Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbondanza

Numero di risultati: 6 in 1 pagine

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Come devo comportarmi?

172766
Anna Vertua Gentile 6 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Anche in un pranzo modesto vi deve essere abbondanza di piatti, di bicchieri, di posate. A un pranzo fra intimi, potrà servire la cameriera in grembiule e pettino bianco. Se in famiglia vi sono bambini piccoli, sarà bene lasciarli pranzare in altra stanza con la bambinaia. Sono innumerevoli i disturbi che possono recare i piccini; e la padrona di casa si sente in dovere di non imporli a chi le onora la casa e la mensa; molto più che non tutti sono disposti a compatire ai difettucci della infanzia, alle sue esigenze, e molto meno alle sue bizze. Se la mamma crede di fare un torto alle sue rosee creaturine bandendole dalla tavola comune nei giorni d'invito, faccia una cosa; non inviti nessuno e si goda in lungo e in largo la dolcezza di vedersi e sentirsi attorno, le risatine squillanti, le imperiose esigenze, la musica delle posate su i piatti, gli strilli di protesta, gli urli di ribellione. Il dovere di madre e di prima educatrice può esigere ch'ella sorvegli i bambini in ogni momento della giornata. Il dovere di gentildonna esige che ella non imponga agli invitati seccature e disturbi.

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Badate che il vino da pasto non sia mai freddo. « Sull'arrosto, il cameriere mescerà il Barolo, fresco, ma non freddo, sia d' estate che d' inverno, in calici grandi come quelli del Cipro o poco più, lasciando ugualmente le bottiglie, in conveniente abbondanza, alla mano degli invitati e sorvegliando a che non difetti mai. Il Barolo va tolto alla mensa soltanto al momento di servire il caffe, se questo non si prenderà in altra sala; usandosi da alcune persone di continuare con quel vino, sino a la fine del pranzo. Lo Champagne si beve in bicchieri del medesimo stile degli altri, ma in forma di coppa o di flute a fondo acuto; quest'ultima foggia è più atta a favorire lo sviluppo delle bollicine gasose e mantiene quindi più a lungo il così detto petillement dello Champagne. Mentre ancora l'arrosto è su la tavola, va servito lo Champagne, molto freddo ma non gelato, come a torto si usa dai profani. Basterà a renderlo frappè, come dicono i francesi, il far girare la bottiglia nel ghiaccio durante un quarto d'ora in estate, e per soli cinque minuti in inverno. Quando ha raggiunto la temperatura del ghiaccio, il più fino Champagne ha già perduta una parte del suo prezioso bouquet. Terminati i brindisi inevitabili dove si beve vino spumante e durante i quali è sospeso ogni servizio, si versa negli appositi calici, il Marsala, che non è necessario di lasciar poi sulla tavola, salvo ad offrirne nuovamente a quegli invitati che fossero presto rimasti a bicchiere vuoto. Al posto del Marsala si usa pure il moscato di Cagliari. « Da tutto questo, potete ricavare una norma importantissima ed invero utile pel servizio dei vini sulla mensa; quella cioè, che essi devono andar sempre crescendo in corpo e pienezza di sapore dal principio del pranzo sino alla fine, cominciando da un vino bianco molto asciutto e terminando coi vini più alcoolici o più dolci. » Le posate devono rigorosamente essere cambiate ad ad ogni portata. Ci saranno speciali posate per le ostriche, il dessert, il gelato. Sono questi adesso preziosi gingilli d'oreficeria ; utensili minimi, forchettine e coltellini il cui manico riproduce nell'argento capolavori della classica statuaria: un Perseo, un Mercurio, un Nettuno, numi e semidei destinati a porgere alle bocche dei ricchi, raffinate leccornie. Ad ornare la mensa contribuiranno le alzate con frutta e dolci. Trionfi da tavola, che sono spesso veri monumenti, opere d'arte, ricchi di gruppi simbolici, di putti, festoni e cornucopie che si ergono altissimi e imponenti, non di rado con eccessiva ostentazione di sfarzo moderno. La porcellana assai fine, porterà la cifra o lo stemma ed avrà all'ingiro il filetto d'oro. Per il dessert ci sono piattini che sono veri lavori artistici. Presso ogni posata dovrà trovarsi il menu o noticina dei piatti e dei vini che verranno serviti. La noticina sarà, su tavolette di porcellana e su cartoncini o su pergamena con in testa una miniatura artistica. Moda antipatica questa dei menus, che fa pensare alle tavole d'albergo, e pare messa la per predisporre lo stomaco, solleticare il gusto, o sfoggiare la ricchezza, la ricercatezza e la varietà dei piatti e dei vini. Ma poiche così si usa, dò qui l'esempio d' un menu per un pranzo di riguardo. Ostriche Zuppa Pesce Filetto di bue o Lingua di Zurigo Legumi Arrosto Insalata Gelato Dessert Ripeto che con le ostriche, la zuppa e il pesce, va servito il Capri; col filetto o la lingua e i legumi, il vino da pasto; il Barolo con l' arrosto, lo Champagne col gelato il Marsala col dessert. L'illuminazione nella sala da pranzo deve essere splendida. Non bastano più le lampade a luce elettrica o a gas che pendono dal soffitto sulla tavola e sui buffets; non bastano più i candelabri; ciascun commensale deve avere davanti una piccola candela coperta da un cartoccio di seta o di carta, di forma elegantissima. I poveri occhi, della nostra povera generazione, non sono abbastanza logorati e indeboliti dalla luce artificiale troppo viva; bisogna anche abbagliarli. Ma poichè la moda vuole così !... Ho sentito dire d'un pranzo in una casa di ricchi borghesi, ove per mezzo di uno speciale apparecchio elettrico, a un certo punto si accesero e sfavillarono con effetto sorprendente di novità e di gaiezza, le lampadine artistiche messe davanti a ciascun commensale. Le portate non devono mai essere meno di quattro nè più di cinque oltre la zuppa e il dessert. II pranzo non deve durare più d'un'ora e mezzo. Il caffè, che si prende in salotto, deve essere un vero aroma e servito in tazze piccolissime; alla turca. Per il caffè, ora è quasi necessario il vassoio d'argento antico, chicchere pure in argento, cucchiaino d'argento ossidato, anche con qualche smalto; e sul tavolino da caffè deve trovarsi una scatola d'argento ermeticamente chiusa per le sigarette d'oriente. Nella borghesia i fanciulli al di là dei dieci anni, assistono al pranzo di gala, occupando gli ultimi posti e essendo gli ultimi serviti. Gli invitati devono arrivare dieci minuti prima dell'ora indicata. Adesso l'uso vuole, che la padrona di casa attenda gli invitati in una sala e il padrone in un'altra. Gli invitati passano prima nella sala della signora, poi in quella del padrone. Le invitate restano colla signora. Un poco prima del pranzo, il maggiordomo o il servitore, si presenta, sulla soglia della sala ove sono radunati gli uomini, e con un inchino avverte che la signora attende. Gli uomini allora entrano nella sala delle signore; il padrone saluta e complimenta le invitate, e si passano conversando i pochi minuti che precedono la ricomparsa del servo su la soglia, comparsa muta, che vuol dire « la signora è servita. » Così finisce il prologo della commedia. Al muto invito del servitore, la signora prega gli ospiti a seguirla, appoggiandosi al braccio dell'invitato che a tavola dovrà sederle a destra. Il padrone di casa offrirà il braccio alla signora di maggior riguardo. Che se fra le convitate ci fosse una signora superiore per condizione, o per meriti o ingegno (se pure meriti e ingegno danno diritto a superiorità) il padrone passerà prima della padrona. Se fra gli invitati vi fosse un sacerdote, la signora lascerà passare tutti gli altri e si intratterrà con lui cercando di interessarlo di qualche cosa, finchè chiacchierando, passeranno per gli ultimi, uno vicino all'altra. Arrivati tutti in sala, se il posto non ha il cartellino col nome di chi lo deve occupare, gli invitati aspetteranno che loro venga designato. Il cavaliere che accompagna la sua dama a tavola, giunto al posto, le fa un inchino cui la signora risponde con un cenno del capo. Seduto a mensa il cavaliere si deve occupare della signora che gli sta alla sinistra. Il servizio sarà fatto in silenzio, con la massima celerità e tranquillità. Finito il pranzo, la signora di casa si alza; ogni cavaliere offre il braccio alla propria dama e passano in un'altra sala ove viene servito il caffè, che la padrona stessa, mescerà e che i servi recheranno agli invitati, secondo il grado sociale e l'eta. Dopo il caffè, ordinariamente, gli uomini passano nel gabinetto da fumare e le signore rimangono in sala. Ma i veri gentiluomini rinunciano alla fumata per il piacere di stare con le signore, di intrattenersi con esse, gustare la loro conversazione, il loro spirito. E qui finisce la commedia.

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La padrona di casa deve pensare a ciò che la cena sia imbandita nel salotto da pranzo, con ricercatezza, abbondanza e ricchezza di vasellame, cristalli, argenteria, fiori. L'ora della cena di solito è il tocco. La cena deve sempre essere preceduta da gelati e bevande fredde. Alla tavola devono trovar posto tutti.

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Una bellezza non aspettava altra, le sorprese si succedevano che pareva impossibile; e che abbondanza d'ogni cosa! che eleganza, che lusso!... Un giardino che neanche il paradiso terrestre; una casa vasta, ricca, che ci si sente in soggezione come in Chiesa; la tavola poi... uno scintillìo di posate e piattini e vassoi; certi piatti e tondi e zuppiere e bicchieri e calici, che via! manco a pensarlo !... C'erano piantine e fiori da per tutto; e un profumo poi che a tutta prima si aspirava a larghe narici e in fine dava la sonnolenza, da tanto che era squisito e sottile!... Bella cosa essere ricchi come i signori marchesi!... Uno si cava le voglie che ha; non ha ancora desiderato una cosa, che detto fatto: il desiderio è soddisfatto in piena regola. Vuole un pranzo come quelli che si dicono nelle panzane?... Il pranzo è imbandito lì per lì e te lo mandano su con la macchinetta come se davvero, sotto, nei sotterranei, ci fosse, una fata capace dei più grandi prodigi. Vuole vestiti, gingilli, gioielli ?... ed ecco vestiti, gingilli, giosenza bisogno d'una potente madrina, come quella della Cenerentola. Ah la marchesina non ha certo bisogno che alcuno tocchi con la bacchetta magica le zucche dell'orto per convertirle in carrozze !... Carrozze, carrozzelle, cavalli, ciuchi, capre, nulla le manca a lei per il suo piacere!... E pure non pare punto contenta. A tavola non aveva certo l'appetito che ho sempre io e che mi fa trovare squisita la minestra e il po' di carne di casa mia. Faceva boccuccia su tutto e certe smorfiette disdegnose e certi attucci di disprezzo per le leccornie che le mettevano dinanzi!... In su le prime il suo mangiar nulla o punto, mi tenne un poco in soggezione e mi provai anch'io di toccare appena la buona roba che mi mettevano sul piatto; ma poi, spinta dall'appetito, pensai a mangiare e lasciai ch' ella facesse a modo suo. « Uno si deve vergognare solo di ciò che è male! » suol dire il babbo. Ora mangiare non è certo un male, e quando non lo si fa per ghiottoneria, non c'è da vergognarsene, mi pare!... Finito il pranzo, si uscì dal salotto che odorava forte di cibi, e qui cominciarono altre meraviglie. I signori uomini, insieme con la marchesa, andarono fuori, prendendo per la campagna: e babbo li seguì. Il povero babbo mi pareva un po' stanco e seccato, a dir vero; egli ama tanto la vita semplice e alla buona di casa sua! e suol dire che via di lì, lontano dalla mamma e dai figliuoli (noi siamo in cinque tra fratelli e sorelle), gli pare di essere un pesce fuor d'acqua, gli pare di essere!... Ma ha dovuto accettare l'invito questa volta; e portare me con lui per divertire la marchesina, che a stare sempre sola s'inuggisce. Ecco perchè io passai la giornata in casa dei marchesi. Dunque, una volta finito il desinare, cominciarono per me le meraviglie. Zoe (che nome strano !) Zoe, la marchesina, che ha qualche anno più di me ed è alta, smilza, smorta e striminzita in un bellissimo abito di seta chiara tutto trine e fiocchi, mi menò a girare tutta la villa ed il giardino, angolo per angolo. Vidi camere che avevano l'aria di scatole preziose, tanto erano ben tappezzate, con mobili d'una bellezza che neanche a dirlo!... La camera di Zoe è tutta in raso azzurro come il cielo; azzurre le pareti, azzurro il soffitto, e i mobili, e il letto e le tende della finestra e il tappeto per terra. Io non osavo entrare e me ne stavo quasi ingrullita su la soglia. Quando le dissi che non entravo perchè avevo paura di sporcare il tappeto con i piedi, ella rise di gusto e mi fece vedere a fare pirolette ed a sgualcire le superbe tende con le manine nervose. Mi mostrò poi un grandissimo salotto, ricco, tutto a pitture e un pianoforte in un angolo. - È il salotto di ballo ! - mi spiegò. E additandomi i molti candelabri pendenti dal soffitto soggiunse, che quando quelli erano tutti accesi, là dentro c'era uno sfolgorio di Luce, e le signore in sfarzosa toeletta ed i signori in frack e cravatta bianca, ballavano alle volte fino all'alba. Dev'essere una cosa incantevole un ballo in quel salotto! io che non ho mai visto altra festa di quella del paese nel dì della sagra, che si da nella scuola comunale, o magari in piazza, io, per certo non mi posso figurare una magnificenza simile. E pure alle feste della sagra, la gente balla allegramente e si diverte, senza bisogno di tanti lumi e di sì gran lusso!... Dal salotto si passa in un luogo incantato: una specie di grotta, con i muri di tufo e conchiglie e piantine per tutto, e al suolo un vero giardino, nel mezzo del quale sta un gabbione che pare un palazzo, con molti uccelli dai colori più smaglianti che si possa dire. - È il salottino, ove si viene a fumare! - mi disse Zoe; - d'inverno ci si accende la stufa e d'estate si sta a vetri aperti per avere la frescura. - Io me ne stava ammi- rata, gli occhi sgranati, la bocca aperta. Bisogna dire che fossi un po' buffa, perchè Zoe sorrideva in certo modo come a dire: «Che sciocchina?... non ha mai visto nulla! » No, ch'io non avevo mai visto nulla di simile; e quegli uccelli, dalle piume smaglianti, i ciuffetti capricciosi, le magnifiche code, io non potevo lasciar di guardarli. - Non hai veduto mai delle bestiole come queste? - mi chiese Zoe, con una piccola nota d'ironia nella voce. Ed io le risposi che infatti non ne aveva visti mai. L'uccello più raro del mondo era fino allora stato per me, il merlo di Pedrotto il ciabattino, che fermava la gente con il suo canto e per il quale andava matto il signor Prevosto!... E la signorina Zoe, a ridere di me e del merlo del ciabattino e insieme anche un pocolino del signor Prevosto che lo ammirava. La sorpresa più grande però mi doveva essere serbata per ultimo, e mi aspettava nel gabinetto di studio della marchesina. Sotto una campana di vetro, troneggiava su d'un tavolino rotondo una bambola bellissima, di quelle che hanno i capelli veri, i dentini fra le labbra, le dita delle mani staccate le une dalle altre; e sembrano vive. - Oh la bella bambola ! - esclamai io, che non ne aveva mai viste di cosi fatte - oh la magnifica bambola! - Zoe la tolse di sotto la capanna, e dopo averla accarezzata la pose in terra. Che cosa vidi io allora ?... la bambola prese a camminare per la stanza, a piccoli passi, e gesticolando e movendo la testina disse spiccato, con una bella voce di bimba: - Buon giorno, mamma!... come va?... io sono sempre buona e voglio andare a passeggio. - Non so che cosa mi pigliasse in quel momento. Fatt'è che un senso strano di sgomento mi fece battere il cuore fitto e mi avvicinai a Zoe quasi a cercarle protezione. Questa si prese fra le braccia la bambola, la baciò, mi parve che le accomodasse intorno il vestito e poi la ripose a terra, dicendo: - Da brava, Ines, fate i complimenti alla signorina. - E la bambola mosse verso di me e alzando la testa, disse: - Benvenuta, signorina ! - Benvenuta e grazie della sua visita ! - Mi ritrassi contro il muro affatto spaurita. Non mi sapeva render ragione della cosa e ciò mi sgomentava vagamente. - O che è ?... o perchè? - chiesi con il fiato mozzo. - È una bambola viva! . fece Zoe ridendo. - Viva ?... proprio ? - balbettai io. E Zoe a ridere buttando indietro la testa. Capivo che si burlava di me, ma non riuscivo a spiegarmi la stranezza della cosa. - Ma non sai nulla di nulla, tu? - seguitò la marchesina riponendo la bambola sotto la campana. - Non ti ha detto ancora nessuno che ora c'è una macchinetta che conserva e riproduce la voce?... Non hai mai sentito parlare del fonografo ? - Il fonografo?... una parolona compagna io non l'aveva proprio mai sentita pronunciare, nè pure dal Prevosto dal pulpito!... E la marchesina mi dovette spiegare la cosa. Chi si poteva figurare, domando io, che si riuscisse a far parlare una bambola? Quella meraviglia mi dura ancora dentro l'anima. Non posso staccare il pensiero da quella bamboletta che camminava e gesticolava, parlando come una bambina viva. E dice Zoe, che verrà tempo in cui quella macchinetta dal nome difficile, sarà posta in ogni casa per raccogliere e conservare tutto ciò che si dirà. Oh allora uno si guarderà, bene dal parlare male, imbizzito, volgare e sopra tutto dal dir bugie!... Che non bastava, dico io, l'interna voce, che s'incarica lei di rimproverarci quando diciamo delle corbellerie o delle cose non vere?... Bisognava proprio inventare una macchinetta spia?... e... far chiacchierare le bambole, quando si dice che le fanciullette hanno sempre la lingua in moto e assordano con il loro chiacchiericcio?... Queste mie idee le esposi al babbo ieri sera mentre si tornava a casa. E lui sapete che cosa mi ha risposto ?... che in tal modo le fanciulline impareranno a riflettere prima di parlare; e che la paura della macchinetta spia, educherà la loro linguccia meglio di qualunque ammaestramento e consiglio. Pazienza dunque!... verrà la macchina educatrice e l'educazione delle bambine sarà, fatta a macchina, come si fanno a macchina le stoffe ed i ricami!... Che cosa strana eh?... Che ne dite voi altre bambine?... Io per me credo... ma... acqua in bocca!... non bisogna dir male delle macchine che vanno su la bocca di tutti, e che tutti portano a' sette cieli!... Ma io per me... vedete se posso tacere!... se ci fosse qui il fonografo direbbe a tutti che io non so tenere in me un segreto, e mi farebbe una bella fama, mi! (Scappa via correndo).

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