Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Signorilità

198640
Contessa Elena Morozzo Della Rocca nata Muzzati 21 occorrenze
  • 1933
  • Lanciano
  • Giuseppe Carabba Editore
  • paraletteratura-galateo
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E questo esempio può essere imitato... anzi è bene che sia imitato da due fidanzati che debbano mettere su casa, non abbiano mobili di famiglia, e sappiano di poter disporre di un'unica stanza per pranzo e per salotto. Basta che i fidanzati cerchino con calma e avvedutezza, non dagli antiquari di gran nome e di gran lusso, ma da rigattieri; abbiano un modesto falegname molto abile nell'aggiustare e nel lucidare... e dicano ai parenti e agli amici di attenersi, per i doni di nozze, al determinato stile scelto. Così potranno avere, con egual spesa, non un ambiente dozzinale, ma dei mobili di gusto e solidi, del vasellame, biancheria, argenteria intonata. Poi, coll'aumentare del benessere famigliare, non sarà da buttar via la roba del primo impianto (cosa sempre dolorosa, perchè ogni cuore ben fatto è attaccato ai ricordi), bensì da lasciare ai figlioli. Un altro tipo di camera da pranzo-salotto è quello che si può avere raggruppando, intorno ad una bella credenza antica che abbia, dietro, una specie di rastrelliera o di «alzata», un divano, una tavola, sedie, poltrone e qualche tavolino nello stesso stile. Sull'unico grande mobile, (di cui la parte alta va foderata con buon damasco autentico), si posano piatti d'argento, o di peltro o di maiolica; analoghi si appendono alle pareti. Cosa essenziale per la stanza a doppio uso, è l'avere un mobile che serva da credenza e ne faccia il servizio, pur senza averne l'apparenza, e avere un bel tavolo. Il resto si improvvisa facilmente con un po' di gusto, specialmente ora che i sommiers (elastici da letto), con un materasso, coperti con belle stoffe nello stile dei mobili, con molti cuscini, combinano benissimo un angolo elegante.

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Essi sieno sempre ben lucidi, abbiano le maniglie intatte, abbiano le mensole coperte da belle tovagliette candide con ricamo o merletto, il cui «motivo» sia ripreso nelle tendine, nel paralume, nei tappetini da tavolino. Ma se, poi, signora e signorine, vogliono dare un aspetto più moderno alla comune stanza da pranzo formata da credenza, contro-credenza, tavolo e sofà, tolgano tutto il bianco e lo sostituiscano, per esempio, con un bell'azzurro Savoja. La carta da parato, il grosso cordone che regge il lume, il paralume o la frangia intorno al lume, le tendine, la stoffa che copre le mensole, i tavolini e l'interno della cristalliera sieno di poche gradazioni di azzurro; la tovaglia che sostituirà il vecchio tappeto in velluto, sia in tela greggia, ricamata con cotone color pavone. Nella cristalliera sieno tolti gli astucci colle posate e sia disposto qualche bell'oggetto d'argento, di porcellana, di cristallo. Sulle pareti vengano appesi dei piatti di ceramica con fondo azzurro. La signora o le signorine ricoprano anche il sofà con stoffa intonata e l'adornino di bei cuscini nelle varie e molte gradazioni della tinta. Vi facciano piovere bene la luce da un'apposita lampada, affinchè il babbo, che vuole passare una lieta ora, leggendo o chiaccherando, nell'intimità della sua onesta e modesta famiglia dabbene e lavoratrice, abbia tutte le comodità a cui ha diritto... E qui viene opportuno il dire alla moglie e alle figliole di un signore «alla vecchia», cioè poco abituato ai salotti, e che preferisce rimanere in camera da pranzo, dopo avervi mangiato, che è per esse doveroso sacrificare al benessere e al desiderio di lui, le loro nuove e pur legittime esigenze di passare in altro ambiente... ma che, però, possono conciliare con un po' di furberia l'una e l'altra cosa. Per esempio: se il padre troverà il salotto caldo, la poltrona morbida, il tavolino per il giornale ed il portacenere a portata di mano, la luce proprio spiovente sul comodo tavolo da gioco, lascerà senza brontolare la stanza da pranzo... così come, in campagna, se troverà pronta nel suo spogliatoio, o sul suo letto, o sull'attaccapanni dello studio una giacca scura, se troverà un paio di scarpe pulite, prenderà l'abitudine di lasciare, per l'ora di pranzo, la giacca da cacciatore e gli scarponi infangati... Nelle famiglie della modesta borghesia, uomini, donne e ragazzi vengano a tavola almeno ripettinati e con le mani lavate con sapone bianco, per motivi d'igiene; nelle famiglie più signorili è bene si diffonda l'abitudine di mutar vestito pel pranzo, abitudine che proviene dall'educata e civile Inghilterra, dove i sudditi di Re Giorgio, anche senza appartenere ad un'alta classe sociale, indossano rispettivamente smoking e vestito scollato. (Anni or sono, quando lo smoking era di moda anche per le donne, questo avverbio «rispettivamente» non avrebbe avuto motivo di esistere...).

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L'ambiente della classica biblioteca sia severo, tappezzato in colori scuri; le pareti abbiano qualche albero genealogico, qualche documento raro, incorniciato in ebano o in noce, qualche quadro di valore. Gli scaffali chiusi (biblioteche) sieno tutte in uno stile con qualche mensola, dove possa trovar posto una fotografia, un gran vaso da fiori... Particolarmente indicato, per questi scaffali, è lo stile 500, con i suoi cancelli di ferro battuto. Per famiglie solo modestamente abbienti, la stanza adibita a studio abbia pochi mobili, ma buoni, qualche tappeto, un sofà con poltrone analoghe in cuoio o in bella stoffa. Se non si possono comperare degli scaffali chiusi, si facciano fabbricare aperti, in noce, tutti eguali, di bella linea. E sul loro piano superiore si posino vasi di Murano o vecchie ceramiche con molti fiori, fotografie ecc. Nello studio bene illuminato, (magari con quei moderni diffusori di luce a sfera e a goccia, che aumentano molto la potenzialità delle lampadine), non manchi mai di essere in vista il nuovo insuperabile Atlante del Touring, un orario ferroviario, un calendario, e, per chi vive in grandi città o in paesi di escursioni, uno specchietto con l'elenco dei monumenti artistici, musei ecc., che oggi si possono visitare gratuitamente. Mediante l'aspiratore elettrico, la padrona di casa faccia una accurata pulizia giornaliera dappertutto e specie nei libri che la polvere, accumulandosi, facilmente deteriora...

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I cuscini ed i capezzali abbiano, sul traliccio, una fodera bianca, magari in cotone, su cui poi si metterà la federa, e ciò perchè la testa, traspirando, potrebbe insudiciare il traliccio. Essi abbiano pure, ricamato a piccole crocette in rosso o in turchino un numero progressivo, (cercare il perchè nel cap. XVI); essi vadano rifatti ogni due o tre anni - uno o due all'anno, a secondo di quanti se ne possiedono - e le loro fodere sieno ben lavate ed asciugate. E ogni letto abbia ancora un pezzo di grosso mollettone bianco, dell'eguale misura del materasso, da mettere fra il materasso e il lenzuolo; e un altro da mettere fra il materasso e la rete metallica o l'elastico. Quest'ultimo è bene abbia lateralmente un volante di battista o di percalle, allo scopo di nascondere l'elastico o la rete metallica, quando viene tolto il copriletto. Il copriletto sia: o in tela ricamata e adorna del medesimo merletto delle «stores» e delle tendine; o in un bel damasco, di colore intonato alla tappezzeria; o nella medesima stoffa, con cui sono foderate poltrone e sedia a sdraio («dormeuse»); o in istile, quando il mobiglio è in istile, con relativo pannello da appendersi dietro al letto (bellissimi quelli in velluto di seta dipinto in oro dalla signora Gallenga di Roma). Molto pratiche sono pure delle coperte di pelo per l'inverno, di seta, merletto ecc. per la buona stagione, da adoperarsi dalla signora sdrajata sulla dormeuse. Un meraviglioso modello veramente regale fu portato dalla Principessa di Piemonte nel suo corredo: rosa, tutto guernito di penne di struzzo rose. Generalmente due poltrone, uno sgabello davanti alla «toilette» e la sedia a straio, sono sufficienti; tutte siano comodissime e veramente riposanti. In quanto alle tendine, ve ne sono un numero infinito di tipi: quelle in istile; quelle col bel bordo a crocette o Assisi; quelle costituite da un rettangolo di «tulle» o di rete ricamata; quelle incrostate di merletto, (ora va molto il merletto a uncinetto friulano); quelle semplicissime di batista bianca, che rendono l'ambiente luminoso, ecc. Le più moderne e indicate sono quelle in tela di seta bianca, finite con un merletto a «macramè» pure in seta bianca, con o senza fiocchi. Le «stores», i capricci, i lunghi teli di stoffa, ora non usano più, fuorchè nelle stanze in istile, per ragioni di igiene. Infiniti sono pure i tipi di tavolini da «toilette» incominciando da quello modestissimo di legno greggio, sul cui piano si posa un asciugamano ricamato e che si circonda tutto da un telo di batista bianca, arricciata, terminata con un merletto. Esso va ancora per campagna, al pari dello stesso tavolino, laccato di bianco con un filetto azzurro Savoia o rosso ciliegia, con la tovaglietta ricamata come le tendine. Quando lo stile della camera richiede una «toilette» con «volants» di stoffa o di merletto, essi siano messi con garbo e con gusto, spesso lavati e spolverati delicatamente coll'aspiratore elettrico; e siano utilizzati per dissimulare dei comodi cassetti. Nelle comuni stanze, la toilette generalmente consiste in un bel tavolino lucido con alzata, con specchio, e con il piano di grosso vetro. Sul vetro ci va non un damasco, ma una stoffa o un merletto lavabile, e ci vanno, bene ordinati, pettini, spazzole e gli infiniti oggetti di «toilette» sia in argento che in tartaruga, che una signora adopera. Una cura speciale della padrona di casa deve essere rivolta alle spazzole, che vanno lavate spesso con un granello di soda nell'acqua calda, facendo in modo che solo le setole vi vengono immerse, e che vanno poi abbondantemente risciacquate. A capo del letto deve, naturalmente, pendere un'imagine sacra. L'arte italiana possiede Madonne magnifiche e Cristi e Santi di tutti i tempi e di tutti i Sommi, ciò che rende facile la scelta. Per camera di sposi, la più adatta è una Vergine col bambino; ben a ragione è molto diffusa quella di Nicolò Barabino, «quasi oliva speciosa in campis», suggestiva e deliziosa. Anche il quadretto-ricordo della prima Comunione è un ricordo caro ai cuori femminili, che lo tengono volentieri accanto al loro letto per tutta la vita. E per questo esso dovrebbe esulare dalle solite volgari litografie, avere un carattere d'arte, ed essere bene incorniciato. In quanto alle acquasantiere, esse sono un po' passate di moda e si vedono soltanto nelle camere in stile; ora vanno anche in cuojo. E il cuojo è trattato in modo che appare dorato, bronzato, colorato in mille toni pastosi, pieno di luce e di duttilità. L'acquasantiera che l'Artigiano italiano regalò a Romano Mussolini, ideata e eseguita da Antonietta Cesa, ha, in alto, la forma di un capitello con due nicchie: nel capitello spicca una croce d'oro sfumato, adorna di rose sotto cui un pettirosso canta... grazioso richiamo alla leggenda dell'uccello gentile che, posando sul cuore di Gesù in Croce, ebbe macchiato il petto del Sangue divino. Le due nicchie contengono un cero benedetto e un ramo d'olivo. In basso, il cuoio è foggiato a piccolo recipiente per ricevere l'acqua lustrale, e dei fiori balzano a circondarlo con i loro steli rosati. In quanto ai tappeti, è inutile ripetere quanto fu scritto a proposito di quelli da salotto. Raccomando alle amabili lettrici di farne qualcuno da sè, lavorando sul canovaccio con grossissima lana, oppure lavorandoli con enormi ferri, e scegliendo belle tinte e bei disegni.

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Perchè la domestica, o i domestici o le domestiche si affezionino alla casa, essi abbiano tutte le comodità nella loro stanzetta; ora che tutti hanno qualche buon vestito, vi abbiano modo di appenderlo, sia mediante un ripostiglio a tenda, dal tipo descritto per lo stanzino da «toilette», sia mediante un rudimentale armadio, composto da qualche lista di legno, colle pareti di cretonne. Non vi manchi un'immagine sacra, nè uno scendiletto per l'inverno, nè la chiave ai cassetti, nè una cassettina per mettere la roba da lavare - e ciò perchè anche la servitù ha diritto a un certo benessere, e perchè questo benessere tornerà tutto a vantaggio dei padroni, e del buon andamento generale della famiglia.

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I fiori per adornare la casa vanno colti o di buon mattino o di sera, e vanno recisi con un taglio netto di buon temperino; durano più a lungo quando abbiano un pezzetto di carbone in fondo al vaso. Quando essi tendono ad appassire, e la padrona di casa voglia averli ancora freschi per almeno qualche ora, li può rianimare immergendoli per qualche momento in acqua calda. Nè piante nè fiori vanno tenuti nelle camere da letto, sia perchè essi odorano più fortemente durante la notte, sia perchè la terra del vaso contiene una grande quantità di microrganismi. Nelle città grandi è consigliabile, per chi possa avere la casa sempre fiorita, di combinare un abbonamento con un orto botanico; nei piccoli centri e in campagna, è sempre possibile avere in casa almeno sempreverde, edera, bacche... come nota fresca e gentile.

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La balaustra della terrazza abbia geranii ricadenti; i grossi vasi abbiano, se il clima lo permette, aranci e mandarini; le cassette poste a terra abbiano fresie, giacinti, tulipani, e, in estate, petunie, margherite, zinnie, astri, salvie. Qua e là vi sieno prese di corrente, che potranno servire a fare il thè colla thejera elettrica, o ad azionare ventilatori, o a illuminare la terrazza con lampade portatili, dai bizzarri paralumi colorati che, nella notte profumata, fra i rosai, parranno altri bizzarri fiori multicolori.

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Gli inviti vanno fatti con tatto e ponderatezza, avendo cura di unire persone che abbiano presso a poco le stesse vedute generali e politiche, o, almeno, che non siero dei politicanti che scattino in terza velocità, contro chi non divide la loro opinione; che abbiano presso a poco lo stesso rango sociale e la stessa (o quasi) nascita ed educazione. Ci si guardi bene dal tipo scroccone di professione che gira le famiglie con un repertorio spiritoso fredduristico... non sempre di buona lega... I padroni di casa presentino subito i loro ospiti con i loro titoli nobiliari o acquisiti, colla solita regola, cioè: il più giovane al più vecchio, quello di condizione sociale più modesta a quello di condizione più importante, quello di rango meno elevato a quello di rango più elevato, l'ufficiale o l'impiegato subelterno all'ufficiale e all'impiegato superiore, l'uomo alla signora. In quest'ultimo caso non è necessario, ma è cortese dire: «permetta che le presenti...». Se tra gli invitati ci fossero Boselli o d'Annunzio o Marconi, e se l'invito fosse fatto in onore di qualche personalità, i padroni di casa le vadano incontro, con una cordiale espressione di benvenuto, e le presentino poi gli altri amici, senza ripeterne il nome. L'invitato deve arrivare cinque minuti prima dell'ora fissata; se, per un'imprevedibile circostanza, dovesse ritardare anche di pochi minuti, avverta in qualche modo la famiglia dov'è atteso. Così evita un certo nervosismo alla padrona di casa, in pensiero per un «soufflé» che potrebbe sgonfiarsi e cadere, evita qualche telefonata o affrettata ricerca... evita specialmente di apparire scortese, giacchè la puntualità è la prima forma di educazione. Riguardo ai posti da occupare a tavola, vanno certe regole fisse: i padroni di casa siederanno l'uno di fronte all'altro, nel senso del lato più lungo della tavola ed avranno a destra, rispettivamente, il signore e la signora più anziani, in più elevata posizione sociale, o in onore del quale o dei quali si dà il pranzo; avranno rispettivamente a sinistra quelli che vengono secondi nella valutazione, e poi un signore ed una signora, fino a completo esaurimento degli ospiti. Marito e moglie non vanno mai vicini; i fidanzati, generalmente, vanno uno accanto all'altro, ma talvolta anche di fronte, così che si possono guardare negli occhi... anche se non sono «tanto belli». L'uso di offrire il braccio alla propria vicina di tavola, è indicato nei grandi pranzi d'invito e di pretesa quando casa, servitù, vestiti, signore sieno alla stessa altezza... e qui bisogna osservare che, se fra gli invitati c'è un sacerdote, esso deve avere il posto d'onore. Allora la padrona di casa non gli chiederà il braccio, ma gli starà vicino e lo farà passare per primo nella sala da pranzo. Nelle famiglie più modeste, si usa far passare prima le signore, poi la padrona di casa e infine gli uomini, con ultimo il padrone di casa; non vi sono cartoncini col nome dell'ospite, a cui la padrona indica il posto. Nei grandi pranzi, prima di andare a tavola, il padrone dirà agli amici quale sarà la loro dama; sulla tovaglia ci sarà un cartoncino con i nomi. Il cartoncino con la distinta dei cibi si usa solo nelle grandi case, ed allora esso deve essere artistico, e tale da conservarsi volentieri come ricordo gradito di una gradita serata. La formula con cui il cameriere o la cameriera avverte che è pronto: «la signora è servita» oppure «la signora marchesa è servita», si può omettere nei pranzi modesti e senza pretese. Quando la persona di servizio apre la porta della stanza da pranzo, la padrona si alza ed invita a seguirla.

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Le persone invitate abbiano la delicatezza, conoscendo di quale potenzialità finanziaria è il loro amico, di non permettere spese eccessive da parte sua, e di tenersi in un giusto limite nell'esprimere le loro preferenze. Se quella che invita è una signora, si faccia trovare pronta all'albergo (una signora sola o delle signore sole non invitano mai al ristorante o in trattorie, sieno pure caratteristiche). Ella abbia di sua mano posti dei fiori sulla tavola, e curato che in tutto si riveli la cura femminile di offrire un'ora lieta a delle amiche o a degli amici.

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Nelle grandi città, dove spesso il pesce ha prezzi proibitivi per la classe di persone a cui questo libro è particolarmente dedicato, si possono comperare teste freschissime di grossi pesci, oppure piccoli pesci, sempre freschissimi, ma che abbiano subito qualche avaria superficiale nel trasporto. Le une o gli altri, ben lavati, vanno fatti insaporire in olio, prezzemolo, sedano e aglio, e poi bagnati e fatti cuocere in acqua. Infine il tutto va passato al setaccio. Ne esce una specie di leggera purée, che, allungata col brodo relativo e buttata su crostini fritti nell'olio o nel burro, dà, con poca spesa, un'ottima zuppa (mentre, per la vera zuppa di pesce, occorrono molte qualità finissime o costosissime). Per piatto forte, quando non c'è la possibilità di avere pesce fresco, si può ricorrere a pesce in scatola. Il comune tonno, il comunissimo salmone, ben presentati, coperti di majonese, sono sempre graditi. c'è poi tutta la serie di fritture secche in cui non c'entra carne; degli sformati di verdura con funghi; i piatti di verdura al gratin con béchamelle, di verdure ripiene ecc. ecc. Il baccalà non è certamente cibo finissimo, ma ben fatto, specie in filetti, è cibo da buongustai, che ha fatto la fortuna di locali anche elegantissimi; il flan di baccalà al latte è piatto fine, adatto a stomachi deboli. Il dolce può variare all'infinito; le frutta sieno di genere succoso, che faciliti la digestione, come mele, pere, arancie e non datteri, noci. Indicatissime sono, quindi, le «macedonie» e le frutta cotte. Su queste basi ecco il menu di due colazioni di stretto magro: Maccheroni ai funghi; Tonno con olive, citrioli, capperi, acciughe ecc., e insalata cotta; Budino di riso al rhum; Macedonia di frutta. Zuppa di pesce; Bombe quaresimali con ripieno di alici e verdura; Sformato di spinaci con funghi (adoperare solo l'albume dell'uova per legare); Budino di mandorle; Frutta cotta, oppure (piatto che raccomando alle mie lettrici), prugne cotte, su cui sia stato spremuto, quando sono tiepide, del succo di arancio, e che vanno mangiate fredde. Ecco due distinte di pranzi di magro, con uso di latte e uova: Brodo vegetale ristretto con pastina Gaby; Pasticcio di maccheroni (in cui, ai tradizionali piccioni, si sostituisca un buon umido di funghi); Majonese di pesce con gelatina di magro; Fondi di carciofi in umido (o verdura di stagione); Crema alla portoghese. Frutta. Qui si noti che è molto facile avere in tutte le stagioni dei fondi di carciofi essiccati, procedendo così, all'epoca in cui i carciofi invadono il mercato. Si tolgono ai carciofi le foglie e la piumetta del fiore, e si gettano man mano in acqua fresca, acidulata con poco aceto. Si fa bollire dell'acqua in un recipiente di terra o rame (il ferro farebbe annerire i carciofi), vi si gettano i fondi e si lasciano bollire sino a mezza cottura. Allora si ritirano, si fanno sgocciolare e si infilano con un grosso ago su cordicelle, che poi si tendono in luogo aereato e secco, ma a riparo dal sole. Si dispongono le cordicelle in modo che siano ben tese e quasi orizzontati e che i fondi non si tocchino uno con l'altro, il che impedirebbe un perfetto essiccamento. Si conservano in luogo secco. Per usarne si immergono per 24 ore in acqua, poi si fanno cuocere... e sono molto preferibili a quelli conservati in iscatola. Seconda distinta: Antipasto (burro, acciughe, funghi ecc.); Pizza rustica con ricotta e spinaci; Piatto di uova o pesce; Verdura di stagione al gratin con béchamelle; Frutta, gelato. Il budino di riso al rhum - di strettissimo magro - si prepara così: cotto nell'acqua e ben scolato del riso, lo si unisce con metà del suo peso in zucchero fuso, profumato di liquore o vaniglia. Per ogni kg. di riso (pesato crudo), si uniscono poi tre bicchierini di rhum. Si mette il tutto per pochi minuti in uno stampo a bagno-maria e si mangia con marmellata liquida (la marmellata liquida si ottiene facendo sciogliere e scaldare un cucchiaio di marmellata in 4 o 5 cucchiai di acqua). Il budino di mandorle (pure di strettissimo magro) si fa pestando finissime due etti di mandorle, unendole a un etto di cioccolato, a uno di zucchero, a un cucchiaio di fecola e amalgamando il tutto con quattro albumi d'uovo, montati a neve. Unto uno stampo con olio di mandorle dolci, si cuoce il budino al forno con calore moderato, per circa un quarto d'ora. Volendo offrire, in giorni di stretto magro, il gelato, bisogna evitare quello di crema o di cioccolato, a base di uova e latte. Un buon caffè è indispensabile.

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Ma, allora per non rinunciare ad essere carine davanti al marito, e non rinunciare anche alla loro comodità, abbiano parecchie vesti da casa, semplici, ma fresche e pulite. Il lavare le stoffe di seta o di cotone o di maglia è molto facile; basta operare come per le maglie (vedi pag. 54) o con la benzina (pag. 294) e si è sicuri di avere un ottimo risultato. Anche la stiratura è semplice e molto spiccia. Ma, naturalmente, la signora deve essere svelta, godere nel fare da sè... e non adoperare la roba sgualcita per pigrizia di lavarla e stirarla, anche se si tratta di impiegare qualche minuto... In quanto ai fazzoletti, è bene seguire la moda del momento. Ora vanno in tela con largo bordo colorato a scacchi, con righe o in tela di seta e crespo di Cina, assortiti al vestito; oppure in batista di filo bianco o colorato col bordo ricamato a piselli, a palline; oppure con motivi di mezze crocette, gli stessi delle camicie. Siccome questo lavoro siciliano delle mezze crocette è ora di gran moda, sia per tovaglie e tovagliolini da thè, sia per biancheria personale, per bavaglini, per tendine e arazzi, ecco come si eseguisce... da chi abbia occhi di lince. I disegni sono quelli, dirò così ingenui, che si trovano su qualunque giornale di ricamo: alberelli triangolari, cani, omini, oche, carretti, ecc., e il cotone o la seta deve essere di più colori, sottilissima e resistente al bucato; il punto è a mezza crocetta. I tovagliolini da thè, le tovagliette, i bavaglini ecc. abbiano disegni disposti con gusto e con simmetria, e sieno finiti con una piccola frangia lunga un centimetro; essa deve essere molto regolare e fermata con un punto in filo bianco e con un nodino fatto con la seta che ha servito per il ricamo, e che è sempre di colori vivi. Il lavoro richiede molta precisione, specie quando si tratta di centri da tavola o di bavaglioni ovali, o di tovaglioli rotondi. Ora si cifra la biancheria personale, col proprio nome di battesimo o diminutivo - in fac simile - oppure unendo bizzarramente e artisticamente le due iniziali in un tondo o in un ovale.

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La biancheria della servitù abbia una piccola cifra ricamata in cotone rosso, e tutte indistintamente: lenzuola, teli da lenzuola, federe, asciugamani, abbiano un piccolo numero progressivo, ricamato in bianco e non in vista. E ciò per l'organizzazione dell'armadio della biancheria, di cui parleremo a pag. 476. Per completare il fabbisogno di una casa, dovremo unire due coperte bianche da letto matrimoniale e due da letto piccolo, su cui poi si poserà il copriletto (vedi pag. 187) e anche alcune copricoperte. Queste sono dei rettangoli di tela grossa, di étamine, oppure d'étamine con tramezzi di merletto e qualche punto di ricamo, leggere, che servono a preservare le coperte da eventuali macchie, che sono preziose e eleganti, in caso di malattie e di convalescenze, utilissime e eleganti sempre.

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Si abbiano 6 tovaglie e 48 tovaglioli. Oltre a questo, è bene avere 2 servizi da 12 persone da adoperarsi con più riguardo. La bella Fiandra lucida e autentica va sempre; ora, però, la moda consiglia tovaglie e tovaglioli in grossa tela di scuro lino, ricamata a motivi antichi in filo o cotone color crudo, i cui tovaglioli siano cm. 45 per cm. 45. Occorre, poi, una tovaglia da thè della misura di 12 persone (m. 1,70 per m. 3,30), una bianca della misura di 8 persone, 2 (almeno) ricamate a punto Assisi, o secondo la moda, con i tovaglioli analoghi. Bellissime e sempre di moda, ma adatte solo a chi possegga un castello, sono le tovaglierie di puro lino, con lo stemma della famiglia intessuto.

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Quando un signore è stato ricevuto dal Sovrano, egli ha la tacita autorizzazione di essere presentato alla Regina insieme alla moglie e, al caso, anche ai figlioli, purchè questi abbiano diciotto anni d'età. Allora il capo di famiglia richieda questo onore con lettera al Gentiluomo di Corte di servizio presso S. M. la Regina; se si tratta di signora vedova, oppure con il marito assente, può chiederlo ella stessa, rivolgendosi, allora, alla dama di corte di servizio. Le formule devotamente concise sono le preferite: il vocativo sia: «gentilissimo signore, gentilissima signora», quando non si sappia esattamente quale titolo nobiliare abbia la dama o il gentiluomo di turno. Ricevuto l'invito, i coniugi o la signora arrivino sempre qualche minuto prima dell'ora fissata nel Reale palazzo, lascino in anticamera il loro mantello, e entrino nel salone che precede quello di S. M. la Regina, dove saranno cortesemente ricevuti dal gentiluomo o dalla dama di servizio. Le signore avranno un elegante vestito da pomeriggio, inappuntabile in tutti i dettagli, e toglieranno il guanto alla mano destra, che dovrà avere l'onore di toccare quella della M. S. Gli uomini vestiranno come è prescritto nel biglietto d'invito, e avranno pure nuda la mano destra. Giunto il turno, il gentiluomo o la dama d'onore, precederà gli invitati nel salone dove si troverà la Regina e, inchinandosi, declinerà il loro nome e l'eventuale loro titolo. L'uomo s'inchinerà profondamente, (se si tratta di un ufficiale si metterà sull'attenti), mentre le signore sono tenute a fare l'inchino di Corte che è un inchino-genuflessione, e che deve risultare molto grazioso e corretto. L'etichetta insegna che l'inchino deve essere ripetuto una seconda volta, a metà circa dello spazio che intercede tra la Sovrana e l'uscio; il terzo inchino sarà davanti alla M. S., nel baciare la mano che Ella graziosamente porgerà. Se la Sovrana riceve in piedi, gli invitati staranno dritti davanti a Lei, rispondendo alle di Lei cortesi domande; altrimenti prenderanno posto sulle poltrone che verranno loro indicate dalla M. S., sempre, naturalmente, dopo che la Sovrana si sarà seduta. Al momento del congedo, annunciato dall'alzarsi della Regina, va ripetuto l'inchino-baciamano, e vanno ripetuti i tre inchini di etichetta, camminando a ritroso, cioè senza mai volgere le spalle alla Sovrana. Prima di lasciare il Palazzo, i visitatori ringrazino dama e gentiluomo di servizio della cortese accoglienza, e il signore porti al gentiluomo, entro ventiquattro ore, le sue carte da visita e, alla dama, la carta da visita sua e di sua moglie. Lo stesso cerimoniale va tenuto quando S. M. la Regina riceve dopo avere fatto assistere i suoi ospiti ad un concerto, a una rappresentazione ecc. In quanto ai balli di Corte, l'invito giunge qualche giorno prima. Per essi è di rigore il frac per gli uomini, il vestito da sera decolleté per le signore; alla Corte italiana, però, la Regina dà l'esempio di grande eleganza unito a grande correttezza. Gli invitati, deposti i mantelli, sono fatti passare nei saloni e ivi disposti per attendere il passaggio dei Sovrani. Al loro ingresso, le invitate fanno tre inchini; se la Regina o il Re si fermano amabilmente a conversare con una signora, questa ripete l'inchino prima del baciamano, o della stretta di mano. Quando la Sovrana siede, anche gli invitati possono sedere. I giovanotti regolarmente presentati alle Reali Principesse, possono chiedere loro l'onore di un giro di danza. Sempre lo stesso cerimoniale - con le varianti del caso - è pratico per i ricevimenti in giardino. Se, durante questi, vi è un concerto, gli invitati applaudano dopo che le L. L. M. M. hanno accennato all'applauso, e sempre moderatamente, senza chiedere bis. In circostanze speciali di ricevimenti o di serate di gala, in cui o la M. S. o le L. L. M. M. sono ricevuti da applausi, è indicato che anche le signore dieno prova del loro attaccamento e del loro entusiasmo sincero per i Sovrani modello e amatissimi. Quando, all'apertura della 25ª legislatura, degli sconsigliati osarono rimanere seduti davanti alla Maestà del Re, e uscirono villanamente dall'aula di Montecitorio alle prime parole del discorso reale, le signore intervenute tornarono a case con i guanti lacerati... e fecero molto bene ad applaudire senza ritegno, calorosamente. Le persone presentate alle Loro Maestà e invitate a Corte, inviino in ogni lieta o triste circostanza, nel giorno onomastico delle Loro Maestà e dei Reali Principi, una breve lettera di reverente augurio, indirizzata al gentiluomo o alla dama di servizio e vadano a firmarsi, a Capodanno, nell'apposito registro esposto a Palazzo reale.

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Abbiano, insomma, la medesima toilette che i rappresentanti dell'aristocrazia e della diplomazia indossano, quando sono ammessi alla Messa celebrata dal Pontefice e ricevono da Lui la Comunione. (È la sola volta in cui, di buon mattino, le signore possono sfoggiare più ricchi gioielli, generalmente riservati a serate di gala). Le bambine fino ai dodici anni possono vestire completamente di bianco, con velo bianco; i maschietti, che risulterebbero ben ridicoli in frac, saranno elegantissimi in un vestito alla marinara di lana bianca. Tutti debbono togliere il guanto alla mano destra e conservarlo nella sinistra; tutte debbono abolire, almeno per l'udienza, bocche di fuoco e guance di geraneo... artificiali. I fortunati che hanno ricevuto l'invito per un'udienza particolare (è usanza che essi diano dieci lire di mancia all'inserviente che lo reca), sieno al Vaticano almeno dieci minuti prima dell'ora fissata. Introdotti, attraverso i saloni più belli e ricchi del mondo, nell'ambiente in cui la Santità Sua riceve, s'inginocchino sull'uscio, all'Augusta Presenza; ad un cenno di Lui avanzino e s'inginocchino ancora per baciare l'anello, che il Sommo Pontefice porge. Obbediscano all'invito di alzarsi o di sedere, rispondano brevemente alle di Lui domande o espongano brevemente, ottenuto il permesso, il motivo della loro visita. Nel dare congedo, il Santo Pontefice impartisce la benedizione, che deve essere ricevuta in ginocchio. Ognuno esce a ritroso. Nel giorno stesso, il capo della famiglia che ha avuto il grande onore, scrive al Maestro di Camera una breve lettera di ringraziamento, che porta in persona insieme alla sua carta di visita, all'ufficio del Maestro, in Vaticano. È ben difficile che il SS. Padre doni la propria fotografia con firma a chi non rivesta cariche ufficiali, o non sia una personalità: spesso Egli la fa consegnare con la firma di S. E. il Cardinale segretario di Stato, a chi abbia meriti o requisiti speciali, ma non specialissimi. In entrambi i casi va scritto un ringraziamento caloroso.

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Con qualche modello e qualche po' di abilità, è possibile fare in casa delle cosine eleganti, che abbiano gusto e stile. Altra figura di ottimo effetto sono i bastoni con grandi ciuffi di nastro in carta per i cavalieri, e delle lanterne con analoghi ciuffi per le dame; quella di un fiore vero per l'occhiello delle giacche o delle marsine, e di un analogo fiore in velluto, in seta, o in piuma (a seconda della moda) da appuntarsi ai freschi vestiti femminili. Altre figure di grande effetto sono quelle degli scialli veneziani, con la folta frangia di carta-crespo distribuiti alle signore, e allo spadino goldoniano di cartone distribuito agli uomini; quelle dei Kimono e dei berrettini giapponesi; quelle delle «mantille» spagnole e dei cappelli da «toreros», delle marinarette col copricapo dei nostri gloriosi marinai, mentre i cavalieri portano il berretto bianco rialzato dei marinai americani. Ed eccone di carettere patriottico - militare: berrettone a pelo degli antichi granatieri sulle ben lisciate teste dei ballerini e un'immensa fiamma (granata) di cartone, appesa a tracolla delle dame, mentre echeggiano le note della Marcia reale; fez rossi e cappelli alla bersagliera, mentre suona la fanfara; fez neri degli avanguardisti e bandiere tricolori delle dame, mentre il grammofono intona «giovinezza» ecc. ecc. Da bandirsi assolutamente da ogni casa signorile sono le figure di apaches e gigolettes, e anche di cameriere in grembiulino e cuffietta, e di camerieri col piccolo cilindro alla Fortunello, giacchè l'ambiente di una buona famiglia deve sempre restare al disopra di quanto possa esser pretesto a manifestazioni opposte alla signorilità. Se i padroni di casa conoscono un buon caricaturista, lo preghino di schizzare dei profili dei ballerini, sul foglietto interno di piccole cornici d'argento (o di metallo o di cartone dorato, a seconda della spesa che si può fare). Esse cornici poi, avvolte in gaia carta velina, e legate con nastro, sono distribuite alle ballerine, che chiederanno l'onore di un ballo al... caricaturato. Altri piccoli doni, sempre costosi, ma non troppo, e graditi, sono bocchini da sigarette per gli uomini e quei minuscoli nécessaires da unghie, in forma di agorai per le dame; oppure borsette formate da una testina di pelliccia a cui viene attaccato un rettangolo di seta foderato di pelle bianca, chiuse a guaina con un bel cordoncino finito in una nappina dorata; oppure un minuscolo nécessaire da cucire, come quello descritto a pag. 296, oppure un piccolo porta-profumi, un accendi-sigarette in madreperla, un segnalibro, oppure una lampadina tascabile che, abbassata la luce nel salotto, farà brillare tanti punti rossi, con effetto pittoresco;... - piccole cose pratiche e utili, che ognuno porterà con sè per ricordo della lieta riunione. Le caramelle tonanti (pacchetti sotto forma di caramelle che si rompono con uno scoppio), le candeline che bruciano con molte stelle, le borsette piene di pallottoline in celluloide, con cui dare una grande finta battaglia, sono consigliabili dove non vi sia folla, e dove si tratti di gente che, pur nel chiasso di un ballo, resti bene educata. Gli invitati, lasciando la casa ospitale, sono tenuti a ringraziare calorosamente la signora che li ha ospitati, e anche a ricambiare la cortesia, ma ricambiarla alla prima occasione... e non mandare un dono il giorno successivo, ciò che sarebbe poco fine.

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Quando i genitori di lui non risiedano nella stessa città, ma vi abbiano molte amicizie e conoscenze, essi possono dare un ricevimento in casa di un parente, che l'abbia adatta e signorile, o in un albergo. Se il parente non esiste o se ha una casa ristretta, o se i genitori dello sposo hanno poche conoscenze, essi dieno allora un'elegante colazione in un ottimo albergo, invitando la sposa con i suoi parenti più stretti e anche i testimoni della futura giovane coppia. Se si tratta di un thè di giorno in casa dello sposo o di un parente di lui, gli invitati ricordino d'essere puntuali, mentre la fidanzata con i genitori arrivino una mezzoretta più tardi, allo scopo di trovare tutti riuniti. I futuri suoceri e il fidanzato ricevano stando sull'uscio del salotto o del primo salotto; la signora abbracci la futura nuora, mentre il marito e il figliolo di lei le bacino la mano. Poi la signora la presenti agli invitati, mentre il marito e il figliolo presenteranno i genitori di lei. Il contegno della sposa sia semplice, naturale, senza esagerate proteste o smancerie. Ella dica a tutti la gioia sua nell'entrare in quella famiglia, e non si dia mai delle arie, anche se proviene da un ceppo più antico o porti una grossa dote. In questi due casi, o in consimili, gli invitati mostrino d'ignorare tanti dessous di tanti matrimoni. E così non succederà come successe alle nozze di una signorina nobile con un milionario, rappresentante una grande industria automobilistica, quando, a un tale che diceva sprezzantemente esservi in aria un grande odore di benzina, un parente dello sposo rispose che la benzina era necessaria per levare certe macchie... della vecchia nobiltà... ... Poi la futura suocera accompagni la fidanzata e la madre di lei al buffet, e le offra di sua mano la prima coppa di Champagne; infine entrambe si mescolino ai vari gruppi, conversando cortesemente con tutti. Il fidanzato allora stia nel gruppo della sua futura, senza mai appartarsi con lei. Pel ricevimento nuziale in casa della sposa vanno le norme date per quello del fidanzamento. Torno a ripetere che val meglio uno modesto, ma in casa propria, che un suntuoso fuori di casa. Ma, certe volte, questo non è proprio possibile; allora la famiglia della sposa scelga un albergo non di genere criard, ma di genere signorile, e la madre e la sposa stessa curino la disposizione dei fiori sulla tavola da thè, thè ricco, con assortimento di liquori e di Champagne. Simpaticissimo, per chi sposa nella buona stagione e possiede una villa, è un ricevimento in giardino e un thè servito su piccole tavole, come fu offerto a Villa Torlonia dal Duce per le nozze di sua figlia Edda nell'aprile 1930. Talvolta in albergo, si vedono esposti anche i doni... ma ciò non è molto simpatico, nè pratico. I doni vanno esposti in casa propria, in un salotto o in un angolo di salotto, a seconda della loro quantità. E in quanto ai doni, viene naturale di osservare che molte cose oggi vanno commercializzandosi, con vantaggio forse della borsa, ma non certo della signorilità... Se in passato, quando il dono era una sorpresa, non era piacevole per una sposa vedersi capitare quattro ventagli eguali, non è bello oggi udirla chiedere in dono assegni di banca e solo assegni di banca... ed è volgare udirla telefonare a chi ha chiesto le sue preferenze: «Vada nel negozio tale; troverà tre oggetti che ho fatto mettere da parte. Uno costa tanto,l'altro tanto, il terzo tanto. Ma, se insiste molto, potrà aver il 10 % di sconto...»... In quanto ai doni più graditi, essi, se gli sposi non hanno ormai una casa montata, sono sempre quelli in argenteria, mobiletti, tappeti, soprammobile nello stile prescelto; e anche, se gli sposi non sono ricchi sfondati, quelli consistenti in valigie di lusso, valigiette-nécessaire, pelliccerie, scialli, servizi di Murano da tavola ecc. Se lo sposo è nobile o titolato, l'argenteria sia marcata colla corona; non così, se lo è la sposa. E in quanto alla cifra con cui sarà marcata la biancheria da casa e l'argenteria che la sposa porta con sè, per amor di Dio, che sia quella del marito!... Una ragazza che abbia un'ombra di delicatezza, non vorrà infliggere, vita natural durante, al marito, la mortificazione di vedere che, a tavola, nulla è proprietà di lui. La famiglia della sposa metta, magari, un articolo del contratto comprovante la provenienza di tovaglie o posate, per ogni eventualità della vita, ma lasci che il padrone di casa almeno figuri padrone della roba di casa!... La Principessa Mary d'Inghilterra dimostrò la sua alta signorilità e intelligenza, volendo, che sulla meravigliosa argenteria e sui gioielli che ebbe in dono, non figurasse più la corona reale, ma quella del visconte di Lascelles.

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.; Spetta di diritto: 1. alle mogli dei personaggi delle prime due categorie delle presentazioni a Corte; 2. alle signore e signorine delle famiglie, di particolari regioni d'Italia, che ne abbiano avuta regolare concessione (Lombardia, Sardegna e famiglie ducali e principesche romane e napoletane). Il titolo di Eccellenza compete soltanto alle mogli dei Collari della SS. Annunziata, quindi a un numero massimo di una diecina di signore ma, va dato, per consuetudine, senza alcun diritto, alle mogli dei Ministri e delle alte cariche dello stato. Presentando una di queste legittime eccellenze o scrivendo loro, si usa questa forma: «S. E. la Duchessa del mare», oppure: «S. E. la signora Mussolini»; o «A S. E. donna Rachele Mussolini». Ricordiamo ancora che, secondo il codice civile italiano, la donna assume il cognome e la condidizione civile deIl'uomo che ella sposa, e quindi perde il suo titolo di ragazza, se lo possedeva. Fino a qualche tempo fa, vi erano poche famiglie dell'Italia meridionale i cui titoli femminili si trasmettevano al marito, ma sono stati tolti dalla nuova legge. Quindi una nobile sposata ad un borghese, metta il suo nome di battesimo sulle carte da visita seguito da quello del marito e da «nata dei marchesi di X», e non metta corona. La Principessa Mary d'Inghilterra ha dato per prima l'esempio, firmandosi e calcolandosi viscontessa di Lascelles. Tutte noi signore ricordiamo che è cosa piacevolissima avere un bel nome e un titolo, ma a patto che siano legittimi, cioè provengano dal proprio padre, quando si è nubili, dal proprio marito, quando si è maritate o vedove... e tutte rifuggiamo da quella ridicola debolezza, che fa dire giustamente agli uomini: «Le donne sono capaci di qualunque compromesso, pur di mostrare una corona all'angolo del fazzoletto». È vero, poi, che troppi uomini ostentano il nome passato della moglie, la fanno chiamare coi titolo che non ha più, mettono sul di lei indirizzo «marchesa» o «duchessa», e fingono di non sentire, per non essere obbligati a rettificare, quando chi non è al corrente della situazione, chiama essi stessi marchese o duca... È vero poi che molti uomini, registrati nello Stato civile come dei borghesi e vissuti come tali, volendo sposare una ragazza con molto danaro e la smania della nobiltà, la improvvisano senza documenti di sorta, e si attribuiscono sulla partecipazione nuziale, stemmi, corone, o due o tre nomi rimbombanti... andando anche contro la legge. In quanto agli ufficiali, il protocollo militare stabilisce che il grado vada avanti al titolo (maresciallo conte Pecori-Giraldi), e in quanto a tutti gli uomini, è dignitoso e simpaticissimo che si facciano chiamare dottore, console, capitano o commendatore, che preferiscano valorizzare i loro studi e il loro lavoro, anzichè i meriti degli antenati, pur essendone legittimamente fieri. Naturalmente la moglie si atterrà, presentando il marito o parlando di lui, a questo suo veramente nobile desiderio. Quando un uomo è presentato a una donna, o a un altro che gli sia superiore, o quando una donna è presentata ad altra che le sia superiore per età, per nascita o per gerarchia, dovrebbe aspettare prima di tendere la mano. Ma, generalmente, il movimento è simultaneo. Ciò nei salotti o fra persone amiche, giacchè negli uffici e per via, è bene obbedire al Duce, che ha imposto il solenne, igienico e signorile saluto romano. Qui viene in mente la duchessa di Genova-madre - nata Elisabetta di Sassonia, - che, gelosissima dell'etichetta e non certamente amabile come lo fu (pur nella sua magnifica regalità), l'Augusta Figliola Margherita di Savoia, riceveva con le braccia incrociate sul petto e con le mani strette intorno al suo filo di perle, staccandole solo per concedere a qualche rarissimo privilegiato l'onore di baciargliele... ln quanto al baciamano, esso sia fatto dall'uomo alla donna, solo quando abbia la mano nuda, altrimenti, anche per evidenti ragioni d'igiene, l'uomo s'inchini molto profondamente... sul guanto stesso. Ricordiamo ancora che un ragazzo titolato, fino ai vent'anni, non si presenta col titolo, bensì come «figliolo del Duca X...» o «della Duchessa X», e si chiama col cognome; ricordiamo che una signora presenta un giovanotto nobile col titolo nobiliare e lo chiama col cognome; ricordiamo che soltanto i servi e i dipendenti aggiungono il «signore» o «signora» davanti al titolo (c'era un fattore che, per dimostrare il suo ossequio alla padrona, le rispondeva: «Sissignora, Signora Baronessa...»). E, venendo al punto interrogativo «deve chiamarsi signora o signorina una ragazza di età matura?», ricordiamo che le opinioni sono varie. Per i francesi, l'appellativo «mademoiselle», va fino ai novant'anni; in Danimarca, invece, il governo socialista tolse dal dizionario il vocabolo «madamigella», su istanza di un gruppo di femministe. E ciò allo scopo di fare scomparire qualche pur lieve disuguaglianza tra i due sessi; siccome non sarebbe stato facile indurre un cinquantenne scapolo a farsi chiamare «signorino», così non rimaneva altro scampo, alle ragazze cinquantenni, che diventare «signore»!... Sotto il nostro bel cielo e col nostro buon senso italiano... noi dobbiamo saperci barcamenare, intuendo dal tipo, dal vestiario, dalla serietà di una persona nubile, se ella preferisca essere chiamata e presentata in un modo o nell'altro. Però, generalmente, la maggioranza desidera essere «signorina»... e si può accontentare senz'altro.

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Se gli ortaggi giungono in panieri dopo un viaggio un po' lungo e a temperatura alta, bisogna distenderli su graticci in luogo fresco, aereato, con poca luce, e prepararli appena abbiano ripreso un po' di freschezza. Poi, secondo il metodo del dott. Manicardi, si fa così: Si prepara una soluzione di sale di cucina dal 5 al 10% e se ne versa circa un litro in un fiasco senza rivestimento di paglia, che si tappa con cotone cardato, e si fa bollire a fuoco diretto per 10 minuti. Poi si mette nel fiasco l'ortaggio da conservare (se si tratta di piccoli ortaggi che passino per il collo del fiasco, vi si pongono interi, altrimenti tagliuzzati), in modo da occupare il fiasco per circa 3/4 della sua capacità, e in modo che tutti gli ortaggi rimangano immersi nella soluzione suddetta. Ciò fatto, si tappa nuovamente il tappo con cotone cardato e si rimette sul fuoco per continuare l'ebollizione per 10 minuti; quindi si abbrucia la parte superiore del tappo di bambagia, si chiude con carta paraffinata e si capsula con ceralacca. Si ripone, e, se la sterilizzazione è stata fatta bene, gli ortaggi si conserveranno inalterati per mesi e mesi. Con tale metodo vi è la perdita del colore verde fresco causato dall'ebollizione, ma a questo si può ovviare, mettendo pochi grammi di bicarbonato di soda nell'acqua calda. Volendo fare in casa la cosidetta «julienne», basta tagliare a minuti pezzetti e mettere a essiccare al sole tutte le qualità possibili di verdura; un pizzico di esse, conservate bene, suggellate in sacchetti di carta oleata, basterà, in inverno, a insaporire il brodo e farà economizzare almeno venti lire al mese dei cosidetti «odori». Esiste una certa qualità di fagiolini, che hanno il baccello lungo 30 o 40 cent., baccello che, fatto bollire un momento in acqua salata, essicato al sole, e messo per 12 ore in acqua prima di venir cotto, dà un eccellente legume invernale. In quanto ai pomidori, per averli freschi e poterli mangiare crudi quando fiocca la neve, bisognerà coglierli non troppo maturi, mai dopo una pioggia, col loro peduncolo; bisognerà disporli in vasi di terra-cotta, in modo che il peduncolo di uno non danneggi il frutto vicino. Poi si verserà su di essi dell'acqua fredda, in cui sia stato sciolto a caldo 1 kg. di sale ogni cinque litri d'acqua, e si coprirà il tutto con uno strato d'olio d'oliva, oppure di paraffina alto circa due dita. In quanto alla conserva di pomidoro, ecco i due metodi sicuri scelti fra i mille esistenti: Per avere quella dura (facilmente trasportabile e perciò più indicata per chi la prepara in campagna e la consuma in inverno in città), si cuociono le rosse frutta, si passano al setaccio, si ricuociono con poco sale, e si fa seccare la massa al sole. Per quella in bottiglie, dopo passato i pomidori al setaccio, si uniscono gr. 5 di acido salicilico per ogni litro di salsa, e si fa bollire in bottiglie o in vasi con lo stesso procedimento dei piselli. Per avere pomidori a pezzi, ma freschi e saporiti in pieno inverno, si sbucciano dei grossi esemplari, a cui si levano i semi, si ficcano in bottiglie, che, tappate, dovranno bollire come quelle contenenti piselli, per un'ora. Siccome il contenuto scemerà di 1/3 circa, bisogna riempire ancora le bottiglie col contenuto di una o più di esse, e farle ancora bollire per mezz'ora, turando poi i tappi con ceralacca e paraffina. I pomidoro si possono essiccare, specie nei paesi meridionali, interi ed in pezzi, al sole; bisogna però provvedersi di larghi sacchetti in tarlatana, oppure di una larga rete metallica, stesa su quattro esatti pezzi di legno, ed applicabile ad ogni tavola e ad ogni piano. Ciò per evitare mosche... e malanni. Anche i pomidori essiccati dovranno essere posti a mollo qualche ora prima di essere adoperati. Per avere dei carciofini sotto olio, bisogna regolarizzare la loro forma, cuocerli (ma non troppo), in acqua con aceto e sale, asciugarli con cura, e metterli in vasi con qualche foglia di alloro, un po' di pepe e ottimo olio. Per conservare in aceto le cipolline, si sbollentano in acqua calda e si... annegano in aceto bollente; per conservare i peperoncini si asciugano al sole e si mettono in aceto bollente molto salato, aceto che si rinnoverà dopo un mese; per aver funghi secchi, bisognerà essere ben certi della loro «innocuità», tagliarli a pezzi e metterli al sole; per avere dei funghi sotto olio, bisognerà farli bollire per 1/4 d'ora in aceto con un po' di sale, asciugarli poi e metterli nell'olio con qualche foglia di alloro. E ancora, sempre in tema di organizzazione e di previdenza alimentare, prima di lasciare la città, una brava padrona di casa, prepari qualche litro di quel cognac, che chiamerò d'uso corrente, e che ha bisogno di qualche mese di riposo per diventare ottimo; metta sotto spirito le ciliege (anche ottime sono le bacche di lauro ceraso messe in alcool, con gr. 200 di zucchero per ogni litro di alcool), riservandosi poi di conservare nello stesso modo l'uva o qualche altro frutto. Comperi uno o due fiaschi di quei liquori preparati appositamente per cucina, che vengono a costare una trentina di lire al fiasco, e che migliorano molto invecchiando. In primavera, al momento dell'abbondanza delle uova, le conservi per l'inverno. Se vive in paesi in cui l'olio è prodotto locale, può mettere le uova di giornata ben lavate nell'olio (che, poi, può ancora servire per friggere), oppure usi il metodo di conservarle nella calce procedendo così: Butti 2 litri di acqua su 5 chili di calce viva; quando la massa sarà fredda, vi unisca gr. 500 di sale e 10 litri di acqua. Lasci ben posare la calce, travasi il liquido biancastro e vi immerga completamente le uova... E poi... e poi, sempre restando nel ramo «previdenze di cucina», quante e quante altre cose possono, anzi debbono venire fatte in casa con quel buon trattato di cucina che ho consigliato varie volte!... Per esempio: conservare e cuocere il burro, preparare le olive verdi e quelle nere, fare le salsiccie usuali, quelle di fegato, la «coppa», lo strutto, il tonno sotto olio, i filetti di aringhe. le anguille marinate, i filetti di acciuga... E, venendo alle frutta, oltre a marmellata e mostarda, si possono far seccare tutte le qualità di frutta o intere (ciliege, visciole), o a pezzi (pere, mele) in forno da pane, e poi unirle in un lungo filo. Messe qualche ora in acqua, debbono essere poi cotte con un po' di zucchero o anche con vino. Altro sistema di essiccarle, è quello di sbollentarle dopo sbucciate, di schiacciarle fra due tavolette e di seccarle al sole. Ma per fare tutto ciò, la padrona di casa non deve avere pigrizia, deve avere e consultare un trattato, sapere fare da sè, e combinare in modo di non dare disagio agli altri e a sè stessa. Per esempio, la cottura di certe gelatine, per cui non occorre avere mai il mestolo in mano, può essere fatta da un'elegantissima signora nel suo giardino mediante un usuale fornello di terracotta a carbone, oppure su di una bella terrazza a livello, mentre ella legge i giornali, mediante un fornellino elettrico... Anche l'organizzazione della cantina d'una casa modestamente signorile va fatta razionalmente... per esempio così: Un dato giorno la padrona, assistita dalla domestica o dal domestico, prende nota delle bottiglie, fiaschi o damigiane piene (e anche delle vuote) che la cantina contiene, e nota il tutto; poi esige che la persona, a cui affida l'incarico della cantina tenga un quadernino con le pagine intestate a mese e a giorno, e noti, alla data precisa, quello che toglie dalla cantina. La signora, poi, fa notare quello che entra. Con questo sistema, in qualunque giorno si potrà sapere qual'è la disponibilità di un dato vino in cantina, e «seguire» il consumo d'esso in casa.

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., ma è necessario almeno sgrassare i colli adoperando la soluzione di cui fu scritto a pag. 217, oppure acqua tiepida con una piccola quantità di ammoniaca, oppure (trattandosi di stoffa nera), acqua tiepida in cui alcune foglie d'edera abbiano bollito per un solo minuto. Le coperte di lana vanno smacchiate posandole su di una tavola coperta da un lenzuolo a spugna, e passando sulle macchie un grosso battuffolo di cotone impregnato d'acqua pura. Quando esse fossero molto macchiate, allora converrà lavarle immergendole intieramente in abbondante acqua tiepida, (con gr. 12 di carbonato di soda per ogni litro d'acqua), sfregarle con garbo, risciacquarle, farle asciugare all'ombra in ambiente caldo; infine poi batterle e ripettinarle. Le pelliccie vanno pure battute per rovescio e tenute per qualche ora al sole; quando fossero macchiate o, comunque, sgualcite, converrà farle pulire dal pellicciaio o dalla tintora. Poi esse vanno messe in tela di bucato, con sacchetti di velatino pieni di naftalina, canfora o pepe, e poi in giornali. I bauli o cassoni in cui la roba va riposta, debbono stare per una giornata al sole e all'aria, poi essere spolverizzati di «Flit» e foderati di giornali: qua e là vanno pure messi dei sacchetti di velatino con naftalina, un po' di pepe e un po' di canfora. Poi ogni cassone va sigillato con una striscia di carta e segnato con un numero progressivo; del suo contenuto vanno fatte due copie, di cui una dentro al baule, e una in mano alla padrona di casa, la quale deve unirle tutte in un quaderno. Le scarpe da sera dorate si debbono ripassare con apposita crema, a base di polvere d'oro, e mettere in carta velina scura; le scarpe d'argento in carta velina nera, e tutte colla loro forma, oppure fortemente imbottite con vecchie calze e vecchi stracci leggeri. Il «lamè» di vestiti e di mantelli si deve mettere fra carta di seta, in luogo asciuttissimo, perchè esso annerisce, se è riposto dove ci sia traccia di umidità.

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Essere inflessibili dal lato obbedienza, rispetto e pulizia; lasciare loro qualche iniziativa, onde non si calcolino macchine, ma abbiano la gioia di sentirsi intelligenti e capaci. Facilitare loro il servizio con una perfetta organizzazione famigliare e con apparecchi meccanici. Dare loro la tanto necessaria sicurezza dell'avvenire, assicurandoli alle casse nazionali, o impegnandosi non solo a parole, a passare loro una pensione. Stabilire loro il lavoro, mettere bene in vista in cucina la lista settimanale o quindicinale dei due pasti, lista, magari, combinata colla domestica che fa la cucina... cosa che l'«eleva» molto nella sua legittima considerazione, e che la fa attenta, per es., di abbondare nella dose del risotto, per metterne da parte tanto da fare poi le crocchette per la sera; di friggere, pel pranzo, le patate nello stesso condimento in cui ha fritto le costolette a colazione ecc. Mettere in guardaroba o in cucina bene in vista la lista del lavoro che deve essere fatto dalla cameriera nel pomeriggio, ciò che le impedirà di trascinare, sbadigliando, un ricamuccio. Per es.: Lunedì: lavare vetri e specchi, accomodare calze. Martedì: lucidare gli ottoni, i bronzi e le maniglie delle porte. Mercoledì: lucidare i pavimenti delle camere da letto (quelli delle stanze così dette di «rappresentanza» vanno lucidati al mattino). Giovedì: lucidare a turno l'argenteria. Venerdì: accomodare il bucato. Sabato: stirare il bucato. Migliore cosa è quando il bucato ha luogo ogni quindici giorni. Allora bisogna fare un'altra lista, dando alla cameriera due giorni di tempo per accomodarlo e due per stirarlo in una settimana, e dando, nell'altra, vari giorni alla manutenzione della biancheria di casa, alla personale, al fare qualche vestitino o lavoro. Avendo poi una cameriera anche sarta, bisogna accordarsi, con la donna che fa la cucina, perchè la pulitura dei vetri, ottoni, argenteria ecc. tocchi a lei. Dovendo rimproverare la propria servitù, farlo in forma serena e non avvilire la propria dignità (come fanno troppe padrone... e non soltanto della piccola borghesia), con epiteti volgari o ingiuriosi, anzi cercare di persuadere le domestiche del perchè hanno fatto male o agito male, comportandosi in quel dato modo; facendo vedere il nostro dispiacere nel dovere rimproverarle. In speciali circostanze di feste (Natale, Pasqua, matrimoni ecc.), non bisogna sopraccaricare di lavoro i domestici senza compensarli, non pretendere da essi la rinuncia alle ore di libertà loro spettanti e con loro pattuite; dire loro una parola affettuosa di circostanza, specie se sono soli al mondo e lontani dalle loro famiglie. Pagare con assoluta puntualità il salario pattuito, e, se lo meritano, essere larghi di qualche dono in vestiario e in mancie all'epoca stabilita. Interessarsi dei loro cari, dei loro affari, con semplicità cristiana. Dar loro una camera sana e igienica e il modo d'essere molto puliti, mediante frequenti lavacri. Avendo domestiche e domestici, ricordare il preciso dovere di vegliare sulla loro moralità, di non usare, per esempio, il sistema francese, per cui tutta la servitù maschile e femminile della casa dorme nelle soffitte. E sempre ricordare che si ha da fare con uomini e non con santi; compatire certe debolezze umane, pensare che, se la cuoca si attarda cinque minuti in portineria, noi signore usciamo tutti i giorni per visite o riceviamo le amiche, e che la «guardiola» di Madame Pipelet è, per le nostre domestiche, quello che è un ricco salotto per noi. E, sopratutto, quando si ha una ragazza che viene in casa nostra per primo servizio, ricordiamo che da esso, e dal modo con cui noi la trattiamo, dipenderà, nella maggior parte dei casi, la sua più o meno buona riuscita. Saper comandare in poche parole serene, ma che non ammettono replica, con precisione, con chiarezza non è cosa facile, e deve essere nostro studio continuo... Non è una brava padrona di casa quella che tace sempre e che si fa sopraffare dalle domestiche, nè quella che è sempre con gli occhi loro addosso, senza lasciar loro la minima iniziativa, nè quella che preferisce fare lei, anzichè insegnare. No; è qui, nel saper avere e conservare buone domestiche, che «si parrà la nobilitade», l'intelligenza pratica, il cuore di una signora... Licenziando dei domestici, bisogna farlo con dignità, accordando loro i giorni prescritti dall'uso locale per trovare altro servizio.

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