Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180404
Barbara Ronchi della Rocca 5 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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pulizia personale, anche che le scarpe siano pulite e senza smangiature sui tacchi; l'orlo della gonna o dei pantaloni non mostri scuciture, il caldo e l'emozione non abbiano creato visibili mezzelune di sudore sotto le ascelle. Signore e signorine, attenzione ai «dettagli-killer»: il fondo tinta che forma una maschera ben netta all'altezza del mento, il fard che sbava sul colletto, la biancheria intima leggermente délabré e ingrigita dai lavaggi, le vestigia dello smalto rosso «da mare» sulle unghie dei piedi per tutto l'inverno, i collant smagliati indossati sotto gonne lunghe e pantaloni, la ricrescita alla radice dei capelli... Tutte cose che trascuriamo «perché tanto non si vedono». E invece si vedono benissimo. Anche per l'uomo vale il vecchio ammonimento secondo cui «il diavolo si nasconde nei dettagli»: si conceda pure il capello lungo e spettinato, ma vi abbini una pulizia rigorosissima, senza l'ombra di un punto nero, di un pelo nelle orecchie, di un dente cariato, di una «nevicata» di forfora sulle spalle. Vesta pure informale e con una certa trasandatezza, purché sappia di pulito e non troppo di dopobarba e/o colonia, il cui profumo dovrebbe essere avvertito solo da chi gli si fa molto vicino.

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Basta vedere quei simpaticoni che a qualunque ora del giorno e della notte amano annunciare la propria presenza a colpi di clacson, o girando verso l'esterno gli altoparlanti dell'autoradio, così da deliziare i passanti con le proprie scelte musicali; o quelli convinti che i divieti di transito e di sosta non abbiano alcun valore per i «furbi» (e loro, modestamente, lo sono...), quelli che lasciano l'auto in doppia fila, o nel posto riservato agli handicappati o davanti a un passo carraio, la chiudono a chiave e se ne vanno per l'intera giornata. E poi buttano cicche e cartacce dal finestrino, ma non perché la loro auto sia sprovvista di portacenere: ce l'hanno eccome, e infatti lo svuotano sul marciapiede. Anche se purtroppo paiono essere in maggioranza, questi grandi cafoni vanno giudicati senza nessuna indulgenza e mai imitati: guai a cadere nella trappola del «tanto fanno tutti così»! Oltre al Codice della strada (che di solito noi signore rispettiamo, con la sola eccezione del telefonino all'orecchio: ma siamo in buona compagnia), ce n'è un altro, purtroppo trascurato: quello della cortesia in versione quattro ruote. E qui spesso siamo colpevoli: per qualche strana ragione, soavi Mrs Jekyll che a piedi sono (quasi) garbate e civili, una volta al volante diventano delle iraconde Miss Hyde, facili al litigio e all'insulto, e con un pericoloso penchant verso il turpiloquio. La maggioranza dei nostri «peccati» si consuma però nelle soste: auto abbandonate in doppia fila «per una commissione velocissima» o arrampicate sul marciapiede davanti alla scuola per non far fare al pargolo neppure un passo, o che ostruiscono quasi del tutto un passo carraio (mentre fingiamo di credere che «c'è ancora un sacco di spazio per passare»); oppure quando occupiamo, arrivando da dietro, il posto che un altro automobilista stava pazientemente aspettando, con tanto di freccia: un «furto con destrezza» di cui alcune signore sono vere specialiste, con I'istinto tipico del cuculo. Ultimo baluardo del galateo tradizionale delle quattro ruote è la sistemazione dei posti auto: alla persona più importante dovrebbe essere riservato il sedile accanto a chi guida, a meno che non preferisca sedere dietro. Se una coppia ospita in auto una signora, tocca alla moglie sedere dietro; ma se è lei che guida, il marito siederà dietro. E se l'ospite è un uomo? Il galateo direbbe di non cedergli il posto d'onore, ma secondo me è meglio decidere di volta in volta.

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Invece vanno ponderati con attenzione gli oggetti «spiritosi», dal momento che non è detto che tutti abbiano il senso dell'umorismo, o ce l'abbiano uguale. Validissimi e (quasi) sempre graditi anche i regali «mangerecci»: ma per farli bene bisogna evitare ogni pigrizia e improvvisazione e superare il concetto (un po' volgare, ammettiamolo) che «più ce n'è, meglio è»: non si tratta di rifornire la dispensa per l'inverno, ma di suggerire l'assaggio di un cibo o bevanda di grandissima qualità, artigianale, integrale, insomma particolare. E se risponde a queste caratteristiche, anche una pagnotta potrà essere un regalo originale, gradito, apprezzato. Si pongono gradevolmente a metà strada tra semplicità e raffinatezza le specialità regionali, o addirittura locali, soprattutto se fanno parte di un percorso «pensato»: l'ottimo cioccolato fondente di un grande artigiano torinese, in abbinamento con l'altrettanto squisito barolo chinato... Agli amici trasferiti lontano regaliamo cibi che riportino alla mente i sapori di casa, o addirittura d'infanzia; se abitano all'estero, poi, la scelta è molto più facile: gradiranno senz'altro qualunque «ricordo d'Italia» da leggere, da mangiare, da bere.

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L'importante è che le due metà della festa abbiano eguale risalto, decorazione, festosità e golosità, onde evitare antipatiche gerarchie.

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Per quanto riguarda i cani, anche piccolissimi e buonissimi, non solo il galateo, ma anche la legge impone: -che abbiano museruola e guinzaglio per strada, nei giardini pubblici, nelle piazzole autostradali e nei negozi; -che non abbaino di notte e nelle ore del riposo; -che non entrino nei supermercati e dovunque vi siano generi alimentari; -che non sporchino i marciapiedi (e pertanto saremo sempre provvisti di paletta e sacchetto per raccogliere i loro «ricordini»); -che entrino in casa d'altri (o sulla loro auto) solo se invitati espressamente, e nel caso forniti del loro «corredo»: cibo, ciotola per l'acqua e copertina per non riempire di peli i tappeti dell'ospite. Da parte nostra, non chiediamo il permesso di entrare con il cane nei luoghi in cui è proibito, per non porre al titolare il dilemma tra infrangere la legge e contrariare un cliente. Anche dove il regolamento comunale lo permette, liberiamo il cane dal guinzaglio solo se siamo certi che non spaventerà bambini e anziani, cercando di saltare loro addosso per giocare o per fare le feste: intenzioni senz'altro amichevoli, che però possono inquietare lo stesso. Non è mai facile comprendere chi non condivide le nostre passioni. E ci pare impossibile che ci siano persone che non amano gli animali, non ne sopportino la vicinanza, o ne abbiano paura, o semplicemente siano schizzinosi nei loro confronti. E perciò spesso cerchiamo di «convertirli», di forzarli a un'intimità che non gradiscono. Invece la prima regola di educazione verso i non-zoofili è di esimersi dal criticarli e dal lasciarsi andare a battute tipo «Chi non ama gli animali è senza cuore» e altre piacevolezze del genere (con il rischio che ci venga ricordato che Adolf Hitler era un cinofilo appassionato, e pure vegetariano). In caso di convivenza (anche temporanea) provvediamo a delineare delle zone della casa in cui i quattro zampe non possono entrare. Quando invitiamo qualcuno e non ne conosciamo i gusti (e le paure, e le allergie) chiudiamo gli animali di casa sul balcone, o in una stanza isolata, per tutto il tempo necessario. Anche se l'ospite si dichiara zoofilo, non permetteremo che il cane o il gatto siano aggressivi con lui, ma neppure che si dimostrino troppo espansivi, gli salgano in braccio (riempiendolo di peli), lo infastidiscano con leccate e zampate (date per amicizia, ma tant'è). È lecito e doveroso chiedere ai nostri ospiti di non elargirgli «bocconcini» dalla tavola comune e di non lasciarlo salire sul letto o sul divano se normalmente gli è proibito. In caso di incidente, anche minimo (il collant smagliato, il libro o la scarpa rosicchiati) vale la regola aurea «il padrone paga»: da rispettare anche tra amici strettissimi. E «il padrone pulisce» nel caso di disastri sulle scale e nelle parti comuni del condominio, che non sono di competenza del custode dello stabile.

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IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

190931
Schira Roberta 2 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Anche le espressioni facciali che segnalano paura, gioia, tristezza sembra abbiano una base biologica e non siano frutto di apprendimento. L'esempio più interessante è il gesto che accompagna il no, comune a molte culture. Scuotere la testa sembra abbia origine dal gesto di rifiuto del latte al seno materno del bambino quando è sazio. Anche per quanto riguarda il galateo a tavola non dobbiamo, noi italiani, peccare di presunzione. La più grande lezione di antiprovincialismo me la diede l'ambasciatrice del Brasile, maestra di cerimoniale, quando risiedeva a Milano. Alla mia domanda su quali fossero i peggiori commensali al mondo mi rispose: «Molte regole sono culturali. Basti pensare che nel mondo arabo per esprimere il proprio gradimento a fine pasto si emette un suono roboante che noi italiani consideriamo altamente sconveniente. Ma altre di buona educazione valgono ovunque». Così come a Malta è meglio evitare di unire pollice e indice nel segno dell'OK: significa «sei omosessuale», il che non è affatto un insulto, ma alcuni potrebbero non gradire. Sembra che molti studiosi siano arrivati a questa conclusione: le differenze ambientali e culturali esistono, ma la maggior parte dei segnali corporei sono presenti in tutti gli esseri umani.

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. - Usare il metodo self-service o il buffet è molto utile, nel caso si abbiano tanti invitati o non si abbia spazio per tutti. Gli ospiti stanno in piedi e non si prevede il servizio al tavolo. I buffet sono di norma affollati nello stesso istante e ci vuole molta intelligenza nel posizionare i tavoli in maniera che siano accessibili a tutti. Ecco, potete stupire gli invitati con la vostra competenza nel campo del servizio. Ora riassumo ed esemplifico. La regola generale prevede che alla sinistra dell'ospite: - Si portano i piatti colmi di cibo. - Si prelevano dai vassoi le vivande e si porzionano. - Si porgono i piatti di portata quando il cliente si serve da sé (come nel servizio alla francese). - Si serve il pane sull'apposito piattino. - Si tolgono le posate poste a sinistra. Mentre alla destra dell'ospite/cliente: - Si tolgono i piatti. - Si completano o si cambiano i coperti. - Si serve da bere e si mostrano le bottiglie. - Si tolgono le posate poste a destra. Quando il tavolo è messo in una posizione disagevole, le regole cadono tutte tranne una: fare in modo che l'ospite sia disturbato il meno possibile. Temete di fare una terribile confusione? Ricordate solo questo: - I piatti da portata e quelli puliti si porgono alla sinistra del commensale. - I piatti vengono tolti da tavola da destra. Altre cosette da ricordare sul servizio: - I piatti non vanno mai riempiti troppo: la cosa fa subito mensa aziendale. Il bordo del piatto deve essere lasciato libero e non deve presentare traccia di cibo. Spezzo una lancia a favore dei piatti bianchi: sono gli unici che non falsano i colori delle pietanze e permettono di giocare con la presentazione del cibo. - Importante, da tener presente anche al ristorante: piatti freddi per pietanze fredde, caldi per pietanze calde. Sembra banale e scontato, ma non lo è. - Il pane va posto sul piattino alla sinistra ma, se non avete spazio, lasciatelo in un vassoio o cestino e fatelo passare in modo che i commensali si possano servire. - Evitate di mettere grissini confezionati, acqua minerale o peggio bottiglie di plastica sul tavolo: l'unica etichetta ammessa è quella del vino. - Se non c'è personale di servizio ci si serve da soli, sempre dopo che il padrone di casa vi ha invitato a farlo; evitate le porzioni gigantesche. - I piatti di portata passano dal commensale di sinistra a quello di destra. - Sale, pepe e formaggiera devono trovarsi già a tavola. - La formaggiera si porta via dopo i primi piatti. - Olio e aceto vanno portati insieme all'insalata. - Prima si serve il pesce e poi la carne. - Prima il dolce e poi la frutta. - Si servono una sola volta: brodo, minestra, insalata, formaggio, frutta, caffè. - I piatti sporchi non si impilano, ma si portano via uno per volta.

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