Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbondante

Numero di risultati: 8 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Il codice della cortesia italiana

184241
Giuseppe Bortone 4 occorrenze
  • 1947
  • Società Editrice Internazionale
  • Torino
  • verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

E si tenga, infine, presente che la prova migliore della buona educazione non sta nell'offrire un pranzo, abbondante e succulento quanto si voglia, ma nel mescolarsi sapientemente con gli altri. La cortesia, ripeto, nel suo vero senso, riguarda appunto quelle regole che, nel gioco della vita, rendono piú facile e piú semplice l'accomunarsi con i propri simili.

Pagina 114

Aggiungere in ultimo, adagio adagio e rimestando, 130 gr. di alcool a 95 e 130 di buon marsala, in cui si sia sciolto un cucchiaino abbondante di zucchero vanigliato. Conserva di caffè. - Par bollire in gr. 1500 d'acqua, per dieci minuti, gr. 300 di caffè macinato. In altro recipiente, far sciogliere a fuoco forte gr. 650 di zucchero solo. In questo zucchero color oro scuro si versa il caffè depurato dei fondi; e siccome lo zucchero si rapprende, lo si lascia liquefar di nuovo a fuoco lento. Raffreddato, imbottigliare: si conserva a lungo: un cucchiaino in una tazza di latte; due in una tazza d'acqua bollente: ottimo dissetante. Liquore di ginepro. - Acquavite litri 1, bacche gr. 75, anici gr. 2, cannella gr. 1 ; far macerare per 8 giorni filtrare e mescolare con sciroppo di acqua gr. 125, zucchero g. 250. Le bacche di ginepro si bruciano anche negli appartamenti che si vogliono disinfettare. Vino chinato. - Si fanno macerare in 50 gr. d'alcool gr. 30 di corteccia di china calisaya polver. per 24 ore. Si aggiunge un litro di buon vino, rosso o bianco. Si lascia il tutto per 10 giorni, agitando ogni tanto, poi si cola e si filtra. Tonico, aperitivo, febbrifugo. - Far macerare per 48 ore in gr. 200 di alcool a 95 gr. 30 di china rossa polv, e gr. 30 di china gialla. Aggiungervi poi due litri di ottimo vino rosso o bianco: lasciare cosí per 10 giorni, agitando ogni tanto; indi, filtrare e imbottigliare. Mandorlata. - Parti uguali di zucchero e di mandorle: queste né tostate né liberate della seconda buccia. Pochissima acqua al fuoco, farvi sciogliere lo zucchero; aggiungere le mandorle e qualche cucchiaino di cioccolatta o di cacao. Far addensare e versare a cucchiaiate su un marmo unto di olio. Biscotti primavera. - Fior di farina 0,200, zucchero 0,125, latte mezzo bicchiere, burro 0,25 (o due cucchiaiate d'olio), la buccia di un limone grattugiata, bicarbonato gr. 5, cremortartaro gr. 5. Impastare, distendere come sfoglia, tagliare e al forno per dieci minuti su teglia infarinata. Torta casalinga. - 16 cucchiaiate di latte, 4 di olio, 6 di zucchero, la buccia grattugiata di un limone, fior di farina quanto basta per composto denso scorrevole. Aggiungere bustina di buon lievito (o 5 gr. bicarb. e 5 di cremortartaro) e al forno moderato in teglia unta. Ponce imperiale. - Mettere in un boccale tre cucchiaini di tè, la parte piú esterna della buccia di un limone, poi il limone ripulito della parte bianca, sbarazzato dei semi, e tagliato in pezzetti: aggiungervi gr. 500 di zucchero. Versarvi sopra un litro d'acqua bollente, coprire e lasciare in infusione per mezz'ora. Indi, passare il tutto attraverso uno staccio di seta o un panno; aggiungere un litro di buon rhum, agitare e imbottigliare. Quando si serve, si riscalda senza farlo bollire.

Pagina 305

Quanto al nutrimento, dev'esser sano ed abbondante: lo stesso che per tutta la famiglia. Conosco delle famiglie dove non si beve vino, e pure si pensa a darne qualche bicchiere al personale di servizio. Quando c'è qualcosa di «speciale », non è doveroso farne parte; però è bello; e si può esser sicuri che il pensiero gentile sarà apprezzato. Si fisserà fin da principio come si desidera, o si esige, che stia in casa; si sarà meno rigorosi, e si consiglierà soltanto, per fuori, nei giorni di libertà. E si farà una netta distinzione fra i vari rami del servizio, per non pretendere dalla istitutrice quel che deve fare la cameriera, né dall'autista quello che deve fare il cuoco. Se ci fosse bisogno di aiuto o di sostituzione, chiederlo per piacere. Il trattare bene non significa permettere eccessiva confidenza; ciascuno al proprio posto! Perciò, non si permetterà che la persona di servizio tratti troppo familiarmente anche i bimbi, o che riferisca i pettegolezzi altrui. E gli adulti si asterranno dal venire a parole in presenza di lei, o dal parlare di cose intime proprie o della famiglia. Il marito dirà sempre « la signora » quando chiede di sua moglie; questa dirà sempre « il dottore, l'ingegnere, ecc. » parlando di suo marito. Gli ordini precisi, ma non secchi e privi di garbo; c'è differenza tra un « rifatemi la camera! » e un « volete rifarmi la camera? ». Un « grazie » e un « per favore », ogni tanto, non dispiacciono! Alle istitutrici sempre « signorina », e il lei: le persone di servizio, specialmente se sono in casa da molto tempo, si chiamano per nome e si può dar loro del tu. Si chiamano per nome le persone di servizio delle famiglie amiche soltanto se si conoscono da qualche tempo. In conclusione, le relazioni fra « padroni » e « servitori » debbono fondarsi su diritti e strettissimi doveri reciproci. I primi debbono aiutare, sorvegliare, consigliare queste persone meno istruite, meno fortunate di loro, piú disarmate di fronte alla vita; gli altri debbono essere rispettosi e fedeli, cercando non le famiglie presso cui si possa guadagnare di piú, ma dove ci sieno persone degno di stima e di affetto.

Pagina 47

Se, come ospiti, offrirete un desinare abbondante ed ottimo, si parlerà di « ostentazione »; se offrirete un desinare modesto, di famiglia, si parlerà di « tirchieria ». E se, come invitati, mangerete di gusto, si dirà che siete venuti per levarvi la fame; se mangerete poco, si dirà che fate gli schizzinosi, quasi che la tavola vostra offrisse di meglio. Io, francamente, non me ne do gran pensiero, e godo nell'invitare e nell'essere invitato. Tanto peggio per chi, col giudicare malevolmente, guasta la propria digestione. Gl'inviti per vere e proprie feste da ballo s'inviano almeno quindici giorni avanti, perché - le invitate specialmente - possano opportunamente e comodamente prepararvisi. Se si desidera che le signorine invitate conducano con loro degli amici occorre indicare il numero. Si risponde quanto prima è possibile, accettando o rifiutando: nel primo caso, si dà anche il nome degli amici. Questi faranno recapitare la loro carta di visita alle signore presso cui si recheranno, e tanto prima quanto dopo il ballo. Se sul biglietto d'invito è indicata l'ora, tanto meglio: diversamente, si va sempre dopo le ventidue. Per i balli di giorno - quelli che si chiamavano « mattinate » o... altro « danzanti » - si è meno rigorosi nella forma dell'invito; e meno ancora per i « quattro salti in famiglia »: beninteso che la « semplicità » non deve degenerare in « trascuratezza » e tanto per chi invita quanto per chi è invitato.

Pagina 73

Il ritorno del figlio. La bambina rubata.

245447
Grazia Deledda 1 occorrenze
  • 1919
  • Fratelli Treves, Editori
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Non aveva freddo, lui: dalla sua bocca usciva un abbondante vapore; e si passò la mano sulla fronte perchè sudava. Con meraviglia vidi che aveva le scarpe; due scarponi che sembravano barche. Mentre discorreva con la zia, che lo ascoltava un po' diffidente, un gattino gli si arrampicò sulla gamba: egli lo prese e lo tenne dentro il suo pugno, se lo accostò al viso quasi volesse baciarlo, e per tutto il tempo che stette da noi non finì di accarezzarlo: intanto però doveva domandare alla zia qualche cosa di molto grave e serio perchè lei si faceva sempre più scura in viso; finalmente gli rispose accennando me con la testa: e io intesi benissimo il senso delle sue parole: "tocca a lui decidere,,. Subito il vecchio mi invitò ad andare con lui: ma non era solo questo che dovevo decidere: qualche altra cosa ben più grave e profonda dovevo decidere, o era già decisa per me dal destino. Esitavo quindi a muovermi: d'altronde il restare ancora lì dentro mi soffocava. Mi lasciai portare via, sotto l'ombrello che pareva un pino: ma quando si fu davanti alla drogheria afferrai il braccio del vecchio per tirarlo verso il mare; egli mi guardò; io arrossii e ripresi a seguirlo docilmente. Nel mio turbamento immaginavo di trovare ancora la donna sotto il pergolato, e mi sorpresi nel vederla accanto a un alto braciere di ottone, in una stanza le cui pareti erano tutte ricoperte di quadri e di fotografie in cornice. E anche qui, come nella casa colonica, dominava dalla parete il ritratto ad olio del padrone di casa: pareva anzi fatto dallo stesso pittore, perchè aveva le medesime tinte accese: solo che era di profilo, e aveva una curiosa rassomiglianza coi ritratti di Dante quali si vedono nelle illustrazioni dei libri di scuola. La stanza era piuttosto tetra, quasi come la nostra; dalla finestra penetrava l'acqua, che la serva asciugava con uno straccio: e anche la donna era immelanconita, con uno scialletto nero che le nascondeva il bel collo e la invecchiava. Ma d'un tratto ecco che mi ritrovo solo con lei, perchè la serva s'è ritirata chiudendo dietro di sè l'uscio di cucina e il vecchio è anch'esso sparito quasi furtivamente: ella solleva la testa dal lavoro e mi guarda: mi guarda arrossendo e poi reclina di nuovo il viso. Quello sguardo chiaro, vivo, quel rossore, mi penetrano l'anima, ne illuminano gli angoli più neri, come lampi in una notte oscura. Mi sento tutto bruciare, dentro: e la verità mi percuote finalmente il cuore.

Pagina 155

In Toscana e in Sicilia

246012
Giselda Fojanesi Rapisardi 1 occorrenze
  • 1914
  • Cav. Niccolò Giannotta, Editore
  • Catania
  • Verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Le case dinanzi alle quali passava il corteggio, erano gremite di gente, e la raccolta di rocche piene di lino ed ornate fu abbondante. Arrivati alla casa di Cencio scorsero la vecchia madre sul palchetto, che aspettava col largo grembiule di canape in mano, preparato per la nuora. La Virginia, aiutata dal babbo e dal marito, scese dal calesse e salì le scale sola, la prima, un po' barcollando. Quando le due donne si trovarono faccia a faccia, la vecchia squadrò da capo a piedi quella che doveva essere oramai la padrona in casa sua, dopo di lei e, nel legarle il grembiule attorno alla vita, le sue mani gialle e grinzose ebbero un tremito singolare. Poi la guardò fissa aggrottando le sopracciglia. La giovane divenne prima scarlatta, poi bianca come una morta. La mattina dopo, la sposa, appena giorno, dovè andare al pozzo per attingere l'acqua, ma nel tornare con le brocche piene non le fu possibile risalire e cadde sfinita sui primi scalini. La portarono in casa a braccia e nessuno la vide più uscire coi suoi piedi. Quando le dissero di chiamare il medico si disperò talmente che per calmarla dovettero prometterle di non farlo venire. La suocera sola non parlava e non le domandava mai come si sentisse. Tonio però, un giorno condusse il dottore senza avvertir nessuno. Appena la Virginia, ormai allettata, lo scorse, si turbò in modo, che credevano le venisse una convulsione. Il buon vecchio non si sgomentò e la prese con tanta dolcezza, che dopo poco potè avvicinarsi al letto. Quando egli stava per visitarla, sentì afferrarsi una mano dalle due febbricitanti dell'ammalata e stringergliela, mentre lo guardava con gli occhi pieni di lagrime, dove si leggeva una preghiera così intensa e disperata, che a lui spirò sulle labbra la rivelazione che stava per fare. Del resto egli aveva la certezza che la povera creatura non avrebbe avuto che pochi giorni di vita.

Pagina 162

La sorte

247876
Federico De Roberto 1 occorrenze
  • 1887
  • Niccolò Giannotta editore
  • Catania
  • Verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Il fattore preparava una minestra di fave e Alfio Balsamo se ne stava buttato per terra, dinanzi ai casamenti, giuocando coi cani, o stando a sentire i discorsi che facevano i più grandi di lui, sullo stato delle vigne, sul buon tempo che assicurava un prodotto abbondante, o sui prezzi del bestiame o sui casi che capitavano al prossimo... Una sera, che aveva appena smesso di lavorare, e stava sorvegliando una pentola in cui bollivano delle lumache, glie ne capitò uno a lui, che non se lo sarebbe aspettato neanche in sogno. - Dice tua madre - venne a riferirgli il fattore dei Pojeri passando dalla Falconara - che Anna Laferra ha fatto querela contro di te, dinanzi al pretore di Vallebianca, per ingiurie, e se non pensi alla difesa la condanna è certa.

Pagina 55

Saper vivere. Norme di buona creanza

248276
Matilde Serao 1 occorrenze
  • 1923
  • Fratelli Treves Editore
  • Milano
  • Verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Tutto era già mutato, prima della guerra, nel corredo di biancheria di una sposa, importantissimo elemento di un buon matrimonio: l'antico abbondante, abbondantissimo, solidissimo, pesantissimo corredo, sessanta camicie da giorno, sessanta da notte, dodici dozzine di paia di calze, eccetera, eccetera, era già trasformato in un molto minor numero di capi, ma molto più fini, molto più leggeri e molto più costosi.... Ma dopo la guerra! La trasformazione è anche più profonda: la tela di Olanda, fondo antichissimo del corredo, o non esiste più o è costosissima: la battista, non si chiama più battista: la mussolina, non si chiama mussolina: e i corredi di biancheria si fanno, oramai, di linon, di nansouk, e di crespo della Cina, tutto à jour, ricamato, ricamatissimo, con merletti finissimi, con applicazioni pompadour. Un corredo molto ricco, è fatto da trentasei parures complete, camicia da giorno, camicia da notte e copribusto con pantaloncini: dodici parures di linon, dodici di nansouk, dodici di crespo della Cina: un po' meno ricco, ma sempre molto chic di trenta parures, limitando a sei quelle di crespo della Cina. Un corredo buono, diciamo così, di ventiquattro parures, cioè dodici di linon e dodici di nansouk, senza le sei di seta, salvo qualche parure, una o due di seta. E in questi corredi così evanescenti, ogni madre prudente, deve introdurre un po' di biancheria seria, diciamo così, camicie da notte con colletto chiuso e le maniche lunghe, camiciuole accollate, per quando la figliuola sia sofferente o puerpera; e unirci delle calze di lana, allo stesso scopo e dei grandi fazzoletti di tela, per quando si ha il raffreddore! Su tutta la biancheria della sposa si ricama l' iniziale del suo nome di battesimo: è roba sua: lei la deve indossare e il suo nome di battesimo non cambia, in casi funesti di separazione, di vedovanza. Qualche sposa, per convenzione di famiglie, porta anche la biancheria da letto e da tavola; non è suo obbligo, ma, certe volte, si stabilisce così. Allora bisogna far ricamare, sulla biancheria da letto e da tavola, la iniziale del cognome dello sposo. Bisogna considerare che egli è il capo della casa; che tutta la roba di casa gli appartiene; che, in caso di separazione o di vedovanza, egli lascia alla sposa o restituisce alla famiglia della sposa, solo il corredo personale di biancheria, mai quello di casa; che in caso di morte dello sposo, egli può disporre della biancheria di casa, come crede! Quindi, iniziale del nome della sposa, sul corredo personale di lei: iniziale del cognome dello sposo, sulla biancheria di casa. Quando il corredo di biancheria della sposa, è molto importante, se ne inserisce il valore di costo e la nota, nella scritta nuziale, dove s'inserisce anche il valore e la nota dei gioielli che porta la sposa e che sono suoi.

Pagina 14

Cerca

Modifica ricerca