Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

188681
Pitigrilli (Dino Segre) 1 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
  • paraletteratura-galateo
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Nel caso che il libro sia di una donna, si cerchi un verso che contenga una stella, non sarà difficile trovarlo : le donne nella realtà non sollevano mai gli occhi al di sopra di un metro e cinquanta, l'altezza delle vetrine (se non ci fossero le cartoline illustrate, nessuna donna si sarebbe mai accorta dell'esistenza della Torre Eiffel, del Colosseo, dell'Empire State Building e delle Piramidi), ma nelle loro liriche abbondano in stelle, da dar fondo alla Via Lattea e agli altri sessanta milioni di Galassie fino a oggi conosciute. Ogni tre versi si accende una stella. Allora voi scrivete: «Ah, quella vostra imagine: io sono una stella...». La mia strategia è consigliabile quando si ha la certezza che l'autore (o l'autrice) non vorrà sapere di più. Se invece il criminale della penna domanda quale è, secondo noi, la lirica migliore, si può ricorrere alla formula di Madame de Sévigné, a proposito delle favole di La Fontaine: - Il vostro libro è un canestro di ciliege; se si volesse scegliere le più belle, il canestro si vuoterebbe. Risposta che, in gergo diplomatico, si chiama «fin de non recevoir». Attenzione! E' però antidiplomatico pretendere di autenticare la sincerità degli elogi, insinuando una critica su un particolare trascurabile; per esempio : « Il vostro libro è un capolavoro; dopo l'Iliade e l'Odissea non si era letto nulla di più grandioso, ispirato e drammatico; però a un certo punto siete incorso in una ripetizione, avete usato come transitivo un verbo intransitivo, avete messo al singolare il nome e al plurale l'aggettivo... » Sarebbe questo un grave errore per parte vostra: il poeta vi dimostrerebbe che quella ripetizione è voluta, che le ribellioni sintattiche sono effetti sapientemente calcolati e che la discordanza grammaticale un elettrochoc che il poeta ha voluto dare all'io interiore dei borghesi. Fontenelle, dall'altezza dei suoi novant'anni, della sua celebrità e della sua posizione alla corte dei Re di Francia, poteva permettersi di sentenziare: «Quando dovete giudicare dei versi; ditene male, senza aprire il libro; novantanove volte su cento la indovinate»: ma noi che viviamo in regime repubblicano non possiamo permetterci questa libertà, ed è perciò consigliabile dire sempre bene. Il segretario di Anatole France racconta che un giovane poeta andò a far visita al Maestro, e gli domandò se aveva letto il suo volume. - L'ho letto, e per darvene una prova, vi dirò che la lirica più bella è a pagina 84. Il giovane, sfavillante, si volse ai presenti: - E' vero. E' appunto a pagina 84 che c'è la mia lirica migliore. Quando il giovane vate fu uscito, qualcuno domandò ad Anatole France: - Ma quel libro lo avete letto? - Io no - rispose France. - E allora come avete fatto a indovinare che la più bella lirica è a pagina 84? - Ingenuo! Qualunque pagina avessi detto, avrei indovinato, perchè per un poeta ogni lirica sua è la migliore. Ai «giovani letterati», anche se hanno cominciato a scrivere sul tardi, all'età in cui invece della soglia del Tempio farebbero bene a varcare quella dell'Ospizio, si deve profetizzare un luminoso avvenire. Il loro primo libro segna una data nella storia del pensiero. Però - si deve raccomandare in tono supplichevole - bisogna scriverne subito un altro. Tanto più che il manoscritto è pronto. Ma non si parli mai del «secondo» libro. Quando un letterato ha scritto un libro, questo è il libro, è «il mio libro»; ma quando ne ha scritto due, questo non è più il secondo, ma l'ultimo. - Hai letto il mio ultimo libro? Bisogna rispondere di sì, e affermare che segna un sensibile progresso sul primo, guardandosi bene dal dire che il primo era incompleto e lasciava il lettore in sospeso. Anche il primo era la perfezione delle perfezioni. Però il secondo (il Suo ultimo libro) è un'altra cosa: è un complemento, uno sviluppo, un superamento. «Superamento» una parola che dilata il torace ai poeti. Non si commetta mai la gaffe di dire che l'ultimo libro non è il migliore, e che era meglio quell'altro, anche se l'opera omnia del letterato supera i 150 volumi. I letterati sono come le vecchie cantanti ridotte a figurare nel coro della Traviata nel teatro Sociale di Benevento. Vogliono sentirsi dire « Non hai mai cantato «Libiam nei lieti calici» come questa sera ». Qualora si abbia interesse a legarsi il poeta per la vita e per la morte, conviene studiare a memoria due sue parole, e infilarle nella conversazione quando meno il poeta se lo aspetta. Voi raccontate, per esempio, che un cane ha morso il portalettere. Dite: - Il portalettere, questo messaggero della Fatalità, come dice il nostro poeta... Le «pensioni» del Re Sole e le borse di monete d'oro che Mecenate e i Medici buttavano agli intellettuali di Roma e di Firenze erano pugni di fichi secchi al confronto di una citazione ben collocata. Il poeta da quell'istante penserà che siete il critico più avveduto del mondo e della storia, da Aristotile ai giorni nostri, e si presterà a giurare il falso per voi in tribunale e a spaccarsi le arterie dell'avambraccio il giorno che avrete bisogno di una trasfusione di sangue (in questo dannato caso però vi consiglio di non rivolgervi a un poeta). Se questo è il metodo da seguire con i letterati di scarto, con i letterati di valore la condotta è diversa. Il sistema meno impegnativo è collocare i loro libri bene in vista negli scaffali e non parlarne mai ai loro autori. Alphonse Karr si lagna delle persone che vengono «a lodarvi preci- samente per ciò che voi, autore, trovate detestabile in una delle vostre opere, o vi confondono con un altro». A una mia ammiratrice di Buenos Aires che pretendeva di aver letto tutti i miei libri domandai quale le era piaciuto di più. Dopo un lungo momento di perplessità mi rispose : - Le Mille e una Notte. Quando si ha la fortuna di vivere al di fuori del mondo delle lettere e di fare qualche cosa di più utile alla alla patria, alla società, all'industria o all'agricoltura, è raccomandabile la risposta che un droghiere parigino, nel febbraio 1830, qualche giorno dopo la battaglia per l'Hernani, diede a una masnada di studenti decisi a strappargli un giudizio su quel dramma, che segnava la nascita del Romanticismo, dichiarandosi per la scuola classica o per la scuola romantica. - Je suis épicier - rispose; cioè io sono droghiere.

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