Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Galateo per tutte le occasioni

187795
Sabrina Carollo 4 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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La padrona di casa si assicurerà che tutte le persone, una volta servitesi, abbiano un posto dove sedersi, sparpagliate tra il divano, l'eventuale giardino o terrazzo, il tavolo d'appoggio e così via. Importante è tenere presente che il cibo deve essere "maneggevole", dunque niente carni da tagliare con il coltello, pesce da sgusciare e così via. Gli ospiti devono ricordare che sono tenuti alle regole della buona educazione, che non devono sporcare in giro né abbandonare piatti e bicchieri ovunque, ma riportarli al tavolo principale.

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Il fatto che abbiano un passato non significa che il loro futuro, o addirittura il presente non esista. Coinvolgiamoli quanto più possiamo nella nostra vita, condividiamo attività e passatempi, troviamo loro un compito, coltiviamo la loro legittima utilità. ✓ Assecondiamoli. Capita spesso che gli anziani sviluppino alcune abitudini a cui si affezionano particolarmente, che danno loro sicurezza. Non condanniamole come fissazioni ma cerchiamo, entro i limiti del ragionevole, di rispettarle. ✓ Regaliamo loro novità. Anche se amano le certezze cui la loro vita è ancorata, non sono fiammelle spente, ma soltanto un po' affievolite. Riaccendiamoli con qualche allegra sorpresa, che non stravolga il loro stile di vita ma che sia in grado comunque di trasmettere loro un po' di carica e di entusiasmo. ✓ Incoraggiamoli. A cominciare nuove attività, a godersi amicizie e tempo libero. Diamo loro gli strumenti per farlo. ✓ Condividiamo con loro la gioia di avere un bambino per casa. Portiamo spesso i nostri piccini a trovare gli anziani. È uno scambio silenzioso, il loro, che non possiamo comprendere fino in fondo, ma che fa bene a entrambi. ✓ Siamo discreti negli aiuti. Lasciare libera la poltrona più alta, in modo da non costringere ad affondare nel divano da cui ci si rialza a stento e con straordinarie acrobazie, preparare lo stesso piatto di cibo morbido per tutti, lasciare libero il posto a sedere in autobus senza necessariamente invitare a sedersi, parlare un po' più forte senza aspettare che ci venga richiesto per la terza volta di ripetere la stessa frase; ci sono mille accorgimenti per fare cortesie senza sbandierarlo. Anche chi ha una certa età però dovrebbe cercare di attenersi ad alcune regole di cortesia e rispetto dei più giovani, in modo da rendere un reciproco piacere lo stare insieme. una signora tiene il Manuale di buona maniere di Nonna Speranza ✓ Innanzitutto non trascurare la propria salute. I fumatori incalliti che nonostante i divieti dei medici proseguono nel loro vizio, costringendo i familiari a corse regolari all'ospedale con il cuore in gola, gli spericolati che attentano alle proprie ossa arrampicandosi ovunque pur di dimostrarsi invincibili e che non si accorgono invece di quanto fanno stare in pena i figli, gli irriducibili che non vogliono cedere alle cure e alle medicine perché si sentono in perfetta forma, di perfetto hanno, in realtà, solo il proprio egoismo. ✓ Non lamentarsi in continuazione del fatto di avere poco tempo di fronte, ricattando moralmente chiunque stia loro intorno e colpevolizzando i più giovani. Saper rispettare i propri ritmi ma anche quelli altrui, senza imporre sacrifici eccessivi. ✓ Sapersi coltivare interessi e amicizie al di fuori della famiglia, in modo da non obbligare i figli a visite quotidiane. Senza contare che ci si gode molto di più la presenza dei propri cari quando si sa che ci vengono a trovare non perché devono ma perché fa loro piacere. ✓ Non criticare automaticamente tutte le novità. È una tendenza diffusa tra chi ha passato un certo numero di anni quella di disapprovare ogni cosa che li costringa a un cambiamento. Cercare di capire, invece di censurare a priori, è un modo di amare la vita. ✓ Approfittare dei servizi messi a disposizione da comune e attività di volontariato per gli anziani. ✓ Tenersi attivi e rendersi utili: ci sono anziani che regolano il traffico all'uscita delle scuole, che organizzano fiere e occasioni di beneficenza, senza contare le mamme che avrebbero disperatamente bisogno di un sostegno nell'accudire ai propri figli (se non si hanno nipoti propri non significa che non si possa essere nonni comunque) o anche solo di qualche consiglio. ✓ Non lamentarsi degli acciacchi dell'età. Per quanti siano, sarà sempre maggiore il numero delle malattie che non avete, c'è da scommetterci.

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. ✓ Se si vuole assumere domestici fissi, è indispensabile che abbiano una loro stanza personale, possibilmente con il televisore e il bagno, e la massima libertà possibile (ovviamente nel rispetto dei termini contrattuali). ✓ Se volete far indossare una divisa, meglio che la scegliate con la persona che dovrà usarla, in modo che non si senta costretta ma a proprio agio. ✓ Insegnate ai bambini il rispetto per chi vi aiuta in casa e seguite personalmente gli animali domestici, che non devono necessariamente piacere a tutti. ✓ Assolutamente doveroso pagare con puntualità e precisione quanto dovuto. ✓ A Natale, oltre alla tredicesima, è cosa carina far trovare un pensierino, che non sia ovviamente un grembiule nuovo o un piumino per spolverare.

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Se le celebrità pullulano, soprattutto grazie alla diffusione della televisione, non significa che contino, e soprattutto che abbiano qualcosa da insegnare. Troppo spesso si subisce la televisione e soprattutto i personaggi che la popolano come se ci potesse suggerire regole di vita di straordinaria saggezza, il segreto del successo che porta alla felicità. L'errore forse sta proprio qui, nel far coincidere due cose che non necessariamente si corrispondono. La televisione deve essere un momento di svago e di relax, limitato a una o due ore al giorno, in cui guardare pure ciò che si vuole, ma sempre con forte spirito critico. Ricordandosi che la vita sta fuori dal video e che probabilmente anche se luccica meno è più bella. O almeno dipende da noi renderla tale, e non da trucchi ed effetti speciali. Ecco allora alcune regole di buon gusto ed educazione per utilizzare la televisione. Non guardarla troppo a lungo. Un intero pomeriggio accasciati sul divano davanti al video abbrutisce e toglie energie molto più che non trascorrerlo a chiacchierare, a passeggiare o a leggere. ✓ Non credere che sia tutto vero. Anzi, propendere in generale per il contrario. ✓ Non tenere il volume troppo alto. Le persone con difficoltà di udito possono ripiegare su cuffie e sottotitoli, ma non hanno il diritto di infastidire i vicini di casa. ✓ Fare attenzione ai bambini. I piccini sotto i tre anni non dovrebbero nemmeno sapere che c'è. Approfittate piuttosto di videoregistratori e dvd e fate vedere loro cartoni animati - sempre e comunque pochi e selezionatissimi - invece di abbandonarli davanti al video. È una facile tentazione, ma anche un serio pericolo. Attenzione anche ai cosiddetti "bollini" indicatori che i canali televisivi appongono alle trasmissioni per indicare se sono adatte alla visione di un pubblico di bambini. Non sempre sono corretti e comunque ciò che è adatto a un bambino di sette anni non è necessariamente accessibile a uno di quattro, che si impaurisce più facilmente. Esistono diversi cartoni animati che, pur considerati come tali per bambini, in realtà sono troppo violenti. E comunque trasmettono valori che non necessariamente sono i vostri. Vagliate con attenzione. ✓ Scegliete con cura i vostri maestri, meglio se di persona e non dal video. ✓ Ricordate che la televisione ingigantisce, amplifica le sensazioni. Ciò che vi pare ragionevole in televisione (una persona, un abito, un atteggiamento), può risultare assolutamente fuori luogo nella vita di tutti i giorni. ✓ Non parlate degli affari dei personaggi televisivi come se fossero accaduti al vostro vicino di casa. ✓ Non fate zapping in continuazione se avete qualcuno accanto. Se la televisione è una sola, rispettate i desideri di tutti. ✓ Non guardate la televisione mentre siete a tavola. Parlate con chi vi sta accanto, assaporate ciò che avete nel piatto e godetevi un po' di tranquillità. ✓ Non guardatela a tutti i costi. Se la sera siete troppo stanchi per uscire o per leggere un libro, è comprensibile che la soluzione più semplice sia accendere la televisione, ma passare da un canale all'altro senza scopo perché non si trova nulla di interessante stordisce. Piuttosto fate una telefonata a un amico che non sentite da tanto, andate a trovare la mamma, accendete la radio, fate un lungo bagno con le candele profumate o sfogliate un catalogo di viaggi da sogno. Oppure andate a dormire. ✓ Non fatevi incantare dalle televendite. Fate molta attenzione a quello che vedete e non cedete alle offerte imperdibili e irripetibili. C'è sempre una seconda occasione nella vita. ✓ Se avete ospiti, dimenticatela. Anche se c'è quell'irrinunciabile puntata della serie che state seguendo da tempo. Esistono i videoregistratori programmabili o, in caso di evidente incapacità tecnologica, gli amici con videoregistratore che possono farvi il favore.

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Saper vivere. Norme di buona creanza

193558
Matilde Serao 2 occorrenze
  • 2012
  • Mursis
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Così non sia di te, amico Iettore, quando tu sia giunto alla fine delle mie pagine: possa tu ritrovarvi, ogni volta che tu voglia consultarlo, la parola giusta e sincera che ti guidi in una piccola difficoltà della tua vita, possa tu leggere, nelle sue righe; il motto schietto e preciso, a cui si leghi un tuo pensiero e un tuo atto: e che, almeno, il malinconico maestro di saper vivere, a cui la piccola scienza costò degli anni e delle fatiche, senta che le sue parole abbiano efficacia di bene!

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La Germania, dove la gioventù maschile è così austera e la gioventù femminile così semplice e seria, ha già provveduto a questo, fondando dei ginnasi feminili, dei licei femminili, per tutte coloro il cui spirito agitato e malcontento domanda alla scienza un pane dell'anima e del corpo, che, spesso, la scienza non può dare: e se, fra noi, troppo ci vorrebbe, troppo costerebbe, troppo sarebbe difficile, di fondare multi di questi ginnasi e di questi licei, almeno che i ginnasi maschili abbiano, fra le tante sezioni una sezione tutta feminile, quando se ne sente il bisogno: una sezione feminile in cui le studentesse siano sole, non unite a studenti, non esposti a dileggi e a tentazioni. Imparino il latino e il greco, le giovanette, se sperano che giovi alla loro felicità: ma che quando si giunga a un passo scabroso della letteratura italiana, latina, greca, siano sole col professore e non in una folla di studenti, che se la ridono, mentre esse arrossiscono!

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Marina ovvero il galateo della fanciulla

193651
Costantino Rodella 5 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
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Pur troppo che la maldicenza pare che avvivi il discorso scorso ed esilari la brigata; gli altarini scoperti, i difetti segreti del prossimo svelati, pare che abbiano dell'attrazione; ma si badi che se volentieri si porge orecchio a' difetti, non così volentieri si accetta la compagnia del maldicente, e punto si ha stima del cattivo parlatore, giacchè mentre si ride de' vizi svelati, ciascuno però in cuor suo ripete: che lingua di fuoco! Alla larga da compagni siffatti! Inoltre con tal gente c'è questo da temere; che se oggi con te sparla di altri, domani puoi esser certo che altrove sparlerà di te. E intanto quante disunioni, quante famiglie avvelenate nelle gioie più intime, negli affetti più cari per una parola imprudente, per una ciarla leggiera, per un pettegolume femminile! Dovrebbero le ragazze meditar ben bene su ciò, e custodire scrupolosamente la lingua, e guardarsi a tutto potere di non spargere il benchè minimo sospetto sopra l'onore di nessuno, e specie poi di giovinetta! I ritrovi presso la signora Bianca anche per ciò tornavano graditi; perchè non si sentiva mai dir male di nessuno; quando cadeva il discorso su qualche persona lontana, non c'era punto pericolo che fossero i difetti che fornissero le spese del conversare, era sempre la parte bella che si metteva in rilievo. Fa così bel sentire a parlar bene degli assenti, pare atto così liberale enumerare le virtù di chi non sente! Onde ogni persona ben nata, piuttosto che lambiccarsi il cervello per scoprir i vizii altrui, dovrebbe porre ogni cura per rilevarne i pregi; perchè non è a dire come acquisti grazia nel cuor di tutti, e come sia desiderata la compagnia di chi cerca sempre di mettere in stima il prossimo. Tale era il cómpito della signora Bianca, che si mostrava sempre incredula, quando alcunchè di men bene veniva attribuito a qualche conoscente, e tosto s'ingegnava di metter sulla controbilancia le buone azioni di lui; il che faceva sempre bella impressione su tutti. Ma oltre alla materia dei discorsi, s'ha da por mente anco alla forma, al linguaggio, alle parole. Il cardinale Pallavicino distingue tre schiere di vocaboli, signorili, mezzani e plebei; io ve n'aggiungerei una quarta de' femminili; perchè in effetto vi sono espressioni, e motti, che, se si tollerano agevolmente in bocca d'un uomo, farebbero un brutto sentire, pronunciati da una donna, peggio da una ragazza. I proverbi, e detti proverbiali, i tratti di spirito, i gerghi furbeschi, le esclamazioni, non tutte stan bene sul labbro femminile, e in ciò richiedesi molto tatto, e gusto fine; quindi è bene che le fanciulle si mettano ben in guardia, e stiano sul riserbo. E come nell'uomo il metallo della voce è più gagliardo, e più colorato, nella donna invece più sottile e più soavemente armonico, così pure la parola deve essere più delicata, più gentile, più decorosa in questa, che in quello. Ad ogni modo la giovinetta debbe sempre sfuggire da quelle parolaccie plebee e di piazza; si ricordi che essa deve aggraziar tutto, tutto innalzare, e non mai insozzarsi nel braco, dove grufolano e s'avvoltolano i ciacchi. Dio scampi la fanciulla dalla scurrilità e dai motti maliziosi; che un brutto andazzo fa tollerare, se non loda, anche ne' civili conversari. Quel gergo enigmatico, quel convenzionalismo di detti a doppio senso, che la moda insulsa dice arguti, in cui l'immoralità cerca di velarsi con apparenza onesta, non trovavan luogo ne' convegni della signora Bianca; e la giovinetta, che stimi il suo onore, si guardi bene dal pigliarvi parte, dall'incoraggiarli coll'occhiata d'intelligenza, col sorriso furbesco, o col ribattere con simili detti. Marina cresceva così bene alla scuola della madre, che era da ammirarsi il tatto e la grazia che aveva nel conversare; attenta, senza distrarsi colla paroletta all'orecchio dell'amica quando parlavano gli altri; breve e vivace nelle sue risposte, che cadevano sempre a tuono. Quando il parlare toccava a lei, non usciva fuori con voce fievole e bassa da potersi a mala pena intendere, come neppure l'alzava di troppo a intronare le orecchie, che è impulito e sconveniente; perchè, lasciando stare il resto, la voce sforzata perde di armonia e di soavità, e vien fuori stridula e rotta; inoltre dovendosi perciò spalancare la bocca, le labbra si contorcono da perdere quella grazia, a cui deve sempre badare la fanciulla. S'ingegnava anche di finir presto, per mettere altre a discorrere; perchè non c'è cosa che più urti i nervi, che il sentir sempre uno a sdottorare, impedendo che altri pure dica la sua. La madre le ripeteva sempre che le ragazze meno parlano, e più savie son tenute. Nè se qualcun altro parlava o raccontava qualche fatterello ella metteva in celia o la parola, o l'improbabilità dell'aggiunto, nè, se il narratore era timido e poco destro, lo derideva occhieggiandosi colle amiche; nè avviava altri discorsi interrompendo il racconto, che nulla v'è di più inurbano; nè entrava in mezzo ad ora ad ora: non è così, ma così e così. Nè punto le dava il capriccio di discorrere de' suoi talenti, delle sue virtù, del suo sapere, che anzi rifuggiva piuttosto dal parlar di sè, della sua casa; in generale la ragazza che ha sempre l'io da metter in mezzo è riputata vana e superba; come pure non era vaga di far sonare in tutti i discorsi i suoi sedici o diciott'anni; anzi le facevan pena quelle fanciulle che di sotto in su piantano il discorso sugli anni, e questa n'ha diciotto, e quella là n'ha venti, e tu quanti n'hai? e chi sa quanti n'abbia la tale? In modo che bisogna sempre aver le fedi di battesimo in tasca; e questo malvezzo tanto più è da riprendersi, quando v'ha gente non più giovane, perchè è un far invidiare la nostra gioventù a chi è sul passo, e far loro increscere di sentirsi vecchi. Chè se dà noia chi ha sempre la lingua in moto, riesce pure uggioso chi non parla mai. Que' pezzi di marmo, chè stan lì, perchè v'è posto, che con una faccia di gesso, con un muso scipito, non ridono mai, non ammirano, non prendono parte nessuna alla conversazione, e non fan che scaldar la seggiola, sono di peso alla società, e agghiacciano il calore di un festevole convegno. Poco dissimili sono quelle che non fan che guardare, e sempre con una faccia trasecolata, mostrano con un riso stupido a fior di labbro, che nulla sanno, e nulla intendono; e se sono interrogate non rispondono che goffamente con una musata, con un crollo di capo, o con un no o un sì sibillato alla meglio co' denti stretti. È un dolore aver donne siffatte lì vicino; non sai mai se la tua compagnia piaccia o dispiaccia; la galanteria vuole che loro volgiate il discorso, e vi ingegniate di metterle in parole, di interpretare i loro gusti, di trovare, come si dice, la corda sensibile, ma nulla trovate che le scuota; onde ogni discorso cade lì in sul nascere. Persone tali non debbono venire nelle riunioni civili; perchè chi v'interviene, deve ingegnarsi di prender parte alla conversazione, coll'ascoltare chi parla, col rispondere convenientemente, entrar in discorso, quando ne viene il destro; non lasciar che altri s'affatichi per tener vivo il conversare da solo, ma aiutarlo, approvare il detto, confortarlo di qualche nuova ragione, e talora con un discreto contraddire mostrare la libera nostra opinione. Per riuscire a ciò ci vuole uso del mondo. La signora Bianca diceva: avete un bel fare imbeccherare le vostre, figliuole, darle precetti, farle leggere libri; ma se non le lasciate dibattersi in mezzo alle compagne, se non le svincolate nelle sale di compagnia, rimangono sempre interdette, esitanti, impacciate; non san presentarsi, ai complimenti recitano la lezione, se si insiste un po', o vien mutata la forma di uso, rimangono in asso col rossore sulla faccia, o rispondono: dove vai? - porto pesci. - Insomma non sanno nè stare, nè correre, sono a disagio dappertutto. Ed è per questo che la signora Bianca s'ingegnava di introdurre a poco a poco la figlia nella società; perché si facesse agli usi civili quasi senza avvedersene. E per verità Marina aveva acquistato la più bella disinvoltura del mondo, non mai perplessa, o intricata, non mai colta all'improvviso, agile nel presentarsi, cauta nell'entrar ne' discorsi, nel saper recar in mezzo l'aneddoto, la facezia, nell'adattar la burla, quel buon gusto, quell'eleganza di modi, quel far signorile senza ostentazione, e senza paura; che non si può ottenere senza una gran pratica della società, che è la scienza della vita.

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Son carne ed ossa come voi; anche su di essi la natura fa sentire i suoi imperiosi bisogni; che almeno abbiano il necessario riposo! Oltreciò presso di lei le serve si risentivano dell’agiatezza l'agiatezza della casa; avevano un cibo semplice, ma abbondante; nelle feste di famiglia anche la loro tavola gioiva di qualche boccone più ghiotto, di qualche vino più generoso; onde la gioia de'padroni si spandeva anche sulla servitù. Avevano una cameretta aerata e sana, un letto pulito e conveniente. Si è per questo, che non cercavano di andar via, ma servivano volentieri; prevenivano i padroni in quel che sapessero tornar loro gradito; insomma erano affezionatissime alla casa. V'ha padroni che si procurano tutte le morbidezze, le raffinatezze della vita, e costringono i servi alle più dure necessità; li fanno dormire in anditi o bugigattoli senz'aria e senza luce, sur un letto che ha del canile; loro misurano uno scarso e cattivo nutrimento, negano un po' di vino; a volte debbono i poveretti assistere ai lauti pranzi, e nulla di quella grazia di Dio viene a rallegrare il loro palato. Come volete che si affezionino a voi, alla vostra casa, quando li trattate sempre come estranei? All'occasione la signora Bianca non mancava di un consiglio, di un servizio, di una protezione, aveva riguardi alla loro salute; e nel pagar loro il salario consigliava di non sciuparlo in futilità, in vano lusso; ma collocarlo nella Cassa di risparmio, per formarsi un capitaletto nella vecchiaia; e così le avvezzava all'economia, allo sparagno. Del resto non si perdeva mai in conversazioni inutili con loro, non affidava nessun segreto di famiglia, per leggiero che fosse; non prestava orecchio alle loro ciarle, ai loro si dice. Vegliava anco sulle loro pratiche di pietà, e qualche volta li istruiva essa stessa sui fondamenti della religione; non le voleva spigolistre o mangiamoccoli, ma sinceramente devote; perchè s'era persuasa che senza timor di Dio non c'è vera bontà e fedeltà ne' servi. Esercitava una sorveglianza continua anche nelle piccole cose, si faceva render conto di tutto fino al centesimo. Non consegnava mai troppo danaro in una volta alla cuoca, e dì per dì, com'era di ritorno dalla piazza riconosceva la spesa. Pigliava il suo libro di cucina e da Marina faceva notare gli oggetti comprarti, mentre essa li riscontrava uno per uno; la distinta stessa de' piatti veniva da lei ordinata ogni giorno. A volte Marina s'intratteneva ad aiutare la cuoca, perchè la madre le diceva, che una buona massaia deve intendersi anche un po' di cucina; e per vero dire, la figliuola aveva imparato tanto da non trovarsi impacciata in un'occorrenza ad ammannire un desinaretto di parecchi serviti. Ma si badi che essa aveva riguardo di non rendersi mai importuna o d'ingombro, come qualche ragazza fa, che corre in cucina non per dar aiuto, ma per impacciare e confondere la servitù, e qualche volta, un po' ghiottoncella, per assaggiare qualche manicaretto. La signora Bianca aveva anche l'abito di fare di quando in quando le sue ispezioni se gli arnesi di cucina erano a posto e lucenti, se la biancheria era in ordine, stirata e ripiegata, se le vesti ben governate. Una volta per anno poi, se non v'era bisogno più spesso, faceva l'inventario generale di quel che era in casa, e, non fa mestieri il dirlo, Marina le faceva da segretario. Aveva un libro su cui era notato capo per capo tutta la biancheria, il numero delle lenzuola, delle coperte, delle coltri e coltroni, delle camicie, ecc.; le tovaglie e tovagliuole per tavola; l'argenteria, il vasellame, tutto insomma. Man mano che si faceva un acquisto, subito lì a segnarlo nel catalogo, e badava se ciascuna serie di oggetti era completa e a posto, se qualcheduno aveva mestieri di riparazione. I1 che voleva anche dir molto per tener le serve sull'avviso, e levava via fino la tentazione dell'infedeltà. Nè si creda che questo richiedesse troppo di tempo; men di mezz'ora al dì per il riscontro giornaliero, e un paio di giorni all'anno per l'inventario. Marina sapeva pur essa rendersi accetta e rispettata dalle serve; ma essa non comandava arrogantemente, non si scapricciava a farle immattire in cose inutili, non le derideva, non le avviliva mai; le aiutava in quel che poteva, ma punto confidenze. Vi sono ragazze che trattano con le serve, come con una compagna, giuocano, scherzano, motteggiano insieme e poi per una piccola cosa che non sia a filo, si sbracciano in improperii, in nomi villani, in imprecazioni, e non la finiscono più di gridare. Fa stizza poi veder ragazzine tant'alte, che sembrano vipere colle serve; comandano a bacchetta, rimproverano con asprezza, con alterigia e in faccia alle genti, per far mostra di potenza e superiorità, dànno ordini severi, minacciano brutalmente, alzano la voce, vituperano senza bontà! È un terribile anacronismo una ragazzetta di otto anni minacciare e rampognare severamente una povera vecchia fante! Ve n'ha di quelle che per uggia, che hanno contra la serva, fanno delle accuse non vere ai genitori per il maligno talento di farla strapazzare; Marina diceva che fanciulle tali non hanno carità cristiana, nè ombra di creanza (1).

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Vi son di quelli che pare abbiano scordato il nome della moglie e de' figliuoli, e li chiamano sempre coi più brutti nomacci che si siano foggiati mai: soma, bestia, asino, sono sempre all'ordine; e accenno solo ai più discreti, i più usati il rossore mi vieta di scriverli: vien qua bestiaccia! che il diavolo ti porti, somaro maledetto! va all'inferno, brutta strega! E le imprecazioni, e i moccoli che attaccano, Dio ne liberi! E poi vi lagnate che i vostri ragazzi parlan male, dicono di brutte parolacce, bestemmiano!Santo cielo, chi gliele ha insegnate le bestemmie, le parolacce? Gli è vero, che anche le donne hanno la loro colpa. Ve n'ha di quelle che non terrebbero la lingua per l'oro del mondo. Son sempre lì, stuzzicano, ripicchiano, raffacciano cento volte la stessa cosa, tormentano sì, che farebbero uscir di pazienza un santo. A volte quando vedono il marito sdegnato, se usassero un po' di prudenza a non rispondere, la burrasca passerebbe liscia; ma andatele a tenere; a una parola ne rispondon dieci; e pare proprio che se le vadano a cercare le busse. Un vizio riprovevolissimo, che la signora Bianca non poteva, comportare era la sordidezza e la sporcizia che qualche volta trovava nelle case de' contadini, e di ciò incolpava in tutto e per tutto le donne. La cucina serve di mondezzaio, de' paiuoli il dentro non si distingue dal fuori, un po' di cibo si fa alla carlona, senza cura di sorta; onde rimane insipido, e tale da far più male che bene; le vedete lì colle mani sucide e nere impastare i tagliatelli, forbire il cucchiaio o il coltello col grembiule unto e bisunto, che manda un tanfo lontano di qua là; i ragazzi con vesti lacere, imbrodolate, malconci i capelli, le mani sporche, colla ruggine sulla faccia da fare pietà, toccano tutto, sciupano ogni cosa. E pensare che l'acqua non costa niente; e che la pulizia non dipende che da un po' di cura e di pazienza; e che un po' di nettezza ridonderebbe a tanto di salute, e di risparmio; chè non si vedrebbero più tutte quelle schifose malattie della pelle, crostole quà e là sul viso e per le mani; e se negli abiti, come si fa uno strappo, subito si rattoppasse, si scanserebbe un vestito nuovo; gli utensili di cucina puliti e lucidi si conservano assai più a lungo, la ruggine li rode e li consuma; le vivande allestite con più cura e con un po' di condimento divengono più nutritive e più gustose, e il corpo se ne avvantaggia con tanto di robustezza; e que' soldi, che si sciupano al lotto, e in nastri, se si spendessero in un po' di carne, non fosse che alla domenica, la complessione si farebbe più salda, e le membra più forti, e quindi più atte alla fatica; giacchè è provato che là dove il nutrimento è più sostanzievole, anche gli uomini sono più intelligenti, più gagliardi, e più operosi. Onde quel che più si spende in vitto, si guadagna in lavoro, e si risparmia in malattie. A ciò devono badare le donne di campagna, dalle quali si deve ripetere tutto il miglioramento della famiglia. E le superstizioni, e i pregiudizi, e gli errori, e il così faceva mia nonna, sono proverbiali nelle campagne. Marina diceva, che in nessuna classe sociale si trova tanta cocciutaggine, come ne' contadini. Avete un bell'ammaestrarli sui nuovi trovati della scienza, sulle migliorie nell'agricoltura, nell'orticoltura, nell'allevamento delle bestie, nella cura de' bambini, ma sì, è un predicar al vento, il sistema della nonna è sempre il migliore. Eppure vedete contraddizione singolare, dove trovate tanta credulità, come nelle campagne? V'è da notare ciò, che i contadini non prestano fede agli studiosi, ai dotti, quasi temano il malefizio; ma se una cosa vien detta da un tanghero zoccolato, oh allora la tengono come parola di vangelo! Guardateli nelle malattie; il medico prescriverà il tal farmaco, una persona di studio suggerirà di far così, piuttosto che così, e le contadine faranno sempre il viso dell'incredulo; passa una sucida donnaccia, che non saprà fare un o coll'imbuto, ordina un empiastro della malora, che avrà appreso dal cerretano sulla piazza, ed eccoti subito alla prova, e tengono il male bello e sparito. Già la ragione di tutto questo è nell'ignoranza, la quale fa sì che si creda negli sciocchi, e si insospettisca di chi sa. Le quali ubbie, pregiudizii, e credulità non si potranno levare dalla campagna, finchè la donna non sarà istruita daddovero; perchè è dessa che le alimenta e le moltiplica. Fate la donna illuminata, e che le metta in ridicolo, e l'uomo si vergognerà di conservarle. Così ragionava la signora Bianca, la quale era tutta in promuovere l'istruzione femminile in quel villaggio; dove aveva impiantato un asilo infantile, una scuola per gli adulti; e per ultimo aveva istituito di suo una biblioteca circolante di libri semplici e educativi, riguardanti l'igiene, l'agricoltura, la storia e geografia; e li mandava essa stessa alla lettura per le case. Il che riuscì di un profitto incredibile; perchè in pochi anni si vide quel paese mutato di faccia; pareva tutto un giardino; non un lembo incolto, e ogni terra aveva quella coltura che più le s'addiceva; le casette si alzavano pulite e bianche in mezzo al verde delle viti e delle piante; i letamai non erano innanzi alla porta o sotto le finestre; ma in scavi dietro le case a mezzanotte; le camere aerate ed esposte a levante o a mezzodì; nel paese poi le contrade pulite e ben ciottolate; guai a chi gettasse le immondezze o le spazzature dalle finestre nelle vie. Le donne cortesi accudivano alle faccenduole di casa, mandavano i ragazzi ravviati alla scuola, se li conducevano alla chiesa con sè, facendoseli inginocchiare da canto, con i loro libricciuoli aperti, nè li lasciavano correre alle monellerie; ma raccolti e quieti, che era un amore. E fu una bella consolazione un anno, che imperversando il cholera asiatico e portando il terrore e lo sterminio in tutti i paesi del contorno, neppure una vittima fece in quel fortunato paesello!

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. — Nelle ore di ricreazione non è raro notare alcuni atti di soverchieria e di prepotenza; l'allieva della classe superiore crede di avere una certa prevalenza su quella delle classi inferiori; le alunne poi dell' ultima classe vogliono essere le dominatrici; si direbbe che abbiano acquistato il privilegio delle insolenze e dell' arroganza col crescere di scuola; guai a chi le contraria, lì la ragione non vale più, sta per ragione l'essere della classe delle più grandi. Questa prevalenza si manifesta in piccole soverchierie, si disturbano i giuochi e i divertimenti delle altre classi, vi si fa andar a male un piacevole disegno, s'impedisce un passaggio per una porta o che so io, e la classe contrariata cerca la sua vendetta nel contrastare i piaceri dell'inferiore; onde quella che non può ricattarsi su nessuna,che non ha rimando, è la classe delle piccole, le quali non per altro desiderano di venir grandi, che per far pesare le loro prepotenze su quelle che saranno piccole un dì. Questo dispregio delle scuole superiori contro le inferiori si estende anche contro le maestre; vale a dire un'allieva, come da una classe passa ad un'altra, crede d'aver acquistato più scienza di quel che possegga la maestra della classe inferiore, e quindi si tiene dappiù, ne parla come di persona di poca levatura; cosicchè quelle che sono nell' ultima si rigonfiano di tanta superbia, di tanta albagia, che guai a quella maestra delle altre classi, che si periti a dare loro avvertimenti; quasi che la maestra non sappia più là della scuola in cui insegna; e che per ottener la patente d' insegnante non abbia dovuto studiare molto di più di quel che si insegni in tutte le classi elementari! Nè soltanto se lo credono di saper di più, e se lo tengono celato nell' animo le allieve; ma ve n'ha di quelle tanto audaci ed impertinenti da chiarirlo apertamente con atti di non curanza, o anche con parole sciocche: — Che vuoi tu che sappia la tua maestra? Dille che non esca dall'abbicì... — Ma che? noi facciam quarta e ne sappiam più della tua maestra, che insegna solo terza... e via su questo andare. Il che richiama alla memoria quella cantante, che, avvisata dal suggeritore, perchè storpiava i versi e i nomi, rispose stizzita: — O che, io sono cantante in primo, e ho il diritto di dire come mi pare e piace!

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E subito m'affretto a dichiarare che è un errore di educazione, specie per le famiglie agiate, che non han bisogno di tirar presto partito del lavoro delle figliuole, quello di far correre a vapore le fanciulle negli studi, in guisa che a dieci o dodici anni abbiano terminata la loro istruzione. Dio buono! che virtù riflessiva può avere una ragazzina di tali anni? Avrà fatto miracoli per la sua fresca memoria, ma che abbia digerito bene le cose insegnate, non a me si darà ad intendere. L'età del raziocinio e della riflessione incomincia a quattordici anni, o lì presso; ebbene in quell'età la ragazza ha già smesso di studiare. Infatti quand'è che la giovanetta comincia a far sue le idee altrui, se ne rende ragione, ne acquista la convinzione e, vorrei dire, la coscienza? Dopo i quattordici anni. Prima è memoria, si sa soltanto quel ci hanno appreso, si crede e si giudica come ci han detto; non perchè ne conosciam la ragione, non perchè un intimo ragionamento ce ne convinca. Onde prima dei quattordici non sappiam le cose, sappiam solo le parole; e invero se si è interrogati, si risponde colle parole sacramentali, che abbiam studiato macchinalmente nel libro, o che ci ha appreso il maestro; se si cambian le parole, si fa una confusione da non poterne più cavar costrutto. Quando invece la potenza riflessiva è messa in atto, quello che si ascolta si sottopone ad un esame intimo, all'approvazione del nostro giudizio, e la coscienza ci dice: è così; oppure: così non può stare. Ecco come l'appreso diventa scienza, e resta in noi come fatto nostro, nostra proprietà, e ne disponiamo come e quando ci viene il destro, senza essere legati alla nuda parola. Eppure la fanciulla cessa per appunto gli studi, quando essi si farebbero profittevoli e sicuri. Il che ci spiega come la donna in materia di studi sia piuttosto leggiera, superficiale ed anche pedante; e se sa le cose, non le conosce nella loro ampiezza, nelle loro relazioni e cause remote: ma ne ritiene solo quanto le è stato detto; perchè la sua scienza è tutta di memoria. Quante volte non ci accadde di vedere nelle famiglie la sorella fino ai dodici anni vincere il fratello negli studi, e passati alcuni anni trovarsi un cambiamento incredibile? la ragazza restare stazionaria, se non perde, e il fratello sviluppare un criterio, una logica, una bontà di giudizio che non sapete spiegare; se non riflettete che gli studi più forti egli li fa dai quattordici ai venti, ai ventiquattro, e la sorella li cessò ai quattordici, se non ai dodici. Ecco la ragione della grande differenza intellettuale ne' due sessi, differenza che dovrebbe essere minima o scomparire affatto, se gli studi meglio si organassero per le fanciulle. Esaminiamo un po' meglio per minuto quel che avviene nella vita educativa della giovanetta, e si riconoscerà che si cammina proprio a ritroso della natura. L'istruzione intellettuale le s'impartisce dai cinque ai dieci o dodici anni, quindi le si fa abbandonare la scuola e non se ne parla più, se non forse di qualche lezione per settimana di lingua francese. Tutta la sua vita viene quinc'innanzi divisa fra il pianoforte e que'lavori che si dicono femminili. Ora lasciatemi dimandare: quali occupazioni richiedono maggior forza intellettuale, gli studi o i lavori di mano? Ma questi lavori sono meccanici e la memoria e l'imitazione è tutto, e perciò si potevano tanto bene cominciare prima senza tanto detrimento. La signora Bianca, che poco si lasciava pigliar la mano dall'andazzo comune, diceva che per dare una buona istruzione alle giovani è necessario prolungare il tempo degli studi; e perchè l'una cosa non sia a disvantaggio dell'altra, approvava che contemporaneamente agli studi le si facessero apprendere i lavori femminili e le arti di ornamento. Fino ai diciott'anni non voleva che la ragazza facesse la signorina; lasciarle la testa ai grilli prima, è un metterla nei rischi del mondo, vana, senza studio e senza esperienza. Trovava che fino ai diciotto c'è abbastanza di tempo per istruirla in ogni ramo conveniente ai tempi progrediti, alla civiltà del secolo, e ritornava sempre alla sua idea, che dalla donna istruita infiniti beni ridondano alla società. E come pensava, praticò con Marina; il che spiega come questa abbia potuto erudirsi in tutte quelle materie che abbiam detto.

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