Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Giovanna la nonna del corsaro nero

204926
Metz, Vittorio 1 occorrenze
  • 1962
  • Rizzoli
  • Milano
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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"Speriamo almeno che abbiano le scarpe pulite!" si augurò il capitano. "Farò disporre una buona guardia anche sotto la vostra finestra" disse il governatore, ritirandosi. "Buona notte, Altezza..." "Me l'avete già data non so quante volte... Comincio ad avere l'impressione che portiate jettatura!" rispose il Viceré. "È meglio che ve ne andiate.,." Il governatore si sprofondò in un umile inchino e rinculò fino alla porta dalla quale uscì richiudendola dietro di sé. Tranquillizzato dal fatto che sia la porta che la finestra erano ben guardate, il Viceré prese ad aggirarsi per la camera abbastanza soddisfatto. "Effettivamente, questa stanza fa molto meno paura dell'altra" disse allegramente. Andò verso la finestra per accertarsi che avessero collocato le sentinelle sotto di essa e si trovò faccia 11. Giovanna a faccia con Giovanna che avanzò verso di lui con la spada nuda in mano. Don Miguel allibì. "Ancora la vecchia?" esclamò con voce soffocata. "Non tanto vecchia!" sogghignò Giovanna, mentre anche Battista e Jolanda uscivano dai loro nascondigli. "Sono ancora abbastanza giovane per farvi a pezzetti, maledetto Trencabar!" "Non... non trovate che sono abbastanza piccolo per essere ancora frazionato?" balbettò il Viceré, indietreggiando. Ripensò a ciò che gli aveva detto Giovanna ed esclamò: "Trencabar, avete detto? Ma io non sono il conte di Trencabar!" "Come, non siete il conte di Trencabar? E chi diavolo siete, allora?" "Don Miguel duca di Saragozza, y Beltramar, y Sevija Sevija Olé, y Guadalupa, Grande di Spagna e Viceré delle Colonie Spagnole del Nuovo Mondo!" "Non potete essere tutta questa gente" rispose Giovanna. "Ve lo giuro!" la assicurò don Miguel, afferrando un cofanetto, aprendolo ed estraendone frettolosamente delle carte che mostrò a Giovanna. "Ecco qua... Queste sono le mie credenziali... Questo il mio anello con il sigillo... E questo è il mio ritratto ad olio insieme con Sua Maestà Cristianissima il Re di Spagna..." "Ebbene," disse Giovanna, lanciando una rapida occhiata alle carte "se siete il Viceré, tanto meglio! Vi prenderò prigioniero e chiederò che mi sia consegnato Trencabar al vostro posto..." "Se è Trencabar che volete, non occorre una operazione così complicata" le fece osservare il Viceré. E con uno scoppio di odio nella voce: "Ve lo consegnerò io stesso questo maledetto Trencabar?" "Voi mi consegnerete il governatore di Maracaibo?" domandò Giovanna. "Con il massimo piacere!" sogghignò il Viceré. "Voi non potete immaginare quanto mi sia antipatico! E poi se la merita una buona lezione dopo l'orribile notte che mi ha fatto passare!" "Se mí consegnate Trencabar, non domando altro!" disse Giovanna. "Affare fatto!" esclamò il Viceré. "È nella sua camera... Venite con me..." Si avvicinò al pannello che copriva la porta segreta e lo fece scorrere. "Meglio andarci da qui..." consigliò rivolto ai tre. "Fuori ci sono le guardie e non vorrei per nessuna cosa al mondo che vi fermassero..." Il governatore di Maracaibo si era appena messo a letto nella sua stanza, e stava per soffiare sulla candela, quando il pannello scorse nella parete e don Miguel fece il suo ingresso nella camera. Il governatore lo guardò allarmato. "Cosa succede, Altezza? Non mi verrete a raccontare che avete visto ancora la vecchia..." "Non solo l'ho vista," rispose il Viceré con aria pienamente soddisfatta "ma adesso la faccio vedere anche a voi... Eccola qua..." Si trasse da parte e Giovanna entrò avanzando verso il governatore. "Sì, conte di Trencabar, sono proprio io" disse con voce terribile."Seguitemi?" "Non vorrete assassinarmi" protestò il governatore. "Oh, no, vi farò impiccare, semplicemente..." "Un momento!" esclamò il Viceré. "Non sapevo che voleste impiccarlo, signora... Se lo avessi saputo non ve lo avrei consegnato..." "Ah, siete stato voi! Bella roba!" esclamò il governatore, disgustato. "In fondo," seguitò il Viceré "il conte di Trencabar è un gentiluomo e come tale gli spetterebbe la mannaia..." "Pure i miei nipoti erano gentiluomini eppure sono stati impiccati e i loro corpi utilizzati come semaforo..." "Bisogna anche tener conto delle esigenze del traffico, signora" disse il Viceré. "No, no, niente condanne a morte! Io, invece, proporrei un bel duello..." "E sia!" esclamò Giovanna. E rivolta al governatore: "Prendete una spada e difendetevi..." "Tanto," disse il Viceré strizzando l'occhio a Giovanna"un duello con voi equivale a una condanna a morte... Quindi per voi è lo stesso..." "Non tanto lo stesso!" ghignò il governatore di Maracaibo, riprendendosi e avvicinandosi ad una panoplia di armi. "Intendete dire che conoscete qualche colpo segreto?" domandò Giovanna. "Tanto segreto che non so nemmeno io come si usi" rispose Trencabar, tranquillamente. Quindi, ponendo la mano sull'impugnatura del pugnale che serviva da leva: "Meglio quindi usare questa..." "L'arma corta?" "No, la fuga" rispose il conte di Trencabar abbassando bruscamente la leva e facendo così cadere la saracinesca di ferro fra lui e gli altri. "No, la fuga" rispose il conte di Trencabar... Giovanna ruggì scagliandosi contro l'improvvisa barriera che si era frapposta fra lei e il suo nemico. "Traditore!" gridò. "Fellone! Mi ha giocato ancora una volta..." E rivolta al Viceré, a Battista e a Jolanda: "Voi aiutatemi a sollevare quest'accidente di saracinesca!" "Presto, seguitemi!" gridò il conte di Trencabar scendendo lo scalone a precipizio e rivolgendosi al capitano Squacqueras che era di guardia davanti alla porta dove l'aveva collocato poco prima il Viceré. "Giovanna la nonna del Corsaro Nero è nella mia camera!" "In questo caso" rispose il capitano "io vado nella mia!" "A che fare?" "A gettarmi un po'sul letto... Io sono come Francesco!... Dormo sempre alla vigilia di una battaglia per dar prova del mio sangue freddo..." E scappò di corsa verso il salone. "A me, soldati!" comandò il conte di Trencabar, rivolto alle guardie. Giovanna, aiutata dal maggiordomo, dal Viceré che ormai era passato completamente dalla sua parte e da Jolanda, si stava spezzando le unghie nel tentativo di sollevare la saracinesca. Ad un tratto esclamò con accento di trionfo: "Si solleva, si solleva!" La cortina di ferro, effettivamente, si stava sollevando, ma da sola, per rientrare nel soffitto. Alzandosi, però, scoprì una lunga fila di guardie schierate con gli archibugi puntati su Giovanna e i suoi. "Arrendetevi!" gridò Trencabar che stava dietro i soldati. Giovanna, che per sollevare la cortina di ferro aveva posato ín terra la spada, allargò le braccia. "Purtroppo," disse "non posso far resistenza..." "Impadronitevi di costoro, conduceteli fuori e fucilateli contro il muro di cinta" comandò Trencabar, rivolto al sergente Manuel. "Non vi sembra di esagerare?" domandò il Viceré, mentre i soldati circondavano i tre. "Bisogna dare un esempio!" rispose Trencabar. "Ve lo darò anch'io un esempio" disse freddamente Giovanna. "Vi farò vedere come sanno morire dei Ventimiglia..." E uscì dalla camera a testa alta, circondata dai soldati e seguita da Jolanda e dal maggiordomo. Il Viceré la seguì con lo sguardo, quindi scosse la testa. "Avrei preferito vedere come sa morire un Trencabar!" disse. "Andate, andate, conte, questa notte non avete fatto altro che darmi delle disillusioni!"

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