Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190746
Schira Roberta 1 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Quando nobili e feudatari con una servitù numerosa organizzavano banchetti, per battute di caccia o cerimonie e festeggiamenti, si era soliti preparare enormi quantità di cibo, gran parte del quale dopo aver saziato i padroni veniva distribuito al personale di servizio e ai meno abbienti. La formula del padrone rivolta ai poveri era proprio il «buon appetito», che serviva per ingraziarsi i sottoposti e come segno di munificenza. Insomma, diciamo che quando la pronunciamo è come se dessimo dei «pezzenti» ai nostri commensali, e non è carino, soprattutto se a pronunciarlo è l'anfitrione. Punto. 3. È l'anfitrione che apre le danze. Dopo essersi assicurato che tutti siano stati serviti e si siano sistemati comodamente, fa un bel sorriso e comincia a mangiare. Punto 6. Chiaro che si riferisce ai pranzi in casa privata: esiste un certo tipo di invitato che chiamerei l'invitato «premuroso», ed è molto diffuso. Anche se conosce appena la padrona di casa, si alzerà con i piatti sporchi in mano chiedendo agli ospiti di cosa hanno bisogno. È quello che entrerà direttamente in cucina e oserà, questo è davvero grave, aprire il vostro frigorifero, il che, come è ben noto, è uno dei gesti più indelicati, importuni e intimi che si possano commettere. Al ristorante. il Premuroso è quello che aiuta il cameriere, che prima che arrivi ha già raccolto le posate, quello che piega i tovaglioli e passa l'orlo dei bicchieri. Nei locali pubblici paghiamo perché qualcuno faccia questo per noi. Evitiamo, grazie. Si trovano tipi del genere tra le donne materne che escono poco: ecco, le rappresentanti di questa categoria spazzano la tovaglia raccogliendo le briciole, impilano i piatti e li passano al cameriere. Punti 8/11. Li ho raggruppati perché hanno un comune denominatore: sono disgustosi. Molti di voi giureranno di non aver mai assistito a tali deplorevoli comportamenti, altri diranno che ne sono stati testimoni. In realtà, ci siamo completamente anestetizzati e non ci accorgiamo se non di quelli più evidenti. Per esempio, non facciamo quasi più caso a chi parla con la bocca piena, e magari lo facciamo anche noi. Anni fa mi ritrovai a mangiare in uno di quei bistrot con arredamento liberty ricco di specchi e rimasi scioccata: eravamo noi quei commensali rumorosi in fondo alla sala con le bocche piene e il mento un po' lucido? Ebbene sì. Donne e uomini poco educati si toccano parti del corpo a tavola, detto così sembra quasi sexy: ma non lo è, e con questo intendo sfregarsi il viso, la testa, togliersi capelli dai vestiti e così via. Vale una sola regola per tutto quello che riguarda i bisogni del corpo, cioè pruriti vari, fastidi diffusi, pulizie dentali e di altri orifizi, ravvivatine ai capelli e al trucco: tutto ciò va fatto rigorosamente in privato, cioè allontanandosi dal tavolo. Chi soffre di pruderie non legga da qui in poi. Non esistono solo i toccamenti che ciascuno può operare sul proprio corpo, esistono anche i toccamenti reciproci, cioè i «piedini» e intrecci di mani e altre parti del corpo. Capita a volte di assistere con un misto di fastidio, invidia ed eccitamento a commensali che trafficano sotto il tavolo: non si fa. O meglio, si fa, solo se siete talmente abili da non farvi sorprendere. Durante le cene passionali tra innamorati ogni galateo sarà bandito, lasciando libero sfogo alle fantasie. Punto 10. Questo punto merita un ulteriore approfondimento, intanto perché si tratta di una storia bellissima, poi perché fa capire come ciò che oggi consideriamo rozzo fosse, fino alla prima metà del Cinquecento, simbolo di prestigio. Tra i quadri del grande pittore bergamasco Lorenzo Lotto c'è una tela che ritrae una signora dal viso tondo e dagli abiti eleganti, riccamente ingioiellata; la tela è datata 1518. Il ritratto è detto «notturno» perché sullo sfondo si intravede un paesaggio lunare. Tra gli altri gioielli, la donna sfoggia una collana con un pendente che a prima vista sembra un corno portafortuna, ma in realtà è uno stuzzicadenti in corno incastonato in oro. Una chicca, insomma. Ma chi era la «Dama con stuzzicadenti»? Il mistero si è svelato non da molto. Nel quadro c'è un vero e proprio rebus. Gli indizi sono una CI dipinta su una falce di luna e una B impressa su un anello indossato dalla dama. Ecco la soluzione: LU-CI-NA, il nome della donna. Si tratta di una ricca signora dal nome Lucina Brembati, attenzione ricca, non di sangue blu, che sfoggia un gioiello un po' pacchiano: uno stuzzicadenti, monile assai diffuso appena prima dell'avvento di Della Casa. Ciò testimonia che all'epoca le famiglie agiate (non nobili, però) lo usavano per pulirsi i denti durante il pasto. Il nostro Monsignore, come abbiamo visto, quarant'anni dopo circa lo bollerà come segno di volgarità. Se capitate da quelle parti, il Ritratto di Lucina Brembati è conservato all'Accademia Carrara di Bergamo. Punto 12. Non è il capo che si avvicina al cibo, ma la forchetta che si avvicina alla bocca. Avevo un amico infallibile, che riusciva a mettere in relazione la curvatura del commensale sul piatto con l'estrazione sociale. 90 gradi? Figlio di professore universitario; 70? di impiegato. 45? classe operaia. Sotto i 30 gradi, bassa scolarizzazione. Dito mignolo alzato? Estrazione contadina. Punto 14. Ho chiesto ad alcuni amici sparsi per la penisola di fare una semplice ed empirica indagine: contare quante persone infilano il tovagliolo nel collo della camicia. L'esperimento si è svolto con un certo rigore, abbiamo identificato anche la fascia di prezzo dei locali: dai 20 ai 40 euro. Ovvio che quando sale il costo medio del pasto, diminuisce il numero dei nostri «indagati». Ebbene, contati i coperti in sala, coloro che preferiscono tenere il tovagliolo al collo anziché sulle ginocchia sono circa il 30 per cento al Nord e il 40 per cento al Sud. In prevalenza uomini, e questo non solo perché il sesso debole (intendo gli uomini) è - credo - meno attento alle norme di buon comportamento a tavola, ma anche, e questo va detto, per motivi di abbigliamento: la camicia e la cravatta allentata facilitano l'odioso gesto di infilarci dentro il tovagliolo. Punto 15. Nuovi tempi, nuove regole. La tecnologia a tavola non è ben vista, dal momento che la circostanza dovrebbe indurci alla convivialità e alla condivisione di cibo e valori. È vero, il cellulare non va sopra la tovaglia, ma soprattutto non va sotto il tavolo. Già, perché è proprio lì che avviene il più trafficato incrocio di onde e frequenze tra noi e il mondo esterno. A volte è difficile resistere a lungo alla tentazione di controllare se è arrivato un sms del fidanzato o della propria amata, ma trattenetevi il più possibile. In genere i cosiddetti VIP a tavola si comportano in modo abominevole, soprattutto i personaggi che sono diventati famosi per aver fatto televisione fortuitamente: per la maggior parte sono digitatori accaniti e compulsivi. Ricordo una sera, in un noto ristorante romano all'aperto, due commensali molto noti, un opinionista e direttore di un settimanale di gossip e un conduttore televisivo: ebbene, non fecero altro che messaggiare tutta la sera ignorando la conversazione. Il culmine venne raggiunto quando, spaventoso a dirsi e motivo di ribrezzo per ogni persona rispettosa del bon ton, uno di loro cominciò a far leggere i messaggi sul proprio cellulare inviati da una nota starlette. Appunto, c'è di peggio di messaggiare a tavola, ed è far leggere i messaggi privati agli altri commensali. È ammessa una sbirciatina a metà cena alle mamme un po' ansiose, alle adolescenti in odore di fidanzamento, ai padri in attesa; ma massaggiare per tutta la cena è intollerabile e maleducato. Al limite, dopo aver chiesto il permesso, allontanatevi da tavola e controllate il vostro cellulare in privato e in tranquillità.

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