Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbienti

Numero di risultati: 12 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Il Galateo

181588
Brunella Gasperini 1 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Vedo che tra i miei parenti e amici abbienti si è molto diffusa la soluzione della coppia marito-moglie, onde ridurre al minimo le possibilità di risse, rivalità e mugugni. I coniugi-domestici, infatti litigano magari selvaggiamente per motivi loro, ma senza chiamare in causa la signora. In caso di servitù abbondante, comunque, le suddivisioni del lavoro, i limiti, i diritti e i doveri di ognuno devono essere preordinati e non lasciati al caso o agli umori del personale. Anche così, è inevitabile che sorga ogni tanto qualche attrito e che la signora sia chiamata a far da arbitro. Nel qual caso, sogghignando un pochino, le auguriamo buona fortuna e la lasciamo lì alle prese con tutta la sua servitù in subbuglio.

Pagina 206

Come devo comportarmi. Le buone usanze

185276
Lydia (Diana di Santafiora) 1 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-galateo
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Del resto, le spese per mantenere a scuola i figliuoli non sono così gravi da non poter esser sostenute anche dalle famiglie meno abbienti. Un giorno troverete largo compenso dei sacrifizi fatti: nessuna soddisfazione può esser pari a quella che provano dei genitori ormai avanzati in età, vedendo i loro figliuoli ben collocati, con professioni dignitose e remunerative. Non crediate però che, per adempiere ai doveri che concernono istruzione dei figliuoli, basti mandarli a scuola provvedendoli di libri e di quaderni. I genitori hanno l'obbligo sacrosanto di sorvegliare gli studi dei loro bambini, ammonendoli, incoraggiandoli, aiutandoli. Così sostenuto, il ragazzo studia più volentieri e sapendo di dover render conto a casa di quel che ha fatto a scuola, si guarda con più cura dal commettere errori o negligenze. Nei primi anni di studi, la madre è la naturale compagna e consigliera dei suoi bambini. Essa li accompagna e li manda a scuola vestiti con proprietà e con nettezza, curando che libri e quaderni siano puliti e in ordine. Quando tornano da scuola, s'informa di ciò che è accaduto: delle domande fatte dal maestro, delle risposte date, dei voti meritati; vuol sapere quale siano i compiti da fare per il giorno dopo, sorveglia i bambini mentre leggono, scrivono o studiano, si fa ripetere le lezioni, dà un aiuto a risolvere un problema o un esercizio. Così, dall'interesse che la mamma dimostra, il bambino comprende tutta l'importanza del suo dovere e studia con passione. Ci sono delle buone mammine - che siano benedette! - che ricominciano insieme coi figliuoli il corso dei loro studi. Con essi imparano di nuovo la grammatica, la storia e la geografia, rileggono gli autori classici, li spiegano, li imparano a memoria. Sono perfino capaci di applicarsi a studi nuovi, al latino, al greco, per essere in grado di seguire i loro figliuoli anche nelle classi superiori. L'intelligenza e l'amore materno fanno miracoli; e bisogna vedere con quanta abilità maneggiano le declinazioni latine e greche, e poi Cicerone e Demostene! Che care mammine, tanto più degne di stima di quelle che credono d'avere adempiuto a tutti i loro doveri provvedendosi d'un ripetitore a un tanto al mese! Anche se gli studi procedono bene, sarà utile recarsi di tanto in tanto alla scuola per informarsi direttamente presso gl'insegnanti dei progressi del loro alunno. Non è vero - almeno nella maggior parte dei casi - che il maestro non voglia seccature e preferisca non aver che fare coi genitori degli scolari; una madre o un padre che si recano spesso a chieder notizie mostrano di comprendere il vero valore della scuola e sono oggetto di considerazione e di stima. Se poi si ha ragione di credere che le cose non procedano troppo bene, una visita al direttore o al maestro diviene uno stretto dovere. Quando i figliuoli sono cresciuti e compiono studi più alti, gran parte dei doveri di sorveglianza passano dalla madre al padre. Un padre, anche se molto occupato, deve saper trovare ogni giorno un po' di tempo da dedicare ai suoi ragazzi. Anche se gli studi da lui fatti non sono tali da permettergli un'ingerenza diretta in quelli di loro, egli potrà sempre, con la sua presenza e coi suoi consigli, contribuire validamente a che tutto proceda con regolarità e con ordine. Esercitando una sorveglianza giornaliera, egli si accorgerà facilmente degli eventuali difetti di negligenza e di svogliatezza, e potrà metter mano ai rimedi prima che la cosa diventi grave. Soprattutto, il padre e la madre invoglieranno i figliuoli a uno studio diligente e continuo con l'esempio efficace della loro abituale attività. I figli d'un padre probo e lavoratore, d'una madre solerte e affaccendata raramente riescono nella vita dei fannulloni; nei rari casi in cui questo avviene, la causa va ricercata nell'abbandono in cui molti genitori, anche ottimi, lasciano, in fatto di studi, i loro ragazzi. Un tempo, tutti i pensieri degli studi riguardavano i figli maschi: per le femmine si giudicava sufficiente un'istruzione superficiale, quanto bastasse nelle normali occorrenze della vita: leggere e scrivere, un po' d'aritmetica, qualche lettura, e lì. Oggi, per le mutate condizioni della società, non è più possibile contentarci di così poco; e si tende a dare alle femmine un'istruzione uguale a quella dei maschi. Noi consigliamo ai padri e alle madri di famiglia di seguire quest' uso divenuto ormai generale, anche se hanno ragione di sperare che alle lore figliuole non mancherà un giorno di che vivere senza lavorare, anche se non sono disposti a permettere che si dedichino a una professione o a un impiego. L'avvenire è pieno di punti interrogativi e la società modifica i suoi usi e le sue abitudini di giorno in giorno. Quante povere fanciulie d'agiata famiglia non sono costrette, per un improvviso mutamento di fortuna, a lavorare per vivere! In quante famiglie non si vedono, ad ogni ora del giorno e talvolta anche della notte, bionde testine e pallidi visi curvi sul telaio e sulla macchina da cucire, mentre le mani lavorano svelte a compire lavori faticosi e mal remunerati! Se la sventura bussa alla porta d'una casa, non è meglio che la fanciulla possa tirar fuori il suo bravo diploma e darsi con coraggio all'insegnamento, alla contabilità, al commercio, a una professione insomma che le dia maggiori vantaggi e non le rovini la salute? Ci pensino, i padri e le madri di famiglia, e non si mantengano schiavi di consuetudini ormai passate, stolte e dannose. Una fanciulla che si può guadagnare all'occorrenza la vita col suo lavoro guarda l'avvenire senza paura: probabilmente troverà marito e sarà felice; ma se non lo troverà potrà levarsi qualche soddisfazione, potrà vivere senz'essere a carico di nessuno, ed anche, se le circostanze lo richiedessero, esser di aiuto e di sostegno ai suoi vecchi genitori.

Pagina 285

IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190746
Schira Roberta 1 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Quando nobili e feudatari con una servitù numerosa organizzavano banchetti, per battute di caccia o cerimonie e festeggiamenti, si era soliti preparare enormi quantità di cibo, gran parte del quale dopo aver saziato i padroni veniva distribuito al personale di servizio e ai meno abbienti. La formula del padrone rivolta ai poveri era proprio il «buon appetito», che serviva per ingraziarsi i sottoposti e come segno di munificenza. Insomma, diciamo che quando la pronunciamo è come se dessimo dei «pezzenti» ai nostri commensali, e non è carino, soprattutto se a pronunciarlo è l'anfitrione. Punto. 3. È l'anfitrione che apre le danze. Dopo essersi assicurato che tutti siano stati serviti e si siano sistemati comodamente, fa un bel sorriso e comincia a mangiare. Punto 6. Chiaro che si riferisce ai pranzi in casa privata: esiste un certo tipo di invitato che chiamerei l'invitato «premuroso», ed è molto diffuso. Anche se conosce appena la padrona di casa, si alzerà con i piatti sporchi in mano chiedendo agli ospiti di cosa hanno bisogno. È quello che entrerà direttamente in cucina e oserà, questo è davvero grave, aprire il vostro frigorifero, il che, come è ben noto, è uno dei gesti più indelicati, importuni e intimi che si possano commettere. Al ristorante. il Premuroso è quello che aiuta il cameriere, che prima che arrivi ha già raccolto le posate, quello che piega i tovaglioli e passa l'orlo dei bicchieri. Nei locali pubblici paghiamo perché qualcuno faccia questo per noi. Evitiamo, grazie. Si trovano tipi del genere tra le donne materne che escono poco: ecco, le rappresentanti di questa categoria spazzano la tovaglia raccogliendo le briciole, impilano i piatti e li passano al cameriere. Punti 8/11. Li ho raggruppati perché hanno un comune denominatore: sono disgustosi. Molti di voi giureranno di non aver mai assistito a tali deplorevoli comportamenti, altri diranno che ne sono stati testimoni. In realtà, ci siamo completamente anestetizzati e non ci accorgiamo se non di quelli più evidenti. Per esempio, non facciamo quasi più caso a chi parla con la bocca piena, e magari lo facciamo anche noi. Anni fa mi ritrovai a mangiare in uno di quei bistrot con arredamento liberty ricco di specchi e rimasi scioccata: eravamo noi quei commensali rumorosi in fondo alla sala con le bocche piene e il mento un po' lucido? Ebbene sì. Donne e uomini poco educati si toccano parti del corpo a tavola, detto così sembra quasi sexy: ma non lo è, e con questo intendo sfregarsi il viso, la testa, togliersi capelli dai vestiti e così via. Vale una sola regola per tutto quello che riguarda i bisogni del corpo, cioè pruriti vari, fastidi diffusi, pulizie dentali e di altri orifizi, ravvivatine ai capelli e al trucco: tutto ciò va fatto rigorosamente in privato, cioè allontanandosi dal tavolo. Chi soffre di pruderie non legga da qui in poi. Non esistono solo i toccamenti che ciascuno può operare sul proprio corpo, esistono anche i toccamenti reciproci, cioè i «piedini» e intrecci di mani e altre parti del corpo. Capita a volte di assistere con un misto di fastidio, invidia ed eccitamento a commensali che trafficano sotto il tavolo: non si fa. O meglio, si fa, solo se siete talmente abili da non farvi sorprendere. Durante le cene passionali tra innamorati ogni galateo sarà bandito, lasciando libero sfogo alle fantasie. Punto 10. Questo punto merita un ulteriore approfondimento, intanto perché si tratta di una storia bellissima, poi perché fa capire come ciò che oggi consideriamo rozzo fosse, fino alla prima metà del Cinquecento, simbolo di prestigio. Tra i quadri del grande pittore bergamasco Lorenzo Lotto c'è una tela che ritrae una signora dal viso tondo e dagli abiti eleganti, riccamente ingioiellata; la tela è datata 1518. Il ritratto è detto «notturno» perché sullo sfondo si intravede un paesaggio lunare. Tra gli altri gioielli, la donna sfoggia una collana con un pendente che a prima vista sembra un corno portafortuna, ma in realtà è uno stuzzicadenti in corno incastonato in oro. Una chicca, insomma. Ma chi era la «Dama con stuzzicadenti»? Il mistero si è svelato non da molto. Nel quadro c'è un vero e proprio rebus. Gli indizi sono una CI dipinta su una falce di luna e una B impressa su un anello indossato dalla dama. Ecco la soluzione: LU-CI-NA, il nome della donna. Si tratta di una ricca signora dal nome Lucina Brembati, attenzione ricca, non di sangue blu, che sfoggia un gioiello un po' pacchiano: uno stuzzicadenti, monile assai diffuso appena prima dell'avvento di Della Casa. Ciò testimonia che all'epoca le famiglie agiate (non nobili, però) lo usavano per pulirsi i denti durante il pasto. Il nostro Monsignore, come abbiamo visto, quarant'anni dopo circa lo bollerà come segno di volgarità. Se capitate da quelle parti, il Ritratto di Lucina Brembati è conservato all'Accademia Carrara di Bergamo. Punto 12. Non è il capo che si avvicina al cibo, ma la forchetta che si avvicina alla bocca. Avevo un amico infallibile, che riusciva a mettere in relazione la curvatura del commensale sul piatto con l'estrazione sociale. 90 gradi? Figlio di professore universitario; 70? di impiegato. 45? classe operaia. Sotto i 30 gradi, bassa scolarizzazione. Dito mignolo alzato? Estrazione contadina. Punto 14. Ho chiesto ad alcuni amici sparsi per la penisola di fare una semplice ed empirica indagine: contare quante persone infilano il tovagliolo nel collo della camicia. L'esperimento si è svolto con un certo rigore, abbiamo identificato anche la fascia di prezzo dei locali: dai 20 ai 40 euro. Ovvio che quando sale il costo medio del pasto, diminuisce il numero dei nostri «indagati». Ebbene, contati i coperti in sala, coloro che preferiscono tenere il tovagliolo al collo anziché sulle ginocchia sono circa il 30 per cento al Nord e il 40 per cento al Sud. In prevalenza uomini, e questo non solo perché il sesso debole (intendo gli uomini) è - credo - meno attento alle norme di buon comportamento a tavola, ma anche, e questo va detto, per motivi di abbigliamento: la camicia e la cravatta allentata facilitano l'odioso gesto di infilarci dentro il tovagliolo. Punto 15. Nuovi tempi, nuove regole. La tecnologia a tavola non è ben vista, dal momento che la circostanza dovrebbe indurci alla convivialità e alla condivisione di cibo e valori. È vero, il cellulare non va sopra la tovaglia, ma soprattutto non va sotto il tavolo. Già, perché è proprio lì che avviene il più trafficato incrocio di onde e frequenze tra noi e il mondo esterno. A volte è difficile resistere a lungo alla tentazione di controllare se è arrivato un sms del fidanzato o della propria amata, ma trattenetevi il più possibile. In genere i cosiddetti VIP a tavola si comportano in modo abominevole, soprattutto i personaggi che sono diventati famosi per aver fatto televisione fortuitamente: per la maggior parte sono digitatori accaniti e compulsivi. Ricordo una sera, in un noto ristorante romano all'aperto, due commensali molto noti, un opinionista e direttore di un settimanale di gossip e un conduttore televisivo: ebbene, non fecero altro che messaggiare tutta la sera ignorando la conversazione. Il culmine venne raggiunto quando, spaventoso a dirsi e motivo di ribrezzo per ogni persona rispettosa del bon ton, uno di loro cominciò a far leggere i messaggi sul proprio cellulare inviati da una nota starlette. Appunto, c'è di peggio di messaggiare a tavola, ed è far leggere i messaggi privati agli altri commensali. È ammessa una sbirciatina a metà cena alle mamme un po' ansiose, alle adolescenti in odore di fidanzamento, ai padri in attesa; ma massaggiare per tutta la cena è intollerabile e maleducato. Al limite, dopo aver chiesto il permesso, allontanatevi da tavola e controllate il vostro cellulare in privato e in tranquillità.

Pagina 82

Galateo morale

197612
Giacinto Gallenga 2 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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Tutto questo venne compiuto da guerrieri civili; come furono guerrieri civili quelli che prendevano in ostaggio i sindaci, gli abbienti, le persone più stimate dei paesi invasi per costringerne gli abitanti a pagare quegli enormi ricatti che in istile di guerra si dicono requisizioni. Un mezzo milione d'uomini uccisi, feriti, mutilati, infermi di orribili malattie; due milioni di persone per cinque mesi in lotta colla fame, costrette a cibarsi dei più schifosi alimenti; innumerevoli famiglie in preda all'inquietudine, al terrore, alla desolazione, alla miseria, immense estensioni di campagne devastate, le abitazioni distrutte, i loro abitanti spogliati e costretti per derisione a trascinare i carri dei vincitori, a migliaia a migliaia le vedove e gli orfani..... ecco un quadro a parer mio sufficiente a dimostrare quanto abbia ragione di vantarsi la civiltà moderna del guerreggiare. Quale differenza, esclamerò colle belle parole del Macé, «fra queste guerre e il lavoro, questa guerra dell'uomo contro la natura, guerra clemente e feconda, nella quale le vittorie non si contano, come le altre, dal numero dei morti; e che spande invece la vita in abbondanza sul suo passaggio!».

Pagina 376

E infatti chi non conosce il povero, chi secolui non conversa è facile che resti ingannato allorché si crede di porgergli aiuto: ond'e che presto si svoglia di essere lo zimbello delle male arti di chi si abusa della carità sua; né i poveri a loro volta prenderebbero in odio gli abbienti, se dal contatto coi medesimi venissero ad acquistar la convinzione che quelle ricchezze non sono inutili a loro stessi che si troverebbero di molti più poveri se non avessero che altri poveri intorno a sé; verrebbero i poveri a persuadersi che, per quanto privi di beni materiali, essi sono tuttavia in grado di possedere al par dei ricchi una ricchezza di affezione di cui possono far parte, non alle loro famiglie soltanto, ma a tutti quelli da cui ricevono benefizio; e che è il miglior modo per loro di sdebitarsi degli obblighi che hanno incontrato verso la carità degli altri.

Pagina 419

Signorilità

197916
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 6 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
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È destinato a fanciulle e a madri, per le quali la vita non è solo egoisticamente chiusa nelle mura della casa, nè solo spalancata sulla vita mondana; alle fanciulle e alle madri che sanno compiere in modo coscienzioso, in perfetto stile fascista i loro doveri domestici, e, nello stesso tempo, non dimenticano i loro doveri di intellettualità, nè quelli di un doveroso aiuto morale e materiale ai meno abbienti ed ai meno fortunati. E neppure rinunciano ad un divertimento onesto e lieto. La signorilità che è lavoro, dignità, modestia, cortesia, ospitalità, equilibrio, semplicità, è la qualità migliore che un individuo possa avere, che una famiglia possa vantare. È stata sempre retaggio della stirpe italica, e deve esserlo maggiormente nelle nuove generazioni della nuova èra.

Per famiglie solo modestamente abbienti, la stanza adibita a studio abbia pochi mobili, ma buoni, qualche tappeto, un sofà con poltrone analoghe in cuoio o in bella stoffa. Se non si possono comperare degli scaffali chiusi, si facciano fabbricare aperti, in noce, tutti eguali, di bella linea. E sul loro piano superiore si posino vasi di Murano o vecchie ceramiche con molti fiori, fotografie ecc. Nello studio bene illuminato, (magari con quei moderni diffusori di luce a sfera e a goccia, che aumentano molto la potenzialità delle lampadine), non manchi mai di essere in vista il nuovo insuperabile Atlante del Touring, un orario ferroviario, un calendario, e, per chi vive in grandi città o in paesi di escursioni, uno specchietto con l'elenco dei monumenti artistici, musei ecc., che oggi si possono visitare gratuitamente. Mediante l'aspiratore elettrico, la padrona di casa faccia una accurata pulizia giornaliera dappertutto e specie nei libri che la polvere, accumulandosi, facilmente deteriora...

Pagina 167

Meglio se questo compito è accettato da una signora anziana che può, se è ricca, provvedere lei i mezzi di trasporto o il thè, o che si assuma una parte di spesa per le meno abbienti... In tale caso gli invitati ricambino la cortesia; gli uomini, col dono di fiori o di un libro, o di uno spartito d'opera; le signore con un piccolo lavoro di buon gusto, fatto dalle loro stesse mani...

Pagina 308

Nelle altre tribune e recinti sarebbe di obbligo il nero e il velo in testa, però il Papa, padre tenerissimo, si preoccupa per i non abbienti e non vuole escludere dalla casa di Dio quelli che non posseggono un guardaroba ben fornito. Parecchie invitate spesso approfittano di questa bontà, vestono in rosso o in giallo, e vanno beatamente con cappelli variopinti, dando prova di poca convenienza e di poca educazione... Una veletta modesta costa poche lire, un vestitino scuro è presto rimediato, un mantello nero può essere chiesto ad un'amica...

Pagina 350

Spesso, quando le famiglie dei fidanzati sono entrambe abbienti e in buona posizione morale e sociale, i thè di fidanzamento sono due, giacchè anche i futuri suoceri vogliono presentare la futura nuora ai loro amici. Ma, in tale caso, avrà la precedenza quello offerto dalla madre della fidanzata. Questa, vestita di un elegante abito da pomeriggio, stia con la madre e col suo «amato bene» nel primo salotto (se ne possiede più di uno), o accanto all'uscio del salotto, se ne ha soltanto uno. Presenterà il fidanzato agli ospiti (stia attenta, nell'entusiasmo del momento, di non presentare gli ospiti al fidanzato) ringraziando cortesemente dei rallegramenti; li faccia sedere o accompagni nella stanza da pranzo per il thè, affidandoli al padre o a una sorella, o a una parente. Quando tutti saranno riuniti, allora ella stessa, con la mamma e col fidanzato, vada a prendere il suo thè e si unisca ai gruppi, lieta e cordiale, semplice e naturale, senza darsi importanza, non celando la sua gioia, ma non ostentandola, (per il thè vedi cap. VIII). Naturalmente ella avrà al dito l'anello del fidanzamento. Fino a pochi anni fa, esso consisteva in un brillante e in una perla; ora consiste o in un solo brillante molto bello, o in uno zaffiro contornato di brillantini legati in platino e formanti disegno. Un' usanza delle grandi famiglie, specie straniere, che merita di essere seguita anche nelle famiglie più modeste, è quella di avere un anello di fidanzamento, che passa di generazione in generazione alla fidanzata del primogenito; ognuna di esse, diventata moglie e madre, lo cederà a suo turno, nel giorno del fidanzamento del suo figliolo. Generalmente questo anello porta in minuscoli brillantini, la cifra o la corona della famiglia su di una grossa pietra preziosa o dura. Ma anche qualunque genere di anello può servire; inciso nel cerchio d'oro vi sia la data dell'anno (non del giorno e dell'anno per non occupare troppo spazio). E non occorre aggiungere che, per una ragazza di cuore, educata a buoni sentimenti, la tradizione dell'anello di fidanzata deve essere un incitamento ad una vita onesta di buona mamma, un segno tangibile dell'onoratezza di una famiglia, che deve continuare in lei. La fidanzata ricambi il dono o con un anello, o con bottoni da polsino o con un orologio, e non con una spilla da cravatta... «Dono che punge, l'amor disgiunge»...

Pagina 376

Ed ecco sorgere la necessità di scuole professionali pel le giovinette abbienti, e la necessità di quelle scuole per domestiche, che, dopo un certo tirocinio, rilasciano un diploma, - scuole che sono numerose all'estero e che vanno sorgendo in Italia - scuole basate su caratteri di assoluta praticità... Ecco sorgere la necessità che tutto, in casa, sia deciso con ponderatezza, senza nulla lasciare al caso. Per esempio: una volta una signora fece ridere delle amiche, dicendo loro che la previdente intelligenza e praticità della padrona di casa, deve esplicarsi anche... negli strofinacci da spolverare! (ancora non era inventato l'aspiratore elettrico...) ma, poi, esse dovettero convincersi che, adibendo a quest'uso qualche vecchio straccio, o qualche tessuto bucherellato o bucato, andava a finire che il buco entrava... proprio nel braccio di una figurina di porcellana o nell'ansa di una zuccheriera, e che, ritirando con forza lo straccio, figurina e zuccheriera andavano facilmente a terra in frantumi. Il posto del telefono deve essere bene studiato, in modo da risparmiare tempo e moto a chi lo adopera maggiormente, in modo da essere al riparo da indiscrezioni, ecc.; quando una casa è a due piani, l'avere un secondo apparecchio con derivazione, costa cento lire annue in più (tariffa di Roma), ma risparmia notevolmente gambe e anche nervi. Il libro degli indirizzi deve essere tenuto sempre aggiornato; esso deve avere anche una piccola rubrica o aggiunta coll'indicazione degli onomastici e natalizii delle conoscenze più intime, e del giorno in cui le amiche ricevono... Piccole cose, ma utili nel senso sociale, e pratiche, perchè risparmiano tempo... tempo di cui, teniamolo bene a mente sempre, abbiamo il sacrosanto dovere di essere avare.

Pagina 493

Come presentarmi in società

200142
Erminia Vescovi 1 occorrenze
  • 1954
  • Brescia
  • Vannini
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E' un rimprovero che ha una parte di verità, nel senso che presso gli stranieri l'amore dei viaggi, non tanto per snobismo e per smania di divertimento superficiale quanto per desiderio di arricchire lo spirito allargando i propri orizzonti, è insito assai più che da noi anche nella gente modesta, e non solo nei ceti abbienti. Studenti ed operai dei paesi nordici si sottopongono volentieri a sacrifici anche non lievi pur di potere viaggiare e conoscere genti e bellezze dell'Europa e del mondo. In ogni modo, anche da noi chi è veramente in grado di apprezzare spiritualmente ed intellettualmente il godimento di un bel viaggio e di provar tali vantaggi, non rimane certo come l'ostrica attaccata allo scoglio. Artisti, professori, dilettanti, letterati, girano l'Italia, oh se la girano! E fanno benissimo, e sono tanto più ammirevoli se la strettezza del loro bilancio impone loro un vero sacrificio per la spesa, per quanto modestamente la vogliano fare. Gli altri... gli altri è meglio che stiano tranquillamente a casa propria: con guadagno della borsa e della salute. A buon conto, prescindendo da questi viaggi che hanno un carattere tutto speciale, le ragioni di muoversi da una città all'altra sono così varie e numerose, specialmente in certi periodi dell'anno che i treni sono affollati, e non è cosa facile nè saper conquistare un posto, nè diportarsi fra tanta gente in modo che la cortesia e il rispetto reciproco non abbiano a subir qualche strappo. Il galateo del viaggio ha dunque, ai tempi nostri, una importanza speciale. E siccome la forma più comune del viaggio è quella per le strade ferrate, vediamo come ci si deve comportare nelle stazioni e in treno. Alla stazione si deve giungere con un discreto anticipo sia per prendere il biglietto a tempo sia per scegliere eventualmente il posto in treno. Non è però da approvare chi esagera in questo, e corre alla stazione un'ora prima, angustiando i familiari, facendo loro perder la testa, guastando forse gli ultimi preparativi, per modo che, giunti ansanti alla stazione, trovano chiuso lo sportello dei biglietti, vietato perciò' l'accesso alla sala d'aspetto, e in quel non desiderato intervallo cominciano a rammaricarsi di non aver forse ben chiusa quella finestra, di non aver dato quell'avviso al portinaio, o forse si avvedono d'aver dimenticato l'ombrello, o vien l'atroce dubbio di aver chiuso il gatto in cucina! Si stabilisca dunque quanto tempo è necessario per recarsi alla stazione, o in tram, o in carrozza, o a piedi, si provvedano possibilmente i biglietti in qualche agenzia di città, e si proceda con calma agli ultimi preparativi. Si suol dire che il treno non aspetta, ed è vero: ma è vero anche che nessun treno mai usa partire in anticipo sull'orario. I bagagli dovrebbero essere pochi, solidi, pratici. Se il viaggio è lungo, sarà meglio spedire un baule, e non ingombrarsi con valige e involti e fagotti. Ogni persona porti seco in una valigetta quel che può occorrere in treno o in una notte d'albergo: questo sarebbe il bagaglio ideale. Ma se le circostanze vogliono diversamente, si guardi di non oltrepassare i limiti di peso e volume segnati dal regolamento. Che cosa brutta e sconveniente è mai quella di veder una brigata numerosa, una famiglia, invader la vettura con valige e portamantelli, e fagotti, e sacchette, e accaparrarsi ogni spazio vuoto costringendo talvolta quelli che son giunti prima di loro a restringersi in modo incomodo, a ritirar i loro oggetti che prima avevano ben disposti nelle reti! E qualche volta accade anche che a una mossa brusca del treno tombola giù una borsetta o un cappellino, o un oggetto qualsiasi malamente issato in cima al mucchio... e pregare il cielo che non sia un oggetto pesante. Talvolta questi indiscreti si buscano delle osservazioni dai ferrovieri, che li invitano poi a far portare quella roba al bagagliaio, fatto apposta; e la lezione sta loro benissimo. Quando il treno si ferina alla stazione, chi è arrivato prima prende il posto che meglio gli aggrada. Se il treno è di passaggio, bisogna aspettare che siano scesi i viaggiatori che devono scendere, e dopo accomodarsi come si può. La fretta soverchia, gli urtoni, l'insistenza per passare avanti, oltre che esser prova di mala educazione, finiscono poi coll'esser più dannosi che utili: chi invece ha pazienza d'attendere, e occhio sicuro da guardare e osservare, finisce coll'accomodarsi meglio degli altri. Accade talvolta, alle fermate dei treni, che quelli che stanno comodi nei loro carrozzone guardano con una specie di inimicizia i poveretti che voglion salire, specialmente se vedan compagnie numerose, e riempiono gli sportelli e vorrebbero far credere che non c'è più posto per nessuno. Ahi, nelle piccole e nelle grandi cose, l'egoismo umano!... Homo homini lupus. No, non bisogna far così come non piacerebbe che a noi facessero altrettanto. Bisogna invece, con lealtà e cortesia, lasciar scorgere i posti liberi e stender la mano soccorrevole a qualche povera signora che trova difficile la salita e prender di mano a mettere a posto qualche valigia ingombrante. Il bello è che tante volte, quelle stesse persone che avevano mostrato una istintiva repulsione a lasciarvi salire, vi si mostrano più cortesi e servizievoli, e divengono ottimi compagni di viaggio. In viaggio si deve vestire decentemente, per rispetto a noi e agli altri, ma senza fronzoli ed eleganze malintese. La signora farà bene a indossare un vestito grigio o di altro colore neutro, dal taglio all'inglese; l'uomo non viaggerà mai in abito da cerimonia, anche se fosse diretto a qualche festa ufficiale. Bisogna, in tal caso, aver seco ciò ch'è necessario per mutarsi, all'arrivo. Un uomo farà bene a non tenere il cappello in treno. Si può aprire e anche togliersi del tutto la giacca o la pelliccia, se nello scompartimento si soffrisse troppo caldo: ma l'uomo che si toglie la giubba e si mostra in maniche di camicia commette una vera sconvenienza. Quando il sonno giunge, nei viaggi notturni, ci son di quelli che si sdraiano sui sedili, dopo aver semplificato al massimo il loro abbigliamento, ed essersi persino tolte le scarpe. Costoro seguono la teoria «che si deve f are il proprio comodo», teoria ottima per gli egoisti screanzati. Una signora, si capisce, sarebbe ancor più biasimevole se si accordasse simile libertà. Ma non le sarà proibito, specialmente se attempata e sofferente, appoggiarsi e stendersi per quanto lo spazio lo permette, senza esser d'incomodo ai vicini. Non occorre poi raccomandare a chi viaggia la massima accuratezza nell'abbigliamento intimo. Son tanti i casi che possono succedere! Una signora a cui dia noia il fumo non entra negli scompartimenti dei fumatori. Ma anche dove è permesso fumare, un uomo cortese chiederà se il sigaro disturba e si regolerà in conseguenza della risposta, o forse anche dal modo con cui è data, che spesso esprime assai bene un sì, mentre le labbra mormorano no... Potrà allora uscir un momento nel corridoio. Si intende poi che non sarà così villano da fumare dove è proibito. E non parliamo dell'orribile vizio di sputare in treno, contro cui si combatte ora una multilaterale e accanita battaglia, e che sembra abbia già ottenuto gran parte del suo intento. Una signora non rivolge mai la parola a uno sconosciuto, in treno, se non per chiedergli quei piccoli favori che non impongono se non l'obbligo di un grazie. Sconvenientissimo si mostrerebbe colui che volesse per forza attaccar conversazione con una signora: essa ha diritto di respingere questi tentativi con dignità e severità e, occorrendo, anche con modi più risoluti. Fra uomini poi, e più ancora fra signore, si avviano spesso e volentieri dei dialoghi che poi divengono generali, e spesso, dopo un'ora o due di viaggio comune, lo scompartimento sembra diventato un salottino dove ferve una conversazione ben nutrita, e squillano allegre risate. Niente di male, se quelle conversazioni si aggirano su terni di carattere generale, e danno modo a chi può di palesare il proprio ingegno e la propria arguzia. Ma sarebbe imprudente, e mostrerebbe piccolo cervello chi raccontasse in pubblico i fatti propri. Eppure accade qualche volta che, dopo un breve tragitto, una persona che ci sta accanto ha creduto bene di farci conoscere di sé e la patria e la condizione, e la famiglia, e gli amici, e le abitudini e i gusti, e le speranze e gli affari... Il nome talvolta sì, talvolta no. Questi originali bisogna lasciarli sfogare, e non dar loro troppa ansa, e soprattutto non credersi obbligati a contraccambiare confidenza con confidenza. La signorina che viaggia (ormai ce ne sono tante!) sarà riguardosa e riservata al massimo, e cercherà di non dare soverchia confidenza a nessuno. E' lecito in treno far colazione con qualche cosa che si sia portato seco. Ma siano cibi asciutti e senza troppi odori forti: un panino ripieno, una tavoletta di cioccolata, qualche frutto precedentemente sbucciato o facile a sbucciarsi e basta. Si lascino stare i polli, gli stufati, la roba unta in genere, i formaggi e i salami, che danno così sgradevole aspetto alla refezione. Si abbia un tovagliolo da stendere sulle ginocchia, un bicchierino per bere, e si gettino dalla finestra gli avanzi e le carte e ci si ripulisca bene le dita e la bocca, passando, se si può, nel camerino dove c'è (o ci dovrebbe essere) l'acqua corrente. Non è obbligo offrire agli altri ciò che si è portato per mangiare: se però ci fossero persone di conoscenza o con cui si avesse fatto un po' di conversazione, si può offrire un arancio, una caramella, un cioccolatino ecc. ecc. Coi bambini poi sarebbe quasi una crudeltà fare diversamente. Si tenga aperto o chiuso lo sportello vicino a noi secondo il piacer nostro; perchè questo è un diritto che il regolamento concede; ma si abbia anche riguardo a persona che mostrasse di soffrire, sebben lontana, l'aria corrente, o di sentirsi soffocare a finestrino chiuso. Non si deve muoversi spesso senza ragione, passando e ripassando davanti a chi siede, ma questi, alla loro volta, devono tener composte e non distese le gambe, per non impedire agli altri il passaggio. Chi arriva alla stazione di scesa raccolga con qualche anticipazione i suoi bagagli, si riaccomodi la persona, e stia pronto allo sportello. Con un cortese buon viaggio ai suoi compagni, qualcuno dei quali sarà sempre gentilmente pronto a porgere la valigia e ad aiutare in altro modo che occorra, si scende e si va dritti dritti verso l'uscita, dove si consegnerà al bigliettario il biglietto già preparato prima, per non far perdere il tempo e impedire il libero passaggio degli altri.

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