Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbigliature

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La gente per bene

191846
Marchesa Colombi 7 occorrenze
  • 2007
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Saprà resistere alle fatiche delle lunghe corse, delle abbigliature mattutine, delle visite assidue alle chiese, ai musei? Ed i suoi gusti artistici? Cosa dirà di quel quadro? di quella statua? Che impressione le farà quella musica, quel dramma? Come saprà discorrere nell'espansione della vita intima? Capirà, gusterà le bellezze della natura? Avrà impeti entusiastici, calore d'ammirazione e quella dolce bontà indulgente che porta a vedere alla prima il lato bello e buono di ogni cosa? Ed avrà spirito d'osservazione, intelligenza critica, e carattere pieghevole? Oh, le delizie del viaggio di nozze! Avere innanzi a sè una lunga serie di giorni, completamente liberi da qualunque cura, all'infuori del proprio amore e delle proprie gioie. Andar incontro all'ignoto che si annuncia con tinte color di rosa, come il sole col crepuscolo! E sentirsi nell'anima la convinzione che inebria e riposa, d'avere un essere sulla terra pel quale siamo il primo pensiero, il primo affetto ed anche il primo dovere. E con quest'essere amante e caro, prendersi allegramente a braccetto, ed affrettarsi per le strade, unendo il passo e parlandosi con abbandono; e poter ripetere a se stessi: Abbiamo diritto d'amarci! Lo neghino pure i romanzieri, ma il diritto di amarsi alla luce del sole, senza menzogne, senza rossori, sarà sempre la poesia dell'amore. Ed a poco a poco si comprende che quelle ore di espansione e di delizia non sono più misurate dalla durata d' una visita; che si ripetono senza interrompersi, e si ripeteranno sempre, per un tempo lungo, infinito. L'ora del pranzo, l'ora del riposo non li separa più. Oh la dolce prosa della vita materiale! Sedere insieme ad una mensa d' albergo interrogandosi a vicenda sui propri gusti, confessando di aver appetito, mangiando allegramente - à la guerre comme à la guerre, - dandosi del tu presente una quantità di persone, pagando il conto colla borsa comune! Tutto il resto può parere un sogno poetico da menti innamorate; ma il primo pranzo all'albergo è pretta realtà. Dopo il primo pranzo soltanto gli sposi sentono che quella fecilità è vera, positiva, che le loro esistenze si sono congiunte per la vita vera, con tutto il suo corredo di spirito e di materia, di poesia e di prosa. E poi vi sono le ore in cui non sono soli: al teatro, al caffè. E nella piena libertà del viaggio da nozze rigustano il mistero d'una stretta al braccio, d'una mano presa furtivamente, del lungo sguardo appassionato che narra un'illiade di desideri, dello sguardo fuggevole e lampeggiante, che dà il fremito e l'ebbrezza d'un bacio. A traverso quel turbine di godimenti, in quel sogno di delizie, vedono azzurreggiare, in un prossimo avvenire la placida promessa d'una casetta tranquilla, dove saranno padroni e soli, e dove si vedranno sotto un aspetto nuovo, nell'uniformità della vita casalinga... È un'altra serie d'incanti, che promette loro quel dolce riposo dopo tanto movimento. I sentimentalisti che, pel culto delle memorie, hanno cominciato dalla fine e si sono isolati, hanno sacrificate tutte le immense dolcezze del viaggio e non le ritroveranno più tardi, perchè il viaggio di nozze è un frutto che fuori stagione non si gusta. È vero che non hanno disperse le memorie care negli alberghi, e le hanno gelosamente rinchiuse; ma son ben certi che, a lungo andare, non ci sia entrata la sazietà o la noia, a metterle in fuga come una nidiata di passeri? Per quell'affetto che m'ispirano le mie lettrici le consiglio, qualunque sia la loro età, il loro grado di agiatezza, non rinunzino al viaggio di nozze, anche a costo di qualche sacrifizio d'interesse, di qualche privazione. Tutte le felicità che potrà dar loro l'avvenire, non le compenseranno mai di quella immensa gioia perduta.

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Vi sono molte signore che, come hanno abbigliature di casa ed abbigliature per uscire, hanno pure un tono di voce, delle maniere, ed un'educazione di casa; ed altre di gala. E, pur troppo, quelle di casa sono rozze ed elementari come una vera tenuta di fatica. - Vuoi bere? domanda il marito a tavola. Si. No. Oppure porge il bicchiere in silenzio. - Dio! Quanto mi dà sui nervi questo tintinnìo della forchetta sul piatto! - Oh che noioso! risponde la signora, la quale avrebbe ai suoi ordini tutto un frasario di scuse, se, invece che a suo marito, avesse urtato i nervi ad un primo venuto qualunque. E sorbisce la minestra con un rumore da tromba aspirante. E, dimenticando completamente la regola severa del collegio, di masticar sempre a bocca chiusa, lascia sonare quei mcia mcia pastosi che rivoltano lo stomaco a chiunque ha la disgrazia di mangiare con lei. Se avrà invitati, o se andrà a pranzo fuori non lo farà; ma in famiglia! Alla famiglia s'ha diritto di rivoltar le budella, pur di fare i propri comodi. Sono queste signore che hanno inventata la frase volgare: - "In famiglia non si fanno complimenti." Perchè non se n'hanno a fare? Non è in famiglia che si deve amare più e meglio, che fra semplici conoscenti? Ed i complimenti non sono espressioni di sentimenti gentili ed affettuosi? Eppure quelle stesse signore non rifiniscono di curare la propria camera, di ammonticchiar materassa sul loro letto, e dicono: - Si può soffrire un cattivo letto in un albergo, perchè ci si sta qualche notte di passaggio. Ma dove s'ha da dormire tutta la vita, si vuole che sia comodo. Ebbene: i loro conoscenti le vedono soltanto di passaggio; ma è il marito che s'ha da sedere a mensa con loro per tutta la vita e per tutta la vita deve tenersele al fianco, e render loro mille piccoli servigi. Perchè non cercano di rendergli morbide le loro maniere, di appianare le asprezze del carattere, di addolcire la voce per lui, colla stessa cura con cui ammorbidiscono il letto a sè stesse? Dipende da loro che il matrimonio riesca un letto di piume, o un letto di Procuste. Se sapessero come le ingentiliscono quelle paroline di cortesia: Grazie ; scusa; quanto sei gentile ; non disturbarti, ecc., ecc. Senza contare che gli uomini, meno graziosi, per natura, inclinano sempre ad esagerare per proprio conto il grado di emancipazione dalla civiltà, che la moglie accorda a se stessa. E se lei riceve un favore senza ringraziarlo, e va a colazione spettinata, lui si crederà autorizzato a passeggiare per la casa in mutande ed a fumarle sul naso con una pipa di gesso; troppo fortunata ancora, se l'eta o la calvizie non gli suggerisce di beatificarsi la giornata colle delizie d'un berretto da notte. Una moglie, a meno che sia in una delle grandi situazioni sociali in cui una signora rimane quasi estranea alle modeste cure della famiglia, non deve mai affidare ad una cameriera nè ad altri la cura di sorvegliare Ia guardaroba di suo marito. Sarebbe dimostrargli un'indifferenza scortese. Non deve abusare della sua compiacenza offrendolo troppo per cavaliere alle signore che non hanno chi le accompagni, tanto più se la signora a cui lo offre non può ispirarle nessuna gelosia. Se crede di poterlo fare senza dargli noia, potrà dire: "Mio marito avrà il piacere di accompagnarla". Ma lascerà a lui la libertà d'insistere più o meno su quell' offerta. Nulla è più ridicolo di quelle mogli che dispongono così del marito come d'una proprietà e ne fanno il cavalier servente di tutte le signore che non ne trovano altri. Dovrà pure evitare di dargli certi consigli: - Da il braccio alla signora Tale. Oppure a tavola: - Versa da bere alla tua vicina. Avvisi salutari, senza dubbio, ma che fanno supporre che quella signora sia avvezza a vedere il marito mancar di cortesia, e perciò si creda in obbligo di suggerirgli le cose più elementari. Qualche volta dovrà farlo, se vede una vera mancanza; ma avrà cura di volgere la cosa in ischerzo, mettendola sul conto della distrazione e mostrandosene abbastanza stupita per non lasciar credere che quello sia il modo abituale con cui ii suo marito tratta le signore cominciando da lei. Sarebbe quanto dire: - Vedono che zotico ho sposato ! Se non foss'io ad insegnargli la creanza! Se una signora, entrando a far visita in una casa, vi trova suo marito, dovrà salutarlo porgendogli la mano, subito dopo aver salutati i padroni di casa e le altre signore, e prima d'ogni altro uomo. Se lui arriva in campagna o ai bagni dopo un certo tempo di separazione, e lei si trova ad accoglierlo alla presenza di altre persone, non eviterà per questo di corrergli incontro e di abbracciarlo; se non lo facesse mostrerebbe di vergognarsi di dargli una dimostrazione d'affetto. Ma dopo quella prima accoglienza dovrà subito ricordarsi dei doveri di cortesia e d'ospitalità, e presentare il marito alle persone che non conosce ancora, se ce ne sono o ad ogni modo lasciare che faccia i saluti e complimenti che crede, e non accaparrarlo tutto per se, e non domandargli particolari di famiglia di cui gli altri non sono informati o non si curano, e serbare le espansioni ed i discorsi intimi per più tardi, quando sarà sola con lui o in famiglia. Se il marito le offre un divertimento qualunque, una serata, un viaggio, l'accoglierlo con freddezza, il mostrarvisi indifferente per far pompa di gusti casalinghi, è una mancanza di tatto, che tende a diminuire il pregio dell'offerta ed umilia chi la fa. Qualche volta il marito approfitta del Natale, del capo d' anno, dell' onomastico, d'una festa di famiglia, per offrire in dono alla sposa un oggetto che avrebbe dovuto provvederle. Il farne l'osservazione sarebbe addirittura villano, come pure il calcolare sul prezzo della cosa offerta, e considerare quella spesa nel bilancio di famiglia. Un dono si accetta sempre come un dono, con elogi, ringraziamenti, e si mostra alle persone intime, e si ripete, che è una gentilezza del marito, precisamente come fosse d'un'altra persona. Al marito ed ai suoceri si deve il riguardo di aspettarli sempre prima di mettersi a tavola, e non si deve spiegare il tovagliolo che quando sono seduti. La moglie, alla tavola di famiglia, tiene sempre la destra del marito; ma se c'è una suocera, le cede il diritto di servirsi per la prima, e le risparmia tutte le brighe del servizio, il tagliare, il mescere, ecc. Gli stessi riguardi deve pure accennare di usarli anche al suocero, per deferenza alla sua età, ma non insistere se, come uomo, rifiuta d'accettarli. Infine una signora educata non deve ammettere altra differenza tra il contegno che usa in società, e quello che tiene in casa fuorchè un grado maggiore di espansione.

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Se la serata offerta è un ballo, si debbono mandare gli inviti almeno otto giorni prima, per dar tempo alle signore di preparare le abbigliature. Oltre le sale smobigliate, ornate di fiori ed illuminate per la danza, ci dev'essere un salotto ben riscaldato, dove si accoglieranno i primi inviati, e dove potranno ripararsi dal gelo le signore che non danzano, qualche sala da gioco, e, se si vuole, un gabinetto pei fumatori; una moda che altre volte sarebbe sembrata un po' soldatesca, ma di cui gli uomini tengono gran conto; e serbano riconoscenza alla padrona di casa; del resto è adottata anche a Corte. Non bisogna trascurare di mettere un ordine scrupoloso nel regolamento della guardaroba, affinchè ognuno possa con sicurezza deporre il soprabito ed il cappello, i mantelli ed i cappucci delle signore, ricevere un riscontrino numerizzato, e riavere tutte le cose sue quando lo ripresenterà nell'uscire. Gli immensi strascichi, la leggerezza degli abiti da ballo, e i movimenti vivaci della danza, danno luogo ad una quantità d'inconvenienti, per cui si dovrà destinare una camera per le signore, dove rimanga tutta la notte una cameriera munita di aghi, spilli, sete d'ogni colore, per accomodare gli abiti lacerati, rimettere a posto i fiori caduti, rifare le pettinature. Sarei ben meravigliata se una signora uscisse di là senza aver cercato collo sguardo una scatola di cipria; e consiglio la padrona di casa a non lasciar mancare quest'oggetto, che le signore considerano di prima necessità. Se durante la notte si dà una cena, tutto deve essere apparecchiato sopra una tavola a cui siederanno soltanto le signore, nel caso che non ci fosse posto per tutti, lasciando gli uomini stessi, se la cena è di confidenza, incaricati di servire le signore. Non si servono che cibi freddi. Ho letto in un romanzo del padre Bresciani d'un giovinotto innamorato, che profittò di quell'occasione per mettersi in tasca, a titolo di ricordo, i torsi, i noccioli e le bucce della frutta che la sua bella aveva mangiate. Non posso consigliar le signore d'ingoiare quelle reliquie, per non correre il rischio di trovarne il profumo e le tracce succulente sugli abiti del loro ballerino. E non mi sembra neppure il caso d'incoraggiarle a nasconderle dove Rebecca nascose i suoi idoli alle ricerche di Labano. Ma se sanno di avere un adoratore capace di spingere la devozione a tali estremi, non si lascino servire che da un fratello, o dal proprio marito. Sgraziatamente vi sono troppo spesso nelle adunanze numerose dei raccoglitori, che tendono a compromettere non le signore ma il buffet, empiendosi le tasche di tutt'altro che di torsoli. Per costoro ogni parola sarebbe superflua. Sono troppo teneri dei loro gusti per cercare nel mio libro insegnamenti che li combattono. Ma una signora che, per disgrazia, avesse un marito di quel genere, dovrà astenersi assolutamente dal farsi accompagnare in qualsiasi luogo, dove possa scontrarsi in una tentazione. Quanto alla padrona di casa, dovrà imporre silenzio alla delicatezza de'suoi gusti, oltraggiata da tanta volgarità, e non dimostrare menomamente la ripugnanza che prova per l'individuo sconveniente ed esoso, salvo ben inteso, a non invitarlo mai più. Se non si vuole apprestare nè una cena, nè un buffet si faranno portare in giro le stesse cose che si offrirebbero ad una semplice serata ripetendole parecchie volte; e tra l'una e l'altra non si cesserà di far offrire acque sciroppate e gelati. Per chi dà un ballo, è un'indiscrezione il contare sulla compiacenza dei dilettanti per la musica. Questa parte tanto importante d'una festa da ballo è troppo sovente trascurata dai padroni di casa. Una signora che voglia fare le cose bene, si rivolgerà al suo maestro di pianoforte, e lo pregherà di procurarle dei buoni suonatori. E li accoglierà con quella cordialità con cui le persone educate e di buon gusto accolgono sempre gli artisti. Haydn ha suonato tante volte per far danzare; e che povera gente anche! Una signora, che lo avesse trattato con alterezza, sarebbe stata ridotta più tardi a piangere di vergogna. Lesinare sul compenso che è loro dovuto, limitarne i rinfreschi, farli cenare alla tavola di servizio, sono volgarità da villani rifatti. Debbono avere una tavola a parte ed un trattamento uguale a quello degli invitati. Se i sonatori fossero i maestri della padrona di casa, di suo marito o dei suoi figli, nulla può dispensarla dal farli sedere a cena alla sua stessa tavola e dal rivolger loro la parola spesso durante la notte. La padrona di casa, se è giovine apre il ballo con una quadriglia, nella quale deve avere in faccia suo marito. Se i padroni di casa non ballano, scelgono una coppia giovine nella loro parentela o nei più intimi amici, e la pregano di rappresentarli. Durante il ballo la padrona di casa non accetterà mai di ballare, quando rimangono altre ballerine sedute e procurerà di mandar loro dei ballerini. Non occorre dire che deve incaricarsi, unitamente a suo marito, delle presentazioni. Il dare un ballo in casa propria è un lungo e penoso sacrifizio. È vero che si semina per raccogliere. Ma la seminagione è laboriosa e difficile; il raccolto incerto, e non sempre proporzionato a quanto è costato.

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Un abito liscio di velluto nero o di trina, una cuffietta di tulle, orecchini e spillone di brillanti, è la migliore delle abbigliature serie. E se ha qualche acciacco, qualche malanno, lo lasci con Dio, e non rattristi la gioventù con racconti penosi. Si mostri contenta della compagnia che la circonda, indulgente e tollerante; sopratutto tollerante. Lasci stare quel benedetto a' miei tempi, che in bocca dei vecchi è un perpetuo rimprovero alle abitudini della generazione nuova. I suoi tempi sono passati e non tornano più. Accetti i tempi moderni senza rimpianti, senza pedanterie. Creda a me, tutti i tempi hanno avuto la loro porzione nella grande somma di beni e di mali che debbono consolare od affliggere l'umanità. Tutte le preminenze che le si accordano per riguardo alla sua età deve accettarle, senza orgoglio, ma, senza cerimonie. L'età è una superiorità, e quei riguardi le sono dovuti. In teatro invece, dove i posti d'onore sono fatti per mettersi in evidenza, una signora vecchia li cede sempre alle giovani, fossero pure signorine. Può andare al teatro sempre, perchè l'arte si ama a tutte le età. Ma il suo posto è nell'ombra. Ci va per udire e vedere. Non per essere veduta. Una vecchia signora può benissimo tenere ricevimenti, e dare anche feste da ballo, per far divertire la gioventù. Sarà un atto di generosità e di abnegazione, che le guadagnerà tutte le simpatie. Ricevendo ospiti in campagna, toccherà a lei di combinare le partite di caccia, le lunghe gite e tutti quei piaceri dai quali i suoi invitati si asterrebbero se lei non può prendervi parte. Deve mostrarsi desiderosa che li godano loro, e fare cordialmente la sua parte di vecchia castellana, di fornire tutto l'occorrente, congedare e riaccogliere la comitiva alla soglia della casa, presiedere alla mensa. Se poi le sue forze lo permettono, può benissimo fare anche delle gite alpine senza che nessuno lo trovi fuori di proposito. È una questione di salute. E le feste solenni portino il dono della nonna ai nepoti, ai figli, alle nuore, alle giovani amiche. E sia accompagnato da parole d'affetto materno, da benedizioni. Quelle benedizioni, quell'affetto le torneranno centuplicati, e faranno un'aureola di serenità alla sua fronte canuta.

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N'hanno voglia loro, mie giovani lettrici, di studiare abbigliature e di mutarle? Jolanda non avrebbe che a comparire, per ecclissarle tutte. Portava in casa un abito lungo a strascico, di raso azzurro, guarnito d'ermellino, rialzato da un lato sopra una gonna di velluto; ed aveva le treccie cadenti; due lunghe treccie bionde, morbide; lucenti.... Oh le belle treccie di Jolanda! Non c'era partito così splendido, che fosse superiore a quella ricchezza di treccie. E Jolanda viveva solitaria col suo babbo in un vecchio castello, dove i giorni erano tutti uguali, dove non c'era mai ricevimento, punto feste, punto teatri, e se capitava una visita, era un avvenimento. Loro pensano di certo: - Come doveva annoiarsi, poverina! Ebbene no, signorine mie. E qui sta tutto il merito di Jolanda. Sapeva amare la sua casa, sapeva starci. E appunto l'argomento su cui ero disposta a brontolare in principio di questo capitolo. Via. Una mano alla coscienza, belle fanciulle. Nella situazione di Jolanda, in un completo isolamento dove, se un poeta non gliel'avesse condotto, non sarebbe capitato forse mai un giovine per apprezzare la sua bellezza, come sarebbero state tristi loro! Come avrebbero deplorata la loro miseria, e pensato giorno e notte al pericolo tremendo di rimaner zitellone! Ed il povero babbo, invece d'una compagna gioconda e serena, si sarebbe visto accanto un viso allungato, una fronte accigliata; ed in ogni atto della sua figliola avrebbe indovinata la noia della sua casa, della sua compagnia, ed il desiderio crudele d'essere altrove. Eppure Jolanda non era insensibile ne senza aspirazioni. Lei stessa diceva una sera al suo babbo:

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E pure per questa ragione che le abbigliature da pranzo, parlo dei pranzi d'invito, anche tra noi si usa farle più ardite ed eleganti da quella da visita e da passeggio. Le signorine dovranno scegliere fra i loro vestiti della stagione il più fresco e gaio. O, se si mettono un abito scuro, lo rallegreranno con fiocchi di nastri azzurri, rosei o rossi o di quel colore che la moda favorisce, in modo da far iscomparire la severità della tinta. Del resto, non c'e signora nè signorina che non possieda qualche abito bianco, e quello sta sempre bene ed è sempre elegante. Non dovrei supporre che una padrona di casa, dando un pranzo, possa commettere la sconvenienza di collocare una signorina accanto ad un giovinotto. Ma siccome: "Tutto è possibile sotto il sole" - ed "Errare humanum est"- ed "Error non è frode" - ed "II giusto cade sette volte al giorno" e mille altri proverbi, che non ripeto (perchè il dirne parecchi è una inciviltà condannata dai vecchi galatei), potrebbe darsi che una padrona di casa un po' inesperta cadesse in quell'errore, tanto per dimostrare ancora una volta che " non tutte le ciambelle riescono col buco." Per carità, signorine mie, se codesto accadesse; si guardino bene dal fare la menoma osservazione e neppure un segno di meraviglia. Sarebbe rivolgere un rimprovero crudele alla signora che le ha collocate così. Quando io era giovane, in temporibus illis, fui invitata ad una sagra di villaggio in una famiglia di ricchi proprietari. Dopo il pranzo e le feste del giorno, si doveva ballare, per cui c'erano invitate molte signorine e molti giovinotti. Quella buona padrona di casa provinciale, avvezza alla semplice verità della natura in mezzo alla quale viveva, doveva aver fatto questo ragionamento: - Se fra due ore i giovinotti e le fanciulle che ho invitati dovranno prendersi per le mani, abbracciarsi, e circolare appaiati a due a due come colombelle, non ci può essere una ragione al mondo perchè si scandolezzino di trovarsi seduti accanto a tavola. Era una logica da dar dei punti ad Aristotile. E lei agì come avea pensato, e collocò a tavola ogni signorina accanto ad un giovinotto. Tutte fecero "a mauvais jeu bonne mine" e molte mi confessarono che non l'avevano trovato un troppo mauvais jeu. Ma una, una sola, una signorina di villaggio, che era uscita per l'appunto di collegio, cominciò a guardarsi intorno impaurita, come se i due che aveva ai lati fossero due leoni pronti a farla a brani, o due Don Giovanni venuti là per rapirla. Uno, che non era punto Don Giovanni, ed ancora meno lion, si senti tutto confuso, si fece rosso, e tirò in là la sedia, come se temesse di sporcare quella signorina; ma l'altro fece le viste di nulla, le offrì da bere, e tutti i piccoli servigi che un uomo non manca mai di offrire ad una vicina di tavola. Bisognava vedere l'aria diffidente e l'esagerazione di riserbo di cui s'armò quella poveretta! Parlava a monosillabi. Rifiutava tutto, era tutta sulle difese, pareva che fino i fiocchi del suo vestito appuntassero le nocche ed i capi come armi difensive.Il suo babbo, dall' altro lato della tavola, fremeva. Finalmente, vedendo che era giunta al dessert respingendo ogni piatto, e stava per rifiutare le frutta che il suo vicino le porgeva, le gridò : - Via, accetta una volta! Non è veleno. - Ah! era di questo che aveva paura, signorina? ed io che mi lusingavo che avesse paura di me! le disse il suo vicino. La lezione era meritata. È appunto in tali circostanze eccezionali, che una signorina può mostrare di sapersi condurre dignitosamente senza darsi quell'aria di noli me tangere, che la rende antipatica, e senza incoraggiare una confidenza sconveniente. Altre volte era di rigore che le signorine mangiassero pochissimo, e non bevessero vino affatto. Per cui riuscivano commensali punto piacevoli. In qualunque modo si volesse interpretarla, quella continenza cenobitica, era una sciocchezza. Le fanciulle intendevano con quel mezzo di atteggiarsi ad un sentimentalismo ideale, non d'altro nudrito che di poesia e di sogni. Era un'idea da precieuses ridicules. Le mamme incoraggiavano quella mania, ed all'occorrenza l'imponevano, volendo con quel mezzo dire ai giovinotti: - Vedano come mangia pochino la mia figliola. E non beve punto. La sposino, via. Non costa nulla a mantenerla. Era un calcolo da Arpagone. Ora, se Dio vuole, il sentimentalismo è passato di moda. E, non fosse che per quest'unica riforma, benedetto il realismo ! Le giovinette sono tornate ad esser loro stesse, col loro appetito giovanile: ed a tavola lavorano coi loro dentini, che è una benedizione, un'allegrezza guardarle. Se qualcuna delle mie lettrici era rimasta in arretrato, ora lo sa. La civiltà vieta soltanto di trasmodare. Ma vieta altrettanto severamente di rifiutare ogni cosa, di mangiare a fior di labbra, di lasciare la roba nel piatto, di rifuggire dai vini, quasi si volesse dire ai padroni di casa: - lo non so che farmene di tutto questo. Il vostro pranzo mi mette la nausea. Quando si è a questi estremi bisogna non accettar l'invito. Se sapessero come è bella e come piace la gioventù robusta, e francamente allegra, che Dio la benedica! Se la padrona di casa fa posare dal servitore il vassoio del caffè, dopo che i convitati sono passati in sala, ed offre lei stessa le tazze, le signorine debbono subito accorrere ad aiutarla. Dovranno però servire soltanto le signore ed i vecchi. Una signorina non porge mai la tazza ad un giovine, a meno che sia suo fratello. Ed ancora ha l'aria d'uno scherzo. Dopo aver assistito ad un pranzo, una signorina è tenuta ad accompagnare la madre nella visita che rende, entro gli otto giorni, alla famiglia da cui ebbe l'invito: e dovrà anche lei lodare la compagnia che vi ha trovata, la disposizione della tavola, i fiori, l'allegrezza che si è goduta, infine quel che c'era da lodare.... ed anche un pochino quel che non c'era.

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Qualche volta le mie povere abbigliature si sciupavano tutte, strette così, accanto al babbo sulla panchetta dinanzi. Ma Ia Teresita si stendeva a suo agio, seppelliva la zia sotto le sue gonne e arrivava fresca come una rosa. In casa, poi si prendeva incarico di studiare tutti i caratteri, come se ci fosse venuta con quella missione. Io aveva quel difetto, e quel pregio; e la zia era placida, e troppo indulgente; ed il babbo era avaro; e le persone di servizio ci derubavano come tanti briganti. - Come! Voi spendete tanto per la carne? E tanto per le ova? E questo pollo e costato tanto ? Ma buona gente! A casa mia si mangia meglio assai, e si spende la metà. Quel pollo e magro, tiglioso. Si può avere per trenta soldi. Il resto se l'è tenuto la cuoca. Io non so come la sopportiate. Non sa cucinare. A casa mia le bistecche sono tutt'altro :queste sembrano suole di scarpe. Ed ogni giorno aveva fatta una scoperta nuova sull'ordine della nostra casa, ed erano sempre indiscrezioni. Quando poi veniva in campagna l'autunno, era un raddoppiamento di biasimo. Si trovava addirittura ad un bivacco. Tutto era incomodo, tutto rozzo. Quasi quasi si meravigliava che nei sentieri del giardino non si stendessero tappeti per farla camminare sul liscio. E combinava lei le gite, i pic-nics. Ed entrava in confidenza coi vicini di villa, prima e più di noi; e passeggiava cogli altri ospiti, anche s'erano giovinotti, sola con loro per delle ore in giardino, ed usciva quando noi si stava in casa; e stava in casa quando noi s'usciva. Mie giovani lettrici, se sono ospiti in casa altrui, badino, le prego, di non lasciarvi le tristi memorie che m'ha lasciate la Teresina. La persona ospitata deve fare una completa abnegazione della propria volontà, delle proprie abitudini, dei proprii gusti. È necessaria questa rinuncia assoluta, per bilanciare l'immensa deferenza della famiglia che la ospita, e metterci un limite, affinchè non abbia a diventare un sacrificio di tutte le ore. E qui mi viene a proposito di avvertirle, che nulla è più scortese di quell'abitudine tanto generale, pur troppo, di far esaurire tutte le formole di preghiere inventate da Adamo in poi, prima di aderire a sonare o a cantare, in compagnia. La padrona di casa, che per quella sera le ospita, è messa in grave imbarazzo. Deve unire le sue insistenze alle altre, ed aver l'aria di imporre un sacrificio? O deve astenersene, e dimostrare che non desidera di ascoltarle? Difficile alternativa.

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