Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbozzando

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Lo stralisco

208400
Piumini, Roberto 1 occorrenze
  • 1995
  • Einaudi
  • Torino
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Tutto lentamente nasceva, fatto di quello che Madurer e Sakumat sapevano e immaginavano e desideravano, abbozzando, cambiando, disegnando, colorando. Il movimento della mano di Sakumat era pacato: sapeva attendere che attraverso la parola, le risate e i ricordi, il segno fosse insieme concordato. Scomparve il bianco della prima parete, e al suo posto ci fu una parte montagnosa del mondo, uno spazio ben distribuito tra il vicino e l'infinito, tra il basso e l'altissimo. Ogni colpo di pennello aveva creato una dimensione, una direzione e una verità. La pittura non si fermò. Scivolando sulla curva che raccordava le pareti, le montagne continuavano, mutando tessitura e tinta, abbassandosi in colline brune, spoglie di boschi e ricche di pietraie. Una zona pianeggiante fu poi distesa, con casupole sparse e lontani villaggi dai muri bianchi, molto simili a quelli di Nactumal. In primo piano, anzi in secondo, giacché in primo piano vi era una sensazione luminosa di aria, una trasparenza adatta a guardare, un carro di nomadi con la tenda azzurra attraversava un ponticello di legno su un torrente. Era una illustrazione trovata da Madurer su uno dei suoi libri, e cosí amata e guardata che Sakumat l'aveva rifatta sulla parete. Ma dietro, sul piccolo cavallo pelo-di-pepe che trottava legato al carro, avevano aggiunto una bambina col fazzoletto rosso in testa, che si chiamava Talya. — Dove va il carro, Madurer? — Va molto molto lontano, Sakumat. — Sí, ma è diretto verso le colline, laggiú, o dall'altra parte? — Perché lo chiedi? — Vedi, qui, dopo la curva, la strada non è ancora disegnata. Possiamo farla proseguire verso le colline, cosí, con un largo giro, fino a quel villaggio; oppure possiamo farla andare a destra, verso la nuova parete. — Cosa ci sarà sulla nuova parete, Sakumat? — Continuerà il mondo. Non avevamo pensato di metterci una pianura? Terra e terra fino all'orizzonte. — Sí. Fa' la strada che va verso la pianura, — disse il bambino, — il carro di Talya va laggiú. Quando arriverà laggiú, Talya scenderà dal cavalluccio e raccoglierà fiori... Però, per favore, fai anche una strada che va verso il villaggio. Il carro prenderà l'altra, ma perché lo vuole, non perché c'è una sola strada. — Certo, Madurer. Non c'è una sola strada, al mondo. La terza parete, e anche la quarta, diventarono una pianura. Ci vollero due pareti perché era una pianura molto grande e conteneva moltissime cose: due villaggi, uno vicino e uno lontano, campi di grano e tabacco, mulini a vento simili a quelli della lontanissima Olanda. Era proprio verso i mulini che viaggiava il carro di Talya, su una strada che tagliava campi e villaggi, costeggiava un fiume verde: finché, ormai nella quarta parete, a sinistra dell'ingresso da cui la pittura era partita, arrivava ad una città assediata. Coloratissimi accampamenti di soldati circondavano le mura giallastre della città fortificata, batterie di panciuti cannoni sparavano palle e drappelli di cavalieri sollevavano polvere in carosello attorno alle mura. C'erano anche una catapulta e una torre di legno da cui gli arcieri scagliavano frecce contro i difensori della città. Ma gli assediati si difendevano bene, e si vedeva che avrebbero potuto resistere ancora per molto tempo. Sulla cima delle muraglie, incuranti di frecce e proiettili, donne belle ed eleganti osservavano l'accampamento avversario come una festa di parata. E, a ben osservare, che altro facevano i cavalieri assedianti, se non delle manovre per farsi ammirare dalle donnine di lassú? Che senso aveva il loro trotto, sotto le inespugnabili mura della città? Pensavano forse di poter spiccare un salto, e portare l'attacco all'interno? Ma le mura erano cosí alte e munite che i poveri fanti, piú in là, cadevano a grappoli dal tentativo di scalarle, e finivano come oche e porci nel fossato. Sakumat impiegò tre mesi a dipingere l'assedio. Era una scena molto complicata, e ogni giorno si aggiungevano personaggi, vicende, storie da raccontare. Poi, con l'aggiunta di un piccolissimo principe assediante che spediva con un piccione un messaggio ad una principessa assediata, quella parte dell'opera fu compiuta. Sarebbe riuscito, il piccione messaggero, a volare illeso nel cielo turbinoso della battaglia? Molte frecce, in basso e in alto, erano puntate nella sua direzione; molti proiettili percorrevano la loro rotta invincibile, senza badare al bianco delle sue penne... Sakumat e Madurer sapevano che i soldati, guerreggiando, spesso si annoiano: e preferiscono mirare a un uccello, che cade senza un grido, piuttosto che tra corazza e corazza dei nemici, con il rischio di colpirli, e sentirli gridare e vederne sgorgare sangue come da una brocca rotta... Tuttavia, per ora, il piccione era là, puro e chiaro nei primi metri del volo: e da lassú, sporta da una feritoia come dalla speranza, la principessa lo guardava arrivare, e col suo sguardo lo proteggeva. Erano ormai trascorsi otto mesi dall'arrivo di Sakumat a Nactumal: ma la pittura, avvolgendosi all'angolo smussato della soglia, non si fermava. Come un orizzonte aperto, la pianura la trapassava verso la seconda stanza, allontanandosi da mulini e assedi, e innalzandosi in dolci ondulazioni nella forma di nuove colline. — Perché ancora colline, Sakumat? — diceva il bambino. — Non abbiamo deciso che in questa stanza comincia il mare? Sakumat non rispose, continuando rapido il disegno. Ma non passò molto che la linea morbida dei colli si interruppe, e un segno netto calò, disegnando una scarpata quasi verticale. Poi, tenendo leggermente il carboncino fra due dita, il pittore tracciò una linea sottile, continua, perfettamente orizzontale, per l'intera parete. — Ecco il mare, Madurer. Il bambino seguiva con lo sguardo la nascita dell'orizzonte. — Non ti fermare, per favore, — disse. Sakumat aveva ormai superato l'angolo tra le pareti. — Ancora? — chiese senza voltarsi. — Sí, ancora! Per tutta la parete, e anche l'altra... per favore! — disse Madurer. — Facciamo tutto il mare, in questa stanza! Sakumat non si fermò. Lentamente, con sicurezza, tracciò la linea orizzontale tutto intorno interrompendola all'ingresso della terza stanza e riprendendola dall'altra parte, fino a tornare alla porta tra la prima stanza e la seconda. — Ecco, è tutto il mare, — disse. Madurer, in piedi al centro della stanza, girava lentamente su se stesso, guardando intensamente la linea leggera che divideva lo spazio bianco della parete. Girò piú volte, rosso in faccia, con gli occhi lucidi e le mani che stringevano l'aria in strane contrazioni. — Sopra è il cielo, e sotto è il mare, — disse. All'improvviso, con uno dei suoi scatti leggeri, corse nella prima stanza e tirò una corda appesa vicino all'ingresso principale. Dopo un istante entrò la piú anziana delle servitrici. — Alika! Corri a chiamare mio padre! — disse il bambino. — Non stai bene, mio piccolo signore? — chiese la donna guardandolo in faccia. — Sto molto bene, Alika, — disse Madurer. — Voglio soltanto che venga mio padre, per mostrargli una cosa. Fai in fretta, per favore!

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