Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbondanza

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Il codice della cortesia italiana

184405
Giuseppe Bortone 4 occorrenze
  • 1947
  • Società Editrice Internazionale
  • Torino
  • verismo
  • UNICT
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Cureranno che non si vada a tavola piú tardi dell'ora fissata; che ci sia abbondanza di tutto; sí che i commensali possano servirsi senza preoccupazioni; nel distribuire i posti, tenuto conto delle precedenze, faranno in modo che sieno avvicendati uomini e signore, e che capitino accanto persone che abbiano tra loro simpatia: ciò gioverà anche a tener animata la conversazione ; non vengono a discussione fra loro, né rimproverano i figliuoli; non fanno atti d'impazienza con i domestici; non decantano i loro vini o altre cose di famiglia, né celebrano i pregi della loro cucina; non fanno capire che il pranzo è costato fatica o spesa; non si adombrano per qualche piccola disgrazia che lasci lí per lí tracce sulla biancheria ; anzi, la signora interviene prontamente a rassicurare il maldestro; non insistono con i commensali perché si mangi o si beva di piú; tanto meno ricorrendo a quel volgare mezzuccio: « Ho capito: non piace! »; mangiano in modo da non essere i primi o gli ultimi a finire. Salvo che non sieno a regime speciale, debbono almeno assaggiar tutto. Per tutti i commensali. La sedia né troppo lontana, né troppo vicina alla tavola; i gomiti stretti ai fianchi, il busto eretto; nessun dondolio sulla sedia; non si allungano le gambe sotto la tavola; né si puntano i gomiti sopra; non si fissa il tovagliolo nel colletto o fra i bottoni del panciotto; non si spiega completamente, e si tiene sulle ginocchia; non si puliscono col tovagliolo piatti e bicchieri, né si esaminano i bicchieri contro luce; non si divorano con gli occhi le portate a mano a mano che vengono dalla cucina; non si scelgono i pezzi migliori, servendosi, né si osserva il modo di servirsi degli altri; non si fanno complimenti, né si rifiuta di servirsi per primi, quando la padrona di casa ha cosí disposto; non bisogna distrarci, o distrarre, mentre ci serviamo; né si attaccano discorsi con chi serve a tavola; non si trascurano i vicini, specialmente se signore, ma li si serve con garbo e premura; non si mangia troppo in fretta o troppo lentamente; non va la bocca verso la posata, ma la posata verso la bocca; non si riempie il proprio piatto per poi lasciarlo a mezzo; non si soffia sui cibi per farli raffreddare; non si versa il vino nella minestra, né si fanno altre mescolanze poco usate; non si solleva la scodella per portar via il poco rimasto sul fondo; chi voglia farlo deve sollevarla dalla parte che gli è piú vicina verso il centro della tavola; non si apre la bocca masticando, né si parla a bocca piena; non si fa rumore con i denti masticando ; non si fanno i bocconi troppo grossi ; non si tracanna il bicchiere tutto d'un fiato e fino in fondo ; né si beve mentre si ha il boccone in bocca; o senza essersi prima pulito la bocca; che va anche ripulita subito dopo aver bevuto; non si mette il ghiaccio nei bicchieri; né si tengono questi a lungo fra le mani, perché il vino rosso sviluppi il suo aroma; non si taglia il pane col coltello, ma si spezza con le mani ; né si porta alla bocca tutto il pezzo di pane; né si toglie la mollica, e tanto meno la si plasma con le dita; non s'introduce la propria posata nel piatto di portata; non si taglia prima in pezzi tutta la carne o l'altro che s'ha davanti; non si intinge il pane nel sugo o nella salsa rimasti nel piatto; non si riprendono a spolpare le ossa già lasciate ; non si sposta verso destra o verso sinistra il piatto vuoto; non si raccatta una posata caduta e tanto meno la si rimette sulla tavola; non si taglia il pesce col coltello, salvo che non si tratti di pesce affumicato o marinato ; se c'è la spatola, tanto meglio ; diversamente, s'adopera la forchetta e un pezzetto di pane; non si tiene sulle ginocchia, ma sulla tavola, la sinistra, quando è inoperosa; in nessun caso si porta il coltello alla bocca; non si fanno commenti su cose che non piacciano o che non si possano mangiare; non si attira l'attenzione su qualche cosa di estraneo che si possa trovare nei cibi; non si usano gli stecchini che nei casi indispensabili: è sconveniente gingillarsi con lo stecchino o, peggio, alzarsi da tavola con lo stecchino in bocca; non si porgono i patti al servitore; non si parla d'affari o di cose tristi; né si fanno discorsi lunghi con commensali che sieno all'altro capo della tavola; non si fanno tragedie di parole per piccole disgrazie; non si adoperano per il naso fazzoletti poco puliti; né si caccia la testa sotto la tavola o da uno dei lati per soffiarsi; né lo si fa rumorosamente; né si spiega dopo il fazzoletto ; non si starnutisce fragorosamente, o in modo da far « piovere » nei piatti dei vicini; non si tirano nòccioli, bucce o altro ; meno che mai pezzi di pane: e ciò anche nelle riunioni allegre, dove è pur consentita qualche libertà; non si ravviano i capelli col pettine o con le mani, né le signore mettono fuori il loro armamentario da toeletta; non si decantano pranzi fatti altrove; non si chiedono cose che i padroni di casa non hanno fatto mettere a tavola, adattandosi ad imitarli; non si fuma senza che i padroni di casa lo abbiano autorizzato ; in ogni caso, mai prima che si sia finito di mangiare; se si hanno sigari o sigarette di qualità migliore di quelli offerti dai padroni di casa, si evita di servirsene o di offrirli; nessuno si leva da tavola prima che lo abbia fatto la padrona di casa; non si piega il tovagliolo, ma lo si lascia con garbo alla sinistra del posto occupato; non si porta via alcun che dalla tavola, tranne la propria minuta, se c'era, o, al piú al piú, qualche fiore che si aveva davanti. La moda dei brindisi è, fortunatamente, tramontata; ma, se si dovesse farne, cercare di essere semplici e brevi, né dimenticare la padrona di casa, o qualche cara persona di famiglia assente. Non si toccano i bicchieri, ma si sollevano all'altezza del proprio viso, allungando il braccio dalla parte del festeggiato. Se il brindisi fatto da una signora, essa non invita i commensali a bere. La posata. La forchetta si tiene con la destra, quando si tratta di vivande per le quali non è necessario adoperare il coltello; quindi, per maccheroni, risotto, verdure, frittate, sformati, uova - anche sode polpette, ecc. Si tiene con la sinistra quando, con la destra, si debba adoperare il coltello per tagliare. In tal caso, si prende con la forchetta il pezzo tagliato, con la punta del coltello si adatta su per benino del contorno o della gelatina o della salsa, e si porta alla bocca in modo che le rebbie della forchetta sieno rivolte all'ingiú. Quando occorresse interrompere, forchetta e coltello si mettono nel piatto a contatto di punte non sulla tavola o sull'orlo del piatto. Quando si è finito, se la posata vien cambiata, la si lascia nel piatto parallelamente; se si deve tenerla per la portata successiva si mette sul poggiaposate con i rebbi in giú. Si lascia anche nel piatto, quando si è mangiato il pesce o delle uova; perché, in tali casi, dev'essere senz'altro cambiata. Il cucchiaio si adopera per le vivande liquide o semiliquide e per alcune specie di dolci. Si può portare alla bocca o per la punta o per il margine laterale, dalla parte piú vicina al manico. Se una distinzione si vuol fare, è piú comodo adoperarlo dalla parte della punta quando, nel liquido, c'è qualcosa di solido. In questo caso, né si introduce troppo nella bocca, né si attira il contenuto succhiandolo, né si consuma la cucchiaiata a parecchie riprese. La posata non si prende dalla parte piú bassa: la forchetta si adopera col manico nel pugno; il cucchiaio, prendendolo col pollice e coll'indice e appoggiandolo sul medio ripiegato; il coltello si adopera anch'esso col manico nel pugno. Usa anche tenere il coltello e la forchetta fra le prime due dita, come si terrebbe una penna; ma io trovo questo modo poco comodo; tanto piú che non si può far forza col coltello, né si deve allungar l'indice sul dorso della lama. Nei casi in cui si tiene la forchetta con la destra, ci si può aiutare con un pezzetto di pane nella sinistra. Il formaggio si taglia col coltello ed il pezzo si adatta su un pezzo di pane. Delle mani bisogna servirsi il meno possibile: si può adoperarle per i piccoli volatili; ma è bene non darne l'esempio; se mai, farlo con garbo. Neanche le ossa, o le lische, si prendono con le dita; ma si depongono sulla forchetta e poi sull'orlo del piatto. Per mangiare le uova dette al guscio, servite nel portaovo, se non v'è lo speciale strumentino ad anello per romperle, se ne schiaccia la punta col cucchiaino - mai col coltello - vi si mette il sale e col cucchiaino se ne porta alla bocca il contenuto. Non si solleva il guscio per ripulirlo fino in fondo. Si può accompagnare col pane, ma questo non si intinge nell'uovo. Il guscio si mette accanto al portaovo e lo si schiaccia discretamente col coltello. Il bicchiere si prende dalla parte piú bassa. Non si va incontro con esso a chi ci mesce da bere, né si alza per significare « basta ». Si sa che il bicchiere proprio o di altri non si riempie fino all'orlo. Talora, l'alzare il bicchiere è giustificato dalla preoccupazione che la goccia attaccata alla bottiglia scivoli sulla tovaglia e ne macchi il candore: cosa quest'ultima da evitarsi con cura anche se sembri che la padrona di casa non ci badi o non ci tenga. Come si deve aver cura di non versare l'olio, di non incrociare la posata... Pregiudizi senza dubbio; ma è colpa nostra se alcuni ci credono ancora? Quando è servita qualche vivanda che non si sa come si mangi, o vien dato qualche cosa che non si sa come adoperare, è prudente attendere e seguire l'esempio degli altri. Piú d'una volta si è veduto accostare alle labbra la piccola coppa dell'acqua e una fettina di limone, che vien portata su di un tovagliolino col piatto delle frutta, e che serve per lavarsi le dita: tovagliolino e coppa si mettono a sinistra. Si ricorda, a questo proposito, un episodio accaduto alla Corte di Vienna: in un pranzo offerto a una Delegazione bosniaca, quando furono portate in tavola le coppe d'argento con l'acqua tiepida e profumata, il capo della Delegazione si alzò e, dopo aver brindato, bevve il contenuto della coppa, immediatamente imitato dagli altri deputati. Fra l'imbarazzo dei commensali, Francesco Giuseppe rispose al brindisi e bevve anche lui di quell'acqua, mentre l'etichetta obbligava tutti i commensali a fare altrettanto. Le ostriche si staccano con la forchetta dal guscio e si portano con questo alla bocca. Le foglie dell'insalata non si tagliano, ma si portano alla bocca come vengono servite, salvo che, si capisce, non vengano servite intere. I carciofi si possono mangiare con le mani; però, nei pranzi eleganti, non si suol portare in tavola che la parte piú centrale e piú tenera, la quale si mangia con la forchetta. Agli asparagi, presi con la pinza speciale dal piatto comune, si taglia la parte verde e si porta alla bocca con la forchetta, se serviti come contorno: se come portata, si possono prendere dal proprio piatto con le mani. Quanto ai piselli, se si vogliono mangiare all'inglese, ossia dopo averli schiacciati, ciò va fatto col coltello contro la forchetta, non col cucchiaio o col coltello o con la forchetta contro il piatto. Per la frutta, che viene servita in ultimo, si adopera la forchetta e il coltello. È un po' di fatica quando, come spesso accade, il coltellino non è affilato. Non si sbuccia intera ma si taglia prima a quarti: mele, pere. Le pesche si sbucciano dopo averle tagliate in due. Le albicocche non si sbucciano; si bagnano soltanto nella coppa che si ha alla sinistra del proprio piatto, senza tenervele molto, perché si suppone sieno state già lavate. Né pure le prugne si sbucciano: si portano alla bocca intere quelle secche; si tagliano a fettine quelle fresche, senza portare alla bocca il nocciolo. Alle banane si incide la corteccia da cima a fondo, denudandone la polpa, che si mangia a piccoli pezzi, dopo averla tagliata con la forchetta. Ai fichi freschi, tenuti con la sinistra per il picciolo, si porta via una fettina della parte superiore, dov'era il fiore e dove si possono essere fermati gli insetti; poi, si tagliano in quattro spicchi senza separarli presso il picciolo; se ne stacca col coltello la polpa e si porta alla bocca con la forchetta. Agli aranci e ai mandarini, tenuti con la mano sinistra, non con la forchetta, si incide a spicchi la buccia; indi la si leva, se ne separano gli spicchi e si tagliano a metà per trarne i semi: non si sbucciano in tondo, né a spirale. In America, usa tagliarli in due, senza sbucciarli, nel senso orizzontale, ed estrarne con un cucchiaino la polpa e il sugo. Le ciliege si portano alla bocca una per volta - non a ciocche - prendendole dalla coppa, e se ne lascia poi cadere il nocciolo sul cucchiaino o, se questo non c'è, sulla forchettina. Meglio cosí che lasciarli cadere nella mano socchiusa. Le fragole, se sono grosse, e servite col gambo, si prendono a una a una con le mani, si passano nello zucchero, che si è avuto cura di mettere nel nostro piatto, e si portano alla bocca. Se son piccole, si mangiano col cucchiaino. Le frutta col guscio legnoso - noci, nocciole, mandorle - si schiacciano, non con i denti o con le dita, ma con lo speciale strumento, se ne cava il contenuto e si porta alla bocca con le mani. Per il popone, si libera la polpa dalla buccia e la si porta alla bocca con la forchetta, dopo averla tagliata in pezzi con l'aiuto del coltello. L'uva si porta alla bocca chicco per chicco, e, per chi non usa ingoiarli, si fanno ricadere nel cucchiaino vinaccioli e buccia, e si depongono all'angolo del piatto. Il gelato si prende con la spatola dal piatto comune, badando a non farlo scivolare, e si mangia con lo speciale cucchiaino piatto, accompagnandolo, se ci sono, con i biscotti. Il caffè è servito a tavola nei pranzi di famiglia; in sala, nei pranzi eleganti: io trovo preferibile servirlo sempre in sala, sia per «occupare» quel po' di tempo che rimane ancora, sia per dar modo di sparecchiare. Se è servito nella stanza da pranzo, la padrona di casa mesce nelle tazze, portate in giro dal cameriere; se, in sala, è servito in giro dalla padrona di casa, aiutata da qualche figliola o amica; i liquori son serviti dal padrone di casa. Quando si va in sala per il caffè, si attende a fumare qui. Il segnale di ritorno in sala è dato dalla padrona di casa, la quale prende il braccio del suo cavaliere ed esce per prima: seguono gli altri, senza darsi il braccio: ultimo il padrone di casa. Quindi, tener presente che, per il ritorno in sala, si segue l'ordine contrario a quello tenuto per uscirne. Quanto tempo si rimane in una casa dove si è stati invitati? Normalmente non piú di un'ora; ma è prudente e delicato regolarsi secondo il numero delle persone, il tono della conversazione, l'età e le abitudini dei padroni di casa. Usava fare la cosí detta « visita di digestione », fra gli otto e i quindici giorni. A me pare una bella usanza, che meriti d'esser conservata. Per gli uomini, è sufficiente che portino la loro carta di visita. Quando si tratti, invece che di un pranzo piuttosto elegante, di una colazione e, in genere, di un pasto alla buona, è preferibile adoperare la biancheria a grossi quadri in colore. Ora se ne produce della eccellente, per qualità e per disegni: a me piace molto, perché dà un senso di letizia, sopra tutto se anche i boccali e i piatti sono a tinte vivaci. Fuori d'Italia - in Francia specialmente usano anche dei graziosi tovagliolini di velina e dei mensali di carta, che si rinnovano, si capisce, volta per volta, e che son da preferirsi senz'altro alla tela cerata, che ricorda l'osteria. Quest'apparecchiatura, molto sbrigativa e comoda, è usata largamente in campagna - dove non si può andare tanto per il sottile, né si può pretendere troppo - e per le cene fredde, al ritorno dal teatro e dal ballo. In queste, ciascuno dei commensali si serve da sé, e il piatto si cambia soltanto per il dolce. Conchiudendo, dirò che ora non usano piú, come un tempo, le interminabili sfilate di portate: si preferisce la qualità alla quantità, la finezza all'abbondanza. Perciò: che non manchi mai, possibilmente, una tazza di brodo ristretto: si profitti della grande risorsa offerta dagli antipasti e dai tramezzi, tornati trionfalmente, e giustamente, in onore; tanto piú che, per questi, si può anche non lavorare in cucina, trovandosi preparato in scatole tutto quel che si può desiderare; sempre graditi la galantina con la gelatina, i soffiati, gli sformati, i volanti ripieni, i pasticci di carne, gli arrosti di cacciagione, le trote, le varie ed eccellenti qualità di formaggi, la macedonia frutta... piú o meno di queste deliziose cosine, a seconda della stagione, dell'ora, della circostanza; almeno due qualità di vino speciale; e poi, un profumato caffè bollente; e una sigaretta squisita... e sempre, da cima a fondo, la piú gustosa delle vivande - una gioviale cordialità: - di grazia, che si potrebbe offrire e desiderare di piú e di meglio? E si tenga, infine, presente che la prova migliore della buona educazione non sta nell'offrire un pranzo, abbondante e succulento quanto si voglia, ma nel mescolarsi sapientemente con gli altri. La cortesia, ripeto, nel suo vero senso, riguarda appunto quelle regole che, nel gioco della vita, rendono piú facile e piú semplice l'accomunarsi con i propri simili.

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E non basteranno piú i vassoi in giro, ma ci vorrà, in una stanza accanto, una tavola apparecchiata, su cui sieno disposti in bell'ordine piatti con panini ripieni, tramezzini, fette di galantina, pasticcetti di carne; e posate, e molti bicchieri e bicchierini; con bottiglie di vini e liquori; e abbondanza di tovagliolini, anche se di elegante velina. Ma allora, dicono le prudenti madri di famiglia, è molto meglio andar a ballare al circolo!

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Se non si è in grado di contraccambiare l'invito, o di poterlo fare con la medesima abbondanza e finezza, è meglio non accettare; salvo che non si tratti di parenti, o di persone ben conosciute che si accontentino anche del poco a tavola, ma del molto nel cuore. Uno scapolo può accettare benissimo; sia perché non gli manca il modo di dimostrare il suo gradimento alla padrona di casa; sia anche perché può senza scrupoli invitare alla sua tavola, o in un ristorante, una signora col marito. Negl'inviti a pranzo è sempre indicata l'ora in cui si va a tavola. L'invitato risponde al piú presto - per iscritto, se l'invito è stato fatto in questo modo - sia che accetti, sia che rifiuti. È bene evitare il rifiuto, specialmente agl'inviti che si sanno sinceri e cordiali; però, se circostanze eccezionali quasi lo impongano, farlo con la massima delicatezza, senza ricorrere a pretesti sciocchi e dimostrando vivo rincrescimento. È opportuno, trattandosi d'inviti a pranzo, premunirsi contro le quasi immancabili delusioni. Se, come ospiti, offrirete un desinare abbondante ed ottimo, si parlerà di « ostentazione »; se offrirete un desinare modesto, di famiglia, si parlerà di « tirchieria ». E se, come invitati, mangerete di gusto, si dirà che siete venuti per levarvi la fame; se mangerete poco, si dirà che fate gli schizzinosi, quasi che la tavola vostra offrisse di meglio. Io, francamente, non me ne do gran pensiero, e godo nell'invitare e nell'essere invitato. Tanto peggio per chi, col giudicare malevolmente, guasta la propria digestione. Gl'inviti per vere e proprie feste da ballo s'inviano almeno quindici giorni avanti, perché - le invitate specialmente - possano opportunamente e comodamente prepararvisi. Se si desidera che le signorine invitate conducano con loro degli amici occorre indicare il numero. Si risponde quanto prima è possibile, accettando o rifiutando: nel primo caso, si dà anche il nome degli amici. Questi faranno recapitare la loro carta di visita alle signore presso cui si recheranno, e tanto prima quanto dopo il ballo. Se sul biglietto d'invito è indicata l'ora, tanto meglio: diversamente, si va sempre dopo le ventidue. Per i balli di giorno - quelli che si chiamavano « mattinate » o... altro « danzanti » - si è meno rigorosi nella forma dell'invito; e meno ancora per i « quattro salti in famiglia »: beninteso che la « semplicità » non deve degenerare in « trascuratezza » e tanto per chi invita quanto per chi è invitato.

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