Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbraccia

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Le buone maniere

202473
Caterina Pigorini-Beri 1 occorrenze
  • 1908
  • Torino
  • F. Casanova e C.ia, Editori Librai di S. M. il re d'Italia
  • paraletteratura-galateo
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Anche colle sue amiche più care non esagera l'espressione del suo affetto, non le bacia e abbraccia troppo spesso, specialmente in società, dove ciò sveglia una idea di sdolcinatura poco conveniente e di attestati iperbolici d'un affetto, che è tanto più sicuro e fedele quanto è meno rumoroso e esteriore: invece la sua amicizia non prodigata alla prima venuta e colla dignità d'un carattere che lampeggia nella prima gioventù per illuminare nell'età matura l'intelletto e il cuore, sarà costante, ferma, serena: essa apporta, come si esprime felicemente la Baronessa di Staaffe, nel commercio della vita usuale colle sue amiche un capitale di onestà sincera e franca, che nell'impedirle l'adulazione le darà modo di non scorgere neppure i difetti e qualche volta gli errori delle altre, senza gelosia per loro meriti, per la loro bellezza e per la loro ricchezza, compiacendosi anzi di poterli far ammirare insieme con lei dagli altri. In una conversazione se le tocca per vicino un interlocutore un po' noioso non sbadiglia, cosa che si può sempre evitare pur di comprimere il primo impulso; è caso qui, come in tutte le cose della vita, di un buon principiis obsta, come diceva il Conte Zio al Padre Provinciale nell'affare del Padre Cristoforo. Sentendosi a ripetere, da un vecchio specialmente, un aneddoto, un fatterello, una spiritosità, un racconto, avrà la pazienza di ascoltarlo colla stessa serietà e la stessa attenzione come se non lo avesse mai sentito dire. Evita con ogni studio di raccontare fatti e di accennare ad avvenimenti che potrebbero offendere o affliggere inavvertentemente le persone intervenute, e non perde mai la buona occasione di tacere, come dice una dama amabile; cosa di cui nessuno ebbe mai a pentirsi. Se sa sonare o cantare non si fa soverchiamente pregare prima di corrispondere all'invito, e sopratutto non mostra di essersi preparata all'invito stesso, cavando fuori il quaderno della musica, il che è ridicolo. Se ognuno fa l'esame di coscienza trova in sè di aver riso di siffatte evidenti vanità. Se uno non è sicuro di sè stesso e di quello che sa, può sempre evitare una inutile agitazione, non esponendosi volontariamente ad un cimento che può produrre una freddezza invincibile nell'ambiente. Il ridicolo doloroso che copre un oratore, un artista, un dilettante ad un insuccesso, dovrebbe allontanare ogni persona ragionevole dal presentarsi in pubblico: una giovinetta specialmente potrebbe danneggiare per sempre la sua riputazione, benchè sia una mancanza tutta convenzionale e non di sostanza. Bisogna ricordarsi che come i senatori considerati isolatamente erano, secondo il motto latino, buonissimi uomini ma il Senato tutto insieme mala bestia (Senatores boni viri Senatus mala bestia), così ciascuno da sè e in sè è disposto all'indulgenza, messi tutti insieme sono giudici crudeli e qualche volta inesorabili. Nessuna belva è più fiera d'una folla anche riunita a scopo di beneficenza o di pietà. L'anima collettiva non è più semplice nè libera, e diventa severa, dispotica, egoistica; e perchè è una belva a molte teste, e il collettivismo non è che una folla limitata ed è necessariamente, pel suo stesso carattere, contraria alle belle maniere e alla delicatezza dei sentimenti, la giovinetta non perderà neppure questa bella occasione di starsene in disparte, pensando a quel motto profondo di una signora di grande esperienza e valore e che dominò un uomo potente e famoso: - La donna che fa parlare di sè è perduta - L'uomo che non fa parlare di se è perduto. Naturalmente questo motto profondo deve essere interpretato con misura e con riserva: ogni cosa sotto il sole ha il suo tempo. E il tempo nostro è molto diverso nei costumi di quello che era nel secolo XVIII, come ognuno sa. È certo che le fanciulle debbono nelle conversazioni numerose avere un riserbo accurato, specialmente con persone appartenenti all'altro sesso. Non è interdetto ad esse di cercare di piacere a coloro che le circondano: anzi è soltanto per questo che l'educatore cerca di ornarne il carattere di quelle qualità esteriori, le quali sono la moneta spicciola di quel gran tesoro nascosto che è la virtù sincera, forte e operosa: a questo esse riusciranno con tanta maggiore facilità quanto più cercheranno di rendersi amabili mostrando di apprezzare il valore altrui, di non insuperbirsi del proprio, di esser grate a coloro che si adoprano al loro vantaggio e sapranno fare qualche sagrifizio personale con buona grazia, come se per esse fosse un piacere non un disagio, e rispettare le opinioni, i pareri, i giudizii e sia pure, i pregiudizii degli altri. Evitando le arie languenti e le pose dette romantiche, silenziosa di un silenzio comunicativo e intelligente, non distratto e isolatore, una fanciulla bene educata sfuggirà ugualmente le mosse vivaci e virili che sono stonature nelle armonie sociali, e ornando la sua mente di geniali studi senza ostentazione di dottrina o di emancipazione grottesca e antisociale, uniformerà la sua condotta a quella della moglie d'un illustre inglese, che fu tanto fortunato da poterne scrivere così: «È avvenente; ma di una bellezza che non risulta nè dai lineamenti nè dalla carnagione nè dalle forme; sono ben altre le qualità con cui incatena gli animi e li volge a suo favore: la dolcissima sua indole, la benignità, l'innocenza, la sensibilità che trasparisce dalla sua fisionomia sono i pregi che ne compongono la bellezza. Il suo volto non ferma punto l'attenzione al primo istante, ma in ultimo uno rimane sorpreso di essersi accorto così tardi che è bella. «I suoi occhi sono dolcissimi: però sanno anche imporre riverenza quando vogliono: essa si fa obbedire come un uomo buono fuori del suo ufficio, non per l'autorità ma per la virtù. «Questa donna non è fatta per essere oggetto di ammirazione a tutti, ma per formare la felicità di uno solo. «Essa ha tutta la fermezza che può accordarsi colla delicatezza, e quanta soavità si può avere senza che ecceda in debolezza. «La sua voce è una dolce musica sommessa, non fatta per dominare nelle pubbliche assemblee, ma per deliziare coloro che sanno distinguere una società da una folla: ed ha un bel vantaggio, che bisogna esserle vicini per udirla. «Descrivendo il suo fisico se ne descrive anche il morale: uno è la copia dell'altro; la sua intelligenza non si rivela in una copiosa varietà di oggetti, ma nella buona scelta che essa sa farne. E non ne dà saggio col dire o fare cose singolari, ma piuttosto coll'evitare cio che non deve nè fare, nè dire. «Nessuno alla sua giovane età può conoscere il mondo meglio di lei, e nessuno mai fu meno corrotto da questa conoscenza. «La sua urbanità deriva piuttosto da naturale disposizione di rendersi accetta, che da alcuna regola, e perciò tanto piace a coloro che sanno apprezzare le belle maniere, come a quelli che non sanno. «Ha mente solida e ferma che non parrebbe derivare dalla sensibilità del carattere femminile, come la compattezza del marmo non deriva dalla pulitura e dal lustro che gli è dato. «Ha quei pregi che si richiedono a farci stimare le virtù veramente cospicue del suo sesso; e tutte le seducenti grazie che ci fanno amare finanche i difetti che scopriamo negli esseri deboli e leggiadri come lei».

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Passa l'amore. Novelle

241525
Luigi Capuana 1 occorrenze
  • 1908
  • Fratelli Treves editori
  • Milano
  • verismo
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Egli li lasciava dire, e zitto zitto allargava la cerchia delle sue speculazioni, incettando anticipatamente la raccolta delle mandorle del territorio; e lassù, su la terrazza, una dozzina di donne rompevano i gusci, mettevano da parte i nocciuoli che sùbito partivano, a sacchi, a carrettate, per Catania, per Messina, e tornavano da lui trasmutati in bei gruzzoletti di monete d'oro o in carte da cento, da cinquecento e anche da mille lire, a dispetto di coloro che avevano prognosticato: - Chi troppo abbraccia nulla stringe! Appunto, a proposito di una piccola partita di mandorle, egli aveva riveduto, dopo tanti anni, un contadino vecchio amico di suo padre, e andato a domiciliarsi in un paesetto vicino. Si era fermato davanti a la bottega, compitando la scritta della tabella GIOVANNI LIARDO MERCI ED ALTRO ed era entrato, contento di conoscere il figlio della buon'anima dell'amico, e di vederlo in auge. Il negozio delle mandorle era stato concluso in un momento. E prima di andarsene, il vecchio gli aveva domandato: - Hai preso moglie? - Ho ben altro per la testa! - aveva risposto Giovanni. - Per chi lavori dunque? - soggiunse il vecchio. - Per chi ti affanni? Dovresti avere in casa e qui una persona interessata al pari di te, invece di una serva o di una giovane di bottega che.... che.... Non intendo dir male di nessuno; ma tu non puoi avere cent'occhi, e.... l'occasione fa l'uomo ladro. Quasi gli avesse messo una pulce in un orecchio! - Per chi lavori? Per chi ti affanni?... Tu non puoi avere cent'occhi? E pensava anche all'altra persona interessata, ma con istintiva diffidenza. La sua fanciullezza era stata tristissima; triste, fino a pochi anni addietro, la sua giovinezza. Egli si sentiva pesar addosso tuttavia quella tristezza e non come ricordo ormai lontano, ma come qualcosa che gli si era compenetrato col sangue, con la carne, con le ossa, e che non solamente gli impediva di gustare il godimento delle mutate condizioni, ma lo rendeva timido, imbarazzato, umile troppo davanti a certe persone. Così, non ostante il solito cartellone - Oggi non si fa credito, domani sì - egli non era mai stato capace di dir di no al cavalier Mazza che, rovinatosi col gioco della zecchinetta, voleva intanto continuare a sfoggiare, quasi i creditori non gli avessero già portato via i fondi e non stessero per portargli via anche la casa, il palazzo com'egli la chiamava. Stecchito, coi baffi e i pochi capelli dietro il cranio malamente ritinti, vestito di stoffa chiara pure d'inverno, per ringiovanirsi anche così, il cavalier Mazza entrava nel negozio con aria di protettore: - Vediamo!... vediamo!... Dovresti avervi.... ecco, là, sì.... quel.... no, quell'altro!... Bravo! Qui, si sa, prezzo fisso, pri fi, come dicono a Parigi.... Dunque, vediamo che cosa spendo.... Bravo!... Manderai tutto, bene involtato, a palazzo.... Ci rivedremo. Ma sai che un negozio come questo potrebbe figurare anche in una grande città? Bravo! Coraggio! Avanti! Egli non aveva mai osato di rispondergli: - Pel pagamento, vediamoci, ora. Sarebbe meglio. Gli sembrava che, con quell'aria da protettore, il cavalier Mazza intendesse di rammentargli: - Bada: ti conosco da bambino. Tua madre ha impagliato le mie seggiole, ha messo i punti alle mie pentole fesse, alle mie catinelle rotte. Se oggi hai qualche soldo, non significa niente. Vent'anni fa, andando a scuola, tremavi di freddo con quegli stracci che portavi in dosso, e non avevi sempre un po' di companatico per la fetta di pane della colazione.... Dunque.... dunque un onore per te, se vengo da te anche a credito. Forse il cavalier Mazza non pensava niente di tutto ciò; lo pensava però lui, ed era precisamente come se quegli gliel'avesse spifferato sul viso. E quantunque il consiglio del vecchio contadino suonasse continuamente dentro l'orecchio, e quantunque la sera, prima di addormentarsi, passasse in rassegna tutte le ragazze da marito che conosceva di vista e anche quelle che non conosceva, non sapeva decidersi a fare un passo, per quel sentimento di timidezza, d'imbarazzo, di eccessiva umiltà che era l'impronta, forse indelebile, lasciatagli nel carattere dal passato. Un altro, al suo posto, avrebbe messo superbia. Invece di mastro Giovanni Liardo, si sarebbe fatto chiamare don Giovanni Liardo anche per far dispetto a quei cavalieri morti di farne, che parlando di lui dicevano sempre: Il figlio dell'Acconciapèntole, quasi non avesse nome e cognome. Egli, all'opposto, si reputava onorato di quel che a coloro sembrava titolo dispregiativo. Se sua madre fosse stata ancora viva, in casa e nel negozio, non si sarebbe affatto vergognata di aver acconciato pentole e impagliato seggiole. Ed ora ch'egli era arrivato a quel punto, soltanto per opera di lei, per virtù, n'era profondamente convinto, di quel fazzoletto di cotone a fiorami rossi su fondo giallo che stava in cima allo scaffale, chiuso nella casetta col vetro sotto l'immagine della Madonna delle Grazie, ora gli sarebbe parso di disprezzarla, di rinnegarla aggiungendo quel don al nome che gli era stato dato al fonte battesimale, come di tanto in tanto gli consigliava qualcuno; ma.... consiglio non chiesto, inganno manifesto!

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