La posizione di Arturo, la stella più luminosa della costellazione del Bifolco, differiva di un grado abbondante. Le misure di Flamsteed erano precise entro 10 secondi di arco, quelle di Ipparco entro una decina di primi. La conclusione poteva essere una sola: anche le stelle si muovono di moto proprio. Fu Halley a dare l’ultimo colpo alla cosmologia antica. Dopo di lui non esistettero più “stelle fisse”.
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Si narra che per smentire chi additava la sua miseria come prova dell’inutilità della filosofia abbia guadagnato una fortuna affittando tutti i frantoi di Mileto e di Chio dopo aver previsto con calcoli astronomici un raccolto di olive eccezionalmente abbondante. Affermava che la morte è uguale alla vita, e a chi gli domandava perché dunque non si uccidesse rispondeva: “appunto perché non c’è differenza”. Avrebbe misurato l’altezza della piramide di Cheope confrontando la lunghezza dell’ombra che proiettava con quella del suo corpo, avrebbe coniato il motto “Conosci te stesso”, sarebbe morto assistendo a una gara di atletica, e così via. Ma non possiamo fidarci di questi aneddoti, visto che il famoso teorema di Talete in realtà lo dobbiamo a Euclide (“un fascio di rette parallele intersecanti due trasversali determina su di esse classi di segmenti direttamente proporzionali”).
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Facendo i calcoli sulla sintesi del carbonio, Hoyle si accorse che era difficile ottenere nelle fornaci stellari questo elemento, che pure nell’universo è abbondante e costituisce il cardine degli organismi viventi.
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Basterebbe una differenza del 6 per cento nell’energia di queste risonanze a rendere impossibile l’esistenza delle molecole biologiche per mancanza di materia prima: tutta la vita è costruita intorno ad atomi di carbonio, con una forte compartecipazione dell’ossigeno, l’elemento più abbondante nelle forme viventi. Senza queste due risonanze nascoste nei nuclei atomici non saremmo qui.
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