Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbondano

Numero di risultati: 21 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Fisiologia del piacere

170153
Mantegazza, Paolo 1 occorrenze
  • 1954
  • Bietti
  • Milano
  • Paraletteratura - Divulgazione
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Si può appena accennare che essi abbondano nel regno vegetale e specialmente nei fiori, i quali ne abbisognano per attrarre gli insetti, che trasportando il polline facilitano la fecondazione del calice. Sono meno frequenti negli animali, e sono rari nel regno inorganico. Del resto non si potrà mai dire perchè l'umile violetta nasconda tra i suoi petali tanta soavità di profumo, mentre il bel fiore dell'Arum dracunculus spande un odore così fetido e ributtante. L'elemento fondamentale dei piaceri dell'olfatto ci è sconosciuto. Il più delle volte è un fenomeno semplicissimo di contatto fra le particelle odorose natanti nell'aria e i nervi olfattivi; ma qualche volta si associa a questo piacere anche una sensazione puramente tattile, la quale però difficilmente è la prima sorgente della sensazione piacevole. I piaceri dell'olfatto variano più di tutti gli altri nei diversi individui, appunto perchè le sensazioni che li producono sono assai delicate e spettano a un senso meno importante per la varietà scarsa delle impressioni che riceve. In generale, sugli odori più forti si accordano quasi tutti, mentre le preferenze sono tanto diverse quanto meno le sensazioni sono intense. In ogni modo i piaceri variano all'infinito, e se ne hanno ogni giorno le prove più ovvie nella vita familiare. Il piacere non diventa rigorosamente patologico che quando è prodotto da una sostanza che, inspirata, può riescire dannosa. Siccome però in tutte le questioni il consenso universale ha tanta importanza, io oserei chiamar malati quei nasi che sanno deliziarsi con l'assa-fetida, con l'aglio e col corno bruciato. I piaceri dell'olfatto sono, in generale, più squisiti nel sesso gentile, perchè la donna ha nervi più delicati. Queste labili gioie sono meno pallide nella media età della vita, nei paesi caldi, e quindi anche nell'estate e nelle classi elevate della società. Questi piaceri, esigendo un grado superiore di attenzione, educano allo spirito di osservazione, e facendo amare i fiori rendono delicate il gusto del bello. L'abuso di queste gioie rende molli ed effeminati. La fisonomia di questi piaceri è molto semplice, e negli infimi gradi non consiste che nella chiusura della bocca e nella inspirazione prolungata e ininterrotta. I lineamenti del volto esprimono una calma attenzione. Nei gradi più intensi del piacere l'inspirazione e molto profonda, e il torace si dilata al massimo, simulando un vero sospiro, a cui tien dietro una lunga e rumorosa espirazione, nella quale i tratti del volto si espandono ad esprimere un grande compiacimento. Gli occhi più d'una volta si socchiudono e si nascondono interamente sotto il velo delle palpebre. Esclamazioni e atti di sorpresa si associano qualche volta alle reminiscenze che vengono ridestate dall'odore piacevole e che ci tengono assorti per qualche tempo e muti, cogli occhi rivolti al cielo e la faccia atteggiata ad una espressione di grande solennità. Questi piaceri fanno sorridere qualche volta, ma non si esprimono mai col riso. I piaceri tattili dell'olfatto sono assai limitati, e non consistono, il più delle volte, che in una semplice irritazione o in un vero solletico dei nervi tattili della pituitaria. Talora anche la reazione è così forte da produrre uno starnuto, che, annullando a un tratto, con una specie di scarica nervosa, la soverchia tensione del senso, può essere molto piacevole. Se ne ha un esempio tirando tabacco, o fiutando aceto radicale, cristallini minutissimi d'acido benzoico od altre sostanze consimili. I piaceri specifici dell'olfatto non si possono suddividere che in due classi, a seconda che la sensazione è delicata o forte. Ai piaceri squisiti appartengono quelli prodotti dai profumi della viola, della rosa, della reseda, dell'ambra e di infiniti altri corpi. Ai piaceri intensi spettano i profumi della magnolia, della vaniglia, del muschio, ecc. Vi sono alcuni odori che piacciono per la loro delicatezza e per la studiata attenzione che si esige per gustarli, come avviene della rosa tea, del thè e di alcuni legni odorosi. Altre volte l'odore è forte, complesso, per cui dobbiamo impiegare un certo sforzo per educare i nervi a trovarlo piacevole. È una vera lotta nella quale riusciamo vincitori dell'odore colle armi del senso e della volontà. Gli odori virosi dell'oppio e di molte resine ci porgono un esempio di questo genere di sensazioni. Più d'una volta il piacere non è prodotto della sensazione specifica, quanto dalla lieta immagine che ci ridesta. Così il marinaio che sente l'odor della pece rammenta con gioia l'oceano e la nave prediletta; così il veterano carico di cicatrici e di gloria aspira con voluttà l'acre fumo della polvere; mentre il montanaro, trapiantato nelle monotone pianure, fiuta con delizia l'odore resinoso del pino. In tutti questi casi, come in molti altri consimili, il sentimento si associa al senso, producendo un piacere complesso, che può arrivare a un grado massimo di intensità.

Pagina 61

Come devo comportarmi?

172818
Anna Vertua Gentile 2 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Quando si fanno delle partite di caccia in campagna, e specialmente in luoghi non troppo conosciuti, è indispensabile, per prima cosa, trovare un cacciatore di professione, un vero Nembrod, che conosca ogni macchia, ogni cespuglio, ogni greppo della montagna, ogni più riposto cantuccio dei canneti; che sappia dove su le ardue vette nidificano i fagiani, dove fra i densi ciuffi si acquattano le lepri e le coturnici; dove nei terreni mollicci e acquitrinosi pasturano le beccacce; dove fra l'alto fieno e le messi mature abbondano le quaglie. È facilissimo trovare di siffatti cacciatori in campagna; sono persone sommamente pazienti, come devono essere i cacciatori; hanno occhio di falco che guarda fermo e fiso nel bagliore del sole e vede chiaro fra le brume crepuscolari; conoscono ogni più minuto costume della selvaggina, sono consumati in ogni arte, in ogni astuto chiapperello da cacciare e da uccellare; imitano tutti i canti degli uccelli, con la bocca, con fischietti e pispole; e con le quagliere rifanno a perfezione il chioccolare del merlo, lo zirlare del tordo, il trillare delle allodole, lo squittire dei fringuelli. Sono sopra tutto prudenti; dove sono essi non succedono disgrazie. Per questo una compagnia di cacciatori e cacciatrici non troppo pratici, non devono mai partire di casa senza una guida. Le signore che prendono parte a questo divertimento, badino di non guastare il piacere altrui con subite stanchezze, e paure ed anche chiacchiere e risate squillanti, o grida di pietà che possono compromettere il buon esito della caccia. È per esse un dovere di cortesia di misurare la proprie forze fisiche e morali prima di mettersi con la brigata. Gli uomini si mostranno verso le signore correttissimi negli atti o nelle parole; la gioia di un tiro felice, o la stizza d'uno fallito, non strapperanno loro esclamazioni che assomiglino a moccoli volgari. E si guarderanno dalla pecca comune a quasi tutti i cacciatori, di contar frottole, di portare a' sette cieli l'abilità del proprio cane, la eccellenza del proprio fucile. Cacciatori e cacciatrici abbiano l'avvertenza di tenere sempre il fucile con le canne rivolte in alto o verso terra; non mai orizzontalmente; e di scaricare il fucile quando devono attraversare qualche fosso o passare muri, stecconati e siepi.

Pagina 359

L'argomento dei baci non è argomento d'igiene; diremo solamente, che sotto il riguardo dell'igiene, il bacio dovrebbe essere riservato solamente ai pochi casi in cui è santo, bello ed opportuno. « Si abolisca il bacio convenzionale di cui si fa cosi largo abuso nel mondo latino, il bacio di società, umido contatto di labbra che abbondano di microrganismi, di mustacchi impegolati di cosmetico o colla pomata ungherese. L'Ufficio della salute di New Jersey ha già diramato una circolare per l'abolizione definitiva del bacio a benefizio della immunita della tubercolosi e dalla difterite ».

Pagina 363

Il successo nella vita. Galateo moderno.

175847
Brelich dall'Asta, Mario 1 occorrenze
  • 1931
  • Palladis
  • Milano
  • Paraletteratura - Galatei
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Ciò li obbliga a portare il colore nel quale più abbondano; oppure quello nel quale sono più forti: perchè converrebbe preferire 41 di un colore a 44 di un altro; oppure: la quinta non verrebbe fatta, pure essendovi, trovando più vantaggioso avere i suoi 41 in una sola carta. Può fare una quinta maggiore ed il punto, e servire a vincere le carte, ciò che non si potrebbe fare, invece, contando i 44, a meno che non si fosse rimpiazzato lo scarto con carte straordinarie. Per giuocare un gran colpo, bisogna farlo in modo diverso di quando se ne giuoca un piccolo. Dando un colpo maestro, si deve abbandonare assolutamente la sostituzione delle carte, che è molto incerta; invece, volendo giuocare un piccolo colpo, è utile lo scarto: perchè deve migliorare le carte sostituite a meno che non si tratti di carte le più opposte al giuoco, o di minimo valore. Scartando, si deve ancora cercar di fare i quattordici. Si chiamano 14, l'insieme dei 4 assi, 4 re, 4 dame, 4 fanti; e, favoriti dal 14 d'asso, se ne può contare uno ben più basso, come quello di dieci, quantunque l'avversario ne abbia uno di re, di dame, o di fanti; perchè il quattordici più forte annulla il minimo. In mancanza del quattordici, si contano 3 assi, 3 re, 3 dame, 3 fanti o 3 dieci. Si noti che 3 assi valgono più di 3 re e che il più piccolo quattordici impedisce 3 assi, col favore di un quattordici, si contano non soltanto altri quattordici minimi; ma anche 3 dieci, ed altri 3, purchè non siano di 9, di 8, o di 7, quantunque l'avversario abbia 3 di un valore superiore. Un po' d'esercizio renderà famigliare questa regola, che sembra tra le più difficili del giuoco. Lo stesso s'ha da praticare in rapporto alle ottave, settime, seste, quinte, quarte e terze, alle quali un giuocatore, che fa il suo scarto, deve pensare a fine di procurarsene colla sua rientrata di carte. Questo studio è ciò che di più bello ha il giuoco di cui si tratta. Nel capitolo seguente è indicato il valore e il numero delle carte; ciò che servirà a far conoscere ai giuocatori poco esperti quali carte sia meglio e più vantaggioso di conservare e quali da scartare.

Pagina 348

Le belle maniere

180235
Francesca Fiorentina 2 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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SPESSO noi con la parola virtù accompagnamo l'idea d'un atto difficile, raro, faticoso; perchè la virtù che maggiormente attira la nostra attenzione è quella in cui abbondano il vistoso e il teatrale. Il soldato che muore sul campo di battaglia con la bandiera stretta al cuore; il pompiere che si getta tra le fiamme per salvare una vecchia o un bambino; il cittadino che affronta la corrente per trarre uno che sta per affogare; la donna che, durante un'epidemia o in tempo di guerra s'arruola nelle file degl'infermieri:ecco le azioni che colpiscono e passano sotto il mome d'eroismi. Se mi fosse permesso un paragone forse poco reverente, io direi che questi fatti stanno ad altri fatti più piccoli ma ugualmente eroici, come le pezze di stoffa, esposte in vetrina alla contemplazione de'passanti, stanno agli scampoli, riposti in un cantucio del negozio, ma spesso più utili perchè costan meno e fan per tutte le borse. E io sto per gli scampoli. Un atto splendido d'ardire e di forza ha un immediato compenso nell'applauso della folla, nella strombazzatura de'giornali, nella più o meno effimera gloria, nell'entusiasmo stesso che accompagna lo scatto spontaneo di chi opera; ma quante altre azioni che si compiono nel silenzio e nell'oscurità, talvolta nella tristezza, richiedono un sacrifizio di sè più difficile perchè più lento, più duro perchè più tenace, più triste perchè più valutato. In un raccontino, che molte antologie accolgono perchè assai morale, s'addita come prova di grande abnegazione l'aver salvato un nemico addormentato sull'orlo d'un precipizio: azione grande e meritoria, ma inferiore a cert'altre che, pur essendo sotto gli occhi di tutti noi, spesso ci sfuggono perchè al bene che c'è attorno troppo facilmente ci adattiamo come a un morbido cuscino su cui ci appoggiamo e del cui beneficio non ci accorgiamo che quand'esso viene a mancare. Chi di noi non ha una sorella, una madre, una zia che compia serenamente, semplicemente, un'azione sublime in ogni gesto, in ogni sguardo, in ogni parola, perfino in ogni silenzio? Sicuro! Mordersi le labbra per non lasciarne sfuggire una maligna frase che le solletica; dare un conforto agli altri quando noi ne avremmo un bisogno più prepotente; rivolger uno sguardo benevolo a chi ci ha offeso; toccare qualcosa che ci repugna; nascondere la ribellione, la stizza, tavolta lo schifo; dir di no a un nostro vivo desiderio per fare ad altri un dono utile o caro; sopportare cortesemente la compagnia d'una persona antipatica o il borbottio d'una vecchia bisbetica; rinunziare a una passeggiata, a un divertimento per trattenersi al letto d'un malato; vincere la repugnanza per accostarsi a una piaga; superare un nostro capriccio; riescire ad amare chi poco fa si odiava: ecco la serie delle piccole virtù, che non ha fine, perchè non si può finire mai d'esser buoni, se si vuole che la bontà abbia merito presso la nostra coscienza e presso Dio. Le grandi virtù sono come gli abiti che s'indossano i giorni di festa, per un battesimo o un matrimonio, ma che poi si ripongono nell'armadio, e neppur si fa conto d'averli; le piccole virtù sono simili a que'vestitucci modesti e lindi che van bene al mattino come alla sera, per la spesa e per la scuola, e anche per una visituccia a una persona di confidenza:a que' vestitucci di cui si dice con sodisfazione, guardandoli teneramente: "Che buon uso m'ha fatto! "E non ci si risolve mai a metterli in disparte. E ora pensate, figliole, che il galateo - quale ho preteso di consigliarvi finora - non è che l'insieme di tutte queste piccole virtu perchè tale galateo non è che la pratica del rispetto dovuto a noi e agli altri, perchè la trascuranza di esso nasce per lo più dall'egoismo che ci fa operare come se gli altri non esistessero, perchè chi segue letteralmente il galateo senza intenderne l'intimo significato, senza nutrire i sentimenti di gentilezza vera, di compatimento, di benevolenza, di carità in esso racchiusi, ostenta ma non esercita la cortesia e perciò, invece che civile, riesce un impostore.

Pagina 261

Poichè abbondano le opere dedicate alla donna di casa, alla sposa, alla madre, ci voleva il libro delle giovinette che frequentano la scuola, il libro che esponendo la loro vita interiore ed esteriore, si mettesse accanto ad esse a risvegliar pensieri, suggerir considerazioni, proporre giudizii, con una moralità emergente da tutta la tessitura delle notizie, con una eclettica varietà di forme e con un linguaggio italianamente puro. Questo difficile compito venne assunto dall'A. signora fiorentina di nascita e nutrita di buoni studi, conoscitrice amorosa della gioventù alla quale dedica, nella Scuole medie, un po'del tempo lasciatole libero dalla famiglia; il suo nuovissimo «Cercando la via. . . »sarà letto con piacere e con profitto da tutte le giovinette d'Italia, che vi troveranno sapientemente alternate scene della vita e della scuola, pensieri, considerazioni sul costume, novelle, poesie, ecc. La voce del Cuore, Mestre, 1 - 3 - 1915. Di questo libro che meritò una così lusinghiera accoglienza dal pubblico e tanti favorevoli giudizi di persone autorevoli, si è già parlato con lode su questo giornale. Siccome però il bene che esso può fare al cuore ed alla mente di tante fanciulle ci pare grandissimo, sentiamo il bisogno di ricordarlo ancora, raccomandandolo a quelli che possono farlo conoscere e diffonderlo in mezzo alla gioventù femminile. Porta, come motto, sulla copertina i dolci versi di Dante: . . . . e vo movendo intorno le belle mani a farmi una ghirlanda (PURG. XXVII). E una bella ghirlanda si formeranno davvero le giovinette, che sapranno trarre da questo libro, e serbarli gelosamente per la vita, gli insegnamenti buoni e i nobili sentimenti dei quali è così ricco. La forma semplice, elegante e varia, ne rende la lettura oltre che eminentemente efficace per l'educazione, dilettevole e cara. Se dovessimo consigliare un bel dono da offrire ad una fanciulla non esiteremmo a consigliare Cercando la via. Giornale di Parma, 8 - 4 - 916. E un buon libro, scritto con alto intelletto di amore. Si direbbe di una mamma, tanto vibra in tutte le pagine di quella tenerezza sollecita di affetto che solo sa dare il fatto della maternità. E la vita di un anno, vissuta con giovinette che frequentano le scuole superiori. La scrittrice entra con loro nella classe, nel collegio, le accompagna nella strada fra la casa e la scuola, per sentirne, provarne le ansie e le speranze, per godere di qualche loro virtù per sorprendere qualche loro difettuccio, e, con loro, cercare il mezzo di corregerlo. Per farsi vedere di buon occhio racconta anche qualche novella; novelle di fattura squisita, piene di una sincerità amabile e delicata. Cercando la via. . . è uno di quei libri che hanno tutto l'interesse di un piccolo romanzo, e la utilità di un trattato di educazione. Non alla vita fantastica che seguono tante, la scrittrice vuol preparare le giovinette:ma alla reale, a quella vita che è dovere. Libertà, Sassari, - 10 - 4 - 1915.

Pagina 283

Il saper vivere

186940
Donna Letizia 2 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
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Fiori no, ché in campagna abbondano e sarebbero superflui. Il regalo non sarà offerto immediatamente all'arrivo, ma appena aperte le valigie. Quando gli viene chiesto cosa prende la mattina per colazione, l'ospite non dichiara: « Spremuta di pompelmo e yoghurt», ma assicura che gli vanno egualmente bene caffelatte o tè. La padrona di casa risponderà che anche per lei l'uno o l'altro non fanno differenza, e a questo punto l'ospite, che forse non ama il tè, per lo meno a quell'ora, dichiarerà la sua preferenza per il caffelatte. Non è ammesso uscir di camera, passata l'ora del bagno, in bigudini e veste da camera. Il signore non si presenta in maniche di camicia in sala da pranzo. Adeguerà il suo abbigliamento a quello del padrone di casa. Se la cameriera chiede quale abito debba essere stirato non se ne indicano tre o quattro, ma solo quello che si desidera indossare. Non si trasforma il bagno in una stanza da bucato stendendo ovunqui i nylons lavati. Meglio portare qualche capo di biancheria supplementare e metter via, man mano che ci si cambia, gli indumenti usati. Un paio di calze o di guanti potrà tuttavia essere lavato dall'ospite e steso sul porta-asciugamani. Se il soggiorno è prolungato e la cameriera chiede se si ha qualcosa da lavare, si può consegnarle camicia da notte, sottovesti, ecc. Ma sempre con moderazione.

Pagina 135

Pare impossibile che queste cose abbiano a esser dette, eppure in nessun Paese quanto in questo nostro (che si vanta di esser depositario delle più antiche tradizioni di civiltà) abbondano i segni, piccoli e grandi, di un sistematico, gratuito vandalismo. Chi prende possesso di un appartamento non è tenuto a presentarsi ai vicini, e tanto meno ad aspettarsi che sian loro a presentarsi. I migliori "condomini" son quelli dove ogni inquilino ignora, normalmente, il proprio vicino. Ho scritto "normalmente" perché può darsi che la signora della porta accanto abbia il telefono guasto e venga a chiedere il permesso di usare quello nostro: sarà subito accontentata e si spera che abbia il buon gusto di esser breve e di non allungare il collo, mentre telefona, verso una porta semiaperta, né di sfogliare il libretto dei numeri telefonici, sul tavolino. Se accade che annaffiando il terrazzo si inondi l'inquilino del piano di sotto, non ci si ritira precipitosamente, ma ci si profonda, invece, in scuse mortificatissime che smonteranno subito il suo malumore. Una mancia mensile al portiere, anche modesta, è sempre consigliabile e, passando davanti alla guardiòla, non si dimenticherà un cortese saluto: i portieri sono delle Divinità potenti e vendicative di cui conviene garantirsi la benevolenza, anche se vi consegnano un telegramma con due giorni di ritardo e alle vostre obiezioni rispondono (come è accaduto a chi scrive): "Non vedo proprio perché se la prende tanto... Dopo tutto era solo un telegramma di auguri!"

Pagina 205

Galateo per tutte le occasioni

188033
Sabrina Carollo 1 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
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Questo è uno dei motivi per cui nelle chat abbondano comportamenti aggressivi. I fraintendimenti sono all'ordine del giorno. Non aggravateli. ✓ Evitare di mandare messaggi di prova per verificare il funzionamento del software: a questo scopo esistono dei gruppi appositi. La posta elettronica è come quella cartacea, dunque non si fa leggere ad altri. Non pubblicate mai messaggi personali. Leggere sempre le FAQ (Frequently Asked Questions) relative all'argomento trattato prima di inviare nuove domande, per evitare di farsi dare di stupidi, principalmente. ✓ Vietato fare spamming, ovvero mandare messaggi pubblicitari o catene inutili. SPAM sta per Stupid Person AdvertiseMent (pubblicità fatta da persone stupide), dunque siete avvisati. ✓ Anche l'intolleranza verso chi commette errori di grammatica è al bando. Vero è che ognuno deve cercare di scrivere al meglio delle proprie capacità. ✓ Scrivere in maiuscolo equivale ad alzare il tono di voce, dunque non fatelo. Per sottolineare un concetto o una parola si usa racchiudere il termine tra asterischi. ✓ Non si devono utilizzare caratteri accentati, perché in altri sistemi possono non venire letti. Si usa l'apostrofo al loro posto. ✓ Le battute di spirito e l'ironia in generale vanno accompagnate da un emoticon, ovvero una di quelle faccine ottenute dalla punteggiatura, che consentono di intuire il tono con cui una frase viene scritta. ✓ La firma in fondo al messaggio deve essere breve e sintetica. Evitate la lista di titoli e definizioni. Internet è il regno della democrazia. ✓ La rete è principalmente uno strumento di lavoro, dunque evitare i messaggi inutili, frivoli o di carattere personale, e dunque non di interesse generale, a meno che non sia espressamente indicato dal genere di scambio. ✓ Gli scambi di materiale pesante intasano il traffico di rete, dunque programmarli in orari diversi da quelli di massima operatività (per esempio di notte), tenendo presenti le eventuali differenze di fuso orario. ✓ Accertarsi che chi riceve un allegato pesante sia in grado di scaricarlo. Non tutti hanno lo stesso tipo di linea, e per alcuni potrebbe essere un problema ricevere file di dimensioni troppo grandi. Non scrivere messaggi in HTML. Sono inutilmente ingombranti, oltreché non leggibili da tutti. ✓ Rispettare brevetti e/o vincoli di utilizzo del materiale che si raccoglie in rete. Violare la sicurezza di archivi e computer della rete, violare la privacy di altri utenti della rete, leggendo o intercettando la posta elettronica loro destinata, compromettere il funzionamento della rete con virus costituiscono dei veri e propri crimini elettronici e come tali sono punibili dalla legge.

Pagina 231

Dei doveri di civiltà ad uso delle fanciulle

188453
Pietro Touhar 1 occorrenze
  • 1880
  • Felice Paggi Libraio-Editore
  • Firenze
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Oggidì nelle conversazioni abbondano le persone che fanno sfoggio di spirito con più o meno gradevole motteggiare. Il che, a dir vero, è merito meschinissimo; e chi si lascia sedurre dalle facili palme raccolte co' suoi frizzi nel primo incontro, giunge presto a dimenticare quei delicati riguardi e quella squisita civiltà nei modi e nel favellare, in cui soltanto risiede la vera amabilità del colloquio. Qui sono da sfuggire massimamente gli equivoci, le ambiguità, i giuochi di parole che recar potrebbero offesa al pudore; e infatti le persone bene educate se ne astengono rigorosamente, e mostrano di non intendere o si studiano di distornarne l'attenzione degli altri, se un insolente o uno sciocco si fa lecito di proferirne in loro presenza. Per una donna, e molto più per una fanciulla, sarebbe sconvenienza biasimevolissima il sorridere a cotali allusioni, e peggio poi se ella stessa ne ripetesse o ne immaginasse. Taluni hanno, per così dire, nella memoria un magazzino di aneddoti, di barzellette, di facezie, e con ogni maggior premura si danno attorno per condirne la conversazione; cosa non tanto facile a volerla fare con garbo, e che poi in sostanza non merita la gran fatica che loro costa; chè il far ridere la brigata non procaccia lode nè estimazione. Vero è che una barzelletta leggera ed a tempo suole ravvivare il colloquio illanguidito; ma è da por mente anzitutto che la facezia non deve ferire persone di poco spirito, le quail sono sempre disposte ad aversene a male, prendendo per canzonatura o disprezzo lo scherzo più innocente sul conto loro. La vera civiltà ha suo fondamento nella benevolenza, talchè se voi dimenticate questa massima capitale, per poco anderete spesso a rischio di mettere il piede in fallo. Malissimo operereste con imitare coloro che sono sempre pronti a pungere le persone incapaci di rendere loro pan per focaccia. Abili a cogliere in fallo or questo or quello, ne fanno spiccare il ridicolo, e possono per qualche istante sollazzare le teste deboli; ma le persone di buon senso non daranno mai il loro suffragio ai buffoni. Molti poi hanno la manìa delle citazioni; essendo scarsi di spirito fannosi eco di quello degli altri, e ne sono prodighi dispensatori in ogni colloquio. Per mancanza di perspicacia spesso sciupano i detti più arguti, gli aneddoti più graziosi col non saperli nè adattare nè riferire; si presumono di dilettare, ed annoiano; e se anco qualche cosa di grazioso riuscisse loro di proferire, vi aggiungono poi tante sciocchezze che ogni diletto sparisce. Non vogliate dunque esporvi ad essere annoverate fra i noiosi. Certo una citazione breve, bene scelta, fatta a tempo riuscirà gradevole, ma è sempre necessario usarne sobriamente, e non affettare erudizione di scuola, nè venir fuori con paroloni scientifici e cavati da lingue straniere. Del rimanente l'accortezza e il buon gusto vi sapranno tener lontane dall'abuso del quale parliamo. Dobbiamo: Astenerci dal parlare sotto metafora Sotto metafora, dando alle parole altra significazione che la loro propria. soprattutto quando vi possa essere il rischio d'offendere la decenza, non badare agli equivoci che da altri venissero proferiti; non rilevare con ironia gli errori che a taluno potrebbero sfuggire nel colloquio; non fare uso studiato in conversazione di erudizione scolastica e di parole pertinenti alle scienze. Non dobbiamo: Fare abuso di motti spiritosi nel conversare; molestare con scherzi o canzonature nessuno, e molto meno le persone di poco spirito o che hanno qualche debolezza; ripetere a sazietà, ancorchè siano piacevoli, le cose dette dagli altri.

Pagina 110

Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

188681
Pitigrilli (Dino Segre) 1 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
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Nel caso che il libro sia di una donna, si cerchi un verso che contenga una stella, non sarà difficile trovarlo : le donne nella realtà non sollevano mai gli occhi al di sopra di un metro e cinquanta, l'altezza delle vetrine (se non ci fossero le cartoline illustrate, nessuna donna si sarebbe mai accorta dell'esistenza della Torre Eiffel, del Colosseo, dell'Empire State Building e delle Piramidi), ma nelle loro liriche abbondano in stelle, da dar fondo alla Via Lattea e agli altri sessanta milioni di Galassie fino a oggi conosciute. Ogni tre versi si accende una stella. Allora voi scrivete: «Ah, quella vostra imagine: io sono una stella...». La mia strategia è consigliabile quando si ha la certezza che l'autore (o l'autrice) non vorrà sapere di più. Se invece il criminale della penna domanda quale è, secondo noi, la lirica migliore, si può ricorrere alla formula di Madame de Sévigné, a proposito delle favole di La Fontaine: - Il vostro libro è un canestro di ciliege; se si volesse scegliere le più belle, il canestro si vuoterebbe. Risposta che, in gergo diplomatico, si chiama «fin de non recevoir». Attenzione! E' però antidiplomatico pretendere di autenticare la sincerità degli elogi, insinuando una critica su un particolare trascurabile; per esempio : « Il vostro libro è un capolavoro; dopo l'Iliade e l'Odissea non si era letto nulla di più grandioso, ispirato e drammatico; però a un certo punto siete incorso in una ripetizione, avete usato come transitivo un verbo intransitivo, avete messo al singolare il nome e al plurale l'aggettivo... » Sarebbe questo un grave errore per parte vostra: il poeta vi dimostrerebbe che quella ripetizione è voluta, che le ribellioni sintattiche sono effetti sapientemente calcolati e che la discordanza grammaticale un elettrochoc che il poeta ha voluto dare all'io interiore dei borghesi. Fontenelle, dall'altezza dei suoi novant'anni, della sua celebrità e della sua posizione alla corte dei Re di Francia, poteva permettersi di sentenziare: «Quando dovete giudicare dei versi; ditene male, senza aprire il libro; novantanove volte su cento la indovinate»: ma noi che viviamo in regime repubblicano non possiamo permetterci questa libertà, ed è perciò consigliabile dire sempre bene. Il segretario di Anatole France racconta che un giovane poeta andò a far visita al Maestro, e gli domandò se aveva letto il suo volume. - L'ho letto, e per darvene una prova, vi dirò che la lirica più bella è a pagina 84. Il giovane, sfavillante, si volse ai presenti: - E' vero. E' appunto a pagina 84 che c'è la mia lirica migliore. Quando il giovane vate fu uscito, qualcuno domandò ad Anatole France: - Ma quel libro lo avete letto? - Io no - rispose France. - E allora come avete fatto a indovinare che la più bella lirica è a pagina 84? - Ingenuo! Qualunque pagina avessi detto, avrei indovinato, perchè per un poeta ogni lirica sua è la migliore. Ai «giovani letterati», anche se hanno cominciato a scrivere sul tardi, all'età in cui invece della soglia del Tempio farebbero bene a varcare quella dell'Ospizio, si deve profetizzare un luminoso avvenire. Il loro primo libro segna una data nella storia del pensiero. Però - si deve raccomandare in tono supplichevole - bisogna scriverne subito un altro. Tanto più che il manoscritto è pronto. Ma non si parli mai del «secondo» libro. Quando un letterato ha scritto un libro, questo è il libro, è «il mio libro»; ma quando ne ha scritto due, questo non è più il secondo, ma l'ultimo. - Hai letto il mio ultimo libro? Bisogna rispondere di sì, e affermare che segna un sensibile progresso sul primo, guardandosi bene dal dire che il primo era incompleto e lasciava il lettore in sospeso. Anche il primo era la perfezione delle perfezioni. Però il secondo (il Suo ultimo libro) è un'altra cosa: è un complemento, uno sviluppo, un superamento. «Superamento» una parola che dilata il torace ai poeti. Non si commetta mai la gaffe di dire che l'ultimo libro non è il migliore, e che era meglio quell'altro, anche se l'opera omnia del letterato supera i 150 volumi. I letterati sono come le vecchie cantanti ridotte a figurare nel coro della Traviata nel teatro Sociale di Benevento. Vogliono sentirsi dire « Non hai mai cantato «Libiam nei lieti calici» come questa sera ». Qualora si abbia interesse a legarsi il poeta per la vita e per la morte, conviene studiare a memoria due sue parole, e infilarle nella conversazione quando meno il poeta se lo aspetta. Voi raccontate, per esempio, che un cane ha morso il portalettere. Dite: - Il portalettere, questo messaggero della Fatalità, come dice il nostro poeta... Le «pensioni» del Re Sole e le borse di monete d'oro che Mecenate e i Medici buttavano agli intellettuali di Roma e di Firenze erano pugni di fichi secchi al confronto di una citazione ben collocata. Il poeta da quell'istante penserà che siete il critico più avveduto del mondo e della storia, da Aristotile ai giorni nostri, e si presterà a giurare il falso per voi in tribunale e a spaccarsi le arterie dell'avambraccio il giorno che avrete bisogno di una trasfusione di sangue (in questo dannato caso però vi consiglio di non rivolgervi a un poeta). Se questo è il metodo da seguire con i letterati di scarto, con i letterati di valore la condotta è diversa. Il sistema meno impegnativo è collocare i loro libri bene in vista negli scaffali e non parlarne mai ai loro autori. Alphonse Karr si lagna delle persone che vengono «a lodarvi preci- samente per ciò che voi, autore, trovate detestabile in una delle vostre opere, o vi confondono con un altro». A una mia ammiratrice di Buenos Aires che pretendeva di aver letto tutti i miei libri domandai quale le era piaciuto di più. Dopo un lungo momento di perplessità mi rispose : - Le Mille e una Notte. Quando si ha la fortuna di vivere al di fuori del mondo delle lettere e di fare qualche cosa di più utile alla alla patria, alla società, all'industria o all'agricoltura, è raccomandabile la risposta che un droghiere parigino, nel febbraio 1830, qualche giorno dopo la battaglia per l'Hernani, diede a una masnada di studenti decisi a strappargli un giudizio su quel dramma, che segnava la nascita del Romanticismo, dichiarandosi per la scuola classica o per la scuola romantica. - Je suis épicier - rispose; cioè io sono droghiere.

Pagina 80

Nuovo galateo

189860
Melchiorre Gioja 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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I beni comunali abbondano ove l'agricoltura è meschina i beni comunali scarseggiano ove l'agricoltura é florida, e quindi il diritto di proprietà prevale.

Pagina 149

Signorilità

198050
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 1 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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Passiamo ora alla spesa giornaliera necessaria per la cucina, sempre per la stessa famiglia di cinque persone, una domestica fissa e una ad ore: 2 chili di pane L. 4,00 1 litro e 3/4 di latte L. 2,50 Carrie o pesce di modesta qualità per i due pasti principali, o uova nella stagione in cui le uova abbondano L. 13,00 Legumi o verdura sana (specialmente patate, e non certamente primizie), o salse L. 2,50 Varie (spezie, sale, soda, aceto ecc.) L. 1,00 Condimenti L. 3,50 1 litro di vino L. 2,5o 600 grammi di risoL. 1,40 600 grammi di maccheroni (o equivalente) L. 1,70 Parmigiano L. 0,70 Dolce settimanale casalingo L. 5,60 divise in giornaliere L. 0,80 Gas o legna, curando molto l'economia L. 2,00 Totale L. 35,60 Siamo quindi alle 13.000 annue da spendersi pel vitto, previste nel bilancio. La distinta quindicinale presenta soltanto un arrosto di vitello o di pollo, del «rost-beaf», e del filetto una volta alla settimana, il dolce solo la domenica... perchè solo a queste condizioni di relativa modestia, evitando ogni spreco, e bevendo un sol dito di vino, si può rimanere nella cifra voluta. Avendo, però, compreso nel «menu» due chili di pane, una minestra giornaliera in brodo o un'asciutta o qualcosa di equivalente, c'è cibo a sufficienza. E non occorre essere una cuoca fine per cucinare in base a questa distinta: bisogna essere precise ed avere un buon trattato da consultare.

Pagina 42

Eva Regina

203767
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 2 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
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Non tutta l' arte è però coltivata dalla donna, che vi si dedica seriamente, con ugual misura, e mentre le scrittrici e le suonatrici abbondano, la pittura ha meno discepole, e meno ancora ne ha la scultura : nessuna, ch' io mi sappia, l' architettura. E più che verso la grande arte creatrice, dove sono poche quelle che giungono ad affermarsi con una personalità propria e a superare la mediocrità, la donna si rivolge verso l' arte che più le somiglia, quella che sente di più, e dove la sua fantasia poetica, il suo pensiero vago ed indeterminato possono con maggiore facilità esercitarsi e spaziare: l'arte decorativa. Anche certe raccoltine di versi, di novelle, di bozzetti, frutto d' immaginazione più che d'osservazione fedele del vero, che altro possono essere se non arte ornamentale? Ad ogni modo è sempre il primo gradino : certune lo valicano e proseguono l'ascesa, altre si fermano lì. Sono scarse le compositrici di musica, in Italia, almeno; tanto scarse che nel 1890 quando il De Gubernatis iniziò con idea genialissima un'Esposizione d'arte muliebre sotto gli auspicii della donna di Dante, dovette ricorrere ad una straniera per far musicare la cantata inaugurale. Per trovare un ingegno musicale femminile un po' notevole fra noi bisogna risalire alla seconda metà dell'ottocento e ripensare a Carlotta Ferrari di Lodi, allieva del Conservatorio di Milano, che giovanetta ancora compose versi e musica d' un lavoro melodrammatico : Ugo, rappresentato con fortunato successo in un teatro della capitale Lombarda. Scrisse poi Sofia, altro melodramma che rialzò, pure a Milano, le sorti d'una stagione teatrale. Compose anche Messe, tra cui, per onorevole incarico, la Messa funebre per le solenni esequie di Carlo Alberto a Torino, raccogliendo elogi e trionfi. Ma l' apice della sua carriera musicale, Carlotta Ferrari raggiunse con la sua terza opera: Eleonora d'Arborea che fece volare la sua fama oltre i confini della patria. Abbastanza recentemente ella conseguì col suo Inno di Santa Cecilia uno dei tre premi straordinari consistente in preziosi oggetti d'arte elargiti dalla Spagna per un grande concorso internazionale di musica a cui presero parte migliaia di concorrenti. Carlotta Ferrari è morta a Bologna, non sono molti anni. Fra le pittrici, per citare qualche nome, dirò d' Emma Ciardi appartenente a quella famiglia di pittori veneziani che ormai nelle esposizioni fa scuola a parte. Questa giovine artista, modesta quanto valorosa e laboriosa, pur derivando dalla nobile arte paterna, si è fatta uno stile e un genere a parte, pieno di delicatezza, di grazia, di pensiero e di dolce malinconia. Più d' uno dei suoi quadri ebbe l' onore d' esser scelto dai nostri sovrani per le loro private gallerie ; e recentemente a Londra, a Monaco, dove Emma Ciardi espose una ricca collezione dei suoi lavori in Mostre individuali, ottenne risultati finanziari assai soddisfacenti e lusinghieri trionfi. A Firenze vive e lavora Ernestina Orlandini nata Mack, tedesca di Hanow sul Meno, che l'amore e l'arte fecero italiana. I suoi ritratti hanno un pregio singolare e le procurarono molti premi. I maravigliosi fiori dei giardini di Firenze trovano pure in lei la loro interprete delicata e sincera. Nè voglio dimenticare Antonietta Fragiacomo che segue le traccie del suo illustre parente ; e Anita Zappa, milanese, autrice di studi all' aperto pieni di luce e di freschezza. La scultura femminile è rappresentata degnamente in Italia da Adelaide Maraini che nello studio del padre, lo scultore Pandiani, trovò, bimba ancora, la sua vocazione e il suo destino. Studiò a Brera,ma ancora più studiò da sè per sviluppare il suo vero temperamento. I suoi primi lavori avevano una gentile impronta mistica, e furono bassorilievi, fontane, sculture ornamentali. Andata sposa all' ingegnere Maraini di Roma sacrificò serenamente l'arte ai suoi dolci doveri, e per nove anni tenne chiuso lo studio per occuparsi soltanto dei suoi bimbi e della sua casa. Poi tornò alle sue creazioni di bellezza, con un' anima più matura e più forte. La prima grande statua modellata da lei: Saffo, inviata all' Esposizione di Parigi, e poi acquistata da Rotschild, le diede la rinomanza. Da allora le sue opere si moltiplicarono per emigrare candide e pure, nei giardini aristocratici, nelle gallerie, nei camposanti. Un giorno ella vide entrare nel suo studio di Lugano l'imperatrice Elisabetta, la grande dolorosa, che si portò seco nella silente villa di Corfù un' altra ispirazione di Saffo ; e più tardi anche una figura d'Aspasia trovò posto nell'Achylleion. Ora Adelaide Maraini vive a Roma fra la sua famiglia, nella pace gloriosa che segue una giornata nobilmente vissuta. « Benedetta questa donna — scrisse di lei una penna illustre — che è grande artista senza aver perduto nessuna delle tenerezze della madre; benedetta questa donna in cui il genio dell'arte non ha spento una sola delle più soavi femminilità di Eva ! » Possano tutte le artiste meritare simile elogio, smentendo la leggenda accreditata presso il volgo che le donne artiste amino l'eccentrico, il vistoso, l'esagerato, e prendano pose stucchevoli. Certo, fra tante, vi sono anche queste che si rendono ridicole per i colori e le foggie dei loro abbigliamenti, per le loro abitudini zingaresche, il loro linguaggio pieno d'affettazioni ; ma per amor del vero bisogna riconoscere che le artiste dei nostri tempi sono, in generale, signore e signorine che non differiscono nell'aspetto e nelle maniere dalle altre, con una nota di gusto più personale, un po' originale forse anche, ma che deriva dalla loro famigliarità con le cose belle ed armoniose ed è artisticamente giustificata.

Pagina 355

Il giornalismo, anche escludendovi la politica intorno a cui ancora le nostre donne non scrivono, coi suoi articoli brillanti o vibrati sul-l' attualità colta a volo, le sue polemiche, la sua critica, le sue riviste di mondanità, d'arte; nel suo riflesso costante, insomma, della vita che si vive, richiede temperamenti spirituali saldi, decisi, sintetici ; pensiero in attività costante e pronto a manifestarsi, facilità e celerità di comprensione : doti che non abbondano generalmente nella donna, forse perchè essa non attende a svilupparle, rivolgendosi di preferenza alla letteratura narrativa e di fantasia. E poi il giornalismo richiede un'assiduità di lavoro che non sempre la donna può dare, rivolta ad altre cure richieste dalla famiglia o dalla società. Il giornalismo costringe la donna ad una indipendenza di vita, di abitudini e di pensiero che molte volte la sgomenta, la fa rinunziare. In Francia, dove la vita intellettuale è più attiva, si ebbe alcuni anni fa una prova ben riuscita della capacità giornalistica femminile La Fronde diretta da M.me Sévérine, nota pubblicista parigina, era un grande giornale quotidiano, politico-sociale, interamente redatto da signore. Facevano gli articoli di fondo, la cronaca, s'occupavano di politica, di questioni sociali, di arte, di avvenimenti, di personalità, nè più nè meno degli altri principali giornali della capitale. E non solo la Redazione ma anche l'Amministrazione era interamente femminile, e nella tipografia ove si stampava La Fronde non si vedevano ai banchi e alle macchine che compositrici e operaie. Molte ragazzette erano incaricate della vendita del giornale. Queste donne indossavano tutte un costume verde-oscuro con ramicelli ricamati ai colletti. Era un vero alveare d' api laboriose. In Italia, qualche anno fa, solamente le riviste educative e i giornali per l' infanzia erano diretti da signore. Rammento la Rivista per le signorine fondata e diretta da Sofia Bisi Albini ; Cordelia diretta da Ida Baccini ; il Cuore Calabrese diretto da Raffaellina Giordano ; il Giornale dei fanciulli diretto da Emma Perodi ; Fanciullezza Italiana diretto da Anna Vertua Gentile. Ora, però, Sofia Bisi Albini, con mirabile abnegazione d' opera e di mezzi, ha voluto dare all'Italia una rivista che rispecchiasse nelle sue più nobili manifestazioni l'attività femminile contemporanea e vi è riuscita con la sua Vita femminile Italiana che è un vero modello del genere. Il femminismo ha pure adesso il suo giornale, nel foglio bimensile Il giornale per la donna, organo eccellente delle nuove idealità muliebri. E l'arte letteraria possiede Il Ventesimo pure fondato e diretto da una signora che ama nascondere la sua tempra virile sotto un nome d'uomo: Mario Clarvy. Un altro bell'esempio d'operosità femminile nel giornalismo fu quello della marchesa Vincenzina De Felice Lancellotti di Napoli, morta poco più che quarantenne, non sono molti anni. Essa fu una precorritrice del femminismo nel più nobile significato e fondò e diresse un periodico indirizzato alle donne e da sole donne redatto: Vittoria Colonna, nel quale esponeva istancabilmente le sue opinioni con virilità di pensiero e di parola, su qualunque soggetto, di scienza, di religione, di morale : e polemizzava con arguzia e logica stringente, avendo sempre di mira un alto ideale di progresso femminile. Tra le giornaliste più valorose e pugnaci che dedicano alla letteratura militante le migliori forze del loro ingegno accennerò a Donna Paola della Scena Illustrata : a Febea, a Mantea, a Paola Lombroso, ad Eva de Vincentis, Erminia Montini, Flavia Steno. Matilde Serao fa eccezione, giacchè oltre scrivere poderosi romanzi, pregevoli per arte e per osservazione della vita, dirige Il Giorno, uno dei più diffusi giornali di Napoli, nel quale scrive bellissimi articoli d' attualità e fa la critica d' arte e le cronache mondane. La feracità d' ingegno e l' attività della Serao sono davvero stupefacenti e superiori a quelli d' ogni altra scrittrice nostra.

Pagina 373

Il giovinetto campagnuolo II - Agricoltura

205750
Garelli, Felice 1 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • Paraletteratura - Ragazzi
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Dove abbondano, si tolgono almeno quelle che inceppano l'azione degli strumenti aratorii. Con le pietre levate dal terreno, se non vengono adoperate in altra maniera più utile, si rassodano le vie interne del fondo, o si fa un muro a secco di chiusura attorno alla terra da cui si levano. 2. Un terreno a superficie irregolare presenta molti svantaggi: nelle depressioni l'acqua ristagna; i rialzi sono aridi; difficoltà, e maggiore spesa di irrigazioni; difficoltà nei lavori, e minore utilità dei medesimi; diseguaglianza nella vegetazione; scarsità, e minor pregio dei prodotti. Si corregge con lo spianamento. Le bassure si colmano con lo sterro dei rialzi. Si spiana con l'aratro, o con la vanga; e il trasporto della terra si fa a braccia con la carriuola, o a tiro con carri. I lavori di sterro sono sempre costosi; ma il più delle volte il guadagno, che n'ha il terreno, supera di molto la spesa. 3. Per riempiere estese bassure, o ragguagliarne la superficie diseguale, in vicinanza di fiumi o torrenti, si ricorre con vantaggio alle colmate. Si derivano cioè le acque torbide, in occasione di piene, sopra il fondo, e anche vi si arrestano per mezzo di argini e chiuse, perchè vi depositino le materie, che trascinano con sè. Queste si chiamano colmate ordinarie, o di pianura. Si fanno altresì le colmate di monte, per abbassare poggetti; per colmare con la materia tolta a questi le forre, o i burroni adiacenti; e per convertire ripide balze, improduttive, in dolci e fertili declivi. Queste colmate si fanno con le acque di pioggia, dirette ed accompagnate dall'opera dell'uomo. DOMANDE: 1. È utile lo spietramento dei terreni ingombri di sassi? 2. Quali svantaggi presenta un terreno a superficie irregolare? - Come se ne fa lo spianamento? 3.Quando si ricorre alle colmate? - Come si eseguiscono? - Quali sono le colmate di monte? - E come si fanno?

Pagina 64

La giovinetta campagnuola

207965
Garelli, Felice 2 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • Paraletteratura - Ragazzi
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Non abbondano nemanco nelle terre irrigue, le più adatte alla produzione dei foraggi. Si ha quindi poco bestiame, e, sovratutto d'inverno, lo si tien magro, con razioni di fieno e paglia mescolate insieme, e misurate con mano avara. A stento si giunge alla primavera. Il bestiame che dalle fatiche estive si sarebbe rifatto col riposo invernale, scarsamente nutrito, invece di rimettersi in carne, mostra le ossa. Con tutto ciò da per tutto, per trascuranza, si perde moltissimo foraggio. Son pochi i prati in terra, e si trascurano i prati in aria, cioè le foglie di alberi e di arbusti, che crescono lungo i fossi, le vie, attorno ai campi. Son buone per foraggio, verde o secco, le foglie d'olmo, di vite, del gelso, del pero, del melo, del nespolo, del ciliegio, del fico, del tiglio, dell'acero, del pioppo, del nocciòlo, del rovo, del castagno, del salcio, del frassino, dell'acacia, del lùppolo, del viburno, del fico d'india. Aggiungi a queste le foglie del mais (granoturco), della barbabietola, della carota, del carcioffo, della rapa, del navone, del cavolfiore, che il buon coltivatore raccoglie con diligenza pel suo bestiame. Di tutto questo ben di Dio, quanto ne va sciupato per ignoranza, o trascuratezza! Quanto foraggio secco si avrebbe di più per l'inverno, e quant'altro bestiame si potrebbe mantenere, senza maggiore spesa, o soverchia fatica!

Pagina 122

Ma fa la scelta chi può; e tu non puoi: sulla tua tavola non abbondano i cibi. Pure con quello che è in casa, e si ricava dalla terra, si può vivere bene; senza golosità; senza spreco; e con vero guadagno di forza, di salute, e di lavoro. Ascolta dunque, o giovinetta, i miei consigli. Con sola polenta, solo riso, o sole patate, non si è nutriti abbastanza: questi cibi rimpinzano lo stomaco, ma un'ora dopo il pasto si è vuoti, e sfiniti come prima. Bisogna dunque mangiare un po' meno di tali cibi, e aggiungervi latticini, o una minestra di legumi, castagne, o pane, e, una o due volte la settimana, un po' di carne. Non è quel che si mangia che fa bene, ma quel che si digerisce. Per digerire facilmente i cibi, bisogna prima di tutto masticarli bene. Dunque non mangiare in fretta e in furia; non è buona creanza, e ti fa male. Mangia con moderazione d'ogni sorta di frutta. Bada, se vuoi schivar le coliche, e le indigestioni, di non mangiare pane ammuffito, carne che puzza, frutta acerba o mezza, legumi mal cotti, patate o rape colpite dal gelo, o in via di germinazione, castagne crude, o infortite, vino torbido o guasto, funghi sospetti. Bevi poco. Un po' di vino fa bene, specialmente agli adulti, e ai vecchi; dà vigore al corpo, rallegra il cuore, e lo spirito. Ma alla tua età se ne deve bere poco, annacquato, e ben di rado puro. Crescendo negli anni, e fino alla più tarda età, devi ancora berne poco, ma buono.

Pagina 62

Il giovinetto campagnuolo I - Morale e igiene

215373
Garelli, Felice 2 occorrenze
  • 1880
  • F. Casanova
  • Torino
  • paraletteratura-ragazzi
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Non abbondano nemanco nelle terre irrigue, le più adatte alla produzione dei foraggi. Si ha quindi poco bestiame e, sovratutto di inverno, lo si tien magro con razioni di fieno e paglia mescolate insieme, e misurate con mano avara. A stento si giunge alla primavera. Il bestiame che dalle fatiche estive si sarebbe rifatto col riposo invernale, scarsamente nutrito, invece di rimettersi in carne, mostra le ossa. Con tutto ciò da per tutto, per trascuranza, si perde moltissimo foraggio. Son pochi i prati in terra, e si trascurano i prati in aria, cioè le foglie di alberi e di arbusti, che crescono lungo i fossi, le vie, attorno ai campi. Son buone per foraggio, verde o secco, le foglie d'olmo, di vite, del gelso, del pero, del melo, del nespolo, del ciliegio, del fico, del tiglio, dell'acero, del pioppo, del nocciòlo, del rovo, del castagno, del salcio, del frassino, dell'acacia, del lùppolo, del viburno, del fico d'india. Aggiungi a queste le foglie del mais (granoturco), della barbabietola, della carota, del carcioffo, della rapa, del navone, del cavolfiore, che il buon coltivatore raccoglie con diligenza pel suo bestiame. Di tutto questo ben di Dio, quanto ne va sciupato per ignoranza, o trascuratezza! Quanto foraggio secco si avrebbe di più per l'inverno, e quant'altro bestiame si potrebbe mantenere, senza maggiore spesa, o soverchia fatica!

Pagina 104

Ma fa la scelta chi può; e tu non puoi: sulla tua tavola non abbondano i cibi. Pure con quello che hai in casa, e ricavi dalla terra, puoi vivere bene; senza golosità; senza spreco; e con vero guadagno di forza, di salute, e di lavoro. Ascolta dunque, o giovinetto, i miei consigli. Con sola polenta, solo riso, o sole patate un lavoratore non è nutrito abbastanza: questi cibi rimpinzano lo stomaco, ma un'ora dopo il pasto ti senti vuoto, e sfinito come prima. Mangia dunque un po' meno di tali cibi, e aggiùngivi latticini, o una minestra di legumi, castagne, o pane, e, una o due volte la settimana, un po' di carne. Non è quel che si mangia che fa bene, ma quel che si digerisce. Per digerire facilmente i cibi, bisogna prima di tutto masticarli bene. Dunque prendi i tuoi pasti ad ore determinate. Non mangiare in fretta e in furia; non è buona creanza, e ti fa male. Mangia con moderazione d'ogni sorta di frutta. Bada, se vuoi schivar le coliche, e le indigestioni, di non mangiare pane ammuffito, carne che puzza, frutta acerba o mèzza, legumi mal cotti, patate o rape colpite dal gelo, o in via di germinazione, castagne crude o infortite, vino torbido o guasto, funghi sospetti.

Pagina 88

Parassiti. Commedia in tre atti

231793
Antona-Traversi, Camillo 1 occorrenze
  • 1900
  • Remo Sandron editore
  • Milano, Napoli, Palermo
  • teatro - commedia
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Pagina 284