Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbisogna

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Nuovo galateo

190362
Melchiorre Gioja 6 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Accetta di buona grazia e senza smorfie, riserbandoti il diritto di mangiare sol quanto ti abbisogna, non quanto ti é dato; giacchè in nessun caso ti corre l'obbligo di esporti ad una indigestione per far piacere agli altri. Non farai passare ad altro convitato la vivanda, il liquore, il caffè che a te direttamente viene offerto dal padrone o da chi ne fa le veci; giacché altrimenti adoperando gli fai tacito rimprovero di violata convenienza o mancanza di riguardi. VII. Prendi quanto t'abbisogna in una sola volta, non a più riprese. VIII. Non mostrar predilezione particolare per una vivanda o per un'altra; né parlar molto di esse, il che sa troppo di sensuale e di voluttuoso. La storia non ha sdegnato di ricordare che l'imperatore Claudio, assistendo alle pubbliche aringhe in non so quale causa , interruppe gli oratori con un elogio della carne di porco, di cui era ghiottissimo. Un'altra volta l'odore d'un pranzo che da' sacerdoti Salii preparavasi nel tempio di Marte, essendo giunto alle sue narici, egli abbandonò il tribunale e andò a porsi a mensa con essi. IX. Non censurare le vivande, se non ti vanno a genio, o se qualche sbaglio successe per inavvertenza del cuoco. Certo Valerio Leone avendo invitato Cesare a pranzo in Milano, comparvero sulla mensa degli asparagi, nel condimento de'quali, in vece d'olio d'ulivo, altro olio era stato frammisto. Cesare ne mangiò senza dar segno d'essersi accorto dello sbaglio, e censurò i suoi amici che se ne mostravano offesi, dicendo loro che doveva bastare ad essi di non mangiarne, se ciò recava loro nausea, senza farne vergogna all'albergatore; e soggiunse che chi di questa inciviltà lagnavasi, dava prova d'essere più incivile egli stesso. X. Non scegliere i bocconi migliori , e soprattutto non istendere le braccia ai piatti più distanti. XI. Non magnificare i pranzi che ti furono dati in altra casa, essendo che il subito confronto può offendere il padrone. XII. Non movere sovente e senza bisogna i piedi o la testa da una parte o dall'altra. XIII. Tossire, sputare, pulirsi le nari, meno che sia possibile; e guardarsi bene di prendere tabacco. XIV. Non piegare il capo sulle vivande; ma solo un poco la testa quando dovrai portare alla bocca le cose liquide; e non imitare que' filosofi di cui parla Luciano, i quali s'abbassavano, e con tanta attenzione, sui piatti, come se vi cercassero la verità , e mostravano di volere

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Del resto, tale si é l'indole dell'uomo che d'occupazione abbisogna e di trastullo: l' uniformità lo annoia, la novità lo diletta. Gli ornamenti della persona sono una specie di trattenimento per lo stesso selvaggio: nel dipingere figure sul suo corpo, forse più al bisogno di sentire egli cede che al desiderio di piacere. Per le persone che la necessità non costringe a lavorare per vivere, crescerebbe la somma de'momenti noiosi, e quindi gli stimoli alla corruzione, se intorno a'loro abiti, a loro vezzi, a' loro gioielli seriamente non si occupassero. Se non che pria d' andare avanti confrontiamo le mode de'popoli selvaggi con quelle de'popoli inciviliti: siccome i primi vanno nudi o quasi nudi, cosi le loro mode modificano il loro corpo; i secondi andando vestiti, le loro mode cadono sui loro abiti. Le prime offendono la ragione e il senso comune, le seconde sono per lo più indifferenti, giacché si può tosto disfarsene allorché più non aggradano: ma quando, per es., si ha una volta schiacciata la testa come più tribù americane, non si può più rotondarla. In Europa non v'ha altra moda durevole contro natura fuorché quella di bucare le orecchie, giacché bucate una volta non é più possibile turarle, mentre l'uso di farsi la barba non ne impedirebbe la riproduzione cessando. Non si può dire lo stesso delle mode de'selveggi; quasi tutte sono crudeltà atroci che tendono a rendere la specie umana deforme e mostruosa: forarsi le cartilagini del naso, farsi delle aperture nelle labbra, incidersi profondamente le guance, allungarsi le orecchie tagliarne un pezzo in modo che si può introdurre due dita nel buco, accorciarsi il collo, comprimersi la testa al punto da renderla piatta o conica o sferica o cubica, strapparsi dei denti incisivi, farsi gonfiare le guance col mezzo di legature, schiacciarsi il naso, frastagliarsi tutta la perle del corpo, tagliarsi alcuni articoli dei diti ecc. ecc., tutto questo è ben altro che il portare oggi un cappello piccolo, dimani un grande, ora un abito da arlecchino ed ora uno da senatore.

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.° Non di rado la mestizia dipende da cause fisiche, e di fisici rimedi abbisogna. In questi casi mostrare d'accorgersi dell'altrui mestizia é accrescerla in vece di scemarla.

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.° E'una vera inurbanità essere largo di consigli o inutili o dubbi nell'effetto, o di effetto assai lontano, a chi essendo afflitto per miseria abbisogna di pronto sollievo.

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Siccome il rispetto ai magistrati favorisce l'obbedienza alla legge, e questa frutta vantaggio pubblico, quindi in tutti i tempi si procurò ai magistrati una somma di apparenze abbaglianti, di comodi, di preferenze, talchè l'idea del magistrato, senza staccarsi dall'idea della natura umana, più grande e a cosi dire più lucida apparisse agli occhi del popolo il quale abbisogna di sensazioni per giudicare. D'altra parte il rispetto essendo pe' magistrati un sentimento piacevole che allevia il peso delle loro fatiche, dispone il loro animo a subir queste per meritarsi quello ed accrescerlo. Quindi, anche nel massimo calore della libertà, Bruto dice a suo figlio nell'Alfieri:

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e getta qua la canna, là il cappello, più lungi la parrucca, ed abbisogna d'un quarto d'ora per rimettersi in carriera. 5.° « In camminando troppo dimenarsi disconviene; » nè le mani si vogliono tenere spenzolate, nè » scagliar le braccia, né gittarle, sicchè paia » che l'uomo semini le biade nel campo. 6.° » Sono alcuni che in andando levano il piede » tanto alto come cavallo che abbia lo spavento, » e pare che tirino le gambe fuori d'uno stato. Altri » percuotono il piede in terra si forte, che poco » é maggiore il rumore della carra ». In somma si debbono evitare tutti que'movimenti che essendo straordinari, ci espongono all'altrui, ridicolo, perché dimostrano o eccessiva pretensione o non comune negligenza.

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Nuovo galateo. Tomo II

194092
Melchiorre Gioia 5 occorrenze
  • 1802
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il militare che piú d'ogni altro abbisogna di piaceri rumorosi; il parassito che

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In un crocchio di persone che si stimano e si amano, cresce il sentimento della forza che in mezzo alle vicende sociali ci abbisogna. Ciascuno, conoscendo le disposizioni comuni, applica nella sua mente le forze altrui ai bisogni propri. La conversazione lo accerta che in caso di calunnia troverà degli apologisti; di rovescio, de' protettori; d'inesperienza, de' consiglieri; d'affanno, delle persone pronte a scemarlo partecipandovi. Questa persuasione abituale reagisce contro i vaghi timori che o nascono nell'immaginazione naturalmente, o dalle mosse de' nemici vengono prodotti. Probabilmente egli è questo il motivo per cui, ne' popoli che concedono molto tempo alla conversazione, non suole essere soverchia l'inquietudine sul futuro; se ne protrebbero trovare esempi a Venezia ed a Parigi.

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Chi legge, o per istruirsi o innocentemente intrattenersi, toglie sempre degli istanti alla corruzione, e talvolta le toglie de' capitali, per la compra de' libri di cui abbisogna. I gabinetti di lettura sono una conseguenza dello spirito socievole dello scorso secolo; si procura a tutti un mezzo d'istruzione con pochi soldi. Non tutti possono leggere tutti i libri; ciascuno è costretto a ristringersi nella sua sfera; ma nella conversazione i libri letti da uno, divengono mezzi d'istruzione per gli altri: in caso di bisogno egli vi dà in un quarto d'ora il frutto di dieci ore di lettura. II. Se nelle dispute che sogliono nascere nelle conversazioni, i due contendenti restano per lo più del loro parere, l'influenza delle dispute sulle opinioni non lascia d'essere reale; giacché 1.° Gli spettatori disinteressati formano il loro giudizio sulle ragioni allegate pro e contro da' disputanti. La voce, il gesto, il tuono di essi rendono, per così dire, più acuti i tratti del loro spirito e più profondamente nell' altrui memoria gl'imprimono; 2.° Quegli tra i contendenti che ha torto, e che nella disputa chiuse gli occhi alla verità, non conserva questa ostinazione, allorché riflette poscia di sangue freddo, e sovente s'accosta al sentimento che aveva combattuto. Intendo qui parlare delle persone di spirito e di buona fede; giacché gli spiriti falsi e vani, o gli uomini di partito, pè quali la conversazione è un'arena ove combattono da gladiatori, non aspirando di giungere alla verità ma di conseguire una apparente vittoria, questi non riescono nelle loro dispute che a raddoppiare il velo che ingombra il loro intelletto e a vie più nelle loro opinioni smarrirsi. III. In una conversazione generale, quegli che parla si vede cinto di una specie di uditorio che lo anima e lo sostiene: questa circostanza dà allo spirito maggiore attività, alla memoria maggior fermezza, al giudizio maggior penetrazione, alla fantasia de' limiti che non gli permettono di divagare. Il bisogno di parlar con chiarezza, lo sforza a dar qualche attenzione allo stile e ad esporre con qualche ordine le sue idee; il desiderio d'essere ascoltato favorevolmente, gli suggerisce tutti i mezzi d'eloquenza di cui la conversazione famigliare é capace. Quindi la conversazione é la prima e la migliore scuola per gli uomini che a parlare in pubblico si dispongono. All' opposto un uomo che vive solitario nel suo gabinetto, non stimolato a far passare le sue idee nell'altrui animo, non vedendosi avversari a fronte, non avendo obbiezioni da combattere, non impara forse giammai quest'arte delicata che sa convincere gli spiriti senza offendere l'amor proprio, e con bel garbo costringere l'altrui inerzia all'esame d'un pregiudizio, pungendola con qualche tratto piccante. Altronde sempre solo con sé stesso e senza oggetti di confronto; disposto a riguardare ciascuna idea che gli si presenta, come una scoperta; non mai esposto a queste piccole lotte di società che danno sì prontamente a ciascuno la misura delle sue forze, egli inclinerà a formarsi un'opinione esagerata de' suoi talenti e ad esporre le sue idee con aria imperiosa ed offensiva. Si può dire delle conversazioni ciò che Alfieri dice dei viaggi:

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E siccome nelle dette epoche o non esistevano giornali o ne era ristrettissimo il numero, e non lasciavasi eccessiva libertà alla stampa, perciò si scorge che il fanatismo non abbisogna di questi mezzi per giungere al massimo grado di ferocia. Sembra anzi che il segreto dà più forza al fanatismo, come la compressione dà più forza ai vapori; del che si vede una prova ne' notissimi Vespri Siciliani. Si può dire che le vane ciance disperdono la forza del fanatismo, come le spranghe frankliniane disperdono l'elettricità delle nubi: perciò noi temiamo i caratteri cupi e silenziosi, non temiamo i ciarlieri. III. Se l'accennata massima anticristiana è attualmente abbominata in tutti i paesi inciviliti; se tra tutte le passioni che i principi e i popoli possono temere, é distrutta la più feroce, ne ha il merito, almeno in parte, la filosofia, che difendendo i diritti della tolleranza, ha spezzato i pugnali del fanatismo religioso. A questa causa fa d'uopo aggiungere l'azione della legge generale già più volte ricordata, cioè che crescendo il numero delle affezioni, decresce la loro intensità. E' cessata a' nostri tempi la ferocia che alterava il sentimento religioso per le stesse ragioni per cui sotto lo sfregamento sparisco la ruggine che altera i metalli, per le stesse ragioni per GIOJA, Nuovo Galateo. Tom. II. 16 cui cessarono gli odii che disgiungevano le famiglie e si trasmettevano di padre in figlio ; per le stesse ragioni per cui é scemata l'intensità dell'amicizia e di tante altre affezioni delle quali ho parlato ne' capi antecedenti. Era necessario ricordare l'azione della suddetta legge generale, perché la calunnia appoggiata all'antica prescrizione, ha voluto attribuire alla filosofia l'idea di distruggere il sentimento religioso, dimenticando che quando Cartesio presentò al pubblico una nuova prova dell'esistenza dell'Ente Supremo, il protestante Voezio lo dichiarò ateo; dimenticando che quando una parte dell'orbe cristiano si staccò dalla Chiesa Romana, la rivoluzione fu fatta da miserabili teologi che credevano alle streghe,ed in cui il popolo non sapeva leggere; il che in buona logica dimostra la necessità di ricorrere ad altre cause e queste si trovano, per es., ne' gemiti di tante vittime sacrificate dal fanatismo, gemiti che risonano nell' animo de' popoli più ignoranti, ed in tanti delitti commessi a nome della religione che ti condanna, e che il semplice senso comune riconosce. In somma Fénélon faceva amare la religione; Ravaillac, Giovanni Châtel, Giacomo Clemente gli inquisitori la fecero detestare. Così la 2.ª edizione ; nella 3.ª fu modificato, e gli inquisitori l'avrebbero fatta detestare, se fosse stato possibile; lezione ritenuta nella 4.ª ma levataci la frase, e gl'inquisitori.

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Mostrare che degli altrui discorsi non perdete una parola, e che le affezioni risentite che il parlante tende ed eccitare, é dovere sì evidente, che d'ulteriori schiarimenti non abbisogna dopo quanto è stato detto nel libro primo.

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