Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

188652
Pitigrilli (Dino Segre) 2 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Tristan Bernard, invitato in una casa dove al lusso delle argenterie e dei cristalli non corrispondeva altrettanta abbondanza di vivande, esaminò da ogni parte l'oca piuttosto sottoalimentata che aveva fatto con orgogliosa solennità la sua apparizione in un gran piatto d'argento, e mormorò fra la barba, quella folta barba nera che gli serviva da ammortizzatore alle più contundenti osservazioni: - Guardate, guardate il grazioso uccelletto. Con le sue zampine in aria sembra che dica: «Oh, quante persone si sono scomodate per me solo!». Articolo 9°: Consacra come un postulato questa verità: avere dei gusti (colori, cravatte, mostarde) è un diritto, e non condividere i gusti altrui è un altro imprescrittibile diritto, ma criticarli, discuterli o deriderli è mancanza di intelligenza e di cultura. Ammesso questo postulato, giungerai senza sforzi al corollario che il preoccuparti dei gusti dei tuoi invitati è un dovere. Se non conosci ancora i gusti dei tuoi invitati, li puoi interrogare per telefono, e non meravigliarti delle loro eventuali intolleranze. Il Maresciallo di Brezé sveniva alla vista di un coniglio, e l'astronomo Ticho-Brahé alla vista di una lepre; Erasmo da Rotterdam era colpito da un attacco di febbre alla vista di un pesce; Ambroise Paré e Alfredo De Musset tremavano davanti a un'anguilla, e molte persone sono allergiche per il profumo del tartufo. Il compositore Vaucorbeil aveva un tale orrore dei velluti, che quando era invitato in una casa per la prima volta domandava di che tessuto erano coperte le sedie. Conosco un'attrice cinematografica alla quale ripugnano le pesche; non ne dico il nome, perchè il suo nome, avvicinato alle pesche, mi provocherebbe un processo per parte del marito, sempre pronto a scoprire lo sfruttamento pubblicitario del nome della sua illustre, tenera e florida azienda domestica. La sensibilità tattile e olfattiva non si discute. Bisogna rispettarla, come si rispetta colui che, risalendo scimmiescamente attraverso i millenni lungo il suo albero genealogico, pianta i denti, con ancestrale voluttà, nel frutto intero. Lo scrittore Noel Clarasò ha detto che le vitamine sono l'invenzione di un tale che voleva giustificarsi di non saper sbucciare una mela. Articolo 10° : Se le ova, il burro, il pollo sono prodotti della tua fattoria, non metterlo in evidenza con la formula borghese «almeno si sa ciò che si mangia». Se sei un produttore di caviale o di olio o di datteri, non reclamizzare, per mezzo di quei campioni, la tua azienda. Il conte di Keyserling, in casa di un marchese francese, produttore di un famoso champagne, lo respinse, e col gesto di un moderno Nabucodonosor, reclamò: - Moët-Chandon, Moët-Chandon... Non ammetto altra marca! Articolo 11°: Da quando la medicina psicosomatica ha rivelato che l'uomo che mangia non è un semplice e squallido tubo digerente, abbiamo constatato che una buona digestione dipende anche dalle condizioni ambientali, dai colori che ci fanno cornice e dai suoni. Chiudi perciò l'apparecchio radio, affinchè nessuno per far sentire la propria voce sia costretto ad aumentarne il tono o il volume. Tu, padrona di casa, devi presentare, col timbro della tua voce, il tono giusto, come quel trombettiere che accompagnava Cicerone, per dargli, oggi si direbbe, il «la». Se tu, padrona di casa di un certo prestigio, parli sotto voce, tutti parleranno sotto voce, e si finirà col realizzare l'ideale espresso dall'umorista Miguel Zamacoïs, secondo il quale «bisognerebbe pranzare con dei sordomuti per assaporare come si deve un buon pranzo». Disgraziatamente le nostre tavole invece che cenacoli di sordomuti sono congressi di sordi urlanti. Articolo 12°: Non lasciarti esaltare, padrona di casa, dallo sfarzo. Si mangia bene esclusivamente nelle case dove non esiste un cuoco che debba giustificare degli stipendi né far onore alla propria firma, e nelle case dove la padrona «non sa far da mangiare». I pranzetti ideali sono quelli che si consumano negli ateliers degli artisti, dove si mangiano le sardine come escono dalla scatola, l'arancia come esce dalla carta velina azzurra e che tu stesso ti sbucci con i pollici, invece delle arcischifosissime «macédoines» di frutta, dove si consuma cioè un menu-standard, precedentemente concordato dove ognuno si siede dove vuole, scegliendo e cambiando di vicino, dove l'invitato ha l'impressione di non essere in casa d'altri, e dove - secondo la raccomandazione di Paul Claudel - il perfetto invitato è colui che fa in modo che il padrone di casa sia «à son aise», cioè si trovi comodo come in casa propria. La più bella innovazione dei tempi nostri nell'arte di convitare è la soppressione della tavola, che viene sostituita con una grande dispensa dove ognuno si serve di ciò che gli piace: pesce in bianco per chi ha lo stomaco rovinato o in salsa piccante per chi vuol rovinarselo, carne arrostita o sanguinante, legumi fritti o insalate, specialità locali o curiosità esotiche, e, col suo piatto in mano, va a mangiare un po' più in là, come i passeri. La padrona di casa evita con questo sistema che qualche sporcaccione formi le pallottole di mollica di pane, che qualche refrattario, non avendo il coraggio delle proprie opinioni, faccia scomparire una braciola di maiale o una fetta di torta nella cassa armonica del pianoforte o in un vaso cinese o che si commetta la gaffe di far passare sotto il naso di un vegetariano una «fritada de sangre» - specialità madrilena - o che si porgano «criadillas», testicoli di toro - specialità, di Valencia, - dell'ultimo toro ucciso nella corrida del giorno, alla pallida giovinetta che domani entrerà come novizia nel convento dell'Odoraciòn. L'«autoservizio» è il trionfo dell'indipendenza e dell'autonomia; colloca tutti sul medesimo piano e ti permette di rimanere per ultimo o di andartene per primo senza interrompere il servizio, anche prima delle ore 23,30, momento fatale in cui le insopprimibili poetesse, insistentemente pregate, dichiarano di non saper nulla a memoria, ma - vedi combinazione! - si ritrovano nella borsa una mezza dozzina di poemi inediti e un volume stampato.

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L'attore Lucien Guitry era stato a colazione in casa di un ricco parigino, che non aveva saputo trovare punto equidistante fra un'oltraggiosa abbondanza di portate e la insufficienza. Si giunse alle frutta e al caffé quando Lucien Guitry si aspettava ancora qualcosa di consistente. - Verrete un giorno al mio castello? - gli domandò il padrone di casa, accompagnandolo alla porta. Vi inviterò a pranzo. - Ma sì... anche subito - rispose il grande attore. Il punto giusto fra la ricercatezza e la disinvoltura deve essere scelto come si sceglie l'onda sul «dial» dell'apparecchio radio. Una frazione di millimetro al di qua, una frazione di millimetro al di là, e il suono ne esce impuro. Il massimo maestro di eleganza, Lord Brummel, che - come tutti sanno, e mi vergogno quasi a ripeterlo - faceva portare gli abiti nuovi dal servo per togliere loro l'eccessiva freschezza e al tempo stesso ordinava i guanti a uno specialista che disponeva di due tagliatori, uno per il pollice e l'altro per le altre dita, si rovinò la posizione di amico del Principe di Galles per aver perso di vista il punto di equilibrio fra la spiritosa insolenza e la mancanza di tatto. La vera eleganza è la giusta misura fra l'originalità, e la eccentricità, fra l'enunciare un'opinione e il sostenerla, fra il lanciare un paradosso e il rincorrerlo, fra le norme del galateo e il bigottismo dell'etichetta, fra l'indipendenza dei modi e l'anarchia.

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