concetto filosofico del piacere consiste nella capacità di sentire due momenti, l'uno conforme al fine delle cose e l'altro in senso opposto. La comparazione intellettuale non è necessaria, ed essa ammetterebbe sempre la memoria. Nella struttura dell'organo che sente sta tutto il secreto della differenza capitale che passa fra il piacere e il dolore; e dacchè esso rimane sempre nelle stesse condizioni di vita, gode e soffre secondo le influenze che riceve dal mondo esterno. Se voi rifiutate il piacere alle piante solo perchè non si può assolutamente provare che godano, io vi dirò che in istretta logica non si può dimostrare che godano il cane e il cavallo, che pur ci stanno vicinissimi per tanti rapporti di struttura e di funzioni. Noi che, sottoponendo al microscopio e a reattivi chimici il nervo di una rana per cui passa una corrente di dolore tetanico, non vi sappiamo scorgere alcun cambiamento materiale, non abbiamo il diritto di rifiutarci a credere che il pistillo possa vibrare alle oscillazioni del piacere nel ricevere il polline fecondatore. In quel momento d'amore i fiori respirano come gli animali, e sviluppano correnti di calore e fors'anche di elettricità; e perchè il soddisfare al più prepotente fra i bisogni organici non sarà sentito e goduto? Lo stame della loasa sente l'organo femmineo e gli s'avvicina; le piante tutte sentono la luce e la cercano, e dovunque c'è sensazione v'è piacere e dolore. Fra gli organi del senso nei vegetali e i nervi degli animali passa forse la stessa differenza che si scorge fra le trachee e i polmoni, fra la clorofilla e i globuli del sangue, fra l'olio e l'adipe, fra un'antera ed un testicolo, ma l'organo non deve mancare, dacchè la funzione esiste.

Pagina 280

Angiola Maria

207281
Carcano, Giulio 2 occorrenze
  • 1874
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Senza piangere, senza parlare, stettero così in quel dolce e prolungato abbracciamento: pareva che la fanciulla non volesse distaccarsene più. « Maria, mia buona e cara figliuola, » disse alla fine la madre. « Perchè m' hai tu abbandonata? questi sei mesi sono stati sei anni per me! Oh Madonna santa! come ti sei cambiata, povera tosa! non ti riconosco più!... Ma com' è mai che ti trovo qui? non sei più nella casa di quel signore inglese?... E voi, signora Giuditta, e mio figlio.... è qui don Carlo? ma perchè non ho io saputo niente fin adesso?... M' hanno detto ch' è ammalato.... voglio vederlo! dov' è?... ditelo, non mi fate penare!...» Queste molte domande, che alla misera suggeriva tutte in un punto il materno affetto, posero in un bel guaio la vedova; la quale s' era bene accorta come la vecchia comare fosse al buio di tutto. Maria non aveva coraggio di proferire parola; guardava, guardava la madre, senza togliere mai gli occhi da quell'amato volto, in cui la solitu- dine e il dolore avevano in poco tempo solcate più profonde le rughe dell'età. Ma, atteggiata com'era, in muta e affannosa comteplazione, la sua sembianza suscitava nell'anima di sua madre una pietà mista a terrore. Alla fine la Giuditta, fatto un po' di faccia tosta e di cuor duro, pensò: - Qui è meglio parlare; un momento o l'altro, bisogna pur ch' ella sappia tutto.... « Cara la mia Caterina, » prese dunque a 'dire, « non vi crucciate così; fatevi un po' di coraggio. » « Oh misericordia! che altro male c' è?... » « Già lo sapete, a questo mondo i cattivi sono anche troppi, e son sempre gli stracci che vanno all' aria, come dice il proverbio.... Così tocca sempre ai buoni a portare la pena dei tristi.... » « Oh santa pazienzai parlate, non mi tenete qui su le spine.... » « Eh! ognuno ha la sua croce, e c'è chi deve portarla anche per gli altri... E già si sa, bisogna star preparati a tutto.... « A che? ma dite su una volta! parla tu, Maria; che in questo modo ben più mi spaventate, mi fate morire; mio figlio sta forse male? forse.... » « No, no, sta bene, ma.... » « Signore, datemi cuore! ma che?... » Per tutta risposta, Maria non fece che gettarsi un'altra volta nelle braccia di sua madre. E la vedova raccontò tutto quel che sapeva, tacendone però la supposta cagione, per la pietà di Maria. La povera donna non volle credere a nulla; il colpo fu troppo forte, e l' anima sua semplice e piena d'amore non lo sostenne; nè pensò nemmeno a chiedere il perchè di tanta disgrazia: non poteva dubitare che il figlio non fosse innocente; il nome di suo figlio era sempre stato per lei come quello d' un santo. Stanca degli anni e sola, metteva in lui tutto il suo cuore, tutto il suo tenero orgoglio di madre; aveva speranza e vita nell' unico amato, il quale, dopo la morte del suo pover' uomo, com' essa diceva, doveva essere il padre della sua Maria. La buona donna, nella solitudine della sua dimora, che un tempo rallegravano la presenza e l' affetto de' suoi cari, e poi rimasta vôta, deserta, come un sepolcro, si consolava pascendosi dell' idea, che l' uno o l' altra avrebbero sortito modesta e onorevole condizione su la terra, e che un giorno forse, ne' suoi più tardi anni, l'avrebbero circondata di cure d' amore, e a larga mano compensata de' sacrifizii fatti, della vita tediosa che trascinava. Non si rammaricava mai di non aver altra compagnia che la vecchia Marta, perchè, conoscendo il cuore de' figli suoi, le pareva quasi d' abitar con loro, di vivere con loro, quantunque lontani; l'unico desiderio che nutrisse, era di poterli di tanto in tanto rivedere; e ogni giorno si teneva più certa di presto abbracciarli, in questa certezza essendo tutta la sua gioja. Seduta sovente al tepido sole delle mattine d' inverno, sotto la nuda pergola della casa, con la conocchia fedele, pensava alla povertà, alla pace, raccontava la storia d'altri anni, raccontava quella dell' avvenire; felice abbastanza quando parlava della sua bella Maria, o del suo curato, alla Marta che le sedeva rimpetto, pettinando le matassine del lino. E allora, senz' avvedersene, le due comari s'arrestavano dal, lavoro; all'una spezzavasi il filo della conocchia o cadeva di mano il fuso, all'altra si perdeva il lino nelle punte del pettine. Ma entrambe, in que' momenti, sollevavano al cielo gli occhi e il cuore, con un pensiero più santo d'ogni preghiera, del pari benedetto. Ma ora che diversi pensieri, che mutamento La mamma Caterina, per tutto quel dì, e per molt'altri ancora, non volle ascoltar ragione, nè consolazione, nè speranza, non domandava che suo figlio, non voleva che vederlo. Anch'essa, come prima aveva fatto Maria, figurandosi alla mente angustie e spaventi, s'abbandonava a' più tristi presagi, non porgeva più orecchio a nulla, nemmeno al piangere della figliuola. Fu allora che l'amorosa fanciulla, la quale innanzi alla venuta della madre credeva di non poter sostenere l' affanno di que' giorni, si sentì tutta invigorire. Una virtù, ignota a lei fino allora, la costanza del patimento, le raddoppiò il debole coraggio; ma la sua fermezza, la calma delle parole e degli atti, avrebbero dimostrato più crudele il martirio dell'anima a chi avesse potuto vedere il suo segreto. Soffogava le lagrime; e ne' momenti di maggior dolore, la sua voce si faceva più sicura e più affettuosa: l' avresti veduta sorridere; era un riso malinconico il suo, ma celeste. In que' giorni, sempre da uno stesso travaglio misurati, che fanno parer eterna la vita, così Maria con l' amor suo procacciava d' ingannare alla madre le ore contate dall' afflizione; ragionandole di tante cose passate, della loro casa, della vigna su la costa, della vecchia Marta, degli altri amici del paese. E ringraziava il cielo con tutta l' anima, solo che vedesse le sue parole avere temperata per poco l' amarezza della sciagura presente. Così ella nascose nel fondo del cuore tutta la sua parte d' affanni; così comprese e tolse sopra di sè quel dolore inesprimibile, che solamente al cuor delle madri non è un mistero; quell' angoscia, la quale non trova parole, nè lagrime, perchè ha de' segreti che a umano orecchio non possono confidarsi e che il cuore altrui non ha mai conosciuto. Non, v' è piaga quaggiù che il tempo non sani; l' abitudine stessa del soffrire può talvolta diventar quasi cara e necessaria; l' amore, l' ambizione, la vendetta, il rimorso lasceranno pur una volta in pace l' anima di cui han fatto strazio; ma la ferita ché porta il cuor d'una madre per a mai e de' figli suoi, non v' ha balsamo che la medichi, non felicità nè tempo che vi spargano sopra la mesta consolazione dell' obblio. Così, abbandonate, e senza saper nulla mai di quel loro caro, Caterina e Maria trascinavano giorni e settimane, in casa della vedova; la quale, dal canto suo, non aveva potuto far di meno di tenerle con sè qualche tempo ancora, quand' esse, deliberate d' aspettare che fosse decisa la sorte del prete, ne la pregarono, a patto di pagarle trenta soldi al giòrno, per le spese. Ciò veramente andava poco a' versi alla Giuditta, causa la paura di cert' altre visite della specie di quella prima, da lei non ancora dimenticata; ma poi, per amor di bene, non seppe dir di no. Una mattina, erano uscite di buon' ora le due donne per andare insieme a vendere a qualche mercante di mode un velo nero trapunto, in que' dì solitari e mesti, dalla Maria: poichè era essa, che col lavoro delle sue mani sosteneva anche la madre. A caso capitate presso la piccola chiesa di san ***, la Caterina, la quale non lasciava passar giorno che non andasse a pregare il Signore per il suo povero figliuolo e per sè, si rivolse a quella parte, e fece per entrar nella chiesa. Ma d' improvviso la fanciulla, tutta compresa dal terrore d' una funesta ricordanza, le s' era stretta al braccio, trattenendola, e con voce bassa e supplichevole: « Oh no! madre mia, non andiamo in questa chiesa; non devo, non posso entrarvi più. » « Perchè, Maria, perchè?... Cos' hai? tu tremi, diventi smorta! ti senti male? » « No! mamma, è un segreto.... un segreto che nessuno doveva conoscere! se sapeste che in questa chiesa.... O mio Dio, toglietene per sempre dal mio cuore la memoria! » « Maria, che mistero è questo? parla, dimmi.... » « Qui no, no, cara madre.... torniamo a casa, ve ne prego, e vi dirò tutto. Oh povera me, povero mio fratello! » E tornarono a casa. In quel giorno Maria non trovò parola che potesse spargere un po' di serenità su l' addolorata fronte della madre. Attendeva taciturna a' suoi lavori,

Pagina 197

Poi, con un' improvvisa stratta, si sciolse dal feroce abbracciamento del vecchio, e sorta di lancio, con impeto, dallo spavento fatto più grande, lo respinse lontano, gridando: - « Lasciatemi, infame! il Signore vi punisca!... lasciatemi! » Il vecchio demente, mezzo ebbro e arrancato com' era, rinculò barcollando, vacillò, e cadde rovescioni sur una tavola; e traendo seco a ridosso la tavola, il lume e ogni altra cosa, stramazzò con un tonfo sul terreno, nè potè rialzarsi: ammaccato e malconcio, andava lamentandosi con un rantolo affogato, interrotto; finchè giacque immobile, riverso nel lurido sfinimento dell' ebbrezza. Maria era fuggita.

Pagina 273

Cerca

Modifica ricerca