Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Galateo morale

197645
Giacinto Gallenga 10 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
  • paraletteratura-galateo
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Lasciate i posti d'angolo, come i più comodi, nelle vetture alle donne, e non obbligatele, quand'anche abbiate su esse il diritto di precedenza nell'interno, ad arrampicarsi sull'imperiale.- Oh diamine! se non volete farlo per gentilezza, fatelo per decenza! Vi sono dei begli spiriti che si divertono a spaventare i compagni di viaggio col dire che la strada è pericolosa, che è infestata dagli assassini, che il corriere suole far ribaltare il legno: mandateli con Dio. Cani e gatti ed altri animali sono assolutamente fuori di posto in vettura. Oltre alla puzza che tramandano, oltre al fastidio che arreca il loro guaire, il loro miagolare, non tutti possono aver simpatia, per quelle bestie, a rallegrarsi del pericolo di rimanerne insudiciati o di vedersene morsicati. Non pacchi enormi che ingombrino, né materie puzzolenti che ammorbino l'ambiente del veicolo. Il fumare è vietato dai regolamenti: quando non lo fosse da questi, lo sarebbe dalla civiltà, dalla cortesia. Il russare, il dondolarsi a destra ed a sinistra, il gettarsi su questa o su quello sono atti così sgarbati che non occorre il farne parola. Guardatevi dai profumi sulla persona: ciò potrebbe dar fondamento a sospettare che vogliate con tal mezzo neutralizzare gli odori ingrati del corpo; senza considerare che l'impressione prodotta sui nervi di alcune persone dal patchoulì, dal muschio ed altre essenze può cagionar delle nausee e delle convulsioni. Lo aprire gli sportelli per dar passaggio alle correnti dell'aria con pericolo di procacciare altrui delle infreddature e delle punte è un attentato alla salute, contro il quale ognuno è in diritto di protestare. Ma nemmeno si avrebbe ragione di pretendere che altri soffocasse col tener chiuso ermeticamente il veicolo, quando il calore eccede certi limiti e l'afa diventa, intollerabile. Chi vuole, viaggiando, godere tutti i suoi comodi, soddisfare tutte le sue voglie deve munirsi di tutto l'occorrente (confortable) e spendere quanto è d'uopo per mantenere al proprio corpo la posizione e la temperatura che gli par conveniente. Ma già! se una non ha vettura propria, bisogna che si rassegni a fare anche un poco a modo altrui, e che studii, nei ritagli di tempo, la teoria delle reciproche transazioni. E pare che dopo aver pagato il tuo posto nelle ferrovie, negli omnibus, ti competerebbe il diritto di viaggiare umanamente. Così non la pensano certe società, corti concessionari che non hanno lo stimolo della concorrenza: le une per risparmio di carbone, gli altri per economia di cavalli limitano il numero dei vagoni, la capacità dei veicoli in modo, da costringere i viaggiatori a starsene coma le acciughe. La comodità degli orari, la precisione nell'osservarli sono, a parer mio, subordinate troppo esclusivamente agli interessi ed ai capricci delle società, e della imprese. Mi pare che il pubblico che concorro a pagare le garanzie e i dividendi dovrebbe venir ammesso qualche volta a far sentire la sua voce, a far pesare il suo voto sulle determinazioni regolamentarie del servizio: ma per ciò converrebbe dapprima definire la questione: se le ferrovie sieno state fatte pel paese, ovvero se sia lui, il paese che venne creato per la ferrovie. Questione intricatissima, a sciogliere la quale si dichiararono finora incompetenti gli stessi ministri. Figuriamoci noi! I filetti in oro ed argento ai berretti ed ai cappotti, le monture più o meno guerresche dei capi, dei sottocapi e degli applicati ed annessi di qualunque grado fanno dimenticare, cred'io talvolta, a questi funzionari che essi appartengono al ceto degli impiegati civili, al punto che qualche viaggiatore dopo essere stato duramente rimbeccato da un inserviente, o da una guardia poco urbana, non osa più, guardando in faccia i superiori di questa, richiamarsi presso i medesimi dei torti, degli affronti subiti dai loro dipendenti. Avvien pure che tu ti senta, nel cuor della state, arroventare il cervello dalle volte incandescenti dei vagoni che si lasciarono per lungo tempo esposti all'azione della sferza solare; o che di essi l'ambiente ti sollevi lo stomaco pel sudiciume che non venne rimosso dai pavimenti, o che tu venga molestato dalla polvere raccolta nei sedili, cacciatavisi dagli aperti sportelli. Se tu viaggi negli omnibus puoi quasi essere certo che le tende non sono mai al completo o son fatte a brandelli, o non iscorrono sui regoli, per cui se'costretto a ricevere in pieno sulla faccia o sulla nuca i raggi di Febo; o che almeno un paio di cristalli infranti lasciano liberamente passare il freddo e la polvere a sciuparti abiti, occhi e polmoni. Se hai in pregio il pudore e l'innocenza ti asterrai, ispecie nei luoghi pubblici, dagli sconci parlari: quindi anche in vettura, particolarmente se vi si trovino giovanetti o donne, che non possono, per le condizioni del luogo allontanarsi e preservare i loro orecchi dall'udir simili lordure. E peggio sarebbe se quei discorsi si rivolgessero direttamente a quelle persone cui è debito sacrosanto di rispettare. L'impudenza in simili casi diventerebbe misfatto.

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Abbiate in presenza dei servi i massimi riguardi alla moglie, ai figlioli; evitate in loro presenza i diverbi, le rivelazioni di fatti che richiedono la massima segretezza; onde non venga meno in loro la reverenza a voi, alle donne vostre, ai vostri figli, amici, congiunti; e non diasi occasione a dispiaceri e a danni di cui possono rendersi autori quei servi che non fossero modelli di discrezione. Marito, non prender parte coi servitori contro la moglie; moglie, non contro il marito; figli, non contro il padre e la madre vostra, contro le sorelle, contro un vostro superiore o compagno, qual ch'esso sia. Non permettete, genitori, in soverchia famigliarità dei servi verso di voi o verso i vostri; ciò non conferisce al rispetto che avete diritto e dovere di esigere per voi e per gli altri da loro.

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Date il vostro nome chiaro e preciso ai servitori che vi debbono annunziare; ed abbiate sempre in tasca qualche carta di visita da consegnare in assenza dei padroni per non obbligare i servi a fare degli sforzi per ricordarsi il vostro nome, e i padroni a torturarsi il cervello per indovinarlo dietro le imperfette indicazioni delle persone di servizio. Non insistete, allorché vi vien detto che i padroni non si trovano in casa; ciò è come dar ad intendere che voi sospettate il contrario. Vi sono tanti casi in cui un'occupazione importante, una indisposizione, un colloquio con altre persone non permette loro di ricevervi in quell'istante. Non avvi in ciò pur l'ombra di un affronto; giacché non havvi modo più civile di liberarsi da una visita che sarebbe causa di ritardo al disbrigo di un affare importante, il cui differimento potrebbe recar grave danno. Ciò non esclude la stima e l'affezione verso il visitatore; e si dimostrerebbe davvero stupido ed indiscreto chi ne traesse pretesto di offendersi e di tenere il broncio. Per altro chi fa dire di non essere in casa non deve parlare in modo da essere udito dal visitatore; né tanto meno deve farlo attendere e mandargli a dire dopo un certo tempo da colui che glielo ha annunziato, che il padrone non c'è; sarebbe lo stesso come dirgli: c'è, ma non per lei! e s'avrebbe ragione, in tal caso, di risentirsene. Alcuni si permettono entrare in casa altrui senza farsi annunziare ove accada che essi trovino aperta la porta dell'abitazione. Non v'ha inciviltà maggiore di questa. Si deve fare ogni sforzo per farsi udire da qua di dentro; e qualora non possiate, farete meglio ad andarvene e non penetrare nell'appartamento col rischio di farvi sorprendere ed accusare, per lo meno, d'indiscrezione. E nemmeno, giunti in anticamera od altro luogo, dietro invito dei padroni o dei servi, dovete insinuarvi nelle sale più riservate prima di esserne sollecitati (né origliare, sopratutto, alle porte). Ad un'umile fortuna non è sempre data di arredare con egual lusso e proprietà tutto l'alloggio, o forse la camera in cui vi si riceve non è decentemente ammobigliata fuorché a spese di tutte le altre. La povertà non è delitto, ma il gentiluomo cerca onestamente di dissimularla; a nessuno per quanto famigliare, è lecito di violare dei misteri sotto i quali si nascondono talora durissime privazioni e sofferenze ineffabili.

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Abbiate l'occhio ai ragazzi che conducete in compagnia vostra affinché non commettano guasti e non siano obbligati coloro a che intendete di far cortesia, a guardarsi la persona, gli abiti, i mobili dalle loro imprese di qualsivoglia natura.

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Abbiate sempre una buona parola per tutti, fuorché pel curioso e pell'indiscreto che vanno a trovarvi col solo scopo di schiacciare la noia, o che intervengono senza essere stati da voi invitati, a rimorchio di una vostra conoscenza che si prende la libertà incivile di introdurveli, motu-proprio, in casa e di farli partecipare al vostri divertimenti. E neanche si devono risparmiare - senza per altro adoperar soverchia sgarbatezza, onde non inimicarsele — quelle certe persone che s'immettono arditamente nel vostro domicilio per ispiare le vostre azioni e notar le persone che si recano da voi. Questi audaci importuni sono per l'ordinario ciarlieri eziandio; e voi non ignorate che le chiacchere degli imbecilli e dei maligni trovano sempre degli orecchi pronti ad accogliere le loro goffaggini e le loro calunnie.

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Procurate di eliminare l'inquietudine dalla vostra faccia, dai vostri discorsi, insomma non abbiate l'aria di temere per lui, di fargli i conti dei dì che gli restano, poiché sarebbe lo stesso che allearsi colla malattia per precipitare l'ammalato. E se questi viene per disgrazia a mancare, non è d'uopo, qualunque sia la vostra convinzione, di affannarvi a convincere quei di casa che ne fu carnefice il medico colla sua ignoranza. Questo si chiama mettere ad altrui la disperazione, il rimorso nell'anima. Aspettate per fare queste confidenze che il dolore siasi calmato e soltanto per ovviare ad ulteriori disgrazie che potessero derivare dall'incuria o dall'inettezza riconosciuta nel curante. E bisogna poi avere molti riguardi e andar come si dice col calzare di piombo prima di metter odii e sospetti attorno a una persona che non ha il più delle volte veruna colpa dello sfortunato esito della sua assistenza.

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Non precipitatevi, appena verranno i servitori a dare il serviti in tavola, verso la sala da pranzo, né, là giunti, abbiate l'imprudenza di scegliervi da voi stessi il posto; questo vi verrà assegnato dai padroni. Non mostrate dispiacere del sito che vi hanno destinato, né di avere al fianco questa o quell'altra persona; né commettete lo sgarbo di cambiare il posto con altri. Per questo approvo assai l'usanza di scrivere su appositi cartellini i nomi dei convitati, giacché così si vien ad evitare la seccatura delle discussioni sulla precedenza e il perditempo delle cerimonie. Ma con tal sistema fa d'uopo di molto tatto, di molta pratica delle convenienze, molta conoscenza dei caratteri dei convitati per parte dei padroni di casa; onde non offendere la suscettibilità delle persone. Lasciate prima sedere a tavola le signore e le persone a voi soprastanti di età, e di condizione. Appena seduti, salutate con un cenno cortese di capo, con qualche graziosa parola i vostri vicini. Se avete ai lati delle signore, siate loro gentili di ogni possibile attenzione, servendo loro da bere, porgendo loro i piatti, ecc.

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La seconda, abbiate riguardo ai servitori; qualche monetuccia, un pezzettino di carta al personale di servizio varrà ad ingraziarvelo (e ciò non è sempre inutile a chi frequenta la società) e varrà, eziandio a dimostrare che i pranzi, se avete l'abitudine di accettarli, non formano per voi un ramo di speculazione. Anche un'avvertenza e finisco. Ogniqualvolta siete intervenuti a un pranzo, a una serata da un parente, da un amico, da qualunque persona, dovete, sotto pena di grave mancanza al galateo, far loro una visita entro la quindicina dal giorno della serata o del pranzo. Quando non accettate invito, dovete immediatamente scusarvene con una lettera di ringraziamento per dimostrargli la vostra gratitudine, il vostro dispiacere di doverlo rifiutare, e non lasciare chi vi ha usato gentilezza incerto della vostra venuta.

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Non abbiate paura d'un filo d'aria che vada a colpire i vostri bambini: non vi spaventi un piccolo mal di capo, una leggera infreddatura: insomma non opprimeteli di cure soverchie che avranno per effetto di renderli timidi, cagionevoli, inetti. Avvezzateli dai loro teneri anni alle privazioni, ai sacrifizi; avvezzateli a soffrire, avvezzateli insomma alla vita quale si presenta poi nel corso degli anni. «Ma non basta — è sempre il D'Azeglio che vi parla — avvezzateli a soffrire il caldo e il freddo, le intemperie, perchè sapete che inevitabilmente dovranno esporsi in appresso a soli ardenti, a nevi, a pioggie, ecc.: e, poi non potendo ignorare che i figli saranno esposti ugualmente a delusioni, a sventure, pensate anche da questo lato ad avvezzarli a soffrire. Insomma i bambini hanno diritto di non essere sacrificati ad inopportune e dannose tenerezze. Bisogna avvezzarli a patire, ed ubbidire quando il dovere e la necessità lo impongono». Non s'hanno quindi a soddisfare tutte le voglie, tutti i capricci dei fanciulli, e conviene anzi qualche volta lasciarli alle prose coi disinganni e coi dispiaceri. Né ciò vuol mica dire contrariarli sistematicamente, poiché ciò servirebbe unicamente ad irritarli, e predisporli alla ribellione. Guai se essi s'accorgono che voi siate dalla parte del torto, che le vostre opposizioni sono guidate, piuttosto che dalla ragione e dall'affetto, dal capriccio e dall'ostinazione. Non seguite la moda ridicola e dannosa di mandare in volta, i ragazzi colle gambe nude per far pompa delle loro carni morbide, bianche, rigogliose, come fareste di una poppatola, a costo di far guadagnare a quei poverini delle costipazioni; non fate dei figli vostri, dei soggetti da esposizione; avvezzateli anche da fanciulli alla dignità e al riserbo. A qualunque condizione essi appartengano, sia il vestir loro decente e modesto, onde non abbiano ad inorgoglirsi osservando la differenza tra i loro abiti costosi e brillanti con quelli dei fanciulli delle classi inferiori; poichè ciò farebbe nascere in loro un sentimento di disprezzo per la mediocrità e povertà, mentre voi sapete che il disprezzo voi non dovete in quei teneri cuori ispirarlo fuorché per il vizio.

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Proprietari che avete un cuore pensate che anche i portinai sono di carne ed ossa, e non abbiate quindi la crudeltà di lasciarli ammuffire ed abbrutirsi in quei sozzi, ed angusti bugigattoli dove stentano a muoversi e a respirare in un ambiente ammorbato dal soverchio ammucchiarsi delle persone, e dove l'aria già troppo scarsa e, per così dire, stagnante trovasi per di più viziata dai mortiferi efflussi dello stufe e dei bracieri. I portinai hanno il dovere di servirvi, di esporsi anche, se occorre, ai più gravi rischi per assicurare voi e i pigionanti vostri; ma non avete voi il diritto di attentare alla loro salute, alla loro moralità, negando ad essi l'aria, lo spazio ed il sole. Proibite loro assolutamente di ubbriacarsi: il portinaio deve essere, nella modesta sfera delle sue attribuzioni, circondato di quel prestigio che è indispensabile per mantener l'ordine nella casa affidata alla sua custodia. Devon essere i suoi pregi essenziali la buona condotta e l'urbanità, con tutti e particolarmente con gl'inquilini dello stabile a lui affidato.

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