Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbiate

Numero di risultati: 13 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Il codice della cortesia italiana

184256
Giuseppe Bortone 1 occorrenze
  • 1947
  • Società Editrice Internazionale
  • Torino
  • verismo
  • UNICT
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Pagina 82

Passa l'amore. Novelle

241657
Luigi Capuana 2 occorrenze
  • 1908
  • Fratelli Treves editori
  • Milano
  • verismo
  • UNICT
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Non vi biasimo, non dico che abbiate avuto torto operando così. La scelta fa onore alla vostra intelligenza; siete uno dei miei migliori discepoli, anzi l'unico; non vi adulo. Ma, se la filosofia vi è entrata un po' nella mente, non vi ha ancora invasato tutto. Voi potete fare tant'altre cose che con la filosofia hanno poco o niente da vedere. Io, no; non posso far altro che arzigogolare, come dicono i burloni, e frullare l'astratto. Potrei affermare che il mondo non esiste per me, tanto sono scarsi i miei bisogni che mi fanno accorgere della sua realtà. Neppure il mondo s' accorge di me? Che me n'importa!... E così, dunque, la vostra carica a fondo contro la filosofia positiva, a che stato si trova? Filosofia.... positiva! Quasi la filosofia potesse essere altra cosa!... Quasi non fosse la cosa più positiva del mondo! Quasi.... Io andavo a trovarlo appunto per godermi le sue improvvisazioni, che spesso valevano più delle sue lezioni all'Università davanti a tre, quattro, cinque studenti, non sempre gli stessi, che lo mettevano di malumore più per mancato rispetto alla scienza che per offeso amor proprio di professore.

Pagina 187

Abbiate pazienza. Pagherò io anche per conto vostro. Non accadrà più. Coi superiori si fa peggio tentando di scusarsi.... - Ma la multa?... - Qualche spia di collega.... Quella carogna.... - Chi? - M'intendo io. - E tu, - egli disse rivolto alla moglie, - tu non ti sei mai accorta di niente? - Hai inteso: l'isolatore.... Ormai.... giacchè pagherà lui.... - Non voglio elemosine da nessuno! - Che hai in questi giorni? Non ti si può dire una parola.... Hai dunque perduto troppo.... col farmacista? - Io? Io non perdo mai, per tua norma.... Ma con lui non giocherò più, mai più, mai più!... Bara!... Gli ho stracciato le carte in faccia. Nino Pace mi guardava le carte e gli faceva dei segni.... Me ne sono accorto.... Mai più, mai più, mai più!... Si erano interposti parecchi amici. Nino Pace aveva giurato che non era vero ch'egli facesse dei segni strizzando un occhio, arricciando il naso, stringendo le labbra.... per indicare gli assi, i tre, i re.... al farmacista.... Ma il terrore, ma le torture provate dalla signora Dea in quei giorni erano stati tali, che ella, tornata a restar sola nell'ufficio, non aveva avuto il coraggio di rispondere al tic-tac di colui neppure per dire: - Basta, smettiamo. Le venivano le lacrime agli occhi, a quell'invito persistente. Qualcosa ella sentiva morirsi nel cuore, un sogno, meno di un sogno, un po' di luce, un po' di profumo che dileguavano via dalla sua vita, dolorosamente, silenziosamente. E più tardi, ricordando, rassegnata, trasalendo a ogni tic-tac, le sembrava di esser vissuta soltanto in quei tre mesi e mezzo. Di così poco certe anime sono condannate a contentarsi!

Pagina 230

Malia. Commedia in tre atti in prosa

241935
Luigi Capuana 4 occorrenze
  • 1891
  • Stabilimento tipografico di E. Sinimberghi
  • Roma
  • verismo
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Abbiate pietà di me! Scioglietemi!.... Scioglietemi dalla malia!

Pagina 29

Abbiate pietà di me! Scioglietemi, Cola!

Pagina 30

Abbiate fiducia in lui... Lo chiamo?

Pagina 39

Stiva solida: non abbiate paura.

Pagina 8

Documenti umani

244735
Federico De Roberto 1 occorrenze
  • 1889
  • Fratelli Treves Editore
  • Milano
  • verismo
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La vita ha le sue esigenze; ed io non sono così ingenua o così presuntuosa, da supporre che in questi dieci anni voi abbiate potuto pensare a quello che fummo. So, del resto, che vi siete divertito; e chissà quante altre imagini si saranno sovrapposte a quella che io ho temuto di ripresentarvi dinanzi! Guardate: divento indiscreta!! Perdonatemi anche questo e vogliate credermi a ogni modo, con rinnovate scuse ed anticipati ringraziamenti, cordialmente vostra: Anna Solari. - Fiesole, lunedì." Il servo stava di nuovo sull'uscio, interdetto, chiedendosi se il suo padrone non fosse ammattito, perchè all'annunzio che la zuppa era in tavola, lo aveva guardato con occhi stralunati, come uno cascato dalle nuvole. - È in tavola?... Va bene, va bene.... Sul punto di passare di là, Carlo Landlni si stropicciava gli occhi. Credeva di aver sognato, tanto quella lettera era incredibile, tanto egli era rimasto male! Che grossolana illusione era stata la sua!... Gli anni erano davvero passati, se quella donna era così mutata, se scriveva di quelle lettere, se domandava una consultazione legale, - a lui! - se profanava il ricordo del loro amore con quella freddezza studiata, con quel tono di filosofica rassegnazione, con quelle allusioni indiscrete... E non un accenno alla enimmatica rottura che lo aveva mortalmente ferito; non una spiegazione - nè data, nè chiesta!... E diceva di temere che egli non avrebbe riconosciuto il carattere di lei, mentre, appena scorta la lettera, gli era mancato il respiro! E diceva di sapere che egli si era divertito, mentre quell'imagine gli era stata sempre inchiodata nel cuore, come un rimpianto, come un rimorso, come l'aspirazione di tutta la sua vita!... Ma, dunque, era realmente mutata quella donna, o era stata sempre ad un modo e soltanto la sua fantasia di innamorato ne aveva fatto un ideale?... Carlo Landini scrollò le spalle, sedendo a tavola. Il suo romanzo era finito, definitivamente; e quella lettera ne rappresentava l'epilogo prosaico e volgare. - Un romanziere non avrebbe nessun partito da trarne! - si diceva egli mentalmente, e non pensava che i romanzi veri, i romanzi fatti nella vita e non ideati per amore dell'arte, finiscono quasi sempre così.

Pagina 307

In Toscana e in Sicilia

245737
Giselda Fojanesi Rapisardi 2 occorrenze
  • 1914
  • Cav. Niccolò Giannotta, Editore
  • Catania
  • Verismo
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. - Bisogna pure che vi risolviate, gli andava dicendo la mamma della Gegia; tanto, a questa disgraziata, non le potete far nulla; è nelle mani di Dio e state certo, se sarà destinato che vi abbiate da sposare, guarirà. Andiamo, fatevi un cuor risoluto, o che volete? mangiare, o poco o assai, s'ha da mangiare, e a noi poveri se non si lavora, non ci vien nulla giù dal cielo col panierino. Bisognò bene che si determinasse a partire, e fu un vere strazio di dover lasciare quella poveretta che probabilmente non avrebbe più ritrovata. - Almeno fatemi aver notizie, se qualche paesano vien laggiù, disse Bista con le lagrime agli occhi e il fardello infilato nella vanga, nel dividersi dalla vecchia dando, un'ultima occhiata a quel misero letto.

Pagina 13

. - Non abbiate paura, che non sarà niente; gli diceva lei per tranquillarlo; ma in cuor suo si struggeva. Dopo che aveva avuto il vaiuolo da piccina, era questa la prima volta che non si levava col sole, e Dio sa quel che gliene sarebbe - venuto. Bista dovette andarsene a lavorare e lei provò un grande sgomento nel trovarsi sola in quella stanzona quasi buia, buttata su quel pancaccio duro duro, che le tribbiava le ossa. O che ci sarebbe morta come un cane? Questo pensiero le faceva venir le lagrime agli occhi. Egli veniva di tanto in tanto, di corsa, a domandarle se avesse bisogno di nulla e la trovava col viso sempre più infiammato e colle labbra aride aride: il capo poi pareva proprio che le si spezzasse. Le bagnava la bocca riarsa, le accomodava il pastrano sui piedi e ritornava via al lavoro. Passò quel giorno e il giorno dopo e l'ammalata peggiorava: la febbre era sempre più gagliarda e a momenti le dava anche il delirio: lì intanto non ci era un cane che potesse custodirla. Allora Bista si fece un animo risoluto e deliberò di riportarla al suo paese; almeno sarebbe morta, se il Signore la voleva, nel su' letto, custodita dalla sua mamma, e lui non avrebbe avuto rimorsi all'anima. E nonostante lo sconsigliassero perchè il viaggio era lungo, egli la prese, la rinvoltò ben bene nei vestiti e nel suo cappotto, senza che lei facesse resistenza, più di là che di qua, se la caricò sulle spalle e coraggiosamente riprese la via della Chiana, accompagnato dalle esclamazioni di maraviglia dei suoi compagni.

Pagina 8

Saper vivere. Norme di buona creanza

248815
Matilde Serao 1 occorrenze
  • 1923
  • Fratelli Treves Editore
  • Milano
  • Verismo
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Se avete un gaio ritrovo di amici. andateci subito e passate, così, il fatidico momento della mezzanotte, e abbiate una emozione di allegria, non una emozione di ricordi: se avete un elegantissimo ritrovo mondano, dove sapete di trovare della gente molto simpatica, un vostro amabile flirt, un amico spiritoso, andateci subitissimo a flirtare e bevete dello champagne e abbracciate lietamente l'amico: evitate la solitudine: evitate i ricordi: non guardate gli antichi ritratti: non guardate nei cassetti che da tempo non avete aperti: la tentazione è grande, ma vincetela, se no, voi rimangerete troppo il passato e finirete per piangere. Ciò è di pessimo augurio! E nel giorno di Capo d'Anno, abbiate la ferma volontà di esser sereno: di non trovare troppo meschino il dono che vi si fa e di non badare al dono che manca: di accogliere bene ogni più umile voto: di contentarvi di quanto la vita vi dà: di non aver nervi: di compatire ai nervi altrui: di aver della bonomia nel cuore e dell'equilibrio nella mente: di perdonare ogni capriccio e di non aver capricci: di lasciarvi andare quietamente alla corrente dell'esistenza, senza trovarla nè troppo buona nè troppo cattiva. Fate le visite che più vi piacciono: abbiate una filosofia ottimista o, almeno, uno scetticismo giocondeo. E rammentatevi che chi sa vivere un giorno, sa vivere un anno, e che un anno può governare tutta la vostra vita.

Pagina 204

Una peccatrice

249797
Giovanni Verga 1 occorrenze
  • 1866
  • Augusto Federico Negro
  • Torino
  • Verismo
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. - È molto grave adunque perchè non abbiate il coraggio di questa confessione? - Le vostre parole me lo danno; io ho commesso l'indegnità d'insultarvi rimandandovi il mazzo e l'anello, e poco fa anche il biglietto... - Avete avuto torto nell'ultimo caso, non l'avevate nel primo... - Perchè? - Perchè nel primo caso quello che a voi pare colpa, mi provava piuttosto... - Narcisa!... - Che voi... - Che io vi amo come un pazzo!... come un uomo che non è più conscio di quello che fa, poichè voi gli avete tolto la mente e la ragione, Narcisa!... Così dicendo Pietro divorava coi baci quelle mani che si teneva fra le sue. - Ora che la vostra confessione è fatta, - diss'ella, non rispondendo direttamente, - veniamo alla mia. Pietro si accosciò sul tappeto ai piedi della contessa, tenendo sempre le sue mani. - Vi scrissi di aver conosciuto a Catania un giovanetto generoso sino al sacrifizio, nobile sino all'eroismo... Perdonatemi, non m'interrompete. Allora non sapevo chi fosse, non conoscevo che un giovane come se ne veggono tanti, inferiore fors'anche a quei giovani eleganti che mi facevano la corte. Anch'esso mi faceva la corte alla sua maniera, come la fanno i provinciali e gli adolescenti... Guardai qualche voltai costui che incontravo sempre sui miei passi in istrada, sulla porta del Teatro, uscendo e rientrando in casa... Qualche volta, quando paragonavo il suo stato a quello di coloro che mi amavano come lui ma che potevano dirmelo o almeno provarmelo, aspirare almeno ad un mio sorriso, ad una mia parola... mentre costui doveva sacrificarsi giorni e notti intiere per vedermi scendere da carrozza o per passarmi d'accanto al ritorno di un ballo ebbi un momento di curiosità, ed anche di riconoscenza sì lontana da sfumare nella compassione, per questo giovane che mi amava in tal modo, e mi amava senza speranza... Poi, non ci pensai più... - Poco tempo fa lo rividi in una festa: - riprese la contessa: - era l'uomo in voga; l'alta società avea per lui le più squisite cortesie, le donne più belle e più nobili gli sorridevano... Un vero trionfo! lo ammirai quella fronte larga e pallida, e mi sembrò di scorgervi qualche cosa di nobile che non vi avevo prima notato; mi parve di leggere un mondo intiero nei suoi occhi, sebbene alquanto malinconici. Lo sguardo ch'egli mi volse mi fece pensare al giovanetto sconosciuto... e provai una viva commozione a quel pensiero: C'era trionfo ed orgoglio soltanto in quel punto. Oh! io sono schietta, signore, per farmi credere quello che ho da dire in seguito. Quest'uomo avea fatto un miracolo pel mio amore - un miracolo di genio... lo l'ho veduto in quell'opera, come egli non ha veduto che me creandola, prendermi la mano, sorridendo del suo triste sorriso, e farmi passare in rassegna il suo cuore coi suoi palpiti, le sue speranze e le sue lagrime... e trasportarmi ai giorni delle vaghe aspirazioni e dei sogni ineffabili. Poi mi ha fatto piangere del suo pianto disperato a quelli spasimanti di passione... e si è arrestato anelante, spossato, colle braccia stese, nel punto in cui sentiva sfuggirsi questo fantasma a cui incatenava la sua esistenza... Oh, in quel momento, signore... s'io avessi veduto dinanzi a me quest'uomo, come l'ho veduto nel suo sogno, nel suo dramma... gli avrei stese le braccia ad incontrare le sue... - Narcisa!... - mormorò soffocato Brusio, sollevandosi sino ad inginocchiarsi. - Qualche volta, quando penso a quest'amore sì ardente e sì immenso che non avrei saputo immaginare, se non l'avessi ispirato, io che ho sorriso e folleggiato fra le ancor più folli proteste di mille galanti, io stordita da quest'incenso d'adulazioni e di corteggio che gli uomini più eleganti, più ricchi e nobili si affollano a bruciarmi ai piedi... io ho un movimento d'incerto terrore;... mi pare che debba essere terribile, divorante questa passione quando è giunta a tal grado;... mi pare ch'essa debba assorbire la vita in un bacio di fuoco.. ma in un bacio di tale ebbrezza da sembrare troppo piccolo compenso la vita, e troppo corti i giorni per avvelenarsene... - Narcisa!!... - ripetè Pietro colle lagrime agli occhi, prendendole le mani con violenza, mentre avea ascoltato sin allora cogli occhi spalancati e fissi, come pazzo di felicità, e coi gomiti appoggiati sulle ginocchia di lei. La fata si curvò mollemente verso di lui, e gli posò le braccia sullo spalle... poi lo sollevò lentamente, con quell'abbandono inimitabile e seducente che le era particolare; e guardandolo sempre col suo sorriso da sirena gli susurrò, quasi sulle labbra, colla sua voce più bella e più carezzevole: - Son venuta a vedere il tuo gabinetto da studio... Pietro... Quel soffio passò come un vento ghiacciato sul sudore che inondava la fronte di lui, che, impotente a più contenersi, la sollevò, prendendola fra le braccia, come un caro fanciullo, e la divorò dei baci, singhiozzando in un sublime delirio: - Tu sei il mio Dio! ed io non avrò mai forza per amarti come vorrei!!!... La portiera ricadde ondeggiante dietro di loro. Pochi giorni dopo, verso il tramonto, due giovani che s'avvincevano colle braccia allacciate, come le rampicanti che coprivano i fusti dei grandi alberi del giardino pensile, appoggiati alla ringhiera di pietra della terrazza, guardavano il sole che tramontava dietro quel mare azzurro che si stendeva immenso ai loro piedi ed ove si specchiavano Ischia e Procida. Narcisa teneva appoggiata la testa sulla spalla di Pietro, e di quando in quando si aggrappava al collo di lui colle sue candide braccia per passare i suoi labbri sulla fronte e gli occhi di lui con mille baci muti della sua bocca tremante che ne formavano un solo. - Che vita!... mio Dio! che vita!!... - mormorava ella soltanto qualche volta. - Eppure, mio dolce angioletto, quando io bacio questa tua fronte, e mi premo fra le labbra questi capelli, e ti chiudo gli occhi colle mie mani, e mi sento fremere fra le braccia questo tuo corpo da fata... io non credo, no... malgrado che io chiuda gli occhi, malgrado che io torturi disperatamente il mio cervello, per crederlo, che ciò che io provo di sì immenso, di sì convulso, di sì spasimante nella voluttà del piacere, nel delirio del godimento, mi viene da te;... che tutto ciò non è uno splendido sogno della mia fantasia, come ti sognai nel mio dramma... e ti sognai delirante, stringendomi la testa infuocata fra le mani, premendomi il cuore che sembrava scoppiarmi, seduto sul marciapiede di faccia ai tuoi veroni!... No... io non posso credere che quella donna che incontravo al passeggio, al braccio di un altr'uomo, fra l'ammirazione di quanti la vedevano, facendo palpitare il mio cuore col fruscio del suo strascico sulle vie;... che quella donna che vidi al Teatro; che mi passò da presso senza guardarmi; che seguii come un fanciullo, come un cane;... che non mi stancai a vedere dalla strada, per due mesi intieri, sotto la sua casa, ascoltando il minimo rumore che mi venisse da lei, che mi accennasse la sua presenza facendomi trasalire;... che quella donna che proferì quelle parole... quella notte... dal verone;... che mi torturò il cuore colle note strillanti del suo valtzer, quando mi parve che il mio cuore fosse rotto;... che quella donna ch'io non osavo avvicinare per non rompere il cerchio luminoso che la circondava d'aureola, per non rapirle un atomo di quella atmosfera profumata della quale si circondava, che faceva il suo prestigio;... che quella donna che adorai infine come un pazzo, spaventandomi di adorarla in tal modo, è mia!... mi ama!... mi è fra le braccia!!... che io posso chiamarla ogni giorno, ad ogni ora, ad ogni minuto;... che io ad ogni ora, ad ogni minuto posso udire quella voce che proferì: quell'uomo è pazzo: che mi dice che m'ama!... che io posso ad ogni ora, ad ogni minuto vivere la sua vita e suggergliela coi baci dalle labbra... Oh, no! Narcisa... per credere a ciò bisogna che noi ritorniamo a Catania, che noi abitiamo quella stessa casa, che io guardai con più venerazione della casa di Dio; che io respiri l'aria istessa di quelle camere; che mi metta a quel verone, con te, al posto che occupavi seduta sulla poltrona; e che io ti legga, seduto accanto alle tue ginocchia, come quell'uomo... Bisogna che mi metta con te, di notte, a quell'ora, a quel verone; e che tu ripeta quelle parole infami che io annegherei sulle tue labbra coi miei baci; bisogna che le tue mani ripetano su quel pianoforte le note di quel valtzer che m'inseguirono spietatamente quando fuggivo delirante come se fuggissi il cuore che sanguinava dirotto; bisogna che io mi segga su quel marciapiede, colla fronte fra le mani, come allora; e che io ascolti lo stormire di quegli alberi, il suono di quell'orologio, il murmure lontano di quel mare, il fruscio della tua veste;... e che io vegga il lume che rischiara la tua camera;... e che la tua voce sopratutto, la tua voce inebbriante, mi ripeta ad ogni ora, ad ogni minuto, che quello non è un sogno, che io non son pazzo;... e che i tuoi labbri, posandosi sulla mia fronte, mi scaccino questo turbine affannoso che mi sconvolge la mente, che mi fa dubitare della mia felicità... - Andiamo a Catania! - mormorò Narcisa, dandogli un lungo bacio e bagnandogli la fronte di due lagrime di voluttà.

Pagina 135

La caccia al lupo. La caccia alla volpe

250747
Giovanni Verga 1 occorrenze
  • 1902
  • Fratelli Treves Editori
  • MIlano
  • verismo
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Bisogna, a maggior gloria vostra.... e mia, che mi abbiate desiderata e insidiata dagli altri, e io sappia che ciò non vi fa nulla....

Pagina 98

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