Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbigliate

Numero di risultati: 1 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

L'angelo in famiglia

183311
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Per questa ragione le donne e specialmente le fanciulle non sono mai così belle e carine, come quando si trovano in abito di disimpegno senza pretesa, poichè quando sono ben abbigliate è ben facile che vestendosi d'un aria d'importanza, si spoglino di quella cara semplicità ch'è il loro più bell'ornamento. Non intendo con ciò di favorire menomamente le giovani disordinate o sciamannone, e darebbe ben prova di fraintendere le mie parole chi da esse cavasse argomento ad esserlo. L'ho già detto nel Capitolo intitolato La buccia, che la damigella non può essere ritenuta tale se non conserva inalterabilmente intorno a sè la nettezza ed una cotale semplice eleganza, e qui confermo il già detto, e te lo inculco nuovamente. Ma la vanità ha nel suo nome la sua condanna, poichè vano vuol dir vuoto, e vuoto cosa vuol dire?... Dunque siamo intese; di vanità non ne vogliamo, come non ne vogliamo sapere nè di orgoglio, nè di ambizione e insomma d'amor proprio. Ma a proposito di amor proprio, sarà necessario fermarci un pochino, poichè su questo, ti assicuro, me ne intendo anche troppo. L'amor proprio dentro di noi fa l'ufficio del comunardo e del petroliere nella società; guai a chi lo lascia fare, avverrà di lui ciò che è avvenuto della povera Parigi nel 1871: a fuoco e fiamme tutto in un fascio, quanto non è stato salvato dai pacifici ed onesti cittadini. L'assedio chiudeva l'uscita della città, e l'amor proprio strozza il corso delle opere buone; il petrolio inceneriva in poche ore i più sontuosi edifizj che avevano avuto bisogno di moltissimi anni ad essere innalzati, e l'amor proprio in poco tempo distrugge le migliori nostre risoluzioni, le nostre buone tendenze e le nostre virtuose abitudini. La rivoluzione privava del necessario i poveri Francesi, i quali per satollarsi erano costretti comperarsi a caro prezzo le carni non solo scadenti, ma stomachevoli dei gatti e perfino dei topi; l'amor proprio privandoci dell'alimento confortante della soddisfazione del bene che ci viene da Dio, ci compera a prezzo di avvilimento una pastura indegna nell'approvazione o nel plauso dei tristi. L'amor proprio infine è un soldato senza disciplina, è un feroce corsaro che depreda e saccheggia dovunque posa il piede, per lasciare il terreno del nostro cuore deserto e privo d'ogni merito, d'ogni virtù. Oh, sì convieni pur meco che l'amor proprio è più terribile nostro avversario di quello nol siano i più accaniti nostri nemici, i quali raramente giungono ad avvelenare il bene proprio nella sorgente. Quale sarà il mezzo di difesa per vincere un sì acerbo nemico? Dio che ha fatto il cuore dell'uomo, che sa tutto, che vede tutto, ce lo dovrebbe aver fornito questo mezzo!... Gli ultimi saranno i primi ha detto il Signore nel suo santo Vangelo, e sì dicendo c'indica nell'umiltà un mezzo potentissimo a vincere la vanagloria e quell'amor proprio che attribuendo a noi medesime un merito fittizio od immaginario, o altresì un merito reale ma che dovrebbe essere attribuito a Dio solo, ci priva dell'appoggio celeste, ci isola, ci abbandona a noi stesse ed alle nostre miserabili forze. Le parole del nostro Salvatore c'indicano non solo un mezzo efficace nell'umiltà, ma benanche il premio ad essa riservato se ne siamo fedeli osservatrici. E dire, e tu pure il saprai, che chi parla della nostra religione senza intendersene affatto, pretende che l'umiltà sia un sentimento ed una virtù ipocrita ed avvilente!... Oh! piangiamo sui poveri illusi, o piuttosto ingannati, e ringraziamo il Signore di 52 averci fatto comprendere che l'umiltà è sincera, ed anzichè avvilire esalta i suoi cultori, promettendo per l'altra vita quel primato cui volontariamente rinunciano in questa. Sì, l'umiltà è sincera, poichè se vede in sè alcun merito, nol nega, ma lo riferisce a Dio bene sommo, anzi unico da cui tutto ci piove. Ma riguardando le cose anche dal lato sociale, vorrei quasi dire materiale, dimmi: e non è più stimato, amato, venerato l'umilissimo Silvio Pellico che tentava eclissarsi per nonporre in luce che Dio od il prossimo suo, di quello siano molt'altri uomini d'un ingegno forse più distinto, ma dominati da un orgoglioso sentimento della propria capacità, da un vero amor proprio? In una lettera del gran prigioniero, diretta al padre di mio marito Annibale Albini, spira una soavità, un'umiltà, una rassegnazione che ci rivelano quanto possa sopra un cuore ulcerato il balsamo della fede. In essa dopo di aver detto: Non puoi immaginarti quel ch'io abbia patito: il mio libro non dà certamente che una debole idea di quella misera vita, soggiunge subito: Sia ringraziato Dio che ha voluto richiamarmi a giorni più lieti, più belli! Ma se allora ho patito molto, or son tanto pia felice. Forse non v'è alcuno sulla terra che senta più di me quanto sieno dolci cose la libertà, il respirare l'aere nativo, il vivere tra parenti, fratelli ed amici carissimi. Ogni notte sogno d'essere in carcere, e quando mi sveglio provo, un'indicibile consolazione d'essere nel mio letto, fra le amate pareti domestiche. Non ho altra disgrazia che di aver poca salute. Stento sovente a trarre il fiato, e son minacciato di soffocare; ma quest'asma non è continua. Allorchè viene la sopporto con pazienza, ed allorchè se ne va mi fa gran piacere. Un mese fa stetti assai male, ed or torno ad aver fiato bastante. Probabilmente non avrò più molti anni da vivere, ma non mi lagno. Godo la grazia che il Signore m'ha fatta di rendermi un poco di felicità terrestre, e quando gli piacerà di tormela mi rassegnerò volentieri. Egli mi ha dimostrato sì benignamente, direi quasi, miracolosamente l'amor suo, che ho fede che quando mi leverà da questa vita, sarà per darmene una migliore. Egli invoca più tardi la pietà del Signore sugli amici languenti nello Spielberg, e si può dire che da capo a fine quella magnifica lettera è tutta una lezione d'umiltà e di rassegnazione cristiana. Gli è a costoro che hanno patito per Iddio, ed hanno cercato in questo mondo l'ultimo posto che Gesù Cristo ha detto: Gli ultimi saranno i primi.

Pagina 812

Cerca

Modifica ricerca