Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbigliate

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Le belle maniere

179995
Francesca Fiorentina 1 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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Procuratevi un costume semplice, dentro il quale vi troviate a vostro agio e non dobbiate arrossire sotto lo sguardo più severo; non uscite dal casotto se non completamente abbigliate, e trattenetevi meno che potete in accappatoio sulla spiaggia. Un bel bagno di sole si può fare anche con un vestitino di tela o di mussola, nè la reazione sarà men efficace. Cercate di tuffarvi insieme con vostra madre o con qualche signora di vostra conoscenza, e nuotate pure, se sapete, ma senza far le leggerine e cacciare uno strillo a ogni ondata che vi avvolge. Serietà, dignità, educazione! Fate sempre in modo di non dover abbassare gli occhi o scappare improvvisamente, sorprese da persona che vi metta un po'soggezione. Anche la villeggiatura cercate di godervela completa, lasciandovi prendere dall'abbraccio delle cose semplici e buone, in mezzo a cui vi siete rifugiate per fuggire la polvere, il caldo e, sì, anche le noie della città; perchè volete procurarvene dell'altre, sorvegliando in modo esagerato la vostra toeletta, o dandovi dell'inutili pose? Un vestitino di percalle chiaro o una camicetta con una gonnellina di lanetta un po'corta, o un bel grembiulone che non impacci il respiro e i movimenti e vi dia l'aria di giovinette linde e ammodino; i capelli ben annodati sulla nuca, perchè viso e collo restino liberi; le scarpe comode con tacco basso per non privarvi della gioia di correre e, qualche volta, anche di saltare; e poi basta! Nelle passeggiate non fate come Coletta:se sentite di non poter resistere, state a casa; ma, se andate, siate agguerrite alla fatica e proponetevi di non dare agli altri le seccature che non vorreste voi. Il troppo amore di noi, mie care figliole, e l'eccessivo desiderio d'essere ammirati conducono spesso all'effetto contrario a quello voluto:dimentichiamoci noi, e saremo ricordati.

Pagina 125

L'angelo in famiglia

183311
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Per questa ragione le donne e specialmente le fanciulle non sono mai così belle e carine, come quando si trovano in abito di disimpegno senza pretesa, poichè quando sono ben abbigliate è ben facile che vestendosi d'un aria d'importanza, si spoglino di quella cara semplicità ch'è il loro più bell'ornamento. Non intendo con ciò di favorire menomamente le giovani disordinate o sciamannone, e darebbe ben prova di fraintendere le mie parole chi da esse cavasse argomento ad esserlo. L'ho già detto nel Capitolo intitolato La buccia, che la damigella non può essere ritenuta tale se non conserva inalterabilmente intorno a sè la nettezza ed una cotale semplice eleganza, e qui confermo il già detto, e te lo inculco nuovamente. Ma la vanità ha nel suo nome la sua condanna, poichè vano vuol dir vuoto, e vuoto cosa vuol dire?... Dunque siamo intese; di vanità non ne vogliamo, come non ne vogliamo sapere nè di orgoglio, nè di ambizione e insomma d'amor proprio. Ma a proposito di amor proprio, sarà necessario fermarci un pochino, poichè su questo, ti assicuro, me ne intendo anche troppo. L'amor proprio dentro di noi fa l'ufficio del comunardo e del petroliere nella società; guai a chi lo lascia fare, avverrà di lui ciò che è avvenuto della povera Parigi nel 1871: a fuoco e fiamme tutto in un fascio, quanto non è stato salvato dai pacifici ed onesti cittadini. L'assedio chiudeva l'uscita della città, e l'amor proprio strozza il corso delle opere buone; il petrolio inceneriva in poche ore i più sontuosi edifizj che avevano avuto bisogno di moltissimi anni ad essere innalzati, e l'amor proprio in poco tempo distrugge le migliori nostre risoluzioni, le nostre buone tendenze e le nostre virtuose abitudini. La rivoluzione privava del necessario i poveri Francesi, i quali per satollarsi erano costretti comperarsi a caro prezzo le carni non solo scadenti, ma stomachevoli dei gatti e perfino dei topi; l'amor proprio privandoci dell'alimento confortante della soddisfazione del bene che ci viene da Dio, ci compera a prezzo di avvilimento una pastura indegna nell'approvazione o nel plauso dei tristi. L'amor proprio infine è un soldato senza disciplina, è un feroce corsaro che depreda e saccheggia dovunque posa il piede, per lasciare il terreno del nostro cuore deserto e privo d'ogni merito, d'ogni virtù. Oh, sì convieni pur meco che l'amor proprio è più terribile nostro avversario di quello nol siano i più accaniti nostri nemici, i quali raramente giungono ad avvelenare il bene proprio nella sorgente. Quale sarà il mezzo di difesa per vincere un sì acerbo nemico? Dio che ha fatto il cuore dell'uomo, che sa tutto, che vede tutto, ce lo dovrebbe aver fornito questo mezzo!... Gli ultimi saranno i primi ha detto il Signore nel suo santo Vangelo, e sì dicendo c'indica nell'umiltà un mezzo potentissimo a vincere la vanagloria e quell'amor proprio che attribuendo a noi medesime un merito fittizio od immaginario, o altresì un merito reale ma che dovrebbe essere attribuito a Dio solo, ci priva dell'appoggio celeste, ci isola, ci abbandona a noi stesse ed alle nostre miserabili forze. Le parole del nostro Salvatore c'indicano non solo un mezzo efficace nell'umiltà, ma benanche il premio ad essa riservato se ne siamo fedeli osservatrici. E dire, e tu pure il saprai, che chi parla della nostra religione senza intendersene affatto, pretende che l'umiltà sia un sentimento ed una virtù ipocrita ed avvilente!... Oh! piangiamo sui poveri illusi, o piuttosto ingannati, e ringraziamo il Signore di 52 averci fatto comprendere che l'umiltà è sincera, ed anzichè avvilire esalta i suoi cultori, promettendo per l'altra vita quel primato cui volontariamente rinunciano in questa. Sì, l'umiltà è sincera, poichè se vede in sè alcun merito, nol nega, ma lo riferisce a Dio bene sommo, anzi unico da cui tutto ci piove. Ma riguardando le cose anche dal lato sociale, vorrei quasi dire materiale, dimmi: e non è più stimato, amato, venerato l'umilissimo Silvio Pellico che tentava eclissarsi per nonporre in luce che Dio od il prossimo suo, di quello siano molt'altri uomini d'un ingegno forse più distinto, ma dominati da un orgoglioso sentimento della propria capacità, da un vero amor proprio? In una lettera del gran prigioniero, diretta al padre di mio marito Annibale Albini, spira una soavità, un'umiltà, una rassegnazione che ci rivelano quanto possa sopra un cuore ulcerato il balsamo della fede. In essa dopo di aver detto: Non puoi immaginarti quel ch'io abbia patito: il mio libro non dà certamente che una debole idea di quella misera vita, soggiunge subito: Sia ringraziato Dio che ha voluto richiamarmi a giorni più lieti, più belli! Ma se allora ho patito molto, or son tanto pia felice. Forse non v'è alcuno sulla terra che senta più di me quanto sieno dolci cose la libertà, il respirare l'aere nativo, il vivere tra parenti, fratelli ed amici carissimi. Ogni notte sogno d'essere in carcere, e quando mi sveglio provo, un'indicibile consolazione d'essere nel mio letto, fra le amate pareti domestiche. Non ho altra disgrazia che di aver poca salute. Stento sovente a trarre il fiato, e son minacciato di soffocare; ma quest'asma non è continua. Allorchè viene la sopporto con pazienza, ed allorchè se ne va mi fa gran piacere. Un mese fa stetti assai male, ed or torno ad aver fiato bastante. Probabilmente non avrò più molti anni da vivere, ma non mi lagno. Godo la grazia che il Signore m'ha fatta di rendermi un poco di felicità terrestre, e quando gli piacerà di tormela mi rassegnerò volentieri. Egli mi ha dimostrato sì benignamente, direi quasi, miracolosamente l'amor suo, che ho fede che quando mi leverà da questa vita, sarà per darmene una migliore. Egli invoca più tardi la pietà del Signore sugli amici languenti nello Spielberg, e si può dire che da capo a fine quella magnifica lettera è tutta una lezione d'umiltà e di rassegnazione cristiana. Gli è a costoro che hanno patito per Iddio, ed hanno cercato in questo mondo l'ultimo posto che Gesù Cristo ha detto: Gli ultimi saranno i primi.

Pagina 812

Galateo per tutte le occasioni

187652
Sabrina Carollo 1 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
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Visite speciali Se ammessi in udienza dal Papa, gli uomini dovrebbero indossare un abito scuro, le donne abbigliate con colori discreti e il capo coperto con un velo scuro. Ci si rivolge al Pontefice solo in risposta alle sue domande e chiamandolo Santo Padre. Se vi trovate alla presenza del Capo dello Stato, ci si alza in piedi e si attende che sia lui a tendere la mano. Anche in presenza di un regnante, infine, si attende di ricevere la parola e la mano.

Pagina 41

Marina ovvero il galateo della fanciulla

193841
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
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Non balli, così detti, ufficiali, o di società, come sono que' di corte, del prefetto, del sindaco, de'circoli o casini; perchè in tali luoghi, come a dire pubblici, v'ha d'ogni sorta persone, di tutte le classi, e le donne troppo vi sfoggiano di lusso, colle mode più stravaganti e talvolta immodeste; anzi ve n'ha di quelle, che meno son vestite e più si credono abbigliate: scuola pericolosa per le ragazze; in cui l'impressione dell' istante tiene il posto d'un lungo ragionamento; 3° Teletta semplice; badava soprattutto di star in bene col decoro, e soleva dire, che la più bella eleganza per le ragazze è la semplicità: l'attenzione non si deve attrarre colle vesti stellate d'oro, co'fronzoli e cogli smerli; mai sì colla modestia degli atti e colla schiettezza della persona; 4° Non oltrepassare la mezzanotte; rammentava una sentenza dell'Imitazione di Cristo: - La sera passata nella gioia è seguita da un tristo mattino. Chi sciupa tutta la notte al ballo la dimani è rotto, sfiaccolato, indolenzito per tutte le membra; cogli occhi lividi, col viso scialbo; disadatto a tutto; e la signora Bianca metteva innanzi a ogni cosa i doveri di famiglia e la salute del corpo. E che? Se il ballo è un esercizio e un divertimento, deve invigorire e non stancare il corpo; deve avvivare e non affievolire lo spirito. Date un'occhiata alle sale da ballo al volgersi del mattino, giovani allampanati, cadenti dal sonno, sfigurati nel volto, scomposti negli abiti, sdraiati sui canapè; ragazze scalmanate, azzoppate, faccie di cera, vesti che sbrindellano, spiegazzate, come uscite dal cenciaiuolo; non son più che ombre; eppure non sì tosto l'orchestra dà ne' suoni, e giù a ballare; come l'ubbriaco che s'anima al suono de' bicchieri. Ma, quando s'è stanchi non è più divertimento! Un bel giuoco dura poco, canta il proverbio, e ora voi non ballate più che per un vano amor proprio; per poter dire: Non n'ho lasciato una, ho retto fin all'ultimo;- bel vanto davvero! Senza che quello star lì molte ore in sale chiuse, con tanti lumi accesi, al caldo soffocante, con tanta gente raccolta, in mezzo al polverìo che di necessità suscita la danza, come si può ancora respirare aria buona? A Marina non veniva manco in capo di contrastare a queste regole, che anzi approvava come saggie e se ne giovava tanto bene. Non sapeva darsi pace di quelle ragazze che trascinano le loro madri vecchie e infermiccie in tutti i balli, e le costringono a star lì fino allo spegnersi dell'ultimo moccolo! Le poverette annoiate, sfibrate, mal reggendo il capo, che cade in tutti i versi, van tra un sonno e l'altro gridando alle figlie che l'ora è tarda, e le pregano a smettere; ma le sciagurataccie fuggono, si nascondono a' loro sguardi, e forse deridono la loro bonaria accondiscendenza. Disgraziate, mettete in canzone chi v'ha data la vita! Forse quell'ora, che adesso rubate al loro riposo, ne porterà un malore, e forse la morte, e voi ve la godete di ingannarle! Una festa da ballo presenta molte osservazioni all'occhio esercitato a leggere nell'animo; e la signora Bianca non perdeva il destro di far notare a Marina i diversi comportamenti delle danzatrici. Ve' Alfonsina come entra in sala rigida e severa, le ciglia corrugate, le labbra imbronciate; si direbbe che viene in mezzo a nemici; e con che piglio di sdegno accetta l'invito del ballerino; ve' come danza fiera e melensa, come storce la faccia; darebbe a credere che nè il ballo, nè il cavaliere le vadano a genio! Eppure, se l'interrogaste, la trovereste lieta dell'uno e dell'altro; ma se le predicò tanto addosso di severità e di contegno, che scambia la modestia e la grazia in mal umore e sgarbatezza. Alice ha più confidenza in sè, si pavoneggia, ride forte colle amiche, anche senza ragione, per farsi vedere, e sott'occhi guarda se è osservata. Anche qui s'è falsata l'educazione, vi s'eccitò troppo l'amor proprio. Eugenia parla sempre di parenti e di amici in alto, de' balli del prefetto, del sindaco, del marchese A..., del conte B..., delle eleganti telette con cui vi sfolgorò, dell'invidia destata e delle vittime fatte. Fu educata alla boria. Giuditta vuol darsi per sentimentale, e tale si mostra nella pallidezza del volto, nelle occhiate languide, nell'aria cascante: parla di romanzi, di scene tenere, di emicranie, di mal di nervi. Fu educata a fa niente. Teresina ha un abbigliamento ricchissimo, passa spesso innanzi allo specchio, ed ha sempre qualche cosa da aggiustarsi, un ricciolo, un nastro; non risponde che a monosillabi o a cenni a chi le parla; è troppo occupata di sè. Il lusso è la sua scuola. Edvige va sempre gironzando intorno ai drappelletti de' ballerini per farsi invitare al ballo; nel giro alla coda chiacchera di mille cose, alza la voce, dimanda qui, chiede là, broglia sempre per mettersi innanzi alle altre coppie, corre di qua, sguizza di là, froda il torno; beata se può aver più ballerini alla volta. La leggerezza e la vanità sono le sue occupazioni. Eleonora non bada a chi promette i balli e fa nascere discordie e risse, di che si compiace. È portata all'intrigo. È lodevole costume, diceva la signora Bianca, in balli affollati aver una cartolina, dove si scrive il nome del danzatore e della danza. Queste osservazioni poi si moltiplicavano nell'occasione de' rinfreschi e de' confetti; al qual proposito conchiudeva che nessuna cosa mette più in mala vista la giovinetta, che dev'essere l'ideale della poesia, che il vizio della gola, l'ideale della prosa e della mate rialità. Ne' balli è dove più occorrono le presentazioni. L'uso del presentare è portato ad un eccesso ridicolo presso gli Inglesi. Una dama vedrà un signore tutti i dì ne' passeggi, lo troverà in tutte le veglie da dieci anni, non ignorerà punto la sua condizione, il suo nome e cognome; però se le vien dimandato se lo conosce, risponde subito di no; perchè a lei non fu mai presentato. Si racconta questa ridicolezza. Un Inglese saliva sur unpiroscafo in quella che un viaggiatore cadeva in mare. " Signore, gli si grida, guardate un che s'annega! „ L'Inglese s'arma l'occhio della sua brava lente, e guarda; finalmente, risponde: " è impossibile, non m'è stato punto presentato „. Ne' balli ufficiali, dove tanti sono gli invitati e di tutte le qualità, è bene che la giovine sappia con chi danza; onde il ballerino è in dovere di farsele presentare da qualche conoscente. Ma ne' balli di famiglia sarebbe un mettersi al ridicolo 1' aspettare le presentazioni. Lì si sa che gli intervenuti sono amici di casa.

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